E così ci ha lasciati anche Luigi Magni, cantore cinematografico del Risorgimento italiano.
L'unico a raccontarci, con profonda ironia e
leggerezza, il periodo storico meno ricordato nella nostra Penisola, attraverso
bellissimi affreschi quali “Nell'anno del Signore”, “In nome del Papa Re”, “In
nome del popolo sovrano”, "Il generale", “La notte di Pasquino”, “O'
Re”, “La Tosca” ed altri. L'unico a mettere assieme cast d'eccezione ove il
capostipite era pressoché sempre l'intramontabile Nino Manfredi, a volte nei
panni del cardinale illuminato, altre volte nei panni del Ciceruacchio
rivoluzionario. Con Luigi Magni se ne va
lo sceneggiatore ed il regista che meglio di altri riuscì a raccontare la
Storia non tanto dei Grandi del Risorgimento (Mazzini e Garibaldi in primis),
quanto piuttosto la storia dei tanti patrioti, spesso dimenticati. Dei tanti mazziniani, garibaldini, carbonari
e massoni morti per gli ideali di Fratellanza, Uguaglianza, Libertà, Emancipazione
dal giogo papalino, austriaco, borbonico e napoleonico. La storia degli Angelo Targhini e dei Leonida
Montanari, dei Ciceruacchio e di suo figlio Lorenzo Brunetti, dei Righetto (il
più giovane martire del Risorgimento), degli Andrea Aguyar, del bersagliere
Luciano Manara, del condottiero Giovanni Livraghi, del sacerdote mazziniano Ugo
Bassi, dei patrioti Monti e Tognetti.
Storie di persone semplici, giovanissimi
cittadini romani ed italiani, giovanissimi patrioti amanti della libertà di cui
attualmente nessuno o quasi rammenta i nomi e di cui, invece, Luigi Magni solo
recò memoria e restituì loro nuova vita in un'Italia ove oggi va tanto di moda
quel revisionismo leghista e neoborbonico ove si dice – a torto – che la Storia
la scrivono i vincitori, senza però ricordare che quei patrioti, carbonari,
massoni, mazziniani e garibaldini, furono sconfitti dalla Storia e relegati
nell'oblìo di un'Italia fondata sull'imbroglio dei Cavour, dei Crispi, dei
Savoia già imparentati con i Borbone e dei Mussolini di ieri...e non solo di
ieri. Luigi Magni, con i suoi affreschi cinematografici, era lì a ricordarci
come fosse arretrata e schiavista la Roma del Papa Re e così il Regno delle due
Sicilie dei Borbone. E ci rammentava i
principi della Costituzione della Repubblica Romana del 1849, unica
Costituzione che potremmo definire davvero “la più bella del mondo”, altro che
quella della Repubblica italiana del 1948, fondata sul compromesso
cattocomunista e clericofascista dei partiti a maggioranza traditori dei principi
del Risorgimento (democristiani e comunisti, che, sino a qualche anno prima,
militavano nelle file del Partito Nazionale Fascista o nella Repubblica di
Salò, o comunque non vi si erano opposti, se non tardivamente). Questa l'opera
di educazione civile laica di Luigi Magni, già membro d'onore del Comitato del
“Premio Righetto”, dedicato al dodicenne popolano trasteverino, garzone in una
bottega di fornaio, il quale si assunse il compito di spegnere le micce delle
bombe papaline prima che scoppiassero e che divenne martire del Risorgimento e
della Repubblica Romana allorquando una bomba gli scoppiò fra le mani. A Magni
va l'onore di averci fatto scoprire i tanti Righetto e Ciceruacchio, ovvero i
tanti popolani che contribuirono all'Unità d'Italia ed alla Repubblica, quella
vera, fondata sul e con il cuore e non sul potere o sui partiti. E sarà
attraverso le sue opere che potremo raccontare alle generazioni presenti e
future come il Risorgimento fu una lotta di popolo e per il popolo. Un popolo
sovrano che, ancora oggi, fa fatica a prendere coscienza di sé e che è immemore
della sua stessa Storia.
Contributo di Luca Bagatin
Foto: Luigi Magni
Foto: Luigi Magni