di Tiziano Busca
Davanti al dramma del dolore la vita assegna momenti di rilettura profetici che ridisegnano le persone nella loro essenza a volte non solo pedagogica ma anche profetica. Il dramma di Marchionne va visto anche in questo messaggio che portò a Trento quando ricevette la Laurea honoris causa in Ingegneria Industriale ai giovani studenti disse: «Cercate da soli la vostra strada, cambiatela ogni volta che volete, seguite i vostri sogni. Non lasciate che le abitudini, l’educazione, i vostri stessi preconcetti diventino una prigione. Abbiate sempre il coraggio di cambiare voi stessi le vostre idee il vostro approccio il vostro punto di vista, perché è l’unico modo per cambiare».
In questo momento devono prevalere sentimenti di pietà, di solidarietà, di vicinanza, e tutto il resto deve essere messo da parte. Anche le riflessioni su quanto Marchionne abbia rappresentato nella storia recente si devono fare, ma nei momenti opportuni e soprattutto tenendo presente che Marchionne non è il soggetto, né il responsabile di una lettura del mondo, è solo un rappresentante di un modello che forse va cambiato, perché rappresenta un passato, un anno vecchio con cui è sempre più difficile fare i conti.
L’anno vecchio è quello delle ideologie totalitarie che hanno insanguinato il Novecento, il comunismo e il fascismo, nate entrambe per combattere i limiti e il vuoto di quella liberale. L’anno vecchio è definitivamente tramontato, ma la più vecchia delle ideologie è ancora con noi. Il liberalismo è quanto rimane dell’anno vecchio, il suo ‘residuo’ come in sociologia lo avrebbe chiamato Pareto, quel fondamento costante e pre-razionale dell’anima umana fatto di sentimenti ed istinti. Abbiamo cioè un passato vorace che non è stato ancora fatto precipitare nell’oblio. Un post-liberismo come ideologia unica che vuol dire accumulazione senza limite della ricchezza, che vuol dire separazione sempre più marcata delle risorse, con concentrazione di ricchezza in pochissime mani e una povertà sempre più diffusa, che vuol dire un’economia che impone le scelte politiche e che diventa lei stessa ‘sovranità’. Rappresentare questo modello non vuol dire essere vincenti, vuol dire essere l’attore principale del ‘darwinismo sociale’, una lotta per la sopravvivenza in cui solo i migliori, i più forti, conquistano i loro spazi e dove gli ultimi fanno fatica a esistere e difendersi.
Dobbiamo pensare all’anno nuovo, e non mettere al centro della storia una classe sociale, o lo Stato, o l’individuo atomizzato intenso come competitor economico. Dobbiamo mettere al centro l’uomo, con i suoi bisogni le sue debolezze, le sue capacità, le sue possibilità. La Massoneria può essere il laboratorio di un nuovo umanesimo. Per elaborare nuovi simboli, nuovi punti di riferimento, attualizzando i vecchi valori.