mercoledì 20 gennaio 2021

Magonia e le navi volanti


di Michele Leone



Si può giungere a Magonia, o meglio ai racconti su Magonia e sui suoi abitanti per diverse strade: 1) quella delle tradizioni popolari e del folclore; 2) quella dei moderni appassionati di ufologia; 3) quella della storia delle religioni e delle superstizioni.

Sono giunto a Magonia diversi mesi or sono mentre preparavo un lavoro (ancora incompleto) sulla magia popolare ed ero sulle tracce dei cacciatori e creatori di tempeste muovendomi dal mar Mediterraneo all’Europa del nord. Di tutte queste leggende, riti, tradizioni e misteri ti parlerò nei prossimi articoli e libri. Oggi concentriamoci su Magonia.

 

Premessa: Il raccolto è fondamentale per la sopravvivenza della comunità. Ogni turbamento naturale che porta alla riduzione o distruzione del raccolto mette in crisi l’esistenza stessa della comunità. Per fronteggiare catastrofi, imprevisti e simili l’essere umano ha sempre percorso due strade: 1) quella “scientifica”; 2) quella “magico/religiosa”. L’eliminazione di una di queste due sfere trasformerebbe l’essere umano in altro da sé, ma questo è un altro discorso.  

 

De grandine et tonitruis (La grandine e i tuoni)

Per descrivere Magonia e i suoi abitanti ci avvarremo del primo testo che ne parla e della traduzione proposta da Paola Caruso in La trattatistica di Agobardo di Lione in difesa dell’ortodossia contro le superstizioni: traduzione e commento:

In queste contrade quasi tutti gli abitanti, nobili e non, cittadini e contadini, vecchi e giovani, credono che grandini e tuoni possano determinarsi a capriccio degli uomini. Dicono, infatti, non appena abbiano sentito dei tuoni e abbiano visto dei fulmini: “È vento levaticcio”. Interrogati poi su che cosa sia il vento levaticcio, alcuni con vergogna, con la coscienza che rimorde un po’, altri invece sfacciatamente, come di solito è abitudine degli ignoranti, assicurano che si leva per gli incantesimi di uomini che sono detti tempestari, e perciò è detto vento levaticcio.

[…]

Invece abbiamo visto e ascoltato molti, avvolti da così grande demenza, alienati da così grande stoltezza, che credono e dicono che esiste una regione, che si chiamerebbe Magonia, dalla quale arriverebbero sulle nubi delle navi, nelle quali sarebbero trasportate in tale regione le messi che cadono in rovina per la grandine e si perdono a causa delle tempeste; sono trasportate nella medesima regione, poiché evidentemente gli stessi aeronauti pagherebbero i tempestari, ricevendo frumento e altre messi. Tra questi parimenti accecati da una così profonda stoltezza, al punto da credere che queste cose possano avvenire, ne abbiamo visti molti esibire, in mezzo ad una folla di persone, quattro uomini legati, tre maschi e una femmina, come fossero caduti da quelle stesse navi: cioè dopo averli detenuti in catene per diversi giorni, finalmente radunata una folla di persone, li esibirono, alla nostra presenza, come dissi, quasi dovessero essere lapidati.[…] questa regione risiede quasi nelle menti di tutti […]


Il testo di Agobardo di Lione non dice molto di più su Magonia, ma è fonte interessantissima sulle tradizioni popolari e sugli antichi culti ancora presenti nel IX secolo dell’era volgare nella zona di Lione. Tra gli elementi più interessanti vi è il rapporto tra gli abitanti di questa città e i tempestari. Altro aspetto di interesse e che questi strani argonauti pagano per delle messi avariate e non buone o eccellenti, questo potrebbe indicare la loro origine non “divina”, ma “infera”. Sì, infera, perché come è noto le forze infere non risiedono solo nel sottosuolo, a tal proposito basti ricordare Paolo, Lettera agli Efesini 6,12: La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. L’acquisto delle messi danneggiate potrebbe essere un indizio della tipologia di acquirente. Va sottolineato che lo scopo di Agobardo era quello di combattere le superstizioni..

