La lettura dell'allocuzione
Carissimi fratelli, Gentilissimi Amici del Grande Oriente d’Italia che ci onorate con la vostra presenza al Vascello in questo giorno in cui celebriamo l’annuale festa del libero pensiero. Siete i benvenuti nella Villa della Libertà e della cultura. Insieme a me vi salutano i membri della giunta. Li chiamo sul palco: il gran maestro aggiunto Antonio Seminario, il gran maestro aggiunto Claudio Bonvecchio, il primo gran sorvegliante Sergio Monticone, il secondo gran sorvegliante Marco Vignoni, il grande oratore Michele Pietrangeli, il gran tesoriere Giuseppe Trumbatore, il gran segretario Francesco Borgognoni, il presidente degli architetti revisori Emanuele Melani. I consiglieri dell’ordine in giunta Fabrizio Celani, Raffaele Sechi.
Desideriamo porgervi un caro saluto e il ringraziamento per aver voluto trascorrere insieme a noi questa ricorrenza così importante, piena di significati e straordinariamente bella, che anche quest’anno abbiamo arricchito dalla presenza di mostre, dibattiti ed eventi ai quali hanno preso parte personaggi di spicco della vita culturale, politica e dello spettacolo del nostro Paese. Abbiamo parlato con tante persone. A tutte queste personalità va il mio grazie e quello della Giunta dell’Ordine per aver accettato il confronto con un’Istituzione che punta alla diffusione del pensiero e alla tutela dei diritti di tutti senza preconcetti e senza esclusioni. Il Grande Oriente d’Italia sventola la bandiera della laicità, che vuol dire prima di tutto rispetto delle diversità. Noi liberi muratori, non abbiamo fatto roghi nella nostra storia, ascoltiamo tutti, parliamo con tutti, permettiamo a tutti di esprimersi, di vivere la propria dimensione spirituale e non. Le porte del Grande Oriente d’Italia sono e saranno sempre aperte al dialogo costruttivo con chi vuole conoscerci per capire prima di giudicare. In troppi non vogliono fare fatica: è più facile giudicare che pensare. Noi, comunque, anche a chi ha pregiudizi nei nostri confronti le nostre porte non le chiudiamo mai. Non le chiudiamo mai a nessuno: non fa parte del nostro Dna, della nostra storia e dei nobili principi a cui ci ispiriamo.
A chi ci vuole vedere come dei bei pezzi d’antiquariato del passato, a chi ci vuole marchiare oggi come se fossimo dei pericolosi individui che nel segreto chissà cosa combinano ai danni della collettività, a chi ci vuole strumentalizzare per fini e consensi politici, a chi pensa che la libera muratoria sia solo un club di uomini che indossano bei grembiuli colorati e guanti, a tutti questi noi rispondiamo con il sorriso della Tolleranza. Pronti ad ascoltare, a difendere il diritto degli altri a esprimere le loro opinioni e pronti a dire la nostra. È questa la vera unica Democrazia, è questa la grande differenza che ci rende belli e forti a distanza di secoli e ci rende più che mai attuali. La Massoneria è nata e si è sviluppata nei secoli come una vera e propria Arte, ’Arte del tutto speciale, unica, dove si impara a modellare ogni cosa facendo ampio e fecondo uso della Bellezza oltre che della Tolleranza.
L’Arte della Bellezza, ecco una definizione che per la Libera Muratoria è di una valenza profonda. Perché nel suo molteplice simbolismo racchiude in se’ quello che è il reale percorso massonico di ogni iniziato alla ricerca del Bene, del Bello, del Giusto e del Vero.
Perché non c’è niente come la Bellezza in grado di attraversare i secoli, smuovere le coscienze, parlare un linguaggio universale nel tempo e nello spazio. Lo scrisse usando queste parole Oscar Wilde: “La Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell’acqua scura di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna”.
La Libera Muratoria è da oltre tre secoli Arte e Bellezza insieme, interiore ed esteriore, anzi la Libera Muratoria è proprio l’Arte della Bellezza. Attraverso di essa, l’uomo che lo desidera, spicca il volo verso altezze dello spirito e valori condivisi che sono contenuti nei principi di Libertà, Fratellanza ed Uguaglianza. La Bellezza è non è nel viso, non è solo nei tratti, la Bellezza è nel cuore, la Bellezza è nella dignità, nello spirito, nell’eleganza.
Durante i nostri lavori rituali viene evocata la Bellezza insieme alla Sapienza e alla Forza; è una delle tre candele che accendiamo nel Tempio, che fanno tanta luce e guidano il lavoro dei fratelli massoni in ogni angolo del Mondo, in ogni angolo della nostra, e da sempre, amata patria.
