venerdì 27 maggio 2016

Sabrina Conti sul libro di Mauro Cascio

di Sabrina Conti



Mauro Cascio al Salone del Libro ci sta un po' come se fosse a casa sua. Ne è diventato oramai un ospite fisso.

Quest'anno ha voluto cimentarsi con il Tempo, argomento assolutamente non facile perché nel Tempo ci si vive, come ha giustamente evidenziato già nel titolo del libro che ha presentato “Contributo alla Critica del Tempo (e di me stesso)” ed è proprio quel me stesso, volutamente,  messo tra parentesi da cui si evince il paradosso di interrogarsi su questa  macro categoria che insieme allo Spazio sono quelle con cui l'essere umano è costretto a confrontarsi da millenni.

Verrebbe da dire che è impossibile poter parlare del tempo senza parlare di se stessi all'interno di esso, ma lui può farlo da filosofo Hegeliano che sappiamo essere, e che riesce a districarsi magistralmente all'interno di questo paradosso, riuscendo, come ogni bravo scrittore, a creare un suo doppio che nel caso specifico del racconto è il Viaggiatore protagonista del racconto.

Mauro Cascio ha il potere evocativo della metafora e quando parla del Tempo lo fa usando la nostalgia che è propria del viaggiatore perché più di altre identifica la caratteristica che maggiormente spaventa del Tempo il fatto che non si può arrestare, i momenti che scandiscono il Tempo non riescono a diventare eterna presenza, nella consapevolezza di quella inevitabilità in cui tutto sfugge ed in cui nulla resta.

Ed allora è alla nostalgia che viene affidato il ricordo che è la memoria degli eventi.

Il viandante è anch'esso una metafora, quella dell'uomo che si vede costretto ad allontanarsi dai soliti luoghi, da quei luoghi familiari, che lo costringono ad essere schiavo del divenire.