di Filippo Goti
Un tema sicuramente ricorrente nelle varie scuole gnostiche, sia di tradizione occidentale che di tradizione orientale, è quello del sacrificio.
Questo tema narrativo è centrale in numerose tradizioni religiose e mitologiche, e rappresenta il momento culminante attraverso cui un’incarnazione del divino si sottopone a terribili, per quanto umani e naturali, supplizi onde ristabilire un equilibrio fra l’Ente e l’Uomo o all’interno della Creazione.
Sarebbe sbagliato credere che tale nucleo mitologico appartenga solamente al perimetro cristiano, in quanto lo riscontriamo, ad esempio, nella tradizione nordica con Odino, il quale compie ben due sacrifici distinti.
Il primo quando Odino si “inizia”, divenendo il primo Maestro delle Rune, offrendosi in sacrificio a se stesso:
« Lo so io, fui appeso al tronco sferzato dal vento per nove intere notti, ferito di lancia e consegnato a Odino, io stesso a me stesso, su quell'albero che nessuno sa dove dalle radici s'innalzi. »
(Edda poetica - Hávamál - Il Discorso di Hár CXXXVIII)
Il secondo sacrificio di Odino avverrà alla fine dei tempi, in un’epica e conclusiva battaglia contro le forze del caos; durante l’avvento del Ragnarǫk Odino morirà, inghiottito dal terribile e famelico lupo Fenrir. Successivamente verrà vendicato da Víðarr che divaricherà le fauci del lupo, causandone la morte, dopo avergli schiacciato la gola con un piede.
Ancora possiamo citare il sacrificio del toro da parte di Mitra a Dioniso, divorato dai titani gelosi ed infuriati verso Zeus e molteplici altri esempi.
Nello gnosticismo il sacrificio assume forma e connotazione particolare; esso è l’espediente attraverso cui il Protogenitore, per mezzo di uno dei suoi eoni/figli, disperde all’interno della creazione demiurgica elementi spirituali in genere rappresentati da gocce o raggi di luce. Tale atto ha come fine quello di disgregare dall’interno il costrutto ilico e psichico arcontico, che è nei fatti una complessa prigione realizzata per intrappolare l’elemento spirituale.
Tale immaginario narrativo trova massima espressione nei sistemi gnostici orientali, dove grazie ad una sublime ed arabescata poetica, il sacrificio del divino è raccolto all’interno di un’epica battaglia fra i figli del Dio della Luce e i figli delle Tenebre.
«Come i Figli delle Tenebre li ebbero divorati, i cinque Dei Luminosi [i figli dell’Uomo Primordiale, e la sostanza di tutte le anime disperse in seguito nel mondo] vennero privati di intelletto e per mezzo del veleno dei Figli delle Tenebre divennero simili ad un uomo che è stato morso da un cane arrabbiato o da un serpente» (teogonia manichea)
Questa vittoria da parte delle Tenebre, per quanto eclatante e atroce nella sua efferatezza, è limitata nel tempo: se è pur vero che i figli della luce sono privati della memoria di ciò che erano, e si ritrovano prigionieri ed errabondi nel cosmo, è altrettanto vero che ciò innesca un meccanismo attraverso cui, lentamente ma inesorabilmente, saranno i figli delle Tenebre ad essere avvelenati da questo loro pasto.
In ambito barbelognostico il tema del sacrificio si unisce a quello dell’inversione, espediente attraverso cui i maestri gnostici rileggevano e commentavano i passi della Torah, elevando a paladini della gnosi quelle figure che si erano ribellate al volere del Dio Tetragrammatico.
Interessante a tale proposito è la rilettura dell’apostolo Giuda.
Sappiamo come, nella tradizione religiosa cattolica, questo personaggio viene considerato il traditore di Gesù, il discepolo che consegna al Sinedrio e ai Romani il Messia.
Tale tradimento sarebbe determinato dal momento in cui Giuda si rende conto che Gesù non ha interesse a ristabilire l’indipendenza di Israele da Roma, infrangendo quella visione di capopopolo che gli era stata attribuita; a tale chiave di lettura, che ha risvolti psicologici e storici profondi, se ne contrappone un’altra diametralmente opposta, la quale, così come del resto risulta raccolta in numerose scuole cristiane esoteriche, vede in Giuda colui che “tradisce” per permettere il coronamento della missione spirituale del Cristo.
Così come tramandato in molte scuole gnostiche e negli insegnamenti di alcune strutture neognostiche, è tramite Giuda che si compie la missione di sacrificio di Gesù, la quale è frutto dello stesso sacrificio di Giuda che consapevolmente finge di tradire il suo Maestro.
Nella speculazione gnostica dobbiamo ricordare che sussistono fra gli altri due elementi ricorrenti:
il primo elemento si può riassumere in “l’ingannare gli ingannatori”; questa è l’inclinazione morale e psicologica tipica dei barbelognostici, dei carpocraziani, ofiti e naasseni che mediate alcuni comportamenti sembrano apparentemente agevolare e sottomettersi al potere degli Arconti e dei loro servitori, mentre in realtà operano al fine di far trionfare la Vera Luce.
Giuda consegna Gesù ai suoi aguzzini, e così facendo sembra agevolare il loro disegno di rimuovere da questa terra, che è il loro regno, un pericolo per il potere da essi detenuto; in realtà, così agendo, permette a Gesù di sacrificarsi per gli Uomini.
Il Sacrificio, che significa sacro fare, è il secondo elemento ricorrente nella speculazione gnostica. Attraverso di esso, così come riscontriamo sia nella scuola siro-iranica che in quella alessandrina, l’Eone Cristo, nelle seconde, o il Figlio del Dio della Luce, nelle prime, disperde in questo mondo elementi di pneuma o conoscenza in grado di provocare la sovversione dell’Ordine costituito dagli Arconti.
In definitiva un doppio sacrificio.
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