Carissimi Compagni,
lo svolgimento di questa Grande Assemblea contiene in sé molte ragioni di riflessione perché avviene in un periodo estremamente particolare. Un periodo di grande incertezza sociale, di grandi dubbi, di forte mobilità dei popoli, di grandi rivendicazioni sociali ed economiche. Una complessità a cui nessuno, nemmeno il mondo iniziatico e massonico, può sottrarsi alla esigenza comune di trovare e suggerire percorsi in cui i valori di libertà eguaglianza e fraternità siano i cardini di un nuovo assetto, anche istituzionale, in cui la sintesi non può essere delegata al mercato e ancor meno al mondo della finanza. La giovane Europa dei popoli e dell’umanesimo non coglie la sfida di aprire il patrimonio che conserva nella tradizione millenaria alla domanda di milioni di uomini che chiedono da altri continenti di poter trovare nelle nostre terre ciò che non hanno nei loro paesi. Libertà! Libertà dal bisogno, libertà di futuro, liberta di espressione sociale e religiosa.
Noi siamo Maestro dell’Arco Reale e, come dice il nostro rituale, abbiamo abbandonato gli strumenti del lavoro materiale per passare al lavoro spirituale. Il lavoro spirituale significa essere presenti all’interno del Corpo Rituale, della Comunione, ma essere presenti anche all’interno del corpo sociale di cui siamo elementi e soggetti attivi, forza propulsiva, se possiamo e sappiamo testimoniare il valore della nostra Sapienza, il valore del nostro profumo. Un Maestro è Maestro perché dice, un Maestro è Maestro perché parla. Un Maestro non deve preoccuparsi di chi capisce ciò che dice, perché come diceva Giordano Bruno: «...la verità è, ed è quella». Non è una verità perché fa parte di una parte di una maggioranza. La verità è verità e io credo che noi dobbiamo partire da questo punto per raccogliere il senso del nostro viaggio.
Che cos’è questo Corpo Rituale? Che cosa ci hanno raccontato? Che cosa abbiamo capito? Che cosa siamo in grado di dire? Cosa siamo capaci di fare? Forse per qualcuno è stata una scuola di apprendisti capaci solo alla esaltazione del proprio Ego. Per altri può essere stato uno spazio dove raccontare se stesso. Per molti, per fortuna, è stata una Scuola Iniziatica che ci ha permesso di traghettare tante situazioni difficili e far crescere la coscienza del nostro Corpo Rituale al punto di acquisire consapevolezze che debbono portarci a far germinare questa trasformazione che diviene necessaria per i tempi e per il rispetto di quello che è la natura del Rito di York.
Io sento in giro, da parte di qualcuno, che qualche volta sono definito rivoluzionario, poco attento a quello che è il valore della tradizione. Peccato che lo dicano coloro che la tradizione non l’hanno mai rispettata. Perché a me farebbe piacere sapere da questi critici, da questi Compagni, qual è la tradizione che io dovrei rispettare. Perché io ho una tradizione. Io sono un grande conservatore. La tradizione che io rispetto è quella del rituale. Ebbene: è tanti anni che sono all’interno di questo Corpo Rituale, tanti anni che io mi sono posto il problema della ritualità. Mi fa piacere che arrivino anche altri, che hanno ricoperto per anni incarichi all’interno delle varie Camere Rituali, che oggi lo scoprono e ce lo ricordano. Gradirei vedere documenti che ci portino a capire quale è via, quale è la ritualità. Con un gruppo di Compagni ci siamo messi a studiare, con grandissima umiltà, prendendo ciò che ci era stato consegnato. Andando a prendere ciò che non avevamo. Cercando di ritrovare quello che nessuno aveva detto che poteva esistere. E questo è il lavoro che io consegno a questa Assemblea per tutti i Capitoli, per tutto il Corpo Rituale. Cari Compagni, avete ricevuto un CD: è il Rituale del Rito di York, in cui per il principio della omogeneità e della conservazione insieme al rispetto del rituale in uso da sempre del Rito di York trovate figure e dignità rituali omesse nel rituale italiano, certamente, per errori di traduzione. È come se un Compagno che parte da New York che si chiama Giovanni quando è a Roma viene identificato come Federico. Noi abbiamo il 1 e il 2 intendente... sono figure che non esistono, abbiamo il Maestro delle Cerimonie, è una figura che non esiste. Nel Rito di York, nel rituale originario dal Duncan in poi e in tutti i Rituali del Gran Capitolo Generale Internazionale noi abbiamo il 1 e 2 Diacono, noi abbiamo il Maresciallo. Affermo “noi abbiamo”, perché apparteniamo al Gran Capitolo Generale Internazionale. Perché non esiste, ne potrebbe esistere, un rituale del Rito di York Italiano ma solo ed esclusivamente del Gran Capitolo Generale Internazionale.
