(nella f.to: il G.C. della Commenda R. De Sangro con Dignitari e Oriente)
Una immagine dell'Oriente durante la cerimonia di installazione della Commenda Templare Raimondo De Sangro a cui fa riferimento questa bellissima T.M. che con-dividiamo con tutti Voi (A.Duranti)
In occasione della Installazione della Commenda Raimondo De Sangro, avvenuta a Napoli nel Giugno scorso, e della iniziazione di alcuni fratelli, ho rivissuto in pieno l’ansia della metamorfosi, la luce e l’ebbrezza del cambiamento, la conferma di un cammino “avvenuto”, tracciato e liso nel perpetuo divenire.
Ho lasciato che la “mente” lavorasse serenamente e divenisse sgombra dalle contaminazioni sentimentali primigenie della mia “prima volta”.
Quella prima volta del “dirigere”, “incanalare” e manifestare quel potere iniziatico di cui sono stato investito.
E’ vero che le sensazioni subitanee risultano essere le più sincere.
E’ vero anche però che, se sapientemente concimate e coltivate, possono sprigionare idee e pensieri istruttivi per un raccolto eccezionale..
E così ho preferito meditare, ascoltarmi, rendere maturo il frutto di alcune percezioni.
Un pensiero banale, informe, scaturito dalla visione di una cattedrale, a cui sono emotivamente legato, quella di S. Galgano, che maestosa si erge solitaria sui colli senesi, mi ha improvvisamente ricollegato alle sensazioni di quel pomeriggio, dove, insieme a tanti di Voi, abbiamo ricostruito e officiato un rituale così ostico ed insieme sorprendente nel suo svolgersi.
E così, mano nella mano di Cecilia, la mia bambina, curiosa come me delle cose del mondo, abbiamo silenziosamente viaggiato all’interno di questa cattedrale, resa dalle intemperie e dal tempo ancora più magica e misteriosa.
Quel silenzioso monumento aperto al cielo stellato ha acceso in me una visione.
Come se qualcosa di ancestrale fosse rimasto sospeso, inespresso, non comunicato, in un caldo ed afoso pomeriggio di Giugno, tutti insieme abbiamo “lavorato” per ricostruire una idea.
E così, pochi giorni fa, in S. Galgano, sono scivolato tra i vuoti ed i pieni della sua scultura di pietra, di così voluta e sapiente maestranza, ed ho riconosciuto la “forma”.
Sembra banale, ripeto, poter dire ho riconosciuto la “forma”, ma quel movimento umano, scolpito per l’Eterno, ha reso più chiara e manifesta in me l’esigenza di restituirVi la più “ giusta forma ” di quello che tutti insieme abbiamo vissuto.
Le mie grate sensazioni di condivisione si sono improvvisamente illuminate. Le ho sintetizzate in un simbolo, una figura geometrica, in quel recinto atemporale che ho immaginato essere il quadrato.
Ed ecco che queste sensazioni hanno preso forma, peso e sostanza.
Il romanico di S. Galgano esprime uno stile archittettonico giunto al suo apogeo e che lascia intendere uno spazio nuovo, rivela l’esigenza dei tempi verso l’acromico, lo slancio verso l’alto, il passaggio al gotico .......ed in questo “passaggio” si arricchisce di una nuova necessità, che non è ancora la sintesi suprema delle cattedrali gotiche nordiche, ma intuisce che le fondamenta, squadrate, pesanti, lineari, romaniche, siano ormai mature e pronte per accogliere l’esperienza verticistica dello slancio degli archi a sesto acuto...
Sono tornato così a meditare sulla pietra levigata con la maturità di chi, pur fermo per anni nello stesso dominio, ne ha potuto percorrere incessantemente ogni confine, ogni anfratto, ogni piccola grotta, ed ho grattato superfici di ipocrisia per riconoscere quella verità che ci fa Uomini e soprattutto Massoni Veri.
Nel meditare sulla figura del quadrato ho colto la pietra cubica dove l’uomo è riuscito ad equilibrare tutte le sue virtù e le sue doti spirituali, ho percepito che l’unione di due squadre, unite per l’estremità, è anche il simbolo dell’opera realizzata, la base della piramide.
