martedì 29 ottobre 2019

Francesco Mario Pagano, il Platone di Napoli



Napoli, 29 ottobre 1799, viene giustiziato Francesco Mario Pagano, giurista, filosofo, politico e drammaturgo italiano. A tracciarne il profilo ci può aiutare Wikipedia. «Fu uno dei maggiori esponenti dell'Illuminismo italiano ed un precursore del positivismo, oltre ad essere considerato da Enrico Pessina l'iniziatore della 'scuola storica napoletana del diritto'. Personaggio di spicco della Repubblica Partenopea (1799), le sue arringhe contornate di citazioni filosofiche gli valsero il soprannome di "Platone di Napoli".
Nato a Brienza, piccolo centro del Principato Citra (dal 1806 in Basilicata), da una famiglia di notai, all'età di quattordici anni si trasferì a Napoli dopo la morte del padre, stabilendosi presso lo zio Nicola. Ultimò gli studi classici sotto l'egida di Gerardo De Angelis, da cui apprese anche gli insegnamenti di latino, greco, ebraico e frequentò i corsi universitari, conseguendo la laurea in giurisprudenza nel 1768 con il Politicum universae Romanorum nomothesiae examen, dedicato a Leopoldo di Toscana ed all'amico grecista Giuseppe Glinni di Acerenza. Fu, inoltre, allievo del Genovesi, il cui insegnamento fu fondamentale per la sua formazione, e amico di Gaetano Filangieri con cui condivise l'iscrizione alla Massoneria. Pagano appartenne a La Philantropia, loggia della quale fu maestro venerabile. Inoltre, i proventi dell'attività di avvocato criminale gli consentirono di acquistare un terreno all'Arenella, dove costituì una sorta di accademia, alla quale partecipava, tra gli altri, Domenico Cirillo.
Ebbe la cattedra di etica (1770), poi quella di diritto criminale (1785) all'Università di Napoli, distinguendosi come avvocato presso il tribunale dell'Ammiragliato (di cui diventò poi giudice) nella difesa dei congiurati anti-borbonici della Società Patriottica Napoletana Emanuele De Deo, Vincenzo Galiani e Vincenzo Vitaliani pur non riuscendo ad evitarne la messa a morte (1794). Nel 1796 fu incarcerato in seguito ad una denuncia presentata contro di lui da un avvocato condannato per corruzione che lo aveva accusato di cospirare contro la monarchia ma venne liberato nel 1798 per mancanza di prove. Scarcerato il 25 luglio del 1798, riparò clandestinamente a Roma, dove venne accolto positivamente dai membri della Repubblica Romana, dove ricevette la cattedra di Diritto nel Collegio Romano, accontentandosi di un compenso che gli garantiva il minimo indispensabile per vivere. Tra i suoi seguaci e allievi, il pedagogo e rivoluzionario Matteo Angelo Galdi.
 Lasciata Roma, si spostò per un breve periodo a Milano e, dopo la fuga del re Ferdinando IV a Palermo, fece ritorno a Napoli il 1º febbraio 1799, divenendo uno dei principali artefici della Repubblica Napoletana, quando il generale francese Jean-Étienne Championnet lo nominò tra quelli che dovevano presiedere il governo provvisorio.
 La vita della repubblica fu corta e molto difficile: mancava l'appoggio del popolo, alcune province erano ancora estranee all'occupazione francese e le disponibilità finanziarie erano sempre limitate a causa delle sovvenzioni alle campagne napoleoniche. In questo breve lasso di tempo, Pagano ebbe tuttavia modo di poter realizzare alcuni progetti. Importanti in questo periodo furono le sue proposte sulla legge feudale, in cui si mantiene su posizioni piuttosto moderate e il progetto di Costituzione della Repubblica Napoletana. Essa per la prima volta stabiliva la giurisdizione esclusiva dello Stato sui diritti civili e, tra le altre cose, prevedeva il decentramento amministrativo della città. La carta elaborata da Pagano prevedeva inoltre l'istituzione dell'eforato, precursore dell'odierna Corte Costituzionale. Il suo progetto rimase tuttavia inapplicato a causa dell'imminente restaurazione borbonica. Pagano si distinse sostenendo altre leggi di capitale importanza come quella sull'abolizione dei fedecommessi (10 febbraio), sull'abolizione delle servitù feudali (5 marzo), del testatico (22 aprile), della tortura (1º maggio).
 Con la caduta della Repubblica, Pagano, dopo aver imbracciato le armi che difesero strenuamente gli ultimi fortilizi della città assediati dalle truppe borboniche, venne arrestato e rinchiuso nella "fossa del coccodrillo", la segreta più buia e malsana del Castel Nuovo. Venne in seguito trasferito nel carcere della Vicaria e ai primi di agosto nel Castel Sant'Elmo. Giudicato con un processo sbrigativo e approssimato, Pagano venne condannato a morte per impiccagione. A nulla era valso l'appello di clemenza da parte dei regnanti europei, tra cui lo zar Paolo I, che scrisse al re Ferdinando: "Io ti ho mandato i miei battaglioni, ma tu non ammazzare il fiore della cultura europea; non ammazzare Mario Pagano, il più grande giurista dei nostri tempi"». Fu giustiziato in Piazza Mercato il 29 ottobre 1799, assieme ad altri repubblicani come Domenico Cirillo, Giorgio Pigliacelli e Ignazio Ciaia. Secondo Giuseppe Poerio, Pagano, salendo sul patibolo, pronunciò la seguente frase:.

