La Massoneria è una società iniziatica. Cioè il luogo deputato ad acquistare consapevolezza. La chiesa del Logos, là dove, cioè, il Logos è possibile incontrarlo. La Massoneria non ‘nasce’, contrariamente a quanto si legge. Perché la Massoneria non ‘è’. La Massoneria ‘diventa’. La Massoneria, diciamo meglio, è una forma storica che, nel corso della storia, si ‘trasforma’. E la forma storica è stata quella delle corporazioni di mestiere medievali, dei muratori e dei costruttori che ti mettevano su una cattedrale, dando corpo e presenza al sacro. Il ‘costruire’ era a sua volta atto sacro, un dare pietra a un’idea, a un progetto. C’è l’architetto e c’è l’artigiano. L’anno di fondazione convenzionale è il 1717, perché singole logge si organizzano per la prima volta. Ma è organizzazione ‘amministrativa’, per così dire, che nulla crea in fatto di simboli, cuore teoretico, tradizione. C’è che la Massoneria diventa ‘cerca’. La Verità non viene data nella storia e la storia, è stato detto già, è solo il terreno in cui la Verità prende abito. C’è chi può ritenere, e lo fa, lo si è fatto, che la Verità sia l’abito. E ci sono dei luoghi, laici, in cui si cerca di capire la nudità che l’abito riveste. A fine marzo per Tipheret i rituali di Willermoz del 1782 per la prima volta in italiano. Un tentativo di innestare nella Massoneria ufficiale l’esperienza degli Eletti Cohen di Martinez de Pasqually (1767-1774), a cui Mauro Cascio negli ultimi anni ha dedicato tantissima attenzione, a partire dall'edizione critica del Trattato sulla Reintegrazione degli esseri, del Manoscritto di Algeri e dell'Universo a portata di mano di Martinez, dalle altre opere di Willermoz (L'uomo-Dio. Trattato delle due nature, I Nove Quaderni D., Le Istruzioni di Lione, Lettere, I miei pensieri (e quelli degli altri), alle opere più strettamente martineziste di Louis-Claude de Saint-Martin (Il cimitero di Amboise, Ecce Homo, Diario di un Eletto Cohen) e ad autori quali Pierre Fournié, Prunelle de Lière, Matter, de-Maistre, Papus, Chevillon, Bricaud, Le Forestier, Ambelain.
Le principali notizie della massoneria Italiana ed estera. Il simbolismo, la filosofia, gli Studi Tradizionali
venerdì 28 febbraio 2020
I Rituali simbolici di Willermoz del 1782 per la prima volta in italiano
La Massoneria è una società iniziatica. Cioè il luogo deputato ad acquistare consapevolezza. La chiesa del Logos, là dove, cioè, il Logos è possibile incontrarlo. La Massoneria non ‘nasce’, contrariamente a quanto si legge. Perché la Massoneria non ‘è’. La Massoneria ‘diventa’. La Massoneria, diciamo meglio, è una forma storica che, nel corso della storia, si ‘trasforma’. E la forma storica è stata quella delle corporazioni di mestiere medievali, dei muratori e dei costruttori che ti mettevano su una cattedrale, dando corpo e presenza al sacro. Il ‘costruire’ era a sua volta atto sacro, un dare pietra a un’idea, a un progetto. C’è l’architetto e c’è l’artigiano. L’anno di fondazione convenzionale è il 1717, perché singole logge si organizzano per la prima volta. Ma è organizzazione ‘amministrativa’, per così dire, che nulla crea in fatto di simboli, cuore teoretico, tradizione. C’è che la Massoneria diventa ‘cerca’. La Verità non viene data nella storia e la storia, è stato detto già, è solo il terreno in cui la Verità prende abito. C’è chi può ritenere, e lo fa, lo si è fatto, che la Verità sia l’abito. E ci sono dei luoghi, laici, in cui si cerca di capire la nudità che l’abito riveste. A fine marzo per Tipheret i rituali di Willermoz del 1782 per la prima volta in italiano. Un tentativo di innestare nella Massoneria ufficiale l’esperienza degli Eletti Cohen di Martinez de Pasqually (1767-1774), a cui Mauro Cascio negli ultimi anni ha dedicato tantissima attenzione, a partire dall'edizione critica del Trattato sulla Reintegrazione degli esseri, del Manoscritto di Algeri e dell'Universo a portata di mano di Martinez, dalle altre opere di Willermoz (L'uomo-Dio. Trattato delle due nature, I Nove Quaderni D., Le Istruzioni di Lione, Lettere, I miei pensieri (e quelli degli altri), alle opere più strettamente martineziste di Louis-Claude de Saint-Martin (Il cimitero di Amboise, Ecce Homo, Diario di un Eletto Cohen) e ad autori quali Pierre Fournié, Prunelle de Lière, Matter, de-Maistre, Papus, Chevillon, Bricaud, Le Forestier, Ambelain.
giovedì 27 febbraio 2020
Massoneria e Cabala. Il Fondamento
di Luca Delli Santi
Le sei sephirot dell’Albero della Vita che si sviluppano fra la triade superna ( Keter, Chokmah, Binà ) e la sephira che rappresenta l’ultimo gradino ( Malkuth ), quindi Chesed, Ghevurah, Tipheret, Netzah, Hod ed Yesod sono dette midot: qualità, attributi, misure. Si tratta degli elementi in cui si sperimenta la potenziale connessione fra il mondo materiale ed i mondi spirituali, attributi che appartengono alla manifestazione del macrocosmo ma che sono anche riconducibili alla sfera dei sentimenti e delle emozioni connessi con l’agire umano.
In particolare la prima triade dal basso Yesod, Hod, Netzach è detta del naturale, è il piano della manifestazione di nobili emozioni provenienti da elevati stati di ispirazione nel piano della nostra realtà.
Yesod è un canale di comunicazione che consente queste connessioni, è Fondamento, pur non essendo la base dell’Albero della Vita, in quanto attraverso essa è possibile lo scambio di energie che consente ai diversi piani della Creazione di sussistere e di essere connessi.
