di Luca Delli Santi
La sephira Chokhmà è l’archetipo della Sapienza assoluta, che va ben oltre ogni umana concezione.
Nell’Albero della Vita Chokhmà è il vertice del pilastro bianco, attivo, maschile è il desiderio del Creatore di compiere l’atto creativo, il lampo di intuizione in cui è contenuto tutto l’esistente, non solo il manifesto ma anche il potenziale. A questo livello di realtà tutto è indefinito, gli archetipi sono indistinti in una unitarietà totale, il tempo è un eterno presente, grazie all’intervento discriminante, analitico e separante di Binà, i potenziali archetipi assumeranno forma, la Creazione e le Creature acquisiranno consistenza e specificità.
Chokhmà è un’intuizione fugace, un lampo che illumina la coscienza ci dice la antica tradizione, una condizione elevata in cui per un attimo la nostra mente concepisce il paradosso, ma non può che essere un momento effimero, poiché quando la razionalità riprende il sopravvento non si è più grado di percepire l’intuizione della Sapienza.
La formula con cui viene espresso questo concetto è in aramaico, mati ve lo mati, tocca e non tocca, le esperienze del tocca e non tocca, ci viene tramandato dalla tradizione, possono generare frustrazione in quanto colui che ha sperimentato lo stato di concepire il paradosso desidera riviverlo. La cabala ci suggerisce di rifuggire simili atteggiamenti, il sapiente vive queste fugaci esperienze negli stati più elevati dell’essere come doni, momenti da cui arricchirsi e trarre giovamento, anche quando se ne beneficiasse una solo volta in tutta la propria esistenza.
La scuola Chassidica individua come qualità interna della Sapienza il Bitul, letteralmente l’annullamento, è se stessi ciò che occorre annullare, la Sapienza richiede come tributo il superamento del proprio ego, non solo delle proprie aspirazioni o pulsioni materialistiche, si tratta della capacità di superare il concetto della propria autocoscienza come elemento separato dal tutto. Una permutazione per chiarie questo concetto: lo stato dell’essere “divino “più elevato nella cabala è chiamato Ain, letteralmente nulla, nulla in quanto inconcepibile ed inconoscibile dall’essere umano, io in ebraico si dice Ani, il Bitul è la capacità di permutare l’ANI in AIN. Naturalmente stiamo parlando di complessi percorsi mistici ed iniziatici.
Il carattere sfuggente della Sapienza ha sempre reso complesso attribuirle un riferimento astrologico, alcune scuole di cabala vi videro una connessione con Nettuno, nume connesso con la saggezza e la capacità di discernimento, anche se, tradizionalmente, le si è attribuito prevalentemente tutto lo zodiaco, per il fatto che i suoi simboli contengono una complessità di archetipi riconducibili ai molteplici caratteri ed alle molteplici conoscenze umane, simbolo che racchiude l’insieme dei simboli del cosmo. I cabalisti contemporanei la associano a Mercurio, in ebraico Kokhav Chama, la stella del sole, si ritiene che la sua vicinanza al Sole, essendone completamente irradiato in quanto primo ricettore, rappresenti meglio di qualsiasi altro corpo celeste le caratteristiche di Chokhmà.
Nel Tempio massonico Chokhmà corrisponde alla colonna della Sapienza, il Maestro Venerabile, che la governa e che guida i lavori della loggia ha il delicato compito di consentire, grazie all’armonia del Rito ed alla concordia fra i fratelli, di far sì che in officina vi siano sempre le condizioni affinché ogni libero muratore possa trovare la sua propria Sapienza, o, se si preferisce, il frammento di Verità che gli è più consono.
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