«Due generazioni di vittime e di carnefici si succederanno, ma l'Italia, o signori, si farà»

lunedì 28 ottobre 2019

C'è un legame tra il Calcio moderno e la Massoneria

di Antonino Zarcone





Era il 26 ottobre 1863 e a Londra, alla Free Mason's Tavern, in Great Queen Street, viene fondata la Football Association, la federazione calcistica inglese. Nasce così il calcio moderno. In questo giorno i rappresentanti di alcuni club londinesi si riuniscono per definire il regolamento ufficiale per il gioco del calcio. Allora ancora più vicino al rugby che allo sport odierno. Sono definite le dimensioni del terreno di gioco, le regole per i gol e il fuorigioco e viene proibito l'uso delle mani ed il fallo volontario
La gara inaugurale con le nuove regole decise dalla FA viene inizialmente prevista a Battersea Park il 2 gennaio 1864, ma successivamente viene deciso di sperimentare le regole del calcio a Mortlake il 19 dicembre 1863 per la gara tra il Morley's Barnes team e il Richmond Fc, finita con un pareggio senza reti. La Freemasons' Tavern era stata fondata nel 1775 al numero 61-65 di Great Queen Street nel West End di Londra per volontà della Gran Loggia d'Inghilterra quale luogo di ritrovo delle logge massoniche ed ha funzionato come luogo di associazione per numerose organizzazioni filantropiche esterne alla massoneria. È stata demolita nel 1909.

martedì 22 ottobre 2019

Una loggia a Napoli intitolata ad Achille Ballori



La Massoneria italana ha intitolato nei giorni scorsi una sua loggia napoletana ad Achille Ballori, ucciso da un folle a colpi di pistola la sera del 31 ottobre 1917 a Palazzo Giustiniani, all’epoca sede nazionale del Grande Oriente d’Italia poi confiscata dal Fascismo. Già Gran Maestro Aggiunto, Ballori era Sovrano Gran Commendatore ed era candidato unico all’elezione a Gran Maestro come successore di Ettore Ferrari, lo scultore che tanti monumenti aveva dato alla Roma laica, tra cui il celebre monumento a Giordano Bruno a Campo de’ Fiori. Era personaggio noto nella capitale – fu direttore degli Ospedali Riuniti, consigliere comunale, vicesindaco e assessore nella giunta di un altro celebre Gran Maestro: Ernesto Nathan – e i giornali si occuparono molto del suo omicidio. L’assassino Lorenzo D’Ambrosio dichiarò agli inquirenti: «Non avevo ragione alcuna di speciale antipatia per il Ballori, persona di ottimo cuore e di grande onestà. La mia intenzione era di colpire la Massoneria nelle sue personalità più rappresentative: avevo idea di uccidere, oltre il povero Ballori, anche Ettore Ferrari ed Ernesto Nathan». E ancora: «La Massoneria mi perseguitava da molti anni. Inoltre tempo fa una mia sorella che era in America morì asfissiata ed è chiaro che l’ha fatta morire la Massoneria». Della vicenda si interessò anche il criminologo Enrico Ferri: «D’Ambrosio è evidentemente un allucinato […] la sua forma di follia mi sembra essere la paranoia o il delirio di persecuzione». Il 29 aprile 1918, D’Ambrosio venne prosciolto perché ritenuto “totalmente infermo di mente” e rinchiuso per sempre in manicomio.