lunedì 18 gennaio 2021

I mondi della Cabala

di Luca Delli Santi






La mistica ebraica è un complesso sistema di pratiche e di meditazioni volte alla contemplazione delle emanazioni divine, quali le sephirot e le lettere dell’Aleph-Bet. Si tratta dei mattoni e della malta con cui si è edificata l’intera Creazione. I cabalisti, divisi nelle loro diverse scuole, hanno strutturato un complesso sistema esegetico ed ermeneutico delle Scritture, in molti casi è assimilabile con quello di altri correnti rabbiniche dell’ebraismo in altri, come osserva il filologo Giulio Busi, se ne distacca costituendo un corpo di insegnamenti originale, pur rimanendo saldamente ancorato nella cultura e nelle teologia ebraica.
La Cabala ha una propria struttura ermeneutica riguardo la Torah ed in particolare riguardo la cosmologia. Nel Sepher ha Yetzirah e nel Sepher ha Zohar troviamo vasti riferimenti, anche una struttura cosmogonica, riguardo le origini e la finalità dell’universo. Queste dottrine esposte in forma spesso poetica e letteraria ci offrono una complessa ed articolata visone metafisica. Secondo alcune recenti interpretazioni vi si possono incontrare anche evidenti intuizioni che sarebbero oggi confermate da alcune teorie della meccanica quantistica, teorie affascinanti ed in evoluzione che vanno comunque considerate con la consapevolezza che talvolta un ricercatore può, in buona fede, credere di trovare conferma di ciò che presuppone. È certo che la cabala ci offra una articolata e completa visione del sistema di “comunicazione “ fra Creatore, Creazione e Creature, descrivendoci il movimento delle emanazioni e come queste si collochino in un complesso sistema di relazioni che si dispiega su una scala.
Questo sistema graduale viene definito come una pluralità di realtà: i Mondi della Cabala.
Anche riguardo la complessità e l’articolazione della scala naturalmente vi sono diverse interpretazioni, essa si è evoluta ed arricchita nel tempo, ed è tutt’oggi oggetto di diverse rappresentazioni.
Di seguito illustrerò, sinteticamente, l’interpretazione della Cabala Lurianica condivisa dalla grande maggioranza delle scuole contemporanee.
I Mondi possono essere immaginati o, se si preferisce interpretati, sia come eventi, tappe che si susseguono nel processo creativo del cosmo, sia come stati di coscienza, diversi livelli spirituali.
Seguendo la rappresentazione narrativa che ce li propone come accadimenti in ordine cronologico partiamo dalla fase precedente alla Creazione. Un “mondo” in cui c’era solo Dio, i cabalisti ebrei dicono HaShem, Il Nome. Una realtà indefinita nella quale il Nome prende coscienza di sé stesso, del suo proprio essere, siamo nel Mondo della Luce Infinita, Or Ain Sof.
La seconda tappa è il Sod Ha’Tzimtzum, il Segreto della Contrazione. Si tratta di un atto di contrazione con cui il Creatore lascia spazio al Creato, secondo la Tradizione questa tappa è a sua volta strutturata in tre fasi.
La prima fase è l’atto di contrazione, la Luce si ritira, la seconda fase è detta dell’impressione o della sensazione, a questo livello c’è una separazione, solo apparente, fra il Creato, che in questo momento è uno spazio buio privato della Luce divina, ed il Creatore. La terza fase è quella del raggio della Luce, detta anche della Corda. Un raggio di luce divina illumina l’oscurità del Creato.
La terza tappa è l’Uomo Primordiale, in ebraico l’Adam Kadmon, che non ha nulla a che vedere con l’Adamo del Genesi, rappresenta la volontà creatrice divina di emanare i mondi. Mosè Luzzato, maestro di Cabala italiano vissuto nel XVIII secolo, il Ramchal, ce lo descrive come la prima manifestazione dell’emanazione delle sephirot nel vuoto primordiale, il primo partzufim, la prima “espressione” delle sephirot congiunte.  È affascinante constatare che la prima espressione che si scorge nella creazione è quella di un essere umano. L’Adam Kadmon è un concetto analogo a quello descritto in Giovanni 1:3 “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.”
Le luci emanate da Adam Kadmon si distribuiscono nei recipienti, è la dialettica or-Kelim, polarità maschili e femminili, che si congiungono e danno forma alla matrice della creazione. Sono le tappe successive quelle dei mondi di Akudim, Nekudim, Brudim, delle legature, dei punti e delle connessioni. 
Scendendo ancora di un gradino incontriamo la Corona dell’emanazione la Keter Atzilut. Il passo immediatamente successivo è l’Olam Atzilut, il mondo dell’emanazione. Gli archetipi della creazione sono già definiti, ma la distinzione dal Creatore è labile, le individualità umane non si sono ancora formate, il tutto in potenza esiste ma la connessione con il Principio è ancora stretta, è il livello della perfetta conoscenza dell’unità divina. Qui prendono forma i partzufim, i volti, le espressioni del divino, sono le sephirot unite in complesse intersezioni che con il loro movimento esprimono queste ipostasi.
Siamo giunti al livello, probabilmente assai più noto, dei quattro mondi, che culminano con il nostro, quello della manifestazione fisica, si tratta del mondo dell’emanazione, della creazione, della formazione e dell’azione. Atzilut, Berià, Yetzirah, Assià. Il mondo della creazione è il livello della Materia Prima ricercata dagli alchimisti, è l’oscurità del ventre materno in cui si sviluppa l’embrione, le anime degli esseri umani iniziano ad acquisire la propria individualità. La Formazione è la dimensione dove il progetto assume la sua forma più prossima alla definizione ultima, è un mondo di esistenze separate dal Creatore, non ancora precipitate nella materialità, è il Mondo Immaginale descritto negli studi di Henry Corben. Nella Tradizione cabalistica è il livello delle ipostasi angeliche, sia di quelle benigne che di quelle maligne. La dimensione in cui opera la magia. Assià è l’azione, la realtà sensibile, l’universo fisico con le sue leggi.
Questa che ho descritto è senza dubbio una rappresentazione cosmologica, ma è anche, nell’ottica della cabala, una road map e la distanza non deve incutere timore in quanto i diversi livelli spirituali sono interconnessi e la loro successione non è gerarchica  né cronologica, del resto in queste dimensioni non ha alcun senso il concetto di tempo. Questa è la mappa, lo strumento per percorrerla sono i trentadue sentieri della Sapienza o meglio i concetti che rappresentano, i quali, espressi nei simboli dell’arte muratoria, sono disseminati nel Tempio dei massoni.





