di Antonino Zarcone
Firenze, notte tra il 3 ed il 4 ottobre i fascisti assaltano le case dei massoni in quella che è passata alla storia come la “notte di San Bartolomeo” fiorentina. Il fascismo muove i primi passi verso il consolidamento del regime. Oramai la crisi conseguente l’assassinio di Matteotti è superata. Mussolini si è assunto la responsabilità morale di quanto accaduto e di quanto accadrà. Per il duce è necessario soffocare ogni forma di opposizione. Bisogna eliminare ciò che resta dell’Italia liberale, eliminare i partiti antifascisti. Viene colpita l’istituzione che ha formato buona parte della classe politica italiana dopo il risorgimento. È in itinere la legge contro le società segrete. Solo Gramsci lo comprende. L’attacco lanciato contro la Massoneria è un attacco a quello che resta dell’Italia liberale, un attacco alla libertà. Si colpiscono le logge divenute covo dell’antifascismo nonostante parte dei membri del Gran Consiglio abbiano attraversato le colonne dei templi massonici. A Firenze il fascismo si mette in evidenza per gli eccessi di violenza. Tra i leader Tullio Tamburini, un tenente di fanteria divenuto Console della milizia fascista. Sarà ancora con Mussolini a capo della polizia durante la repubblica di Salò. Il 26 settembre 1925 il giornale fiorentino Battaglie fasciste aveva esordito pubblicando il comunicato del direttorio dei locali fasci di combattimento : «Da oggi non deve essere data tregua alla Massoneria ed ai massoni. La devastazione delle logge si è risolta in una ridicola sciocchezza. Bisogna colpire i massoni nelle loro persone, nei loro beni, nei loro interessi. […] La parola d’ordine è questa: lotta ad oltranza, senza riguardo, con ogni mezzo». Ancora più esplicito l’articolo successivo del 3 ottobre: «La Massoneria deve essere distrutta ed i massoni non hanno diritto di cittadinanza in Italia. […] Tutti i mezzi sono buoni; dal manganello alla revolverata, dalla rottura dei vetri al fuoco purificatore».
Così dalla parola si passa ai fatti. Già il giorno 26 settembre vi erano state delle aggressioni e i pestaggi contro i massoni o presunti tali. Le violenze erano aumentate nei giorni successivi fino a toccare il culmine nella notte fra il 3 e il 4 ottobre, quando gli squadristi scatenarono una terribile rappresaglia per vendicare la morte di uno dei loro, Giovanni Luporini, rimasto ucciso, probabilmente da «fuoco amico», mentre capeggiava una spedizione contro il massone Napoleone Bandinelli. Nell’azione muore Giovanni Becciolini, anch’egli massone, che era accorso in difesa di Bandinelli, suo vicino di casa. I fascisti lo finirono a bastonate e a colpi di revolver.
Giovanni Becciolini, lo ricordo oggi perché cercando tra i ruoli matricolari del distretto per altre ragioni, ne ho rinvenuto il foglio matricolare.
Un altro gruppo, poco dopo mezzanotte, raggiunge casa dell’avvocato Gustavo Console pure lui massone, già denunciato da Battaglie fasciste come uno dei distributori del giornale dei fratelli Rosselli Non mollare. Viene ammazzato a revolverate di fronte alla moglie e ai figli. Infine la violenza fascista colpisce all’ex deputato Gaetano Pilati, figura di spicco del socialismo fiorentino e che era rispettato dallo stesso Mussolini. Era un mutilato di guerra, ma questo non ferma i fascisti. Viene ferito gravemente e morirà dopo tre giorni di agonia all’Ospedale di S. Maria Nuova. Prima di morire avrebbe detto “non mi hanno ucciso gli austriaci lo hanno fatto gli italiani”.
Il tutto avviene senza che le forze dell’ordine intervengano. Secondo alcune testimonianze da me raccolte, solo il massone generale Sante Ceccherini corre in aiuto dei massoni più noti. Da comandante della milizia per l’area fiorentina organizza un servizio di vigilanza proprio impiegando i militi. Uno di questi nel dopoguerra diventerà il maestro venerabile di una loggia fiorentina sotto l’obbedienza massonica di Piazza del Gesù. I responsabili delle violenze saranno condannati a pene molto miti.