La maschera adoperata durante i simposi
Al centro della trama de «Le donne curiose» di Carlo Goldoni, la commedia rappresentata per la prima volta al Teatro Sant'Angelo nel corso del carnevale del 1753, è un'associazione, una Compagnia de Galantomeni, fondata da un gruppo di amici e guidata da una ben nota maschera veneziana: Pantalone de Bisognosi. In tale associazione è vietato l'ingresso alle donne e questo divieto induce una famelica curiosità nell'animo delle compagne dei suoi componenti. Dietro ai sospetti femminili che giustificavano tale curiosità tuttavia, si nascondono tutti i luoghi comuni più classici di propaganda antimassonica. Sicuramente, sospettano a turno le protagoniste, all'interno di 'quel maledetto ridotto' si faranno 'stregonerie', si riceveranno donne in segreto, si praticheranno attività illecite, innominabili alla luce del giorno. O forse, secondo ipotesi più legate alla temperie dell'epoca, si produrrà il lapis philosophorum (cioè la pietra filosofale), o magari si preparerà 'l'oro disputabile'. Che per bocca delle donne vengono formulate accuse di ben altra origine diviene particolarmente chiaro quando attraverso la voce della serva Rosaura giungono parole che riecheggiano assai da vicino la bolla con cui Clemente XII condannò la Massoneria: «Se non vogliono che si veda, ci vi sarà qualcosa di brutto». Goldoni ci presenta la Compagnia de Galantomeni come un gruppo di uomini riuniti in una camera, amici della civiltà, della cultura e del conversare. Tanto lontano dalla cultura del sospetto del senso comune l'amore per la ricerca di una Verità che non si crede data in senso assolto ad una storia e ad una geografia, ma sempre da indagare e cercare, con il dialogo e il confronto. Sarà soltanto l'iniziativa di Brighella, servitore di Pantalone, ad introdurre finalmente le donne nel luogo di riunione e fugare ogni possibile dubbio sull'onestà di intenti dei protagonisti.
Su iniziativa di Mauro Cascio la Compagnia de Galantomeni è rivissuta negli anni scorsi, con i suoi libri, pubblicati da Rubbettino (una collana di filosofia della religione, che dalla Compagnia prende il nome, che ha pubblicato in prima edizione italiana autori come David Strauss, Miguel de Unamuno e la prima traduzione della Metafisica di Tommaso Campanella), i suoi misteri e una serie di simposi che hanno coinvolto decine di filosofi, accademici e studiosi, con rituali di agape originali settecenteschi sul modello delle società socratiche.