“Che la Bellezza lo irradi e lo compia” viene perentoriamente affermato in relazione al lavoro che i liberi muratori si accingono a svolgere all’inizio delle tornate rituali. E in questa frase esortativa che viene pronunciata in Loggia, e anche in quella finale che recita “Che la luce della Bellezza resti nei nostri cuori”, è racchiuso tutto l’impegno e lo spirito con cui i massoni lavorano, fin dalla notte dei tempi, al proprio miglioramento e a quello dell’Umanità. Con qualche errore. Strada facendo qualche errore lo abbiamo fatto. Altri ne faremo. Pronti, come sempre, a pagare i nostri sbagli. A noi non viene risparmiato nulla in questo mondo dove tutti si sentono perfetti. Noi no. Noi rivendichiamo la nostra imperfezione, il diritto di essere imperfetti. La perfezione la lasciamo ai presuntuosi. A chi ha una risposta per tutto e pensa che sia sempre quella giusta. La perfezione lasciamola ai punti esclamativi, come Luciano De Crescenzo chiamava i paladini delle grandi certezze, i puri della fede incrollabile. I punti esclamativi fanno paura. Abbiate paura dei punti esclamativi. Spesso le loro certezze si trasformano in violenza. Meglio i punti interrogativi, i sacerdoti del dubbio positivo. Quasi sempre sono brave persone, democratiche e tolleranti.
Noi liberi muratori siamo punti interrogativi che cercano la Bellezza con il lavoro comune, che poi unita alla Sapienza e alla Forza può produrre effetti meravigliosi e aiutare un mondo tormentato e diviso. E i massoni in questo hanno sempre fatto prevalere l’interesse del Bello e del Giusto per arrivare al Vero in un cammino impegnativo, senza scorciatoie, alla ricerca della conoscenza di se stessi e al miglioramento della Società dove noi tentiamo di interrare e coltivare i piccoli, grandi semi che portano alla Fratellanza degli uomini. Seminare è un lavoro duro. Ma è bello, è Bellezza.
Questa Bellezza è innanzitutto dentro di noi, dev’essere sempre in noi e dobbiamo alimentarla continuamente per riceverla e dare un po’ di luce, con generosità, agli altri. È una candela accesa che va riparata dal vento del pregiudizio, della rabbia, della violenza. Noi massoni, possiamo gridarlo in ogni momento ad alta voce, siamo cercatori della luce e tedofori della Luce della Bellezza. Più che mai lo siamo oggi, in una fase in cui anche la Bellezza viene messa in discussione da urla e strepiti di chi deve nascondere la debolezza dei propri argomenti.
Il Gran Maestro Stefano Bisi con i rappresentanti del Rito di York: Bilotta, Agostini e Pusceddu
Carissimi fratelli, carissimi amici non siamo e non saremo mai fra quelli che si arrendono di fronte all’invasione della Bruttezza che pervade gli animi, offusca le menti e rende l’Uomo retaggio delle forze più oscure che lo spingono a compiere atti barbarici ed a sottomettere ed umiliare i suoi simili. Non lo saremo mai. Noi siamo quelli che ripetono: “ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una”. E “la cosa una” è l’uomo che, ben formato, con i piedi che calcano la terra e il pensiero rivolto al cielo stellato fa il miracolo della Bellezza.
L’Uomo, essere imperfetto ma perfettibile, ha in sé tutti gli elementi per porre rimedio ai suoi errori e raggiungere grandi traguardi nell’elevazione spirituale, nell’Arte, nella Cultura e nella Scienza. È questa la via massonica, è questa la strada che i liberi muratori cercano di percorrere senza accontentarsi di verità parziali, relative o di comodo.
Quanta forza e quanta bellezza ci furono Cinquant’anni fa, era il 20 luglio del 1969, quando sfidando la paura dell’ignoto, l’uomo mise per la prima volta il piede sulla luna. Un evento che è stato ricordato la scorsa estate attraverso le voci Rai dell’epoca. Oltre alle parole di Tito Stagno in tv, a quel dialogo vivace con Ruggero Orlando, ci fu anche l’emozionante radiocronaca di Enrico Ameri, quella che poi divenne una voce amica dei nostri pomeriggi calcistici. Disse: “È un tempo da segnare questo. Sono le 4,55 del 20 luglio 1969. Quell’astronauta sembra una farfalla che esce dalla sua crisalide e che scopre una nuova vita. Armstrong cammina piuttosto bene sulla superficie lunare, quindi vengono un po’ a cadere tutte quelle paure, quelle preoccupazioni che esistevano per la passeggiata dell’Uomo sulla luna”.
