NARDÒ - Francois Stifanì, con l’accento sulla “i”, è neritino. Il potentissimo gran maestro della massoneria francese è tornato nella sua terra dopo mezzo secolo in cui la vita gli ha dato tutto: una professione prestigiosa di avvocato, una famiglia in Francia, una abitazione ad Antibes sulla costa azzurra, l’amicizia con i grandi della terra, tra cui il presidente Nicolas Sarkozy. Ci parla della loggia di Gallipoli/Sannicola e di tante attività messe in piedi dai "fratelli". Poi delle speranze sulla nuova loggia neritina. Lasciamo "aperta" questa notizia ma solo per un motivo: abbiamo, ancora, una lunga intervista a Stifanì tradotta da un giornale francese e un video girato da noi a Gallipoli. Solo "on demand" (con richieste specifiche, cioè, da parte di qualche lettore) continueremo a pubblicare altro su questa singolare storia della loggia massonica a Nardò che tanto interesse sta suscitando. Al Costa Brada di Gallipoli lo intervistiamo, circondato dai dignitari della loggia d’oltralpe e assistito da Massimo Bianchi, gran maestro aggiunto del “Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani”, la potente massoneria italiana. “E’ stata una cerimonia bellissima. Quella di Nardò è una loggia di media grandezza – annuncia Bianchi – ed è un bel gruppo. Abbiamo punti di eccellenza a Lecce e Taranto e un progetto per Brindisi. A Gallipoli abbiamo un ottimo gruppo guidata dal dottor Paolo Leone di Sannicola. In Puglia siamo 900 fratelli in 27 logge”.
A Nardò i “fratelli” sono tanti. Una trentina tra ingegneri, uomini di legge, architetti, dirigenti e alti funzionari di enti pubblici. E poi ecco il misterioso avvocato Stifanì che ci incontra, elegantissimo, con un sorriso. E il mistero si scioglie: “Il nome del venerabile di Nardò sarà presto pubblicato sull’annuario massonico che è pubblico e rispettiamo la privacy di chi aderisce e non diffonderemo il nome dei fratelli – spiega subito – ma io dico sempre ai miei giovani in Francia: non abbiate paura, parlate agli altri. Parlare di amore e di fratellanza pare un indice di debolezza – continua l’avvocato – ma è bello aprirsi agli altri”. “Vogliamo lasciare il segno a Nardò - continua il gran maestro – impiantare nuovi valori e seminare anche dubbi filosofici. I valori della massoneria sono l’essenza della modernità: vogliamo ritrovare il senso della responsabilità del fare e guardare avanti. Andare sul cantiere e operare con gli altri. Senza dimenticare la solidarietà che non è contribuzione ma slancio del cuore. Faremo qualcosa di grande per la mia città”.
”Sono molto fortunato – continua – è ho avuto molto di più rispetto a quello che potevo sperare." Alla fine l’avvocato si scioglie e rispolvera vecchissimi ricordi: la sua infanzia in via Crispi, in casa dei nonni. “Non avevamo soldi – dice – e per questo mio padre decise di andar via. Avevo nove anni. Ricordo che per fare la comunione, nella chiesa dei Paolotti dove facevo il chierichetto, e alcuni conoscenti mi prestarono il vestito. Quando sono tornato qualche anno fa per seppellire mio padre, ho ritrovato il sacerdote di allora, don Antonio Giaracuni”. I ricordi di Stifanì di quell’antico Salento si fermano qui e negli occhi ha ancora un’immagine: “i fuochi che venivano accesi ad ogni incrocio di strade in un determinato periodo dell’anno. Non li dimenticherò mai”. Erano le “focare” di sant’Antonio Abate.