Mi sono imbattuto nei quadrati magici, che sono i documenti più occulti che esistono e che resistono ancora oggi a qualsiasi lavoro di interpretazione.
Mi sono imbattuto nella tetractys pitagorica, nella interpretazione che ne fa Renè Guenon quando osserva che la formula pitagorica 1+2+3+4 = 10 è la circolatura del quadrato e che all’inverso 10 = 1+2+3+4 esprime numericamente la divisione quaternaria del cerchio cioè il problema ermetico della quadratura del cerchio concepibile come massima perfezione umana.
La forma del quadrato è in riposo, statica, simmetrica nei suoi angoli e nei suoi lati.
L’evocazione letteraria che nella mente se ne produce è il complesso dei quattro elementi entro cui sta l’uomo:
“..ci accese un Fuoco nel cuore,
l’Acqua degli occhi,
la vita al Vento gettammo
e poi ci accolse la Terra.
( Rubayyat – Omar Kayyam )
Ma nell’affermazione di Heidegger “ I mortali stanno nella quadratura” è sotteso il luogo stabilizzato, nel tempo e nello spazio, in cui l’individuo alla nascita è stato gettato.
Il Simbolo è il linguaggio del Sé; Il Simbolo del quadrato rimanda alla solida pesantezza , alla calma forte: il quadrato è la terra.
Sta all’uomo tessere l’ordito delle propria vita plasmando e identificandosi in questo “hortus conclusus” come in uno spazio di rifugio, di riposo, di meditazione; o invece involgendovi accidiosamente nella rinuncia a nuovi stimoli e riducendolo al luogo interiore del proprio auto-confino.
Il quadrato, come luogo simbolico di meditazione dell’Iniziato, è tutto questo perché non è mai una forma della natura, che infatti non lo conosce ed in definitiva la realtà esteriore naturale sempre lo ignora e di miliardi di sassi nessuno è mai nato in natura come un cubo o un perfetto capitello: esso discende non dalla Natura, ma dalla natura umana,come archetipo del nostro Inconscio.
Come l’Apprendista medita sulle forme archetipiche semplici, geometriche, così in grado di Compagno l’onesto costruttore del proprio tempio Interiore comprende infine l’autorientamento degli assi di carico di questo edificio e le forme opportune e funzionali secondo cui la materia lapidea dell’opera sua deve autoplasmarsi per assolvere al buon fine dell’opera.
Guardando solo ora più in alto, il costruttore, ormai maestro, comprende il bisogno di catturare e scaricare le volute aeree del cielo sulle statiche fondamenta della terra.
Così, nel simbolismo iniziatico romanico, la forma quadrata del capitello unisce le colonne con gli archi e trasmette il peso sul solido pilastro quadrato di queste.
Ma, come la forma in Quadrato del capitello simboleggia il Tempo dell’Uomo, la forma di Cerchio della colonna e degli archi, cui esso viene asservito, simboleggia la dimensione segreta, acromica del sacro.
Da questa proviene la nozione del proprio dovere morale perché, come è stato scritto, senza di esso tutto allora sarebbe permesso, e come afferma il fratello Diderot : “Solo incatenandosi al proprio dovere si spezzano tutte le altre catene”.
E ancora un’altra frase del Diderot, che non disperde il “sapere” nel suo esperimento enciclopedico, ma ne fa strumento efficace per “dirigere” la Volontà, mi giunge una nuova immagine di modello ideale del Cavaliere Templare, e cioè come colui che intende la volontà come conseguenza del desiderio e non il contrario....
Ed è in un quadrato, un quadrato oblungo, che vi ho accolto, percepiti, ascoltati, serviti, affinchè il pensiero, rimanesse silenzioso, in attesa di lasciare spazio alle volute delle Vostre colonne, trasportate ed erette per una idea di trascendente “appartenenza”.
E così, nel desiderio di riabbracciarVi quanto prima, con la speranza di aver reso “compiuto” e chiaro questo incredibile pensiero Vi dono le mie emozioni, scolpite per sempre, in un pomeriggio di Giugno....
Per tre volte tre