L'ingresso rituale
Mi rendo conto che questo apre una riflessione. Ma una riflessione su quella che è la nostra storia. Su ciò che noi siamo. E su ciò che noi dobbiamo avere l’orgoglio di avere. Noi siamo quello che non erano gli altri, e non lo sono mai stati perché noi siamo la Massoneria. Noi siamo la ragione per cui oggi riconosciamo all’interno di un contesto non solo Nazionale ma Universale il Corpo Massonico. Tutti i Corpi Massonici sono partiti attraverso una forma che aveva una sostanza ritualistica che era il Rituale di York. Da li è nato tutto. È nata la Costituzione della Massoneria, sono nate le Massonerie nazionali... però è rimasta una cosa... l’unica Massoneria Universale, quella del Rito di York. Il Rito di York nel panorama massonico è l’unico che afferma sul piano metodologico e costitutivo la Universalità della Massoneria, lo afferma nelle regole, lo afferma nei contenuti.
Ci hanno detto che è una Massoneria Americana, non è vero. Le ragioni sono scritte nella storia ed appartengono ad un processo così intenso e profondo che manifesta la esigenza di diffondere con più incisività la natura delle nostre origini riprendendo, se necessario, anche ciò che la storia del tempo ci ha conservato: il rotolo di Kirkwaal, il tappeto conservato in una loggia delle Orcadi salvato dall’incendio del Castello di Prince Henry Sinclair Gran maestro ancor prima della nascita della Massoneria così come oggi la testimoniamo. Il Rito di York è una Massoneria Europea, fortemente europea che si è sviluppata negli Stati Uniti, ma per ragioni che erano frutto di guerre, di sconfitte. E come tutte le cose, visto che la storia la scrive chi vince, qualcuno si è portato, andando nel Nuovo Mondo, il Rituale di York, su cui sono nate le logge americane, ed è il Rito più diffuso per questa ragione, non per altre particolarità o quali oscuri arcani problemi. E questa ricchezza che noi abbiamo prendendo il rituale, la cogliamo non soltanto perché è Scuola Iniziatica, ma perché portiamo dentro quello che è la tradizione di un mondo che si è sedimentato all’interno del Rituale stesso fino al punto di doverci chiedere: ma perchè di chiamiamo Compagni? Noi sbagliamo a chiamarci Compagni.
Noi siamo Compagnon, perché questa tradizione nasce in un percorso che ha visto una fuga, per una ragione oggettiva che a tutti appartiene, quella templare, dal mondo europeo di un gruppo di persone che potevano essere i “Superiori Incogniti” o poteva essere un gruppo di fratelli grandi iniziati che si sono fermati nelle isole. Sono due i gruppi in fuga, entrambi originati nello stesso giorno da Bernardo da Chiaravalle... i cavalieri dell’ordine del tempio verso la Scozia e quello degli Ospitalieri verso il Portogallo. L’Ordine del Tempio sapeva dove andare e non sono arrivati nella parte piu agevole il sud dell’ Inghilterra, ma sono andati in Scozia mantenendo salda la conoscenza e sapendo di trovare protezione, ed hanno sedimentato questo percorso. Una domanda che lascio sospesa per chi, più di me è curioso e studioso: ma ci siamo mai chiesti perché in questo Rito abbiamo, tutto insieme, il mondo delle Gilde (Arco Reale), il mondo del Segreto del Tempio (Criptici), il mondo dei Cavalieri Templari? Avete notato sul rituale le connessioni tra le figure iniziatiche? Avete respirato la unità iniziatica insieme alla crescita sapienziale delle camere rituali?
