di Cesare Marco Delorenzi
Dicembre è un mese importante e suggestivo. Non solo è l’ultimo mese dell’anno, il mese delle feste, di Natale, del cambio dell’anno, ma è anche il mese del Solstizio d’inverno, ovvero il giorno più corto e la notte più lunga dell’anno.
Se accettate un suggerimento, si potrebbe celebrare il Solstizio con una semplice, ma gravida cerimonia in cui poniamo nella terra i proponimenti del prossimo anno, in forma di semi di melograno, affinché germoglino all'Equinozio di primavera. Io lo farò, sperando che i semi portino amicizie e serenità. Il mio anno è stato funestato da troppe negatività, per cui aggiungerò cinque semi di grano, tenero, sette di grano duro ed un fagiolo, magico.
Il Solstizio d’inverno è il momento in cui il Sole raggiunge la massima distanza angolare rispetto all’equatore, ossia quando l’emisfero Nord riceve il minimo irraggiamento dal sole, è dunque il giorno con meno luce e di conseguenza la notte è la più lunga.
Nel nostro emisfero, ovvero quello boreale, al mezzogiorno locale del solstizio di giugno il Sole raggiunge l'altezza massima possibile sull’orizzonte per quella latitudine, mentre in quello di dicembre raggiunge l'altezza minima
Il solstizio ritarda ogni anno di circa 6 ore rispetto all'anno precedente (più precisamente 5h 48' 46") e si riallinea forzosamente ogni quattro anni in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto proprio per evitare la progressiva divergenza delle stagioni con il calendario. A causa di tali variazioni può capitare che i solstizi cadano il 20 o il 21 giugno oppure il 21 o il 22 dicembre.
Il Solstizio d'inverno 2017 cade il 21 dicembre alle 17:28 ora italiana.
Già ho molto tediato, nelle mie dissertazioni periodiche, sull’importanza che ha sempre avuto nei più svariati contesti socio-storico-culturali questo periodo; pertanto oggi mi limiterò a semplicemente ricordare che il Solstizio d’Inverno sia stata una festività pagana importante nota come Sol Invictus, dal 17 al 23 a Roma erano i Saturnalia, nel neopaganesimo Yule e nel cristianesimo si associa il Natale.
Il Sole si trova nella costellazione dell’Ofiuco fino al 18, quando passerà nella costellazione del Sagittario.
Si ricordi che il 21, alle ore 16:28 UTC (17:28 ora italiana) inizia ufficialmente l’inverno astronomico con il solstizio d’inverno: in questo giorno, il più corto dell’anno, la nostra stella raggiunge la sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste, e l’arco apparente descritto da sudest a sudovest è minimo.
La Luna è in fase di plenilunio il 3, Ultimo Quarto il 10, novilunio il 18 ed infine Primo Quarto il 26. Il 4 raggiungerà il punto più vicino alla Terra lungo la sua orbita, il perigeo (357.495 km), mentre il 18 l’apogeo (406.604 km).
Si può immediatamente notare la concomitanza tra la Luna Piena e il perigeo: il 3 dicembre infatti abbiamo potuto ammirare una suggestiva Superluna. La Luna compie un’orbita ellittica intorno alla Terra, dunque la sua distanza dal nostro pianeta varia sensibilmente nel corso di un mese, dai 356.410 km ai 406.740 km: quando la Luna è più vicina alla Terra (perigeo), appare ai nostri occhi più grande e più luminosa.
La tradizione popolare vuole che il giorno più corto dell’anno sia il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. Il 13 dicembre è il giorno in cui il sole tramonta prima, ma il 21 l’alba è ritardata. Quindi a conti fatti il 21 dicembre abbiamo meno ore di luce. Da quella data fino ad inizio gennaio il sole sorge più tardi e tramonta più tardi.
Insomma abbiamo delle notti più lunghe in quanto l’alba avviene più tardi e la notte più lunga di tutte sarà quella fra il 20 e il 21 dicembre 2017. Il sole il 20 dicembre andrà a dormire alle 17 e lo rivedremo alle 7.30 del mattino del 21 dicembre. Dal Solstizio d’inverno l’ora del tramonto si allungherà ogni giorno di preziosi minuti, ma l’alba avverrà sempre qualche minuto più tardi, fino ad inizio gennaio quando l’alba inizierà a riacquistare minuti e le notti si faranno quindi più brevi.