È la sephira dello Tzadiq, il giusto, “tzadiq yesod olam”, Proverbi 10:25, il giusto è il fondamento del mondo.
La tradizione Chassidica, una delle più numerose ed autorevoli scuole di cabala contemporanea ebraica, narra che il mondo si regga grazie alla presenza, in ogni generazione, di 36 uomini giusti, poiché nel male non vi è alcuna qualità esso può prosperare solo nella quantità, mentre sono sufficienti un numero esiguo di persone che operino per il bene, in quanto il bene è qualità. La tradizione vuole che vi siano 36 giusti fra gli ebrei e 36 giusti fra le nazioni, come si può facilmente osservare otteniamo il numero 72 ricco di complesse implicazioni ghematriche, qui ricorderemo solo che corrisponde alla parola Chesed: Grazia, Amore.
Nel corpo umano il fondamento corrisponde agli organi sessuali, visti come canale di comunicazione e di contatto, lo Tzadiq è quindi il giusto del Fondamento, dal punto di vista esoterico è colui che ha il dominio, il controllo dell’energia sessuale. L’energia sessuale in cabala è definita On (Alef/Nun ), si tratta della potenza dell’energia vitale, è un concetto non uguale ma analogo a quello della kundalini. Lo Tzadiq, attraverso la meditazione e l’acquisizione di consapevolezza, ottiene il controllo su questa energia e la usa come strumento di elevazione spirituale. La capacità di contenersi e di non dissipare non deve essere letta in chiave moralistica, ma come strumento operativo per non dissipare energie potenzialmente preziose nel percorso mistico.
Il patriarca connesso con Yesod è Giuseppe figlio di Giacobbe, che dimostrò la capacità di dominare la sua energia sessuale resistendo alle lusinghe della moglie di Potifarre, era un uomo dotato di profonde conoscenze esoteriche, si rammenterà la sua capacità di leggere i sogni. I cabalisti medioevali e rinascimentali connettevano Yesod con la Luna, elemento femminile, riflettente l’irradiazione solare, dal punto di vista della cabala latrice di messaggi criptici, verità intuibili ma non del tutto rivelate, la dimensione onirica appunto. Siamo quindi in una dimensione operativa della cabala, in cui è possibile sperimentare tecniche, cercare intuizioni, aprire canali di comunicazione.
Nella cabala cristiana la caratteristica di Yesod quale canale di comunicazione viene molto enfatizzata, attraverso questa sephira si hanno le manifestazioni della terza ipostasi trinitaria, lo Spirto Santo, ed attraverso questa sephira si può entrare in contatto con i suoi frutti che vengono elargiti in Netzach.
L’ordine angelico di Yesod è quello dei Cherubini, potenti creature ignee, Yesod infatti pur manifestando elementi lunari femminei esterni ha polarità maschile, si tratta di “guardiani” ma anche di messaggeri, l’angelologia racconta di come non esista angolo del Creato in cui non giunga la parola divina e i Cherubini sono l’Ordine incaricato di far giungere i messaggi, anche nei “luoghi dell’Altro Lato” quelli che si sono allontanati maggiormente dalla Luce.
In massoneria Yesod è il livello a cui vene trasmessa l’iniziazione, al di là dei suoi aspetti cerimoniali e formali l’iniziazione non può essere ritenuta un elemento di natura materiale, si tratta di un “soffio”, un’influenza sottile. Il maestro, lo “Tzadiq” insemina una potenzialità di crescita spirituale nel discepolo. Yesod iniziaticamente è la connessione maestro-discepolo. In massoneria quando veniamo creati, costituiti liberi muratori siamo in Yesod, i nostri “Tzaidq” sono la loggia e l’Ordine; attraverso la continuità dei lavori progrediamo e cerchiamo lo Tzadiq interiore, il maestro la cui “voce” ci guida, attraverso la criptica lingua di Yesod, verso l’evoluzione interiore.
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mercoledì 26 febbraio 2020
Giuseppe Nuvolari, mazziniano e massone
di Antonino Zarcone
26 febbraio 1820, Roncoferraro (MN), nasce Giuseppe Nuvolari. Imprenditore, nel 1850 è costretto a fuggire in Piemonte perché coinvolto nella congiura di Belfiore. Mazziniano, non si limita a finanziare l’attività propagandistica e rivoluzionaria ma partecipa da volontario alle guerre risorgimentali con Garibaldi, nel 1859 nei Cacciatori delle Alpi e nel 1860 con i Mille. Due anni dopo è ancora con il Generale nella spedizione conclusasi in Aspromonte. In questa occasione, mentre si trova a Palermo, viene iniziato dallo stesso Garibaldi alla massoneria di rito scozzese nella Loggia “I Rigeneratori del 12 gennaro 1848 al 1860 Garibaldini” insieme a molti altri ufficiali garibaldini. Ritornato nella città natale dopo la guerra del 1866, rimane sempre devoto a Garibaldi. Muore a Roncoferraro il 17 luglio 1897.
martedì 25 febbraio 2020
La Cavalleria spirituale e i rumori del mondo
Non dobbiamo aver paura che della paura, dicevano gli antichi. L’uomo è più incline a temere che a sperare. Stiamo vivendo giorni difficili, il panico ha invaso le nostre vite e i giornali alimentano e si alimentano questa antica e potente emozione umana. L’iniziato sa che le paure vanno guardate in faccia. Il senso autentico di una sana Cavalleria spirituale, è essere diffusori di buona novella, cioè dispensare sorrisi, dispensare fiducia. Che non vuol dire non affrontare i problemi, vuol dire che non siano loro ad annientare te. La semplicità e la robustezza delle nostre virtù devono essere messaggio e guida. Solo i tempi oscuri fanno in modo che l’uomo possa riflettere sul senso delle cose più piene e vere, riesce a dare priorità alle cose, riesce a orientare il suo destino, dargli una direzione. Queste giornate di incertezza possono essere utili a questo: ad avere nostalgia dei tempi lenti in cui le cose le si viveva perché le si pensava. I Cavalieri sono apologeti del tempo lento. Perché è nel silenzio del cuore, al riparo dai tumulti del mondo, che si trova la Verità.
