giovedì 28 maggio 2020

Massoneria e Cabala. La lettera Cheit

di Luca Delli Santi



Questa lettera indica una recinzione, un luogo chiuso, si tratta di un elemento che delimita, separa. Le forze delimitate dalla Cheit sono chiamate alla cooperazione o al conflitto. Il recinto che questo simbolo rappresenta indica la separazione della manifestazione dal creatore, del mondo dei vivi da quello dei morti, si stratta anche del passaggio che attraversa l’anima quando si incarna e viene al mondo.
La Cheit è la porta stretta che attraversa il neofita durante la sua iniziazione, la corda con i nodi d’amore che idealmente circoscrive lo spazio sacro del tempio massonico, una barriera che confina e protegge.
La vibrazione rappresentata da questa lettera è forza vitale, energia, rappresenta equilibrio fra gli opposti soprattutto fra la polarità maschile e femminile, è la natura immanente pienamente realizzata nella consapevolezza divina, si tratta dell’era in cui la Shekhinà sarà manifesta e percepibile dall’umanità.
La separazione a cui è connessa questa lettera ha, infatti, come scopo il raggiungimento dell’armonia, come la prima separazione di cui narra la cosmogonia cabalistica, quella che fu necessaria per permettere l’esistenza della manifestazione, l’atto con cui il creatore “fece spazio “alla creazione, una atto di forza, di volontà che consenti alle energie vitali del cosmo di dispiegare la loro potenza.
La Cheit tende all’armonia, all’equilibrio fra energie maschili e femminili, ma la sua polarità è femminile, sul piano dell’intelletto umano consiste nel dividere ovvero discernere i concetti, separare il giusto dall’ingiusto, l’utile dal superfluo, il duraturo dall’effimero ecc…
La parola Chet, peccato è simile foneticamente ed è legata agli aspetti negativi di questa lettera.
Il significato letterale del termine è barriera, muro, la parola compare nelle Scritture per indicare le bestie, “chayoth” ma in senso più strettamente letterale significa forze vitali, si tratta delle potenze vitali che sostengono l’universo, si ricordi la visione di Ezechiele e di Isaia. Genesi 1:25 normalmente viene tradotto: “Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie” ma sarebbe più appropriato tradurre: “Elohim fece quanto è vivente sulla terra”.
La ghematria di questa lettera vale otto, si tratta di un numero carico di implicazioni simboliche, a cui tutte le culture umane conferiscono significati fondamentali, anche nella cabala esprime il concetto di infinito, succede al sette il numero del completamento della creazione in cui si configurano lo spazio ed il tempo, l’otto è invece proiettato in una dimensione di eternità. Nella tradizione ebraica la circoncisone avviene l’ottavo giorno dopo la nascita, otto sono le candele di Chanuka, la festa della luce, la celebrazione che ricorda la liberazione del popolo ebraico dal giogo ellenico e la consacrazione di un nuovo altare nel tempio di Gerusalemme.
Il numero otto è connesso con il Messia, anche nella cultura cristiana, i padri della Chiesa infatti attraverso l’isopsefia collegavano questo numero al nome Gesù Cristo, in ebraico la parola che indica il numero otto è “shomonah”, che condivide la radice con la parola “shemen”, olio, l’olio dell’unzione, l’Unto è un attributo del Messia. L’otto è la piena realizzazione della creazione, una dimensione al contempo materiale e spirituale in cui vi sarà piena consapevolezza della trascendenza divina.
La plenitudine del nome della lettera ha valore ghematrico 418 come “sacrificio espiatorio” ed Atta+Hu Tu/Egli, i due pronomi si riferiscono al lato trascendente ed immanente divino che in questa lettera trovano il loro perfetto equilibrio.
La forma della lettera indica due Zain messe affianco e collegate in alto, la cui ghematria dà quattordici, come Zaz, muovere, spostare, il che ci ricorda la grande dinamicità di questa vibrazione.
La cabala lurianica vede nella Cheit una Zain che si collega con una Vav posta alla sua destra, questa forma ci riconnette con la capacità unificante della Cheit, infatti Vav e Zain sono vibrazioni opposte che finalmente si compenetrano e si ricongiungono, la ghematria di questa forma è 13, che corrisponde al valore di Echad, Uno, il Principio, il tredici è uno dei numeri che più ci rammenta l’unità nella molteplicità e che tutte le cose e le creature hanno una comune origine nell’Assoluto.
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martedì 26 maggio 2020

Saint-Martin e il suo maestro Martinez de Pasqually. Prossimamente in libreria




Riportare gli uomini alla coscienza del proprio limite ha un valore terapeutico oggettivo. Ecco perché la filosofia moderna ha inteso riattualizzare lo scetticismo. Lo aveva già fatto nel cuore del Rinascimento, grazie alla versione delle «Ipotiposi di Sesto Empirico» di Henri Estienne. Il secolo successivo, la prima edizione della «Vita di Pirrone» di Diogene Laerzio. Il mondo si guarda curioso attorno, come se si svegliasse da un lungo sonno. La Verità non è qualcosa che sta altrove, che non puoi conquistare. La Verità è qualcosa che se non hai puoi cercare. E c’è, appunto, chi frena, che dice che, almeno per l’intelletto, non c’è via di uscita. A meno che non si rischiari la Ragione. «De arte dubitando et confidenti, ignorandi et sciendi» di Sébastian Castellion rivendica la funzione del dubbio, della scettica epoché, la sospensione del giudizio. Martinez de Pasqually e il suo discepolo Louis Claude de Saint-Martin sono, nel pieno Settecento, la più radicale affermazione che l’intelletto possa e anzi si debba rischiarare Ragione. È questo il senso della ‘Riconciliazione’, obiettivo dell’Ordine degli Eletti Cohen: prendere le distanze da dubbio e scetticismo, quando è vuoto arrendersi. Perché lo scopo dell’uomo non è piangere, o cercare la consolazione di una fede. Lo scopo dell’uomo è imparare a volare.