Lascio queste domande sospese perché noi dobbiamo ritornare a questo valore originale, la strada di noi cercatori di senso è talmente ricca di pietra che troveremo ciascuno la risposta. Perché in questa risposta è la tradizione, è la ritualità, è la unità ed armonia del corpo rituale. Perché da qui noi cogliamo l’importanza di appartenere ad un Corpo Rituale ma anche l’orgoglio di poter testimoniare questo valore. Qualcuno si definisce “l’università della massoneria”. No, qui non c’è una università, c’è l’origine, qui ci sono diverse stagioni che hanno fatto sì che ciò che era in qualche modo strutturato e formato, è stato via via copiato e modificato, ed in particolare da chi lo conosceva e voleva difendere un Simbolo, secondo quelle che erano le convenienze, le condizioni, le contingenze.
Noi siamo gli
ancient, poi ci sono gli
accepted che sono nati dopo, e ci sarà un motivo perché uno si chiama così, o no? Ci sarà un perché uno modifica ed integra il percorso iniziatico attraverso la figura “dell’accettato”! Il perché è nel bisogno di costruire un terreno più grande rispetto a quello che era vincolato dal mondo delle Gilde dove doveva accettare all’interno di quello che era la struttura, soggetti che non appartenevano a quella comunione e quindi dovevo creare attraverso la forma politica un consenso più largo che gli consentisse di fare uno sviluppo ed un disegno.
Sono tutte modalità che hanno una loro logica, hanno una loro giustificazione, hanno una loro validità da un punto di vista iniziatico e da un punto di vista ritualistico, però, dobbiamo fermarci su quelli che sono i capisaldi, e a me fa molto piacere che si parli di questi argomenti.
Mi piace molto perché entrare nel contesto del nostro Corpo Rituale, visitare i Capitoli, incontrare i Compagni, parlare con la Comunione, trasmettere un messaggio di Cultura ci mette su un piano di interesse e di condivisione che fa cambiare la pelle a tutti noi, a me per primo, mi piace perché mi mette nelle condizioni di cogliere la ricchezza di un patrimonio storico, culturale, iniziatico, che fa parte di un sogno a cui il fratello porta, non solo la disponibilità dell’animo, ma un percorso di ricerca, un percorso di conoscenza. E questa conoscenza noi l’abbiamo, riportata nero su bianco, su quello che sono i rituali e quindi lo sforzo che io chiedo ai Capitoli da qui ai prossimi mesi, è quello di studiare ciò che la commissione rituali ha poi validato e che deve essere l’elemento di confronto, di lavoro, nei Capitoli. Perché noi dovremo arrivare non a redigere il nuovo Rituale, dovremo ulteriormente stampare il Rituale con quelle che sono le realtà rappresentate nel Rituale del Gran Capitolo Generale Internazionale. Così vale per la Costituzione. Noi non siamo autonomi. Noi siamo all’interno di un grande Corpo Universale ed Internazionale che è il Gran Capitolo Generale Internazionale del Rito di York. Quando per la prima volta, io l’anno scorso, per la prima volta sono andato alla Triennale, alla Assemblea Internazionale, ho partecipato alla elezione del Sommo Sacerdote Internazionale, come un qualunque Maestro della Comunione Italiana partecipa alla Gran Loggia alla elezione del Gran Maestro. Che cosa significa questo. Che siamo all’interno di un processo dove ciò che accade nel Gran Capitolo Generale Internazionale in maniera automatica cambia ciò che avviene all’interno della nostra Comunione Rituale. Ebbene, per tante ragioni, e non è questa è la sede su cui noi abbiamo bisogno di ricercare la ragione, la nostra costituzione è ferma a quando è stato costituito il Gran Capitolo nel 1964. Gli adeguamenti, nemmeno normali sono stati apportati, eppure anche il nostro Paese è cambiato. Nemmeno l’adeguamento ai deliberati del Gran Capitolo Generale Internazionale sono entrati nel patrimonio del
Corpus Juris. Siamo passati da Città di qualche migliaio o di poche centinaia di migliaia di abitanti a qualche milione. Noi ragioniamo ancora in una logica, non quella naturale dell’Oriente, no, ragioniamo nella logica del territorio. Il territorio non esiste, esiste l’Oriente. Un Capitolo è come Una Officina dell’Oriente e nello stesso Oriente possono esistere più Capitoli. Esiste la natura stessa di una entità diversa che viene rappresentata dal radicamento nel territorio.