Le parole di Enrico Ameri che ancora oggi ci fanno rivivere quello che fu un momento di grande Bellezza per l’Umanità. Ebbene l’Uomo da allora ha conquistato più volte la luna, è progredito oltrepassando i confini della ricerca, della Scienza e della Tecnica. Ma ha fatto qualche passo indietro notevoli nella difesa della Bellezza sulla Terra, nella salvaguardia della natura, diventando persino il peggior nemico dell’ambiente e mettendo a rischio intere aree del globo. Abbiamo dimenticato che noi apparteniamo alla Terra, non è la Terra che appartiene all’uomo.
Ce lo ha ricordato l’astronauta Paolo Nespoli, che è venuto a trovarci in Gran Loggia ad aprile. Ci ha fatto sognare raccontandoci la Bellezza della Terra vista dal cielo e invitando tutti a preservare il nostro comune e straordinario habitat.
Anche Luca Parmitano, in missione nello spazio, da lassù magari stasera ci guarda, ha lanciato un inequivocabile messaggio d’allarme: “I deserti avanzano e i ghiacciai si sciolgono: sono passati appena sei anni dalla mia prima missione, ma è bastato affacciarmi alla Cupola per constatare profondi e drammatici cambiamenti. Ho trovato punti di riferimento e zone in cui gli effetti terribili del riscaldamento globale sono evidenti. Spero che le parole di noi astronauti, privilegiati testimoni della bellezza e della fragilità della Terra, possano allarmare davvero”.
Come ha allarmato ad agosto vedere nelle immagini televisive lo scempio dell’Amazzonia in fiamme, una dolorosa e profonda ferita per il Pianeta, per tutti noi. È bella l’idea di piantare un albero per ogni cittadino. Sessanta milioni di nuovi alberi in Italia.
Una più responsabile tutela del Pianeta oggi è la base da cui ripartire per salvaguardare l’armoniosa Bellezza del Creato e la nostra stessa sopravvivenza. Dobbiamo guardare al Cielo rendendo ancora più forti le radici del terreno di cui ci nutriamo e dell’aria che respiriamo. E a questa terra, alla Grande Dea, dobbiamo pensare di più. Come si conciliano il progresso, il lavoro, con il diritto alla salute, alla conservazione dell’ambiente? Un bell’interrogativo. Va trovato un equilibrio, significa avere coscienza che ogni nostra azione, anche la più piccola, influenza l’umanità. L’equilibrio, una parola difficile. Pensate al dramma che vivono i cittadini che risiedono a Taranto, nel quartiere Tamburi, lì, accanto all’ex Ilva. Lavorano per vivere ma rischiano di morire avvelenati dall’inquinamento. E noi da qui inviamo ai cittadini di Taranto un messaggio di solidarietà e vicinanza. Come inviamo un messaggio di solidarietà e vicinanza a tutti i fratelli che lì vivono. La domanda che ci poniamo è semplice: come mai nel terzo millennio non si riesce a utilizzare la tecnologia per superare questo dilemma terribile: lavoro o conservazione dell’ambiente. Come si fa a trovare un equilibrio? Dobbiamo utilizzare la tecnologia. Ci aiuta a vivere meglio, può facilitare gli incontri tra le persone, a diffondere condivisione e solidarietà, cultura e bellezza. Quella Bellezza che ci è stata tramandata dai sapienti filosofi del passato.
La filosofia greca antica proprio alla Bellezza, all’armonia delle forme, attribuiva il compito di educare i giovani ad una vita virtuosa e buona, perché fossero spinti a «contemplare la Bellezza nelle attività umane e nelle leggi, e a vedere come essa è dappertutto affine a se stessa». E anche i Pitagorici attribuivano al Bello i caratteri della simmetria e della proporzione.
Torniamo a parlare di quella Bellezza cui si affida l’importante compito di condurre l’uomo alla ricerca della conoscenza dell’Essere, in cui risiede la vera sapienza. Torniamoci, fratelli e amici. Facciamo di tutto per rimettere l’Uomo sulla strada della Bellezza. Con forza e ottimismo.
Noi sappiamo bene che il compito della Bellezza è ancora quello di educare l’uomo all’ascesa verso il Bene, che potrà manifestarsi nell’azione buona e meritevole al servizio della collettività. La Bellezza di un gesto generoso. La Bellezza di aiutare una persona che ci chiede aiuto. La Bellezza di un bacio sulla guancia di un anziano. La Bellezza di una stretta di mano. La Bellezza di un abbraccio, magari inaspettato. La Bellezza di dire “ti voglio bene”.