Massimo Agostini, Gran Commendatore Cavalieri Templari d’Italia - Rito di York
Il Rito di York è più forte della paura
L'Installazione dei capitoli e dei concili della Sardegna
Ed è con questa consapevolezza che i Concili della Massoneria Criptica hanno chiuso nelle scorse settimane le istallazioni delle cariche. È con questa attenzione e con questa cura che affrontiamo le difficoltà. Viviamo momenti di grande incertezza, ma solo con il sorriso ritroveremo la nostra grandezza. Senza entusiasmo non si è mai compiuto niente di grande.
Alessandro Pusceddu, GM f.f. Gran Concilio Massoni Criptici d’Italia - Rito di York.
Ti sia lieve la terra
E' passato all'Oriene Eterno il Fr.llo e comp. Giorgio Losano Sommo Sacerdote dei LL.MM. dell'Arco Reale in Italia nel triennio 2001-2003. Assonnatosi dal rito aderì e costituì una Loggia Emulation ove trascorse i suoi ultimi anni massonici. Lo ricordiamo a tutti i compagni che lo conobbero e ne apprezzarono le doti umane e massoniche. Si abbrunano i labari Capitolari e la terra gli sia lieve.
giovedì 20 febbraio 2020
Cabala e Massoneria. Netzach, l'eternità, la vittoria
di Luca Delli Santi
Nel percorso iniziatico l’intelletto è il veicolo, lo strumento fondamentale che ci è dato nella ricerca del senso, tuttavia per raggiungere la Conoscenza è indispensabile che esso venga posto in equilibrio con il sentimento e la sfera dell’emotività e delle emozioni. Questo equilibrio è il rapporto Hod - Netzach. Netzach, che nel Tempio corrisponde alla colonna Jakin, è Chesed, la Grazia, l’amore divino incondizionato, precipitata in una dimensione attiva, “poiché forte come la morte è l’amore” Cantico 8:6 essa rappresenta la Vittoria, intesa come vittoria sulla morte, Netzach è la sephira che contiene il concetto di eternità dell’anima al di là di ogni caducità spaziotemporale.
Il significato letterale della parola Jakin, stabilità, ci offre un altro spunto di riflessione: non importa quanto impervio sia il cammino, quanti ostacoli attendano durante la ricerca, in questa sephira è contenuta l’ispirazione, il punto di riferimento, “alzerò gli occhi ai monti da dove verrà il mio aiuto" Salmo 121:1 Hod era l’irrequietezza, la spinta a mettersi in viaggio, Netzach è la certezza di essere in cammino nella direzione giusta.
La poesia, le arti, la sensibilità sono espressioni che provengono da questa sephira, per questo nella cabala medioevale le si attribuiva come pianeta Venere, anche nel suo aspetto di amore sensuale, sensi che in ogni caso ispiravano il contatto con la dimensione sacra attraverso la relazione con l’amato o l’amata, contatto che si consuma nella camera nuziale, Yesod.
Le scuole di cabala contemporanee associano, invece, Netzach a Saturno in ebraico Shabtai che ha ghematria 713, come shuvat ( Ritorno, conversione ) in questo caso il ritorno è l’espressione del potenziale umano eterno che deve superare i limiti della condizione materiale per tornare alla situazione primigenia del Gan Eden, quando era “faccia a faccia” con l’immensità divina.
Saturno in greco è Cronos, Netzach è la settima sephira in ordine discendente nell’Albero della Vita, il sette è il numero che caratterizza la manifestazione e simbolicamente rappresenta la dimensione del tempo fisico che sperimentiamo nelle nostre incarnazioni. Il sette, Cronos sono situazioni transitorie, al di là delle quali ci attente l’eternità, Netzach.
Il Patriarca associato a questa sephira è Mosè: l’anima di Mosè ha la radice in Da’at, la conoscenza, ma in Netzach si esprimono i suoi attributi, certamente quello della vittoria. Mosè fu vittorioso nei confronti del faraone e riuscì a portare il suo popolo fuori dall’Egitto, il che deve essere letto in chiave simbolica come la liberazione da qualsiasi cattività, prima di tutto il materialismo e l’eccessivo attaccamento agli aspetti vacui ed effimeri dell’esistenza, i metalli nel linguaggio massonico. Fu, inoltre, un “legislatore” nel senso che fu scelto per ricevere la Torah, questo ci mostra un ulteriore aspetto della sephira, che sì esprime bellezza, arte, ecc….ma possiede anche attributi connessi al darsi delle regole, regole e norme che non derivano però da autodisciplina, attributo del lato sinistro, ma dalla piena adesione e comprensione della necessità di quei comportamenti, ai quali si aderisce con consapevolezza e piacere.
I cabalisti cristiani associano questa sephira ai Frutti della Spirito Santo: amore, gioia, pace, pazienza,
benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo. Lettera ai Galati 5:22
Tra Hod e Netzach è sito il dono della profezia, in cabala non viene considerato come la capacità di vedere il futuro, ma come la prerogativa di porsi oltre il tempo lineare, l’animo si colloca in un eterno presente in cui tutti gli avvenimenti nel corso della storia sono visibili ed intellegibili.
Infine una considerazione sull’ordine angelico di questa sephira, gli Elohim, le Potestà; essi sono nella tradizione gli ispiratori del sapere filosofico, le intelligenze deputate al governo della storia umana, si tratta della ipostasi che fungono da rappresentazione delle più elevate aspirazioni dell’essere umano a dare un senso al Tutto, a comprendere, ad avere la sua Eternità, la definitiva Vittoria sulla morte e sui limiti del mondo della materia.
martedì 18 febbraio 2020
Massoneria. Il 3, 4 e 5 aprile la Gran Loggia del Grande Oriente d'Italia
Si terrà nei giorni 3, 4 e 5 aprile e, come di consueto al Palacongressi di Rimini la Gran Loggia 2020, che si annuncia anche quest’anno ricca di eventi che si terranno anche fuori del tempio. Il taglio del nastro venerdì mattina e nel pomeriggio alle 14 l’apertura dei lavori rituali in grado di Maestro, che culmineranno nella allocuzione del Gran Maestro Stefano Bisi, che sarà pronunciata a porte aperte.