Luciano Di Renzo in rappresentanza dell'Antico Rito Noachita
La stessa natura che ci porta a svolgere altre considerazioni. Oggi abbiamo, e lo ringrazio che è qui presente, eletto il nuovo Illustre Maestro del Concilio, nel suo programma raccoglie una modalità che da tempo sostengo, che vale per tutti noi, quella di arrivare a distinguere ciò che è sacrale perché iniziatico, da ciò che è gestionale perché è organizzativo. La nuova natura del Rito di York non è nella diversità Iniziatica per come la conosciamo, quella è, quella resta e la tradizione è la parola principale. Abbiamo bisogno, invece, di darci una diversa organizzazione, cogliendo quello che il Rituale ci offre: cogliere quello che il rituale ci offre è l’Unità di questo Rito. Perché il Rito è Uno. Per anni, falsi Maestri che appena persa la carica se ne sono andati, hanno teorizzato di autonomie, di indipendenze dei Corpi Rituali... siamo arrivati, per fortuna e per impegno e per progetto di una squadra che guarda avanti, a ritrovare la strada maestra. La strada maestra è la strada non soltanto dell’unità Iniziatica, ma anche dell’unità gestionale. Io sono convinto che noi arriveremo alla prossima Grande Assemblea, con questo progetto che sarà strutturato, probabilmente lo faremo anche prima, visto che dobbiamo adempiere a dei compiti che sono anche di natura statutaria e normativa civilistica. Dobbiamo convocare le Assemblee straordinarie per procedere alla modifiche, preventivamente mandiamo tutto all’approvazione del Gran Capitolo Generale Internazionale, però questo modello deve portarci a cogliere un percorso nuovo. Nella struttura del Rito, nella mia figura di Sommo Sacerdote sono colui che attiva i processi costitutivi del Rito perché...innalzo le colonne del Capitolo, da lì si genera poi tutto il resto... il Concilio e poi la Commenda. In questa logica, che talvolta ci ha visto in qualche modo poco coordinati... diciamo così... si facevano i Capitoli, poi nascevano i Concili, poi nei Concili c’era un compagno di Milano, uno di Torino, uno di Firenze, uno di Bologna e non si capiva che cosa si andava formando... lo stesso valeva per la Commenda Templare... e allora bisogna che ci diamo una regola. E la regola è quella del Rito.
Un Capitolo è Capitolo se all’interno del Capitolo c’è la Camera Criptica e la Camera Templare. Dove non c’è Camera Criptica e Camera Templare, vi invito a costituirle, per ragioni naturali di appartenenza ad un Corpo Rituale, ma è impegno di non dare più le Bolle a Capitoli che si costituiscono e non completano il percorso rituale, perché come abbiamo fatto lo sforzo di costruire gli arredi per evitare che si fanno le chiese senza gli altari e si mettono a disposizione gli spazi senza fare attività Iniziatica, abbiamo perso l’abitudine di autorizzare i capitoli che non si dotano degli strumenti materiali per poter lavorare, dall’Arca allo stendardo a tutto il resto necessario ad una ritualità piena e consapevole. Noi dobbiamo costruire all’interno dei Capitoli un processo per cui l’unità dei ruoli, delle funzioni, dei compiti è comune a tutte e tre le Camere Rituali.
