di Luca Delli Santi
La tradizione abramitica considera la conoscenza astrologica la capacità di tornare a connettersi con il ritmo naturale, ovvero compiere determinate azioni, soprattutto quelle rituali, nel momento in cui è appropriato farlo. È ben noto che nei vangeli di Luca e Matteo è una stella ad indicare ai Magi, i tre sapienti, il luogo in cui sarà possibile incontrare il neonato Messia, nella cabala uno dei nomi che indica il Messiah è Kokhav, stella, chissà forse Luca e Matteo, o le persone da cui raccolsero il mito della Natività, erano al corrente di questa nozione esoterica che li ispirò.
In prossimità dell’evento astronomico del Solstizio d’inverno può essere stimolante svolgere alcune riflessioni sulla simbologia solare ed in particolare sul solstizio. Il calendario ebraico è lunisolare, i dodici mesi da cui è composto partono dal primo apparire della luna nuova, un evento che gli antichi consideravano una congiunzione del Sole e della Luna. Vi è una particolare preghiera che gli ebrei rivolgono al Creatore per il dono del sole, la Birkat Hachama, la Benedizione del Sole, questa viene recitata quando si completa un ciclo solare di 28 anni, secondo la tradizione viene recitata quando l’astro si ritrova nella medesima posizione in cui era durante la creazione del mondo.
Nella cabala la luna simboleggia il divino femminile, immanente, il sole rappresenta il divino rivelato, di polarità maschile e trascendente, a questo dovremmo pensare quando ragioniamo sul valore solare e maschile della nostra iniziazione. La polarità maschile indica la ricerca di una connessione con il divino trascendente attraverso l’equilibrio con la polarità lunare o femminile.
Quest’anno nel giorno del Solstizio si verificherà anche un altro evento astronomico, è la congiunzione fra i pianeti Giove e Saturno, l’evento si verifica ogni vent’anni, ma raramente è visibile senza l’ausilio di strumenti di osservazione.
Giove in ebraico è Tzadeq, la stessa radice della parola giusto, il fondamento del mondo, nella cabala contemporanea viene associato alla sephira Tipheret, il suo essere il gigante gassoso più grande del sistema solare e la sua posizione centrale hanno ispirato questa associazione, è un corpo celeste che ci comunica armonia ed equilibrio fra polarità opposte. È stato anche associato alla figura di Melchidesech, l’archetipo del re giusto, cui era concessa anche la Sapienza sacerdotale, una figura di primaria importanza nella cultura iniziatica occidentale.
Saturno, l’ultimo dei sette corpi celesti della sapienza ermetica, in ebraico è Sabbathai, il settimo. Contiene in sé il mistero del numero sette, la completezza della Creazione e con essa il ritirarsi del divino dalla manifestazione, ma è anche la promessa di una nuova e continua rivelazione, dell’incontro con il divino.
La congiunzione di Giove e Saturno, dell’Armonia e del Settimo, del pianeta dello Shabbat, nel suo ripetersi ogni vent’anni ci offre la consapevolezza che il ciclo cosmico si compie costantemente, ma ci invita anche alla necessità di andare oltre, di vivere protesi verso un orizzonte oltre il quale si trova la ricongiunzione fra Creature, Creato e Creatore.
Il venti, il valore ghematrico della lettera Khaf, l’iniziale della parola Corona, è anche la il valore delle parole Chazah, avere una visione, e Achavah, fratellanza. La fratellanza è la malta con cui si legano i lavori muratori, che in questo momento, più che in altri, possono e devono essere d’ispirazione alla famiglia umana, piegata dall’epidemia e soprattutto dalle conseguenze sociali e politiche che ne scaturiscono.
Il Solstizio d’inverno rappresenta la porta dal momento più buio alla progressiva crescita della luce, quest’anno la congiunzione fra Giove e Saturno ci indica la ricerca dell’Armonia come strumento per conquistare la vera Luce, quella al di là di ogni fenomeno del mondo sensibile. Il telos messianico, la conquista, la liberazione, che, superando il tempo e lo spazio, reintegrerà l’essere umano nella sua condizione divina, oltre gli inganni della coscienza individuale.
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