I lavori riprenderanno nella giornata di sabato alle ore 10,00. La sessione conclusiva della Gran Loggia avrà luogo domenica 5 aprile, alle 9 con la presentazione al pubblico delle iniziative culturali del Grande Oriente d’Italia.
A latere dei lavori nel tempio, sono previsti diversi eventi dedicati a libri e mostre organizzati dal Servizio Biblioteca. L’Associazione italiana di filatelia massonica esporrà nel suo tradizionale spazio le emissioni più recenti dell’Istituzione.
Ancora una volta i lavori della Gran Loggia saranno strumento di riflessione su alcuni temi importanti e sui grandi valori dell’istituzione che sono libertà, fratellanza e uguaglianza.
lunedì 17 febbraio 2020
Giordano Bruno. Massimo Agostini: «Una libertà che abbiamo il dovere di ricordare»
Tutti gli anni lo vediamo condiviso nelle bacheche di Facebook, come fosse un meme qualsiasi. Si sa di lui che fu un filosofo, e tra i più grandi, e che c’è una statua a lui dedicata a Campo de’ Fiori. Le nuove generazioni, fuori dai Licei, magari non sanno che sono tante le ragioni, oggi, per ricordare la morte di Giordano Bruno. A cominciare, e spesso va in secondo piano, dalla grandezza del pensiero. Bruno ha costruito un sistema monumentale di opere, è riuscito a edificare una comprensione delle cose che non avesse bisogno delle credenze. Non c’è fede in Bruno, c’è Conoscenza. Una conoscenza audace che è quella degli iniziati, una conquista interiore da difendere che si cristallizza in ideale, quello cavalleresco. Perché la Cavalleria, senza Conoscenza e senza Valori, senza mente e senza cuore, è un qualcosa senza scopo, è un vendere mantelli, una gratificazione dell’ego. L’umiltà del Cavaliere è quella di Bruno, del pellegrino di senso che vuole connettere e legare le cose tra loro, che non sopporta la vuota indifferenza degli enti di natura, ma tutti concorrono a un’unica forma penetrata da un unico intelletto. Non ci sono ordini gerarchici in Bruno, le ipostasi aristoteliche sono “vanissima fantasia”. E c’è una eternità senza inizio e fine che perennemente muta.
Ma Bruno, dicevamo, non è solo un grandissimo filosofo. È anche il martire di un pensiero libero, che si oppone al potere dominante della chiesa cattolica, il pensiero rigido, dogmatico, il Potere. È questa libertà che ci piace ricordare. Il rogo, la mordacchia non sono solo episodi della storia, sono tentazioni continui di quella dannazione dello spirito dell’uomo che si chiama sopraffazione, tirannia. E non ne siamo affatto usciti fuori.
Massimo Agostini, Gran Commendatore Cavalieri Templari d'Italia
Rito di York
Giordano Bruno. Alessandro Pusceddu: «Un Rinascimento continuo delle nostre consapevolezze»
C’è una ricorrenza che ogni anno sembra avere meno gioia dell’anno prima. Perché il rogo di Giordano Bruno sembra non consegnare più nulla ai nostri cuori e alle nostre riflessioni. La nostra società liquida sembra tutto permettere, tutto consentire. E non abbiamo nemmeno più gli abiti mentali per capire come fu possibile condannare a morte un uomo per le sue idee. Eppure la libertà, e questo i massoni lo hanno ben presente, non può essere un valore che puoi dare per scontato. Perché una cosa che dai per scontata, e vale per tutto, semplicemente sei destinato a perderla. Bisogna cioè lottare ogni giorni, e ricordare Bruno non solo per il suo pensiero filosofico ma anche per il significato simbolico di quanto successo il 17 febbraio del 1600. Perché “lì dove il rogo arse” possa essere il luogo di un continuo Rinascimento delle nostre consapevolezze, contro ogni forma di pensiero unico che ancora, qui e lì, tenta di prendere forma.
Alessandro Pusceddu - Gran Maestro f.f. del Gran Concilio dei Massoni Criptici d'Italia -
Rito di York
In ricordo di Enrichetta Caracciolo di Forino
di Antonino Zarcone
Napoli, 17 febbraio 1821, Napoli, nasce Enrichetta Caracciolo di Forino. Figlia di un Maresciallo dell'esercito borbonico, viene costretta dalla famiglia alla vita monacale e nel 1840 prende i voti. Donna colta, tenta di abbandonare l'abito da monaca attraverso istanze al sovrano e la fuga dal convento per cui viene punita con la clausura. Autorizzata nel 1849 a lasciare per breve tempo la clausura per motivi di salute, subisce continue angherie per l'ostilità del vescovo di Napoli che le toglie anche la possibilità di godere della propria dote e la costringe a vivere della carità dei parenti. Lascia i voti a seguito della spedizione dei Mille e quando Garibaldi giunge a Napoli le assegna il posto di ispettrice degli educandati della città. Pochi mesi dopo sposa col rito evangelico il patriota napoletano di origine tedesca Giovanni Greuther. Fautrice della Massoneria femminile a Napoli, collaboratrice di quotidiani e riviste, scrive opere a carattere patriottico e permeate di anticlericalismo che vengono tradotte in francese, tedesco, olandese, danese e ungherese, in russo, polacco e greco. In occasione della terza guerra d'indipendenza, pubblica a Napoli un Proclama alle Donne Italiane in cui le sprona a sostenere la causa nazionale. Partecipa al Comitato femminile napoletano di sostegno al disegno di legge del deputato massone e socialista Salvatore Morelli per i diritti femminili. Muore a Napoli il 17 marzo 1901.
giovedì 13 febbraio 2020
Massoneria e Cabala. La lettera aleph
di Luca Delli Santi
«Scesi di nascosto, rotolai per la scala vietata, caddi. Quando aprii gli occhi, vidi l’Aleph.
L’Aleph? Ripetei.