Io con grande gioia, perché veramente è stato un piacere straordinario, e l’ho testimoniato anche pubblicamente... ho dimostrato il percorso di unità iniziatica indicato nel rituale attraverso le figure di Giosuè Aggeo e Zorobabele. Sono stato a Vibo Valentia e ho insediato per la prima volta, dopo aver per anni subito critiche dai grandi ritualisti, un Capitolo, dove il Gran sacerdote, il Dottore della Legge e il Reggente, ricoprivano nella Camera Criptica ed in quella Templare la carica di Illustre Maestro e Eminente Commendatore. Questo sta avvenendo nei capitoli. Le riunioni non si fanno divise per camera rituale, si fanno per Capitolo e nel capitolo si eleva poi la camera come necessario. Un Capitolo, se lo notate nel rituale, ha la stessa struttura di una loggia: apprendista, compagno, maestro. La differenza nel grado tra i compagni che non appartengono a tutte le camere non è nel grembiule ma nel segno, nel toccamento, nella parola sacra! Nel Capitolo si può entrare con i paramenti di Maestro dell’Arco Reale o di Massone Criptico o di Cavaliere Templare... come in una Loggia della Comunione con il grembiule di Apprendista di Compagno o di Maestro. Sono le cariche del Capitolo che elevano i lavori se necessario o completano la formazione dei compagni con tavole che spiegano anche le altre camere rituali. Lavoriamo su questo piano, con questa ritualità, perché questo è lo sforzo vero in cui noi misuriamo la nostra capacità di essere Maestri, quella di formare. Perché su questo noi misuriamo la nostra capacità di far comprendere che questo è un Rito che ha nella sua struttura la grande qualità della genia della formazione per un percorso Iniziatico per la comunione, ma anche per i fratelli perché debbono cogliere il significato della iniziazione. Quando è stato posto alla attenzione il Decreto per cui c’è un tempo di passaggio tra il grado di Maestro del Marchio e quello di Maestro dell’Arco Reale, sembrava che si fosse creata la grande frattura tra i ritualisti e questi che la pensavano in maniera non rituale. Forse probabilmente adesso i Compagni, i Gran Sacerdoti, colgono che questa è la Via del Rito mi ringraziano i compagni, mi ringraziano i Gran Sacerdoti dicendomi che è bello parlare nei Capitoli di ritualità, che è bello entrare nel merito di quelli che sono gli elementi più profondi di un percorso, che è bello pensare che questo Gran Capitolo ha iniziato a produrre Cultura.
Il Gran Segretario, Almerindo Duranti, nella sua relazione ha descritto quanto è grande l’impegno per la comunicazione delle attività del corpo rituale, quello che ha detto non è una storia di una favola da scrivere, è il lavoro quotidiano, quando siamo partiti... io ricordo la difficoltà di comprendere.... anche come di come ci si poteva muovere. Siamo arrivati a chiudere un percorso di comunicazione, ed l’unico caso per un corpo rituale, con mezzi che sono completi sotto tutte le forme: sito web, blog, newsletter, rivista on line, una collana editoriale (De Lantaarn). I Compagni che tutte le mattine vogliono sapere che cosa succede nel Gran Capitolo aprono internet e lo trovano, trovano le tavole, trovano anche una cosa che può sembrare di poco conto, ad esempio una collana editoriale. Trovano una cosa che può sembrare poco conto ma che questo Sommo Sacerdote un anno fa era ad Oxford a presentare un libro del Rito di York, l’altro ieri, giovedì, è stato invitato – io non ho rapporti con la fiera del libro di Torino – a presentare Mauro Cascio e ciò che noi abbiamo prodotto come Corpo Rituale. Lo abbiamo fatto attraverso un Capitolo, lo abbiamo fatto attraverso Fratelli, che sono Compagni: Massimo Agostini, Mauro Cascio, Marco Rocchi. Compagni che appartengono a questo Corpo Rituale. Compagni che si avvicinano al nostro Corpo Rituale. Fratelli della Comunione che chiedono di operare, collaborare con il nostro Corpo Rituale. E credo che la ragione per cui la Massoneria si testimonia nel tempo, si testimonia nei secoli è che lascia un segno che non è materiale, ma un segno culturale. Se noi perdiamo questa opzione non abbiamo più ragione di continuare a testimoniare nulla, perché ciò che viene trasmesso è un messaggio di anima ed è un messaggio di valori. Se noi non riusciamo a costruire e a modernizzare gli elementi valoriali su cui si forma la nostra comunione, non troviamo rispondenza in quello che è il contesto sociale, in quello che è il contesto civile.