«Saint-Martin e il suo Maestro Martinez de Pasqually» di Adolphe Franck è uno studio in prima edizione italiana (Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno) che prosegue un interesse che il suo curatore, il filosofo pontino Mauro Cascio, sta portando avanti da anni, intorno al c.d. ‘Martinismo delle origini’ con autori quali Saint-Martin e Martinez, appunto, ma anche Willermoz, Prunelle de Lière, Joseph de Maistre (con una nota di Alessandro Meluzzi), Pierre Fournié, Ivan Lopukhin, l’Anacrise di Pelagius  e ancora Gerard Encausse, Le Forestier, Matter, Ambelain, Bricaud, Chevillon. Franck è un filosofo francese, membro del Collège de France e dell’Accademia dei Lincei. Prendendo le mosse da Kant e influenzato da Cousin e Guizot, ha elaborato un’originale forma di idealismo, come reazione a un sensismo materialista sempre più invasivo.

lunedì 25 maggio 2020

Un viaggio in Liguria nel segno dei Templari

di Mauro Cavallo e Renato Varesini



I Cavalieri della Liguria, appartenenti alle Commende n.24 “Domus Templi” all'Or:. di Imperia, e n. 6 Ugo de Payns all'Or:. di Genova, si sono incontrati virtualmente alla presenza del Gran Commendatore della Gran Commenda del Rito di York Massimo Agostini, con ospite anche il Gran Rappresentante della Gran Commenda per l'Italia negli Stati Uniti, Giancarlo Oderda, in collegamento dalla Florida.
L'occasione ha permesso di parlare di alcuni luoghi di questa regione che in qualche modo sono legati alla tradizione cavalleresca e al Rito. In un ideale viaggio da Ponente a Levante, la serata ha preso moto dall'antico Principato di Seborga, situato sulle alture dell'entroterra di Bordighera, la cui fama diversi anni fa è stata risvegliata grazie all'intraprendenza del compianto Giorgio Carbone, poi eletto principe Giorgio I dai propri concittadini, la cui iniziativa di far riconoscere ufficialmente l'indipendenza del Principato si è infranta davanti al parere negativo della Commissione Europea. La storia del Principato di Seborga, l'antica Castrum Sepulcri, che affonda le radici nell'alto medio evo, inizia con la donazione del Conte Guido di Ventimiglia, che trasferisce la proprietà del feudo ai monaci dell'Abbazia di Lerino. I monaci col titolo di Principi Abati governeranno Seborga dal 954 al 1729, anno in cui vendettero il feudo a Casa Savoia. Seborga è ora il luogo in cui tre ordini cavallereschi si contendono il titolo di vero erede dei cavalieri bianchi del Santo Sepolcro, antico ed evocativo nome di un ordine che si dice fondato appunto dai monaci di Lerino.
Cambiando vallata si è passati nel comune di Taggia, dove ogni anno a luglio viene celebrata la festività dedicata a Maria Maddalena. La Compagnia di Santa Maria Maddalena, i così detti Maddalenanti, fondata nel XVIII secolo, dà vita alla tradizione popolare che ricorda come Maria Maddalena, insieme a Maria Salomè e Maria di Giacomo, in fuga dalla Palestina su di una barca, siano poi sbarcate nel luogo ora conosciuto come Saintes-Maries-de-la-Mer. Da qui la Maddalena avrebbe iniziato un'opera di evangelizzazione che l'avrebbe portata per un periodo a soggiornare sulle alture di Taggia. In mezzo ad un bosco esiste una chiesetta in memoria di questo evento, Maria Maddalena del Bosco, eretta nel IX secolo dai monaci benedettini. Nei pressi si trova una piccola grotta, a cui sono attribuite proprietà taumaturgiche, nella quale la santa avrebbe trovato riparo durante la permanenza in Liguria. Le celebrazioni durano due giorni e si svolgono principalmente presso questa chiesa; il loro apice è la Danza della Morte, in cui due uomini ballano impersonando la Lena (la Maddalena) e “u Masciu” (l'uomo, il Cristo). Durante il ballo, fra corteggiamenti e respingimenti reciproci, la Maddalena muore, ma poco dopo viene riportata in vita da “u Masciu” e la festa può riprendere con allegria e felicità. Inutile descrivere gli evidenti messaggi che questa danza tramanda dall'antichità.
Il viaggio è poi proseguito con la descrizione della magnifica Commenda di Pré, importante edificio storico di Genova, sede maggiore dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme in questa terra. L'edificio è costituito principalmente da due chiese in stile romanico, sovrapposte una all'altra, e da un altro immobile di tre piani che formava la commenda vera e propria, in cui si trovavano il convento e l'ospitale. L'uso tradizionale di marmo bianco e pietra nera, tipico nell'architettura ligure, richiama idealmente i colori del beauceant, insegna templare che rappresentava sicurezza per i pellegrini che dal porto di Genova si imbarcavano per la Terra Santa. Di ritorno da questi luoghi, i crociati portarono a Genova una famosa reliquia, un piatto esagonale verde con forma a tronco di piramide, nel quale Nostro Signore avrebbe celebrato la Pasqua insieme ai suoi discepoli. La tradizione vorrebbe che questo catino fosse testimone dell'importante vicenda che tratta del tradimento di Gesù. Quando gli apostoli domandarono a Cristo chi di loro lo avrebbe tradito, la risposta fu: “E' uno dei dodici, che intinge con me nel catino”. Quest'oggetto, recuperato da Guglielmo Embriaco nel corso della I^ Crociata, si trova ora a Genova ed è esposto nel museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo.
Proseguendo verso levante rimangono molte le testimonianze della presenza templare in terra ligure, per lo più testimoniata da effigi e croci patenti presenti in edifici monastici e religiosi, a conferma che la vita dell'Ordine in Liguria è stata intensa.
Molti altri luoghi avrebbero meritato attenzione, ma il tempo è spesso tiranno. La serata si è conclusa con la certezza che molti semi, stimoli per futuri lavori, siano stati piantati, e restando in attesa di nuovi incontri da realizzarsi nel prossimo futuro, auspicabilmente non soltanto “virtuali”.