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venerdì 8 gennaio 2021

In ricordo di Eugenio Popovich

di Antonino Zarcone




6 gennaio 1842, Berljanska (Russia), nasce Eugenio Popovich. Figlio di un capitano di vascello e facoltoso armatore, giovanissimo si trasferisce a Trieste, frequenta il Ginnasio triestino ed il liceo italiano di Capodistria, dove è condiscepolo del futuro re Nicola I del Montenegro. Conseguita la maturità al Ginnasio di Zara,  nel 1860 si iscrive all'università di Graz. Vicino ai gruppi irredentisti triestini, nel 1860 prende parte alla fase finale della campagna nell'Italia meridionale. Tornato a Trieste aderisce al Comitato segreto Triestino-Italiano. Nel 1862 è con Garibaldi nella spedizione per la liberazione di Roma fermata in Aspromonte. Ripresi gli studi si iscrive all'università di Pisa  poi a quella di Bologna, dove si laurea in Scienze politiche e giuridiche nel 1864. Due anni dopo è ancora volontario ed è assegnato alla seconda compagnia del primo battaglione del 2º Reggimento Volontari Italiani di Garibaldi con cui partecipa alla Terza Guerra d'Indipendenza, nella quale è promosso sottotenente, e nel 1867 segue Garibaldi come luogotenente della terza colonna dei volontari nella spedizione nell'Agro Romano. Nel 1870 si trasferisce a Roma diventata Capitale ed intraprende la carriera di giornalista politico come Corrispondente de "La Nazione", con lo pseudonimo di E. Tergesti, poi redattore del "Il Diritto". Promotore di una spedizione militare per sollevare la Bosnia dalla dominazione austriaca, non realizzata, nel 1897 è nominato console del Montenegro a Roma dal principe Nicola e nel 1900 console generale. Massone, membro della Società di Mutuo Soccorso Reduci Garibaldini “Giuseppe Garibaldi”, muore a Trieste il 4 aprile 1931.