Sì, il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi…»
Jorge Luis Borges descrive così l’Aleph nel suo racconto breve che ha per titolo questa lettera e dà il nome alla sua raccolta del 1952, descrizione quanto mai pertinente del concetto sottostante la lettera Aleph, connessa con l’Uno, con il Principio. Nel Sefer Ha Zohar è scritto: «In Principio vi è Aleph l’inizio e la fine di tutte le cose, tramite il quale tutto è stato fatto e che è sempre detta uno, anche se il divino contiene molte forme rimane unico. È la lettera su cui riposano sia le entità superiori che quelle inferiori».
L’Aleph ci ricorda che la molteplicità della cose, il mondo duale provengono da unica fonte tutto è connesso: mondi spirituali, mondi materiali, entità superiori, entità inferiori, tutto è prodotto dalla medesima unità e ad essa torna. L’unità alla quale ci invita a riflettere l’Aleph è naturalmente anche quella fra umano e divino, è il partzufim di Adam Qadmon, l’Uomo Universale, lo stato dell’essere intermedio fra il manifesto e l’inconoscibile. Un percorso di scoperta della natura divina che è Amore, la parola Ahavah inizia con questa lettera come Ehad unico, Dio è unico ed è amore.
Non di meno ci rammenta anche l’interrelazione fra esseri umani, in ebraico me si dice “ani”, te “atha”, parole che iniziando con la Aleph ci indicano che io e l’altro siamo accumunati dallo stesso principio originario, è questo il senso dei due elementi del trinomio massico Fraternità ed Uguaglianza, siamo fratelli ed uguali in quanto siamo connessi al Principio.
È affascinante come la lettera che rappresenta il tutto sia afona, non ha infatti un proprio suono, si pronuncia sempre associata ad una vocale, assume, quindi, il suono della vocale cui è associata.
La forma della Aleph è composta dall’integrazione di tre lettere: due Yod ed una Vav posta in diagonale che le attraversa. La Yod posta nella parte alta rappresenta le acque superiori, ricordiamo che simbolicamente la Torah è acqua, quando in cabala si indicano le “acque superiori" si fa riferimento alla conoscenze più elevate, ai mondi spirituali, la Yod bassa in questo caso è la manifestazione, la Vav simbolicamente è il firmamento inteso come confine fra la manifestazione e i mondi dello Spirito, come si rammenterà nella visione di Ezechiele il firmamento si apre per consentire al profeta la visone del Trono di Gloria.
La Ghematria della Aleph è 1 il numero che esprime i concetti che abbiamo esposto in precedenza, l’unità, il principio, uno è anche l’individuo. Ogni essere umano è un individuo con caratteristiche fisiche, intellettuali e spirituali uniche, così ciascun individuo è chiamato a vivere il paradosso della Aleph, l’essere unico ed irripetibile ma in unità con tutti gli esseri umani ed insieme ad essi con il tutto; come nella descrizione di Borges è il luogo dove tutti i luoghi si trovano senza confondersi, ma non solo è il luogo in cui tutti gli individui sono un individuo senza confondersi.
In ricordo di Guglielmo Pepe
di Antonino Zarcone
13 febbraio 1783, Squillace (CZ), nasce Guglielmo Pepe. Allievo della Scuola Militare Nunziatella, partecipa alla difesa della Repubblica Partenopea. Catturato dopo la sconfitta, esiliato, si arruola nella Legione Italica poi nel battaglione toscano quindi presta servizio sotto Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, re di Napoli. Costituzionalista, partecipa ai moti del 1820 e comanda il contingente napoletano nella guerra contro gli austriaci del 1848, combattendo nella difesa di Venezia. Muore a Torino l'8 agosto 1855. Massone, autore di opere a carattere militare ha lasciato scritti sulla guerra per bande.
mercoledì 12 febbraio 2020
Il Rito di York e la Tradizione
Nei giorni scorsi in tutta Italia si sono svolte le cerimonie di insediamento delle nuove cariche nel Rito di York. Un momento importante, con un significato profondo. È importante, certo, ritrovarsi, stare insieme, è cioè l’occasione per tenere il polso allo stato di salute del Rito, che c’è, è orgoglioso, cresce. L’affetto tra i Compagni e la voglia di fare insieme questo viaggio formativo ed esaltante, che ci fa avvicinare al cuore stesso della Massoneria. Ma i nuovi Gran Sacerdoti, nei Capitoli, i nuovi Illustri Maestri, nei Concilii, i nuovi Commendatori, raccolgono dai loro predecessori il testimone di un lavoro compiuto e che viene da lontano. Quanto si sta facendo in questi giorni è la ‘rappresentazione’ migliore della Tradizione. Questo vuol dire Tradere: ’trasmettere’. Di modo che, insediamento dopo insediamento, carica dopo carica, si porti nel futuro un contenuto che viene dal passato, e tutto il patrimonio sapienziale, quello simbolico delle camere del Rito, si costituisca così come un eterno ‘adesso’, come la risposta a ogni cuore pellegrino che chiede il perché delle cose. Anche la Cabala, che così tanto sostanzia questo simbolismo, ha nel suo nome lo stesso significato. Cabala vuol dire sia ‘connessione’, ‘rete’, sia ‘ricezione’, una ‘eredità’ che viene dalla notte della storia e che è destinata a perpetuarsi in una comunità.
Ai lavori, in Piemonte, in Lombardia, in Liguria, in Toscana, in Puglia, in Calabria, in Sicilia, hanno partecipato il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell’Arco Reale Domenico Bilotta, il Gran Maestro f.f. dei Massoni Criptici d’Italia Alessandro Pusceddu e il Gran Commendatore dei Cavalieri Templari Massimo Agostini. «Una grande fatica, un compito immenso, ma se lo si fa con l'amore nel cuore non la si cambierebbe, la fatica, con niente al mondo».
(Nelle foto gli insediamenti nelle cariche delle camere di Torino e Novara e un suggestivo Oriente a Casa Nathan, a Roma)
martedì 11 febbraio 2020
L'essenza di Dio: corpo o sostanza?
di Niccolò Magrin
Sono tante le questioni che una persona si pone nel momento in cui inizia a riflettere sulla religione. Inevitabilmente tra queste spiccano quelle riguardanti l’essenza e l’esistenza di Dio. Chi è Dio? Che cos’è Dio? Dov’è Dio? Parecchi sono gli interrogativi, poche sono le risposte.