Massoni criptici. Incontro su Zoom dei Concili liguri



Un altro incontro su Zoom della Camera Criptica del Rito di York: il Janua di Genova, l'Haron haerit di Imperia e Apuo lunense di Spezia, evento organizzato dal deputy del Gran Concilio per la Liguria Antonio Pedone e con i saluti del Gran Maestro f.f. dei Massoni Criptici d'Italia Alessandro Pusceddu.

giovedì 21 maggio 2020

Perché Dio vuole una casa. I Massoni criptici del Rito di York incontrano il rabbino Meloni



Un fortunato incontro su Zoom, organizzato da Alessandro Pusceddu, Gran Maestro f.f. del Gran Concilio dei Massonici Criptici d’Italia del Rito di York, unitamente Alessandro Antonelli, Illustre Maestro del Concilio Veritas n.48 all’Oriente di Lucca. Ospite dell’incontro, a cui hanno partecipato con Giuliano Ferri, deputy per la Toscana e Alessandro Giuliani, tutti i concili toscani e altri compagni criptici a cui è stato esteso l’invito, Alexandre Meloni, rabbino capo della comunità ebraica di Trieste, più volte ospite in passato del Rito di York e coautore con Mauro Cascio del saggio «Dove sei?» che tanta fortuna sta avendo sulla stampa nazionale. Tema dell’incontro: «Perché Dio vuole una casa». Una lezione magistrale a cui è seguito un appassionato dibattito di circa tre ore. Sono state annunciate altre iniziative di questo genere che saranno allargate ad un numero maggiore di partecipanti.

Massoneria e Cabala: la lettera ayn

di Luca Delli Santi



Il simbolo della Ain è riconducibile all’Occhio onniveggente posto al centro del triangolo equilatero che sovrasta il trono del Maestro Venerabile, è l’occhio dell’Eterno, un’immagine del GADU. Si narra che se anche per un solo istante l’Occhio, il cui sguardo amorevole è sempre posto  sul Creato,  volgesse altrove la sua  vista tutta la manifestazione cesserrebbe all’istante di esistere.
La prima volta che la parola Ain compare nelle Sacre Scritture non indica l’occhio ma la fonte : “mutarono direzione ed arrivarono alla fonte del giudizio” Genesi 14:7, l’Occhio è la fonte da cui si susseguono le emanazioni, dall’Assoluto sino a giungere all’umano, anche nell’essere umano l’occhio è considerato una fonte di energia che trasmette  sia forze positive che negative, si pensi alle superstizioni legate al cosiddetto “malocchio”.
L’occhio umano riflette all’anima la percezione della manifestazione così come la conosciamo, la coscienza le dà le forme e le categorie che in essa si strutturano, questo glifo ci invita però ad andare oltre a superare le molteplici forme della manifestazione per come vengono rappresentate dalla coscienza e ad intraprendere il cammino di ritorno verso la Fonte. La stessa forma della Ain ricorda una radice ed un tronco unico che si dividono, una forma che ci rammenta anche il valore ghematrico della lettera, il numero 70. Settanta sono simbolicamente le nazioni da cui è composta la moltitudine dei gentili, settanta  più il popolo di Israele sono le nazioni del mondo, una pluralità che non deve mai farci perdere il senso  di una radice comune. Settanta erano i membri del Sinedrio, gli eletti i prescelti, i più saggi fra i saggi, un organismo collettivo che doveva lavorare come un’unica intelligenza. Anche le nostre officine sono strutture composte da un insieme di individui uniti nella ricerca del senso, come l’orchestra in cui i diversi strumenti producono una sola melodia, questa è l’unità nella pluralità  indicata dal  valore ghematrico della Ain.
Sul piano materiale la Ain è antagonismo, la volontà di superare le apparenze per raggiungere la realtà delle cose può generare astio, conflitto contro altri individui. Il risvolto positivo di questa tendenza della vibrazione della lettera è la visione, la percezione, la rivelazione, la capacità di formarsi un punto di vista autonomo, di elaborare una teoria.