Ma torniamo anche a guardare con ammirazione e stupore alla Bellezza dell’Arte in tutte le sue forme. Partendo da quella che ci hanno tramandato geni come Leonardo da Vinci. Senza i suoi codici, senza i suoi studi, senza il suo grande lavoro di scienziato, inventore, pittore, l’Umanità non avrebbe compiuto il percorso che ha fatto.
C’è quindi più che mai bisogno di Bellezza, di Cultura, di Sapere, di Conoscenza. Abbiamo urgentemente bisogno di vedere che siano costruite nuove scuole e nuovi musei, abbiamo bisogno che i libri invadano anche le case dei poveri, affinché tutti i bambini abbiano la possibilità di istruirsi.
Mi ha colpito, mi ha fatto riflettere, a luglio, l’immagine di un bambino di 11 anni, Rayane, che durante lo sgombero di un casa occupata a Primavalle teneva sottobraccio i suoi libri come la cosa più preziosa, mentre i poliziotti lo guardavano. Nessuno va lasciato indietro, nessuno va lasciato solo. Né Rayane né altri bambini.
La priorità che ogni governo, di ogni classe dirigente, dovrebbe darsi, è quella di sostenere la più grande ricchezza che l’uomo possa avere: la Cultura. Non ci possiamo più permettere che venga quasi accantonata con programmi scolastici che risentono sempre più dei budget ridotti. È lì, a scuola, che si preparano le generazioni del futuro. È lì che si creano le comunità, è lì che si impara a conoscere l’altro. Sui banchi di scuola.
Piero Calamandrei, in un suo discorso a difesa della scuola nel 1950, pronunciò queste sagge parole: «Quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, che invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue. La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia». Oggi ci vorrebbero tanti Piero Calamandrei per illuminare la strada.
Ma non facciamoci prendere dallo sconforto e dalla rassegnazione. La ruota della vita non si ferma. Non si è mai fermata. Il pessimismo non ci deve accompagnare. Facciamo un gioco. Un indovinello. Ditemi chi ha pronunciato queste frasi.
«La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell’autorità e non ha nessun rispetto per gli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni, non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori, in una parola sono cattivi». La frase è di Socrate, 470 a.C.
La seconda: «Non c’è più una speranza per l’avvenire del nostro paese, se la gioventù di oggi prenderà il potere domani, perché questa gioventù è insopportabile, senza ritegno, terribile». Appartiene ad Esiodo, 720 a.C.
La terza: «Il nostro mondo ha raggiunto uno stadio critico. I nostri ragazzi non ascoltano più i loro genitori. La fine del mondo non può essere lontana». Attribuita ad un Sacerdote dell’Antico Egitto 2000 anni prima di Cristo.
Infine, ecco la quarta: «Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani sono maligni e pigri. Non saranno mai come la gioventù di una volta. Quelli di oggi non saranno capaci di mantenere la nostra Cultura». Quest’ultimo giudizio è inciso su un vaso d’argilla dell’Antica Babilonia nel 3000 a.C.
Siamo di fronte a degli esempi che vengono da un passato lontano da cui noi discendiamo e che devono farci scuotere le coscienze ma farci sentire fiduciosi, ottimisti. Perché sono riflessioni molto attuali. Ma vuol dire che la ruota della vita gira. La ruota ci ha fatto andare avanti. Ci manda avanti. Nonostante tutto. E allora? Allora, impegniamoci. Per dare entusiasmo, per dare lavoro, non più precario e poco retribuito. Troppi non hanno lavoro, troppi lo perdono. Mai perdersi d’animo. Le partite che affrontiamo ogni giorno a volte si vincono, in tutte le altre non si perde ma si impara qualcosa. Mai sentirsi sconfitti. La vita è lunga. Si cade e ci si rialza. I contadini toscani, le sere d’inverno, a veglia, di fronte al fuoco, raccontavano le storie ai più giovani e, soprattutto, raccontavano tanti proverbi. Una mi è rimasta impressa: «Nella vita ci sono più giorni che salsicce»… Vuol dire che c’è tempo per far tutto, per vincere e per imparare dalle sconfitte, per ascoltare e per parlare, per piangere e per sorridere.
