Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, tutto il volto della terra sarebbe cambiato, dice Pascal. E sarebbe cambiato il mondo della fiaba se Pinocchio avesse avuto un naso regolare, come gli altri burattini. Invece Pinocchio è l’espressione più alta del naso, “Il povero Geppetto si affaticava a tagliarlo, ma più lo tagliava e lo scortecciava e più quel naso impertinente diventava lungo”. Nel suo ligneo DNA, c’è la canna di fucile in mezzo agli occhi. Ora il curioso fenomeno di erezione si manifesta davanti a una fanciulla, la fata, che non è altro che sua madre. Ma naturalmente il bambino che egli è ancora, e che si vede condannato a non crescere mai, poiché è un burattino, non può comprendere che una sola parte del suo corpo, e quale parte! Sia dotata, indipendentemente dal resto del corpo, della proprietà di allungarsi. Così l’allungamento del naso è vissuto, nel racconto di Collodi, come una sanzione: è quando Pinocchio dice bugie che il naso si allunga. Punto tre, la metamorfosi del burattino in bimbo in carne ed ossa: il legno diventa cartilagine; la lunghezza normalità. Confronto col padre, confronto con la madre: fine della terapia.
Il centro ritrovato
In tutti i casi al centro del racconto, come al centro della faccia, resta piantato il naso. E se Pinocchio è quello che è, lo deve anche e soprattutto alla sua lancia di legno.
Che cosa è la storia del burattino se non un 'rito di passaggio' di cui la maschera e il naso sono gli strumenti? Resta da capire perché il naso. Cioè il perché delle sue tante implicazioni fisiognomiche ed estetiche.
Partiamo dalla testa, André Breton è certo: «Una testa! Si sa bene cos’è una testa!». Giacometti gli è dirimpetto armato del suo socratico non sapere «Cos’ è un viso, se non ciò che meno conosco?». Guido Ceronetti, incredulo: «I volti sono del corpo? A volte ne dubito. Sembrano avere vita indipendente, incontrarsi senza il peso del resto. Vengono direttamente dal demoniaco e dall’angelico, dal profondo e dall’alto; il resto è solo terrestre». Dentro l’enigma del viso, il naso è sopra, ogni cosa il contrassegno della simmetria, della frontalità, è lo spartiacque attorno al quale si organizzano tutti gli altri tratti del viso. Dicono che il naso sta al viso come la colonna vertebrale sta al corpo tutto intero.
Il naso è l’indicatore corporeo del senso primitivo, residuo dei sauri, che ci permette di orientarci attraverso l’odore, lo strato più arcaico dell’essere, il più antico del cervello. Il naso costituisce, nella periferia dell’immediato, nella prossimità dell’intimo e dell’istante, quell’indice che spunta davanti a noi e, come l’ago di una bussola attraverso l’olfatto ci permette di dirigerci a naso. Una fortunata metafora dell’intuito.
Ed ancor più una ardita metafora della sessualità, come sostiene Dino Origlia, Docente di Psicologia Dinamica a Parma: «Non cè dubbio, il naso è un segno fallico. La sapienza popolare lo ribadisce con l’espressione “restare ad un palmo di naso”. Il significato è ovviamente, quello dell’erezione insoddisfatta. Kubrick innesta ai cattivi eroi di Arancia meccanica una protesi al centro del viso perché il clownesco stupro ricavi sottolineatura».