Il valore numerico settanta è anche la ghematria di Sod, segreto, il più alto grado di studio delle Scritture, la dimensione esoterica, torniamo al “ vedere oltre le apparenze”, in questo caso si tratta di cogliere il testo nella sua profondità, dischiudendo narrazioni diverse dal significato letterale, in taluni casi persino opposte.
La parola yayin, vino ha il medesimo valore, questa bevanda è connessa con il sacro in tutte le tradizioni abramitiche, si pensi alla transustanziazione nel sangue di Cristo durante i riti cattolici ed ortodossi, ma anche al vino come  simbolo della trasmissione della conoscenza superiore nella simbologia cristiana ed anche in quella islamica, il divieto di berlo infatti deriva da questo legame con la sapienza divina, per la quale occorre prepararsi, così in alcune poesie sufi si fa riferimento ai grandi festeggiamenti che attendono i giusti nella vigna del Signore. Nella Tanakh, talvolta,  si fa riferimento al vino come veicolo per  raggiungere stati superiori di coscienza.
Un ulteriore stimolo alla riflessione su quanto sia complessa la vibrazione rappresentata da questo ideogramma ce la offrono altre ghematrie del numero settanta: infatti vale settanta l’espressione “ Adam ve Havah” Adamo ed Eva, ovvero l’Essere Umano nella perfetta integrità androgina, ma settanta è anche il valore di Gog e Magog, le potenze destabilizzanti e distruttive destinate a scatenare il conflitto apocalittico.
Il valore della plenitudine del nome Ain è centotrenta, cinque volte 26, il valore del Tetragramma in relazione ai cinque livelli dell’anima, come un torrente scorre dalla fonte così la luce divina si infonde nei diversi gradini dell’anima umana.
La lettera è formata da una Yod che da destra si congiunge con una Zain posta a sinistra, il valore numerico della somma di queste due lettere dà il numero diciassette che equivale alla parola Tov, ciò che è buono, il bene.

mercoledì 20 maggio 2020

Attraverso i Pensieri di Marco Aurelio alla riscoperta della spiritualità occidentale



Il libro dei Pensieri di Marco Aurelio, capolavoro dell’Imperatore Filosofo, ultimo epigono del neostoicismo romano, è un bestseller evergreen, che resta sempre saldo nella top ten della classifiche dei libri più venduti in tutto il mondo. Le sue sono riflessioni morali, rivolte a sé stesso (Τὰ εἰς ἑαυτόν), che invitano al raggiungimento dell’equilibrio, alla realizzazione di una sorta di cittadella o tempio interiore, nel quale cercare riparo dagli agenti esterni (gli eventi del fato) e interni (le passioni), che sono sempre causa di sofferenza e turbamento se non vengono controllati e accettati dalla ragione.

Perenne attualità dei contenuti e immediatezza della forma espressiva hanno garantito nei secoli fama costante a questa opera letteraria, che è un vero e proprio capolavoro,  che Marco Aurelio (121 d.C  180 d.C) scrisse in greco,  e che ripercorrono gli ultimi 12 anni della vita interiore dell’autore, che esamina – in un quadro di riferimento etico e filosofico di impostazione stoico-cinica – il passato, la propria condotta, la corrispondenza delle azioni da lui compiute con i princìpi che le ispiravano. Gli slanci verso l’infinito, le angosce esistenziali, i bisogni metafisici alimentati o incrinati dalle consapevolezze terrene, l’ansia di liberazione spirituale, il desiderio di interiorità come “rifugio” nella temperie della vita sono segni eloquenti di un intimo colloquio dell’anima con se stessa.

FONTE: GOI

martedì 19 maggio 2020

Massoneria e storia. La Bibbia di George Washington, primo presidente degli Stati Uniti



Una  volta che l’emergenza Covid 19  sarà terminata  e lo saranno anche i restauri iniziati in gennaio della cupola del Federal Hall National Memorial di New York, l’antica Bibbia, sulla quale il 30 aprile del 1789 giurò George Washington (1732-1799), primo presidente degli Stati Uniti, padre della nazione e libero muratore, tornerà di nuovo al suo posto nella teca speciale della Inaugural Gallery al piano nobile dell’edificio che si trova al numero 26 di Wall Street.

Il prezioso volume, tra i simboli più alti della storia americana, è di proprietà della loggia massonica St. John N°1 della Grande Mela, e fu consegnato a Washington in occasione del suo insediamento dal capo cerimoniere e maestro venerabile dell’officina Jacob Morton, che andò a prenderlo quando si accorse che il futuro presidente e fratello aveva dimenticato di portare con sé la sua Bibbia.

Stampato a Londra nel 1765 (nella versione autorizzata da re Giacomo I,  il prezioso esemplare è stato utilizzato anche da altri presidenti come Warren Gamaliel Harding (4 marzo 1921), Dwight D. Eisenhower (20 gennaio 1953), Jimmy Carter (20 gennaio 1977) e George H. W. Bush (20 gennaio 1989).

Ha scelto di giurare invece sulla Bibbia usata nel 1863 da Abram Lincoln (1809- 1865), il presidente che abolì la schiavitù, Barack Obama. E lo stesso ha fatto anche Donald Trump che ha giurato però su due Bibbie, quella di Lincoln e quella che gli regalò la madre quando aveva nove anni.

Il presidente Washington fu iniziato il 4 novembre 1752 nella loggia Fredericksburg, in Virginia, e nel 1788 divenne il primo maestro della nuova loggia Alexandra. L’anno successivo fu eletto presidente degli Stati Uniti e quando pose la prima pietra del Campidoglio degli Stati Uniti indossò il suo grembiule massonico,  grembiule, per altro,  che gli aveva donato il generale Lafayette, un altro eroe della rivoluzione americana, anche lui libero muratore. Washington morì all’età di 69 anni, lasciando alle generazioni future in eredità i suoi ideali di libertà, giustizia e fratellanza.

Il presidente Lincoln, invece, pur desiderandolo non riuscì mai a diventare massone. Aveva fatto richiesta di entrare nella Tyrian Lodge, di Springfield, nell’Illinois, ma poco dopo venne eletto presidente e la sua iniziazione fu rinviata. Ma il 14 aprile del 1865, all’inizio del suo secondo mandato, venne assassinato mentre si trovava al Ford’s Theatre di Washington.