La forza si costruisce sui fallimenti, non sui propri successi. La capacità di rialzarsi dopo una caduta rende più forti. Sempre senza fermarsi. Sempre in viaggio. Come avete fatto Voi per arrivare qui al Vascello. Alcuni di voi vengono da molto lontano, hanno affrontato viaggi faticosi e anche costosi. Hanno trovato curve e strettoie. E anche pericoli. È un dono che mi avete fatto. Essere venuti qui è un regalo che mi avete fatto, che avete fatto alla giunta del Grande Oriente d’Italia. Voi siete come un seme lanciato tra le zolle, baciate dal sole, alimentato dall’acqua, curato dal lavoro dell’uomo. Con il vostro impegno costante, ogni giorno, in ogni parte d’Italia, in ogni angolo, siete diventati una bella spiga di grano. E io sono fiero di voi come Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. E la giunta è fiera di voi. E anche voi come il seme che cerca la luce passando dalle tenebre della terra, avete attraversato le difficoltà. Come posso ringraziarvi? Talvolta ci penso quando vi stringo la mano. Posso ringraziarvi con un sorriso. Non so darvi molto di più. Ho provato a difendervi. Credo di sì, credo di averlo fatto e continuerò a farlo con tutte le mie forze perché rivendico il vostro, il nostro diritto di esistere.
E questa è la Bellezza, la Bellezza dell’armonia, che regna tra noi. Bisogna mantenerla quest’armonia tra tutti gli uomini partendo dalla nostra interiorità. In fondo, ogni persona è come una vetrina. Brilla quando c’è il sole ma quando cala la notte la vetrina brilla se c’è la luce dentro. E la persona è come un uovo. La solidità non è data dal guscio ma da quello che lo riempie.
E anche il Grande Oriente d’Italia è come un uovo, ha grandi valori dentro, ha una straordinaria storia, ha un formidabile futuro davanti. Siamo cittadini di questa Italia, di questa Europa che talvolta ci fa arrabbiare, che vediamo lontana e che talvolta ci mette lacci e lacciuoli ma è bene che ci sia, siamo cittadini dell’umanità, di un mondo che ha confini porosi, che consente a ogni essere umano di spostarsi da una parte all’altra, che permette a ognuno di imparare qualcosa da un altro.
La Bellezza di imparare, il desiderio di progredire, la voglia di lasciare cose belle, la pace, l’amore, il lavoro a chi verrà dopo di noi. “Il futuro è il luogo migliore” ha detto Barack Obama. Bisogna costruirlo il futuro. Costruire, la parola fondamentale della nostra azione. Costruire stimola la fierezza dell’appartenenza. E noi dobbiamo costruire luoghi migliori. Tocca a noi. Il luogo è l’intreccio tra l’ambiente e l’uomo, l’uno rispetta l’altro. Così si edificano le comunità, dove le persone si conoscono, si parlano, si aiutano.
E, chissà perché, mentre dico queste parole, me ne viene in mente un’altra, tra le più diffuse del nostro tempo: deficit. Si parla di deficit di bilancio, deficit delle imprese, deficit di linguaggio, di lettura, ma si parla poco o nulla del deficit di empatia. Invece, è un male del nostro tempo l’incapacità di capire le ragioni dell’altro, le difficoltà dell’altro. Noi dobbiamo agire per superare il deficit di empatia. Se allarghiamo il raggio delle nostre preoccupazioni, se c’è empatia con i problemi degli altri sarà difficile non aiutare chi ha bisogno.
E noi liberi muratori, che siamo artigiani del progresso, dobbiamo metterci in azione per diminuire e annullare il deficit di empatia.
Noi massoni non ci fermiamo. Camminiamo. Corriamo. Siamo forti, siamo grintosi, siamo fieri, uniti e perfino belli. Continueremo la nostra interminabile Opera accendendo la candela della Bellezza nei nostri cuori e nelle nostre menti per illuminare un po’ di più il mondo. Continueremo a lavorare per i nostri sogni, continueremo ad alimentarli, ispirati dal pensiero nobile e illuminato di Eleonor Roosevelt: “Il futuro appartiene a chi crede alla bellezza dei propri sogni”.
Fatelo anche Voi. Facciamolo tutti assieme. Costruiamo il futuro, è lì il luogo migliore, il luogo più bello, il luogo della dolcezza e dell’amore, il luogo del lavoro per tutti, il luogo della cultura per tutti. Accendete ovunque, ogni giorno, la candela della Bellezza. Facendo così, davvero la Bellezza potrà salvare il mondo.
Viva il Grande Oriente d’Italia! Viva il Libero Pensiero! Viva tutti noi!
Stefano Bisi
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
Roma, Il Vascello 21 settembre 2019.