Analizzando la formulazione delle domande si nota che esse puntano ad esplorare il tema dell’essenza, aspetto da cui l’uomo è più attratto, trascurando così la visione d’insieme delle cose che antepone l’esistenza all’essenza. Il soggetto perciò non riesce a trovare una soluzione alle domande in quanto la logica del suo ragionamento è errata: essendo l’esistenza causa dell’essenza, dato che un qualsiasi ente prima è e poi può essere delineato con attributi, non si può parlare della seconda senza aver dimostrato la prima. Tutti coloro i quali cadono in questo errore, quindi, assumono per certa e verificata l’essenza senza argomentarla...
Continua a leggere qui (da La Gazzetta filosofica)
lunedì 10 febbraio 2020
Il Grande Oriente ricorda la nascita della Repubblica Romana, laboratorio di libertà e democrazia
Il 9 febbraio del 1849 nasceva la Repubblica Romana, un evento tra i più importanti della nostra storia, non solo perché impresse un impulso senza precedenti alle aspirazioni unitarie italiane, che avrebbero, poco più in là, trovato compimento, ma soprattutto perché servì anche a tracciare la strada che in un futuro più lontano avrebbe portato il paese a diventare una moderna democrazia, progressista e partecipata. Quello che accadde 171 anni fa fu la realizzazione, sia pur breve, di un‘ utopia, un’ esperienza senza precedenti, che coinvolse i grandi protagonisti del Risorgimento, tra cui in primo luogo Giuseppe Mazzini, che riuscì sia pure per breve tempo a dare forma concreta ai suoi sogni e ideali e Giuseppe Garibaldi, che tentò di difendere con tutte le forze quello straordinario esperimento politico, unico in Europa, consapevole della sua decisiva portata. Il Grande Oriente tiene a tenere vivo il ricordo di quell’esaltante esperienza di democrazia, che considera un grande e importantissimo lascito, alla quale parteciparono eroi, uomini, donne e anche bambini, che misero in gioco le loro vite per ideali che oggi costituiscono un importante patrimonio di valori trasmesso all’umanità, al quale, l’invito del Gran Maestro Stefano Bisi, dobbiamo continuare ad attingere.
La Costituzione, che in quei gloriosi giorni venne elaborata e che non ebbe neppure il tempo di entrare in vigore, fu senz’altro la più avanzata dell’intero ciclo risorgimentale e molto ha inciso sulla cultura giuridica del nostro paese. E’ un testo modernissimo e democratico, che affida al popolo tutto il potere e che parla per la prima volta di giustizia sociale, di libertà, abolisce la censura, la tortura, e la pena di morte e afferma l’uguaglianza di tutti i cittadini, a prescindere dal genere, dalla provenienza sociale e dal credo religioso.
E’ l’eredità più importante della Repubblica del 1849 e fu scritta da uomini che agirono in assoluta libertà di giudizio, senza alcuna soggezione e senza alcun accordo precostituito, rappresentanti di un’Assemblea, senza precedenti nella storia italiana, eletta a suffragio universale, cioè con libere elezioni che si caratterizzarono per un’ampia partecipazione popolare. Basata su otto principi fondamentali e sessantanove articoli, quella carta si rivelò la più avanzata e democratica dell’intero Risorgimento. Se il corso degli eventi le precluse di divenire realtà operante e funzionale, essa tuttavia conservò un profondo valore ideale e simboleggiò il chiaro senso di svolta e di rottura dell’esperienza storica che l’aveva prodotta e, in risposta al fallimento di altre progettualità politiche, delineò la traccia fondamentale di una via laica, italiana e democratica al problema dell’unità e dell’indipendenza nazionale. Un testo, come è stato sottolineato in più occasione, che guidò e ispirò i padri della Costituzione del 1948 e che è più volte citato nelle relazioni di Meuccio Ruini, libero muratore e presidente della Commissione dei 75, alla quale l’Assemblea Costituente, essa stessa disegnata sul modello di quella della Repubblica Romana, aveva appunto affidato il compito di redigere dopo il referendum del 2 giugno del 1946 la carta fondamentale del nuovo stato democratico.
La Repubblica Romana fu, dunque, premessa fondante alla successiva nascita dell’Italia. Lo attestano non solo la visione di Mazzini, e la presenza di migliaia di patrioti giunti ad offrire il proprio coraggioso contributo ad uno Stato che faceva propria la solidarietà tra le nazioni oppresse e la fratellanza universale dei popoli; ma anche altri importanti segnali: la diffusione di inni, il moltiplicarsi di giornali e pubblicazioni che facevano leva sul sentimento nazionale; l’adozione del tricolore come bandiera della Repubblica e come sciarpa dei deputati della Costituente; la proclamazione del Po fiume nazionale…Con la Repubblica del 1849, insomma la causa patriottica smise di essere un concetto elitario e scarsamente percepito e anche la forma repubblicana cominciò a delinearsi come quella più giusta per la nazione italiana. Così come Roma, che fu individuata come la futura capitale d’Italia.
In quella feconda stagione si gettarono insomma molti dei migliori semi del futuro. Peccato che la realizzazione di quel magnifico sogno ebbe breve vita. Attaccata a nord dagli austriaci e a sud da borbonici e spagnoli, la Repubblica giocò la sua partita decisiva con la Francia, il cui corpo di spedizione si presentò il 24 aprile a Civitavecchia. L’ultimo atto cominciò con lo scadere della tregua il primo giugno e l’ingresso a sorpresa delle colonne francesi alle 2,30 di notte a villa Pamphili, come ha raccontato il generale Alberici. Ebbe inizio così lo stillicidio dei combattimenti e l’assedio. La lunga ed eroica resistenza militare della Repubblica, che costò oltre un migliaio di vittime, si concluse di fatto il 30 giugno con i francesi padroni dei bastioni e di tutte le alture capitoline. A questo punto, la proposta mazziniana di continuare altrove la guerra di popolo non venne accolta dalla Costituente che nominò un nuovo governo triumvirale, composto da Alessandro Calandrelli, Livio Mariani e Aurelio Saliceti (quello precedente insediatosi il 29 marzo era costituito da: Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini) , che durò in carica appena quattro giorni, durante i quali venne approvata (1° luglio) e promulgata (3 luglio) la Costituzione (tra le più avanzate dell’Ottocento europeo), Garibaldi lasciò Roma con circa 4.000 uomini per continuare la lotta e i francesi entrarono in città.