FONTE: GOI

venerdì 15 maggio 2020

Massoneria e Cabala: la lettera zain

di Luca Delli Santi

La lettera Zain ricorda un pugnale o una spada, essa è la spada posta sul petto dell’iniziando Apprendista Libero Muratore nel momento in cui gli viene rammentata la sacralità degli impegni che sta per assumere, la spada nella simbologia della magia cerimoniale, come in quella massonica, è una rappresentazione della volontà, atto di mediazione fra il pensiero e l’azione. La Zain è la volontà del Creatore di creare, la forza sottostante le potenze immanenti che danno forma alla manifestazione. La sua ghematria, il sette, indica la sintesi delle forze che hanno generato il creato, i sei giorni, fino ad arrivare allo Shabbat, l’ultimo giorno quello in cui l’Eterno si è celato alla manifestazione, il giorno in cui si gioisce dell’esistenza di tutte le cose rammentando che sono connesse con la Fonte, l’Origine, l’Uno.  Questa relazione è espressa dalla menorah, il calendario a sette braccia posto al centro del Tempio di Salomone che esprime il medesimo significato nel tempio massonico.
Sette sono i giorni della creazione, i palazzi della Massah Merkava, l’opera del carro, simboli connessi con centri energetici analoghi ai sette chakra, sette sono i cieli, le terre, i mari, i pianeti della tradizione ermetica e magica, ecc… si tratta di un numero che in tutte le culture assume un’importanza capitale, è il numero simbolo del creato, delle dimensioni dello spazio e del tempo in cui è immersa la nostra percezione.
Il riempimento vale 67, è la ghematria di Binà, la Comprensione, l’Intelligenza è l’intelletto che si rischiara nella ragione, il lavoro del libero muratore. Sul piano umano infatti Zain, la spada, il tagliare è il discernimento, il libero arbitrio, la possibilità di scegliere fra il bene o il male quindi di scegliere se accrescere il solco che allontana l’essere umano dalla dimensione dell’eternità o colmarlo riconnettendosi con la primigenia dimensione perduta.
Scrive R. Akiva nel libro delle Othioth: “ Il nome Zain è il nome del Santo, sia benedetto, perché in questa parola è contenuta la radice zan, che significa nutrire e Dio nutre tutte le sue creature”  Se l’essere umano sceglie di riconnettersi con la dimensione spirituale ne riceverà nutrimento e sostegno.
La Zain è connessa anche con aspetti più materiali, è l’energia necessaria a procurarsi il nutrimento e quanto necessario per vivere, il sostentarsi, grazie all’intelletto ciò dovrebbe avvenire osservando quello che gli economisti chiamano principio edonistico, ottenere il massimo risultato possibile con il minimo sforzo, tuttavia non sempre questo avviene, così la Zain diventa spada in senso stretto, ovvero competizione per l’approvvigionamento delle risorse, fino ad i suoi risvolti più drammatici.
La Zain contiene però la soluzione essa è anche un simbolo di equilibrio, il suo antico ideogramma ricordava la forma di una bilancia, discernimento è anche e soprattutto la capacità di ponderare la soluzione più adeguata ad affrontare una specifica situazione.
In senso più esoterico questo equilibrio è l’armonia maschile femminile, il nome Zain può essere letto ZO’ON, 
le iniziali della parola Zaqar ( Uomo ) e Neqvà  ( Donna ), troviamo in questa sintesi l’aspirazione all’unione fra maschile e femminile, è scritto che “ la sposa diventa la corona del marito “,  si può osservare come la forma della Zain ricordi quella di una Vav su cui è posta una corona. Il disequilibrio e la disarmonia fra gli elementi maschili e femminili riporta la Zain alla sua forma di lama, scatenando conflitti.
La forma della lettera è, come accennato, quella di una Vav su cui è posta una corona, piu precisamente la Zain è una Vav incoronata da una Yod, la ghematria della forma della lettera così costruita  dà il numero 16 che contiene una perfetta sintesi delle vibrazioni di questa lettera, corrisponde infatti alla parola Hi, lei, cogliendo gli aspetti femminili di questo glifo, ma anche Zug, coppia, il femminile ed il maschile si congiungono in una meravigliosa concordanza, la concordanza che rende possibile la vita su tutti i piani del creato.
Infine 16 è il valore di Gabai, il Tesoriere, il quinto ufficiale di loggia, cui compete il delicato compito di accudire le risorse materiali dell’officina che ne consentono il funzionamento, ruolo che va esercitato con discernimento, con fermezza ma anche la necessaria comprensione verso i fratelli, insomma il ruolo che nella loggia più di tutti incarna le caratteristiche della lettera Zain.
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giovedì 14 maggio 2020

Fratelli a tavola, cibo e Massoneria



In questo libro vedrete schemi di comportamento per fare una cucina che non è né utile né pratica ma piena di sentimenti e di fascino. Agli iniziati risulterà emotiva ed edificante, agli occultisti un po’ magica e ai profani, scettici del mondo esoterico, piacevole e accattivante. Un viaggio nelle sacralità del cibo e nei suoi significati, ma anche nelle tecniche e nelle culture gastronomiche. Un modo per vedere il piatto con altri occhi e gustare il cibo con un palato "risvegliato"..

mercoledì 13 maggio 2020

70 anni fa il discorso di Schuman. La festa dell’Europa e le antiche radici dell’idea di unione e fratellanza tra i popoli