In Italia tutti conoscono il detto «Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia». Il 13 dicembre viene festeggiato in alcuni luoghi del nostro Paese (Bergamo, per esempio) come il giorno in cui si fanno i regali ai bambini. In Svezia, e in generale nei Paesi nordici, la notte di santa Lucia è accompagnata da tradizioni e cerimonie che celebrano la luce e un sonetto del poeta inglese John Donne canta come «la mezzanotte dell’anno». Eppure non è questo il giorno più breve, quello in cui tra l’alba e il tramonto trascorre il minor numero di ore e dopo il quale le giornate tornano finalmente ad allungarsi: il solstizio cade invece il 21 o il 22 di dicembre (quest’anno il 21). La responsabilità dello sfasamento tra la tradizione e la realtà ricade su Giulio Cesare e sulle conoscenze astronomiche non del tutto precise dei Romani, o meglio dell’astronomo Sosigene di Alessandria. Fu a lui, infatti, che Cesare nel 46 a.C. diede incarico di mettere ordine nel calendario in uso all’epoca, che vedeva continui sfasamenti. Il calendario giuliano fu un deciso passo avanti, grazie all’introduzione del mese bisestile ogni quattro anni. Il giorno in più serviva, come accade ancora oggi, a recuperare la differenza tra i 365 giorni dell’anno segnati normalmente dal calendario e i 365 giorni e 6 ore che rappresentano l’effettiva durata del tragitto che la Terra compie attorno al Sole. Sei ore in più per quattro anni danno appunto la durata di un giorno, che dovrebbe riportare in pari le cose.
Purtroppo, però, le 6 ore usate per il calcolo dell’anno bisestile sono solo una approssimazione della durata esatta dell’anno solare che è di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. La differenza è poco più di undici minuti, abbastanza per portare nei secoli ad accumulare un ritardo che a un certo punto era arrivato attorno ai dieci giorni. Nel Medioevo il solstizio era dunque più vicino al giorno di santa Lucia che al 21 dicembre, giustificando pienamente le tradizioni popolari.
Fu solo nel 1582 che le cose vennero rimesse a posto. Papa Gregorio XIII che, anche lui con l’aiuto degli astronomi e soprattutto del calabrese Luigi Giglio, diede il via al calendario gregoriano e decise di far saltare il mondo dal 4 al 15 ottobre: i giorni in mezzo, quelli dal 5 al 14 ottobre del 1582. Dal 1582 dunque il solstizio si è spostato dove lo conosciamo oggi, anche se non tutti i Paesi adottarono il nuovo calendario nello stesso anno: John Donne scrisse il suo sonetto all’inizio del 1600, cioè dopo la riforma, ma in Inghilterra il calendario gregoriano arrivò solo nel 1750 e quindi per lui il solstizio era ancora attorno al 13 dicembre. L’insurrezione dei bolscevichi a Pietrogrado del 1917 avvenne a ottobre per Lenin e i suoi (in Russia si usava ancora il calendario giuliano) e a novembre per gran parte del resto d’Europa.
Gli appassionati di astronomia segnalano che comunque attorno al 13 dicembre qualcosa nelle nostre giornate succede. È in questi giorni, infatti, che il tramonto del Sole avviene, secondo i nostri orologi, all’ora minima. Dipende da una complicata questione di calcoli dell’ora media, cioè quella che segnano gli orologi, e ora reale, ma fatto sta che da oggi in poi il tramonto si sposta un poco in avanti, dando l’impressione che i giorni siano già tornati ad allungarsi
Santa Lucia: La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all'introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio d’inverno (da cui il detto "santa Lucia il giorno più corto che ci sia"), ma non coincise più con l'adozione del nuovo calendario (differenza di 10 giorni). La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d'inverno è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebrano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell'emisfero nord. Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d'inverno come ad esempio la festa di hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di Diwali di celebrata in India. Il culto di santa Lucia inoltre presenta diverse affinità con il culto di Artemide, l'antica divinità greca venerata a Siracusa nell’isola di Ortigia. Ad Artemide, come a santa Lucia, sono sacre la quaglia e l'isola di Ortigia - anche chiamata Delo in onore della dea della caccia. Artemide e Lucia sono entrambe vergini. Artemide è inoltre vista anche come dea della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti.