L’esperienza della Repubblica romana si concluse il 4 luglio 1849 e la vittoria impossibile dei 19.000 difensori di Roma contro i 35.000 soldati francesi divenne una gloriosa e nobile sconfitta, elemento simbolico centrale di quella narrazione che accompagnerà gli avvenimenti futuri dell’Italia. (fonte Erasmo n. febbraio 2019)
giovedì 6 febbraio 2020
Massoneria e Cabala. Alla scoperta della lettera Bet
di Luca Delli Santi
La trascorsa domenica era il 02/02/2020 una data palindroma che non ha mancato di suscitare curiosità e riflessioni, inducendo anche a qualche speculazione numerologica sul significato di tale ricorrenza, partiamo da qui per svolgere alcune considerazioni cabalistiche, non sulla data palindroma ma sul numero che la caratterizza, il due.
Nell’alfabeto ebraico corrisponde alla lettera Bet, la seconda lettera dell’alfabeto, la prima della Torah che inizia con la parola Bereshit ( In principio ): “Bereshit bara Elohim et hashamayim ve’et ha’arets” , è il primo verso del Libro della Genesi prevalentemente tradotto: “ In principio Dio creo il cielo e la Terra”, ma che può essere intesso come l’Eterno creo dal suo stesso, dal proprio “Principio” il cielo e la terra.
La parola Bereshit contiene le tre lettere della parola Bet scritta per esteso ( Bet, yod, Tav ), le rimanenti: Resh, Aleph e Shin, formano la parola “rosh” , ovvero testa, capo. Questa associazione ci permette di constatare la vicinanza fra la creazione ed il Logos cosmico sempre strettamente connessi, l’Aleph è il Principio Bet è la Creazione.
La corrispondenza della Bet con la manifestazione ne esprime il livello più elevato, in relazione al mondo umano è la casa ( beit ), un elemento ricettivo e femminile, un “ vaso “ con la capacità di strutturare una matrice, anche l’utero materno è una Bet.
La casa si riferisce anche alla casa di Dio, il Tempio, il luogo sacro, il luogo in cui l’essere umano può incontrare la dimensione divina. La pietra angolare, la cui lavorazione è un simbolo di straordinaria importanza nella simbologia muratoria e la cui ricerca è l’elemento centrale di una delle fasi in cui si struttura la ritualità del Maestro del Marchio, in ebraico è la pietra “amah”, la pietra madre. La madre archetipo femminile della creazione, crescita e protezione è connesso con la lettera Bet.
La ghematria della parola Bet scritta per esteso è pari a 412, la stesa di "tsamor laban” lana bianca, il simbolo dell’Antico dei Giorni, i cabalisti cristiani associano il 412 al nome” Yehoshuah Elohim”, ipostasi trinitaria del Verbo.
Torniamo al due, il valore ghematrico di Bet, si tratta di un numero di grande fascino contiene in sé un paradosso, è contestualmente il numero che ci connette con l’Uno ma contestualmente rappresenta dualità, divisione, tesi – antitesi.
La seconda sephira dell’Albero della Vita è Binà, Comprensione - Intelligenza, il veicolo con cui si intraprende il viaggio della ricerca del senso, l’acquisizione della consapevolezza che gli esseri, il cosmo e l’intelligenza che lo governa sono in costante relazione reciproca, come una matrice che si dispiega oltre i concetti di spazio e tempo, contestualmente il due esprime tutte le coppie di opposti. Nella cabala le opposte polarità sono rappresentate, prevalentemente, dalla relazione fra gli opposti di genere, il maschile è potenza costruttiva ed espansiva illimitata, attivata da un impulso, un irrazionale desiderio creativo, il femminile è elemento contenitivo, formante, organizzante. Il maschile tende all’uno il femminile alla molteplicità. È la relazione che intercorre nell’Albero della Vita fra Chochmà e Binà, che rappresentano rispettivamente causa ed effetto. Sono le energie del pilastro destro e sinistro che vengono mediate da quelle del terzo al centro.
La dualità certo più irrisolta che ci riguarda da vicino è quella fra materia e Spirito, il legame corpo/anima; tutte le parole che definiscono l’anima in ebraico sono declinate al femminile, nonostante ciò nella relazione con il corpo questa assume polarità maschile in quanto “luce” or che imprime forza vitale al corpo un “vaso” Kelim. La nostra vita si svolge immersa nel mondo duale, senza un contatto con colei che vuole essere trovata, che come la parte femminile del Cantico dei Cantici ci dice “sono nera ma bella”, è celata ma vuole essere scoperta, è quel filo, quella scintilla di Eternità da cui proviene il Tutto.
Il due ha in sé il mistero della molteplicità nell’unità, della dimensione dell’Eternità che è si è occultata ma vuole essere svelata.
mercoledì 5 febbraio 2020
Torna in libreria l'Almanacco Repubblicano
Torna in libreria l'Almanacco Repubblicano, a cura del filosofo Mauro Cascio, con interventi di studiosi d'area, e ospiti di vario orientamento politico, economico e culturale, l'obiettivo è quello di approfondire un grande tema, quest'anno l'Europa, privilegiando l'analisi e l'approfondimento. In appendice, come da tradizione, i fatti salienti del 2019, con la segnalazione degli eventi più importanti per la vita politica.