Quest’anno ricorrono i 70 anni del “Giorno dell’Europa”, una festa istituita dalla Cee (Comunità Economica Europea) in occasione del vertice tenutosi a Milano nel 1985 per ricordare la proposta, lanciata il 9 maggio del 1950, in piena Guerra Fredda, dall’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman di creare un nucleo economico europeo, a partire dalla messa in comune delle riserve di carbone e di acciaio, come antidoto al rischio di nuove guerre tra le nazioni del continente. Un’idea, che si concretizzò l’anno successivo con la nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, di cui facevano parte Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi e che fu seguita nel 1957 dal trattato di Roma, che istituì la Comunità economica europea (CEE), o Mercato comune, che andò ampliandosi fino alla istituzione della Comunità Europea con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht il primo novembre del 1993, successivamente con l’unione monetaria nel 2002 e l’istituzione nel 2007 dell’Unione europea con il trattato di Lisbona, ratificato il primo dicembre 2009.

Numerosi eventi vengono tradizionalmente organizzati per la Festa dell’Europa. Quest’anno per lo storico anniversario che cade in piena emergenza coronavirus, il Parlamento Europeo offre un’intera giornata di programmi virtuali, tra cui dirette Facebook e una mostra online.

L’idea di europeismo ha radici lontane. Ed è stato un sogno anche massonico, che serpeggia già, come scrive Carlo Petrone nel suo saggio appena pubblicato Pensiero Libero e identità Europa, nell’Illuminismo e nelle logge massoniche del Settecento. E si precisa “negli anni turbolenti che precedono l’unità d’Italia”, attraverso alcuni personaggi, “nei cui pensieri, nei cui scritti e nel cui forte impegno politico appare già con forza, la necessità dell’unità dell’Europa e l’impegno di lottare per la sua attuazione”. Uno fra tutti Giuseppe Mazzini che nel 1834 diede vita alla Giovine Europa. Petrone riporta anche il discorso tenuto il 21 aprile 1901 da Ernesto Nathan, sindaco di Roma e Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che in occasione dell’inaugurazione della sede di Palazzo Giustiniani disse: «Voi direte, Signori, se siamo poca cosa; siamo pure il germe dei vagheggiati Stati Uniti d’Europa, e ritenendo insufficiente questo territorio, guardiamo più in là, oltrepassiamo i mari e, nei vincoli di fratellanza, abbracciamo quanti popoli civili abitano il globo…».

Ed europeista era anche Giuseppe Garibaldi, primo Gran Maestro del Grande Oriente, che il 9 settembre del 1867 a Ginevra, dove presiedette il primo Congresso della pace e della libertà, ribadì la ferma convinzione che la fratellanza tra i popoli sia il miglior rimedio contro il dispotismo, poiché “tutte le nazioni sono sorelle”. Parole che si inseriscono nel solco, come ricorda Giovanni Greco ( vedi Erasmo n. 5 maggio 2019 ) della profetica dichiarazione che aveva fatto 18 anni prima un altro grande massone, Victor Hugo, al Congresso della pace di Parigi: «Verrà un giorno in cui – ebbe a dire- due immensi gruppi, gli stati uniti d’America e gli stati uniti d’Europa, posti uno di fronte all’altro, si scambieranno i loro prodotti, il loro commercio, la loro industria, le loro arti, i loro geni …per trarne il benessere di tutti e la fratellanza degli uomini».

Esiste anche in seno alla Massoneria europea il Simposio Internazionale delle logge Europa, nato nel 2008, non a caso il 9 maggio, giorno della Festa dell’Unione Europea, con una matrice tutta italiana grazie all’iniziativa della Europa n.765 di Riccione che riuscì a far incontrare sette officine.

Nel tempo il meeting ha avuto sempre più successo, accreditandosi tra gli eventi massonici più importanti in Europa, in grado di alimentare gli ideali comuni dell’identità culturale europea con la finalità di richiamare costantemente i principi sanciti dai Trattati di Roma del 1957. Lo scorso le officine intitolate all’Europa si sono incontrate per il 12esimo meeting internazionale a Matera per discutere del futuro dell’Europa ( vedi Erasmo n. 5 maggio 2019).

FONTE: GOI

martedì 12 maggio 2020

Massoneria e Letteratura. Marco Rocchi su L'Iniziativa Repubblicana



Marco Rocchi è stato intervistato questa mattina su L'Iniziativa Repubblicana sui contenuti del suo ultimo libro, pubblicato da Tipheret - Gruppo Editoriale. Otto letterati italiani, accomunati dalla loro iniziazione massonica. Un’appartenenza solitamente neppure accennata nei manuali scolastici, sebbene la dimensione iniziatica permei le loro opere, a volte dichiaratamente ed altre in maniera più occulta. Il titolo è tratto da un verso di Salvatore Quasimodo: la voce dei poeti diventa la pietra dei liberi muratori, attorno alla quale orbita tutto il simbolismo massonico.