E allora il Rito di York ritorna ad essere il centro del nostro lavoro. È la chiave di volta. Deve essere l’orgoglio di essere Maestri di questa Comunione. Perché io sono orgoglioso di appartenere alla nostra Comunione, al Grande oriente d’Italia, ma sono straordinariamente orgoglioso di appartenere al Rito di York. Alla apertura dei lavori ho rivolto un caloroso saluto al Gran maestro Stefano Bisi, anche compagno del Rito, insieme agli auguri di buon lavoro perché so bene le rinunce e le difficoltà che l’impegno comporta e la grande responsabilità che ha sulle spalle. Non è più il tempo della rappresentanza, è il tempo della testimonianza e questo induce a misurarsi con le difficoltà e le complessità. Al Gran maestro l’affetto e la stima al compagno l’augurio di fare bene, all’amico e fratello ripeto quello che lui ha detto in un intervento: avanti con i piedi nella polvere e la testa nella luce! E questo è l’impegno su cui io chiamo tutti noi, io per primo, i Deputy i Compagni Gran Sacerdoti, i Compagni dei Capitoli, perché questo lavoro deve essere un lavoro corale, deve essere un impegno visibile, non può essere un momento saltuario. Noi non possiamo pensare di testimoniare una presenza, noi dobbiamo cogliere quello che nella Comunione sta emergendo. Questo bisogno e questo interesse nei nostri confronti, è un interesse che non può essere venduto come operazione politica. Nella nostra Comunione non ci sono Capitoli Emulation. Nella nostra comunione non ci sono Capitoli Francesi. Solo persone in malafede possono pensarlo e riferirlo inducendo l’errore. Nella nostra Comunione c’è il Rituale, che è il Rituale della Massoneria, e che se trova nella natura Rituale del nostro Gran Capitolo, nei nostri valori una corrispondenza, bene, noi dobbiamo favorire questo processo. Dobbiamo cogliere questa presenza, vi invito a vedere con attenzione che cosa è la ritualità, perché dentro questo processo comprenderemo il valore e la ragione di una crescita. E questa la crescita non perché si fa un proselitismo nel numero. Questa crescita ci consente di fare un proselitismo nella qualità e nei valori, in quello che è il percorso della tradizione. Quindi abbiamo davanti a noi un tempo di grande impegno e approfondimento.
Lo faremo insieme. Lo faremo attraverso seminari formativi. I Deputy dovranno fare i Deputy del Sommo sacerdote, non dei capitoli ma del Rito di York verso la Comunione testimoniando il loro valore anche attraverso azioni di sostegno al proselitismo perché è di essi la autorevolezza verso i Maestri della Comunione. I Deputy debbono impegnarsi perché queste cose vengano costituite e realizzate. Il Sommo Sacerdote sarà presente, come i Compagni della Giunta, però deve essere una sensibilità che appartiene a tutti noi. Non a qualcuno che fa e l’altro che assiste. Nella Massoneria uno diventa Maestro perché cammina sulla strada, non perché fa il trasportato. Il trasportato è un osservatore, il Maestro è un fratello che entra e penetra. Penetra il simbolo, lo coglie lo rappresenta e lo manifesta.
Credo che noi stiamo manifestando in questo tempo un impegno forte nei confronti del nostro Corpo Rituale e tutti i Compagni con una armonia che è straordinaria ed una energia eccezionale che si respira. La politica del Rito ha anche aspetti che superano la realtà nazionale, il buon lavoro lo si vede, nei rapporti con l’Estero, dalle tante delegazioni presenti... alcune insperate per la tanta distanza: il Messico, l’Australia, il Togo, il Gabon, tutti i Gran Capitoli Europei, tutte le Dignità Internazionali del Gran Capitolo Generale. Ed io che vi sto vedendo tutti in uno scenario bellissimo, perché veramente è una Assemblea, ricca di presenze, di sensibilità e di grande amore fraterno posso soltanto dirvi Grazie. Le emozioni sono tutto ciò che ci resta a testimonianza di quello che si è fatto. Vi ringrazio cari compagni per le emozioni che mi fate provare!
Le delegazioni estere