La tradizione degli almanacchi data in Italia almeno a partire dal medioevo. Venivano in genere pubblicati una volta l'anno e davano indicazioni astronomiche utili ad agricoltori e naviganti, più tardi si arricchirono di notizie popolari di altro genere, raccontando i fatti del mondo con un taglio leggero. Spesso erano l'unico mezzo di diffusione culturale tra i contadini. In epoca recente hanno avuto larga diffusione in Italia alcuni almanacchi che sono rimasti in qualche modo fedeli alla tradizione popolare come Barbanera o il calendario di Frate Indovino (dal 1944). Su Rai Uno andò in onda dal 1976 al 1992, con una sigla con sonorità medioevali, l'Almanacco del giorno dopo.
Quando Giovanni Conti propose con cadenza annuale il suo Almanacco Repubblicano nel 1922, l'intenzione era quella di rompere con questa tradizione, sull'esempio del volume curato dal 1833 al 1842 da Pietro Thouar, educatore e pubblicista, che trasformò per primo gli Almanacchi da semplici 'lunari' e calendari in strumenti di formazione civile e popolare. E sono tante le firme storiche che in quasi cento anni di vita hanno collaborato: Giorgio La Malfa, Bruno Visentini, Paolo Savona, Giovanni Spadolini, Paolo Ungari, Giovanni Ferrara, Oscar Mammì, Antonio Del Pennino, Luigi Compagna, Luciano De Crescenzo, Oscar Giannino, Susanna Agnelli, Davide Giacalone.
Bonanno editore si è già distinto negli anni Settanta del Novecento per gli studi risorgimentali, pubblicando scritti di Giovanni Spadolini, Rosario Romeo, Denis Mack Smith.
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martedì 4 febbraio 2020
A Firenze una piazza per Lando Conti
Firenze intitolerà una piazza a Lando Conti, massone, sindaco della città dal 1984 al 1985, ucciso da un commando delle Brigate Rosse il 10 febbraio1986. A lui sarà dedicata l’area di circolazione davanti al tribunale, compresa tra via Carlomagno, via della Torre degli Agli e viale Guidoni. Lo ha deciso il 28 gennaio, la giunta approvando l’apposita delibera presentata dalla vicesindaca e assessora alla toponomastica Cristina Giachi. Per l’omicidio di Conti, morto a 52 anni, in un agguato su Ponte alla Badia, mentre sulla sua auto stava andando in consiglio comunale, sono stati condannati all’ergastolo Maria Cappello, Fabio Ravalli e Michele Mazzei e a 30 anni Marco Venturini. Nessuno ha parlato e sono rimasti impuniti altri 7-8 brigatisti, tra cui l’esecutore materiale del delitto. La giunta fiorentina ha anche dato il via libera ad altre due intitolazioni. A Bianca Bianchi insegnante, scrittrice, politica e componente dell’Assemblea Costituente, vicesindaca del comune di Firenze e assessora alle questioni legali e affari generali dal 1970 al 1975, sarà dedicato un giardino all’interno di piazza della Costituzione. A Vittorio Rimbotti presidente dell’Associazione nazionale combattenti forze armate regolari guerra di Liberazione e medaglia d’oro al valor militare, sarà intitolata la passarella sul torrente Mugnone, tra via Boccaccio e via Francesco Caracciolo. “Tre figure che incarnano lo spirito unitario, patriottico e costituzionale della nostra Repubblica – ha sottolineato la vicesindaca Giachi – Conti rappresenta il politico impegnato sul territorio a lavorare per il bene comune, l’uomo di talento che si offre quale risorsa per la sua città. Bianca Bianchi è stata una delle protagoniste della vita democratica italiana del dopoguerra come madre costituente e amministratrice locale, vicesindaca di Firenze. Rimbotti rappresenta il soldato che dopo l’8 settembre 1943 sa scegliere con coraggio da che parte stare. Ciascuno di loro rappresenta un esempio di senso dello Stato ed etica della responsabilità”.
Era stato iniziato nel Grande Oriente d’Italia il 22 novembre del 1957 nella loggia “Giuseppe Mazzoni” (62) di Prato. Nel 1959 si era trasferito nell’officina “La Concordia” (110) di Firenze e nel 1970 troviamo il suo nome tra i fondatori della Costantino Nigra (714), sempre di Firenze. In seguito, passò alla “Abramo Lincoln” (884) che oggi è a lui intitolata. Fu Gran Cappellano, nel 1974, dell’Arco Reale. Nel 2006 è stato proclamato Gran Maestro Onorario alla memoria.
Quattro logge portano il suo nome e la nostra Comunione lo ricorda e ne commemora come ogni anno l’anniversario della morte, tanto più fiera in un’epoca come la nostra in cui si vorrebbero escludere i fratelli dall’amministrazione della cosa pubblica, di uomini come lui che si sono impegnati sul territorio a lavorare per il bene comune, uomini di talento, preziose e importanti risorse per il paese, primi cittadini, che spesso hanno fatto la differenza.
Fonte: GOI
lunedì 3 febbraio 2020
Guglielmo Oberdan e la Massoneria
di Antonino Zarcone
Il 1° febbraio 1858, a Trieste, nasce Guglielmo Oberdan, nato Wilhelm Oberdank. Di modeste condizioni di famiglia riesce a completare gli studi tecnici e, grazie ad una borsa di studio del comune di Trieste, si iscrive al Politecnico di Vienna. Mazziniano, quando viene chiamato alle armi in occasione dell'occupazione della Bosnia, diserta e si rifugia a Roma dove frequenta ambienti garibaldini ed Irredentisti e si iscrive all'università di ingegneria. È presente al funerale di Garibaldi dove porta al collo la bandiera di Trieste. Convinto che il proprio martirio può portare Trieste all'italia nell'estate del 1882, organizza un attentato contro Francesco Giuseppe da effettuare a Trieste in occasione della visita per i 500 anni di dedizione della città all'Austria. Arrestato a Ragosa, mentre tenta di entrare clandestinamente in territorio austriaco, prima fornisce false generalità poi confessa le proprie intenzioni. Il 20 ottobre 1882 è condannato all'impiccagione dal tribunale militare di Trieste per il reato di tradimento, diserzioni e cospirazione. Nonostante le richieste di clemenza da parte del mondo intellettuale, il 20 dicembre è impiccato nel cortile interno della caserma grande di Trieste. Era stato iniziato alla massoneria..
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