Leggi (e ascolta) l'intervista


giovedì 7 maggio 2020

Massoneria e Cabala. La lettera Pe

di Luca Delli Santi



La lettera Pe è la bocca, il Talmud ci indica come la forma ricordi quella di un uomo nell’atto di muovere la bocca per parlare, la parola bocca, in ebraico Pe, se rovesciata (Aleph/Pe) dà la parola naso. Questa lettera è connessa con l’atto di inspirare ed espirare, la conoscenza dei ritmi della respirazione consente di superare gli ordinari stati di coscienza e di esplorare realtà superiori.
La Pe è il pensiero che si manifesta nella parola, la scintilla della Shin trova la sua espressione, nella tradizione cabalistica la parola è considerata veicolo di immortalità, il pensiero espresso attraverso la parola viene condiviso, si diffonde e supera le barriere del tempo.
Nella massoneria dell’Arco Reale la Pe è la vibrazione connessa con il ritrovamento della Parola Sacra, il percorso del Massone dell’Arco Reale è guidato dalla potenza della scintilla della Shin e si conclude con l’espressione di quella forza, di quella potenzialità. Consegnando al Massone dell’Arco Reale la Parola e le chiavi per pronunciarla la sua bocca, la sua Pe, può esprimere quel sacro suono, la conoscenza muratoria diventa completa e concreta attraverso l’acquisizione della Parola.
La Pe contiene anche l’opposto della parola cioè il silenzio, la condizione dell’Apprendista Libero Mutatore, che simboleggia la necessità di isolarsi dalla vita profana e di mettersi in relazione con il proprio mondo interiore, non a caso i cabalisti vedono nella forma della Pe una Caf, lettera che rappresenta un Kelim, un vaso, un recipiente che contiene una Yod, la  lettera che rappresenta la forza spirituale, il silenzio è la condizione in cui ci si pone come un recipiente che può venire riempito dalla conoscenza dei mondi superiori.
La relazione Yod – Caf ricorda anche il rapporto Guf/Nephesh, corpo ed anima, l’anima è una luce che inonda e sostiene il corpo fisico consentendogli la vita ed è la fonte della coscienza e dei livelli più elevati dell’intelletto che possiedono la potenzialità di entrare in contatto con il logos cosmico.
Lo spazio vuoto interno alla Pe rappresenta la forma della lettera Bet, sommando la ghematria delle lettere che compongono la Pe otteniamo 32, il numero dei sentieri della Sapienza, la parola è un veicolo che consente di percorrere il mistico viaggio simbolizzato dal numero 32. Secondo un’altra scuola cabalistica il nesso fra la Pe ed il 32 lo troviamo nel numero dei denti presenti nella bocca di un individuo adulto. Come i denti dell’infanzia cadono per fare il posto a quelli che giungeranno con la maturità così la vera Sapienza si conquista spogliandosi dalle false credenze e dalle cognizioni superficiali.
La parola Pe indica la bocca ma in ebraico consente anche di indicare un luogo Po, in italiano si può tradurre con qui, questo luogo. Su un piano simbolico il “qui” va inteso come la capacità di spendere proficuamente il proprio presente e di essere presenti a se stessi, precondizione per l’inizio del cammino iniziatico.
 La radice da cui deriva è Paah, soffiare, disperdere, vento.
Il significato letterale della radice ci porta agli aspetti negativi di questa lettera, negli antichi insegnamenti si riteneva che questa si esprimesse attraverso la potenza magica dei sacerdoti e degli stregoni egizi, poi dei maghi in generale, oggi alla vibrazione negativa della Pe si dà un disvalore morale, si tratta degli atti in cui la parola viene spesa inutilmente o peggio allo scopo di diffamare calunniare ecc…
La ghematria della lettera vale ottanta, l’età del rigore, quando Mosè fu degno di guidare gli israeliti fuori dall’Egitto e  di ricevere la Torà aveva ottant’anni, si noti che fino ad allora era balbuziente, dopo aver ricevuto il dono della Torà fu in grado di esprimersi pienamente e compiutamente.
Ottanta è il valore numerico della parola Yesod, il Fondamento, la nona sephira dell’Albero della Vita, al livello di Yesod avviene la trasmissione iniziatica. Nel corpo umano corrisponde agli organi genitali, la connessione esoterica fra la parola e il fondamento è significativa, in ebraico la circoncisione fisica si chiama brit milà, “il patto della parola”, la bocca deve essere circoncisa sul piano simbolico: così come in quella fisica si libera la corona del fondamento, la parola deve essere spesa solo per espressioni positive, restando libera da qualsiasi influsso negativo.

mercoledì 6 maggio 2020

La città dei fratelli



Il teatro è Noto, la bellissima città barocca in Sicilia. All’eco dello sbarco dei Mille, si formano due partiti. Il partito dei liberali, dei civili, dei signori nobili proprietari, fino al giorno prima filo-borbonici, adattatisi ora a unitari, a filo cavouriani e savoiardi. Dall’altra parte, il partito dei mazziniani, dei “garibaldini”, capeggiato da un personaggio eccentrico, omeopata ed esoterico che è Lucio Bonfanti, allievo di quel Migneco che si dichiara nuovo Messia. Ci sono poi i preti, come padre Carnemolla, avversario dei conservatori austro-ungarici-papalini, o i Domenicani, del piemontese padre Dessy che nelle prediche della Quaresima inveisce contro Garibaldi e l’Unità. Degno romanzo, questo di Enzo Papa, che s’inserisce nella tradizione letteraria sul Risorgimento: una scrittura espressiva, infarcita di dialettalismi, di localismi nel senso sperimentale. Un romanzo straordinariamente documentato dal punto di vista storiografico e felicemente risolto.

martedì 5 maggio 2020

Il 5 maggio di 160 anni fa la spedizione dei mille



Centosessanta anni fa il 5 maggio del 1860 due piroscafi della Società di navigazione Rubattino, il Piemonte e il Lombardo, con a bordo 1.088 uomini guidati da Giuseppe Garibaldi salparono da Quarto, vicino Genova, diretti a Marsala, in Sicilia, dove sbarcarono l’11 maggio. Questo episodio segna l’inizio la Spedizione dei Mille, l’impresa condotta dall’eroe dei due mondo che diede la spinta decisiva al compimento dell’unità d’Italia.