Con il Solstizio d’inverno si entra nel Capricorno, ultimo segno di terra: “Colui che compie l’ascesa”. La terra del segno del Capricorno appare arida, spoglia, dura e fredda.
È la terra invernale che non offre frutti, che non abbellisce esteriormente perchè tutte le sue energie sono rivolte all’interno per il lento processo di crescita in seno alla Natura. La morte apparente, che vediamo all’esterno corrisponde al massimo momento spirituale, alla maggiore ingegnosità dell’uomo, libero dagli ordinari lavori stagionali; rappresenta la spoliazione, la concentrazione verso una meta, ma anche è la cima della montagna e la profondità della grotta dove l’individuo, addestrata la la volontà e controllato l’istinto, giunge al dominio del sé e diviene UOMO DIO.
In Gran Bretagna, a Stonehenge, si possono ancora ammirare e studiare imponenti ruderi: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto "pietra del calcagno" (Heel Stone, detta anche Fryar's Heel, cioè "Tallone del frate"). All’alba del Solstizio, il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehenge, insomma, sarebbe non solo un tempio, che le più moderne teorie archeologiche lo vedono come tempio cimiteriale, ma anche come un calendario astronomico.
A Nabta Playa vi è un circolo calendariale, dove due monoliti hanno allineamento Nord-Est in direzione del sorgere del sole il 21 giugno e risulta essere più antico di Stonehenge di almeno mille anni.
Tracce di culti solari s'incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all’Africa alle Americhe e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il sole è la vita mentre la luna la morte, in Indonesia il sole s'identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il sole, creatore della terra.
Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al XV secolo, la divinità Inti è il sole, sovrano della terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i Mojones, torri usate come "mire" per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il Torreon, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'"Intihuatana", un orologio solare ricavato nella roccia.
Per i Maya il sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.
Tra gli indiani d’America l sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il sole, durante la notte, rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare. Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramsete II nel XIII secolo a.C., era dedicato al culto del sole.Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, che raffigurava la notte; su esso viaggiava un'imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un'altra imbarcazione che lo riportava a est. Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le Piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni. Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati merket: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario. Il loro anno era di 365 giorni, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.
Il solstizio d'estate, rappresentando l'inizio dell'omonima stagione, è sempre stato nella storia occasione di feste, come i Litha nel neopaganesimo o la natività cristiana di Giovanni Battista, cosiddetta "Notte di San Giovanni" o "Notte di mezza estate".
Il Solstizio è il momento che segna, per il nostro pianeta, la fine del ciclo annuale. Il Sole si ferma, apparentamente, nel punto più basso rispetto all’equatore e, il terzo giono, riprende a salire, o a rinascere, nella volta del cielo. Simbolicamente è la fine del vecchio e il principio del nuovo. In tutte le religioni, dal culto di Zoroastro a quella di Cristo, segna la nascita dei Grandi esseri che hanno il compito di far progredire l’Umanità, salvandola dal suo stesso inciampare lungo il percorso evolutivo.
Il Natale cristiano prosegue questa tradizione indicando che il salvatore nasce in una grotta lontano dai clamori e dagli sfarzi del mondo per redimere il Karma attraverso l'Amore e stabilire la Fratellanza tra gli Uomini di Buona volontà. La sacralità dell'evento cosmico è, purtroppo, sovrastata dal peso dell'evento consumistico che, nei Paesi opulenti della civiltà occidentale, ne svilisce la forma ma non il significato. Vorremmo invitare tutti gli individui consapevoli a non regalare oggetti ma donare un poco del proprio amore. Sarebbe molto più proficuo per la crescita delle coscienze e la manifestazione del Piano Divino.
La rinascita solare rappresenti il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere alla via divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovraindividuale.
Ciò detto, AUGURO A TUTTI un buon Solstizio, Natale ed Epifania ( Il termine deriva dal greco antico, verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa "mi rendo manifesto"), dal sostantivo femminile ἐπιφάνεια, epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina). Sin dai tempi di San Giovanni Crisostomo il termine assunse una valenza ulteriore, associata alla Natività di Gesù Cristo Redentore) e che il NUOVO sia positivo, fecondo e ricco sia materialmente che spiritualmente per ognuno di NOI.
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