Garibaldi (1807- 1882)  grande protagonista del nostro Risorgimento e figura straordinaria di combattente per la libertà  entrò in Massoneria nel 1844 nella Loggia “Asil de la Vertud” di Montevideo (o forse come alcuni vogliono del Rio Grande del Sud), una loggia “spuria”, emanazione della Massoneria brasiliana e non riconosciuta dalle grandi Comunioni mondiali. Nello stesso anno, il 18 agosto, fu regolarizzato nella Loggia “Amis de la Patrie” di Montevideo all’obbedienza del Grande Oriente di Francia, nel libro matricola della Loggia gli fu assegnato il numero 50. Frequentò la Loggia “Tompkins n° 471” di Stapleton (New York), nel periodo 1851-53 quando era “lavorante” nella fabbrica di candele che Antonio Meucci aveva impiantato a New York per dare lavoro agli italiani profughi. Prima di partire da New York, alla volta dell’Inghilterra, donò al massone e amico Francesco Lavarello le sue insegne massoniche, usate nella loggia newyorchese e di cui Lavarello fece dono a Giovan Battista Fauchè nel 1864 a Livorno, che a sua volta le donò alla Massoneria ligure il 24 gennaio 1883 in seduta solenne.

Nella Prima Costituente Massonica Italiana (Torino, 26 dicembre 1861 – 1° gennaio 1862), in cui fu eletto Gran Maestro Costantino Nigra, Giuseppe Garibaldi fu acclamato Primo Libero Muratore d’Italia e gratificato di una medaglia d’oro massiccio, avente da un lato l’iscrizione “Costituzione Massonica Italiana” e dall’altra la dedica al “Primo Libero Muratore d’Italia Giuseppe Garibaldi”.

L’Assemblea Costituente, riunitasi a Firenze il 24 maggio 1864, lo elesse Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia con 45 voti a favore su 50 votanti.

FONTE: GOI

Libertà di stampa, patrimonio della democrazia. Giornalismo e Massoneria



Il 3 maggio si è celebrata la Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita nel 1993 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare i giornalisti che hanno perso la vita in sua difesa  e per ricordare ai governi di tutti i paesi del mondo il loro dovere di sostenere, di rispettare e a far rispettare l’importanza della libertà di parola, sancita dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Lo slogan che è stato scelto quest’anno è “Combattere notizie fuorvianti” con il riferimento all’emergenza Covid-19.

Nel nostro paese, un lungo e tormentoso cammino ha portato nella nostra Costituzione all’affermazione del diritto all’informazione come diritto naturale, secondo l’impostazione emersa nel 1789, nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo elaborata nel corso della rivoluzione francese,  ma anche nello spirito dell’articolo 7 della Costituzione della Repubblica Romana del 1849.

Il 3 maggio si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita nel 1993 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per commemorare i giornalisti che hanno perso la vita in sua difesa  e per ricordare ai governi di tutti i paesi del mondo il loro dovere di sostenere, di rispettare e a far rispettare l’importanza la libertà di parola, sancita dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948.

Nel nostro paese, un lungo e tormentoso cammino ha portato nella nostra Costituzione all’affermazione del diritto all’informazione come diritto naturale, secondo l’impostazione emersa nel 1789, nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo elaborata nel corso della rivoluzione francese,  ma anche nello spirito dell’articolo 7 della Costituzione della Repubblica Romana del 1849.

Tra i grandi giornalisti che si sono battuti per la libertà di stampaErnesto Teodoro Moneta (1833- 1918), direttore dal 1867 al 1896 del quotidiano milanese dell’epoca “Il Secolo”, vincitore, unico italiano, del premio Nobel per la pace nel 1907, che non temette mai di schierarsi, anche se questo gli causò accuse e violenti attacchi ( leggi su Hiram l’articolo di Gianmichele Galassi ).

E ancora, Giuseppe Meoni (1879- 1934),  redattore de l’Italia del Popolo, caporedattore del quotidiano La Ragione e, in seguito, redattore capo de Il Messaggero di Roma, che fu componente e poi presidente del Collegio dei Probiviri dell’Associazione della Stampa Periodica Italiana e negli anni immediatamente successivi alla Grande Guerra, consigliere delegato della Federazione nazionale della Stampa italiana. Meoni condusse una dura e aspra battaglia a favore di un giornalismo libero e democratico contro le prevaricazioni del fascismo e i tentativi, purtroppo vittoriosi, di limitare e cancellare la libertà di stampa in Italia. Ma, negli stessi anni, ricoprì anche l’incarico di Gran Maestro Aggiunto della Massoneria del Grande Oriente d’Italia e di Presidente del Rito Simbolico Italiano. Quando il fascismo conquistò la Federazione della Stampa Meoni fu deferito ai Probiviri e in quanto massone dovette anche subire la condanna al confino. Il Grande Oriente d’Italia ha recentemente donato il suo busto alla Fondazione sul Giornalismo di Paolo Murialdi, che unisce tutti gli istituti della categoria e conserva la memoria del giornalismo italiano.

Va inoltre ricordato Giovanni Amendola (1882- 1926), antifascista, iniziato nella loggia Romagnosi di Roma il 24 maggio del 1905, al quale è intitolato l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti.

Anche l’attuale Gran Maestro Stefano Bisi è giornalista.  Ha lavorato nei periodici “Siena Nord” e “La Gazzetta di Siena”, e, con la qualifica di direttore, nelle emittenti “Antenna Radio Esse” e “Televideosiena”. È stato vicedirettore del Gruppo Corriere.

FONTE: GOI