Fonte: GOI

giovedì 17 ottobre 2019

Mauro Cascio a Montecatini Terme per parlare di Martinez de Pasqually e degli Eletti Cohen



Le società iniziatiche tutte, e la Massoneria non fa eccezione, sono forme 'rappresentative'. Vuol dire che mettono davanti alla comprensione dell'iniziato dei dati veritativi. Dei contenuti concettuali, cioè, vengono dispiegati, questo è un rituale, vale a dire: mostrati e messi in moto. È una recita, per dirla altrimenti, in cui storia e protagonisti sono il pretesto per rendere presenti dei significati. Né più né meno come a teatro, testo drammaturgico e attori sono presi in prestito per mettere in scena il pensiero dell'autore, lo si vestirà, lo si musicherà, lo si arrederà.
Anche sistemi paramassonici, il più noto in Occidente è il sistema di Martinez de Pasqually, quello degli Eletti Cohen, con un'anima operativa che la Massoneria non ha, non si discosta da questa impostazione. L'Antico Testamento diventa così il 'pretesto' raffigurativo il cui compito è 'indicare' un percorso Logico, letteralmente: di dispiegamento in sé del Logos, dal Creatore alla Creatura attraverso la Creazione. Una 'cosmogonia' che ha un solo obiettivo: il ritorno all'Eden tramite la Figura (introdotta nel celebre Trattato di Martinez, recentemente ripubblicato da Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno in edizione critica, con un'ampia introduzione e un puntuale commento in nota) che altro non è che un grafico della mediazione tra l'Assoluto e la moltitudine empirica. La 'Riconciliazione' hegeliana.
Di questo parlerà Mauro Cascio, negli ultimi anni il curatore di molti classici del Martinismo delle origini, spesso in prima edizione italiana: Saint-Martin, Willermoz, Prunelle de Lière, Fournié, de Maistre, Sedir, Bricaud, Chevillon, Papus, Le Forestier, e tanti altri. Una conferenza intitolata significativamente La struttura della Figura Universale, che si terrà a Montecatini Terme il 20 ottobre alle 15.00, Hotel Mirò, viale Bicchierai 82.

mercoledì 16 ottobre 2019

Solidarietà e Massoneria



Appuntamento a Massa Marittima il 24 ottobre, alle ore 9, con il convegno “Forme di solidarietà nella società del Terzo Millennio. Risultati e testimonianze”. L’incontro è stato organizzato da Massadotta, l’associazione per la promozione della salute come stato completo di benessere fisico, psichico e sociale, e ha ottenuto il patrocinio del Comune, della Asl Toscana Sud Est, di Coeso Società della Salute, del Collegio Circoscrizionale della Toscana del Grande Oriente d’Italia. Interverranno Roberto Schiavetti, presidente di MassAdotta Onlus; Marcello Giuntini, sindaco del Comune di Massa Marittima; Luigi Vispi, presidente del Collegio della Toscana. Saranno relatori: Sergio Rosso, presidente degli “Asili Notturni” di Torino e Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d’Italia; Sergio Frangioni, direttore Sanitario di MassAdotta; Lia Simonetti, direttrice dei Servizi Sociali Asl Toscana sud-est; Giacomo Termine, presidente di Coeseo Toscana sud-est; Massimo Bufacchi , vice sindaco e assessore alla sanità del Comune di Amatrice. Concluderà il Gran Maestro Stefano Bisi. Conduce Gabriele Baldanzi, giornalista di Tv 9.

Nell’ambito dell’incontro, sarà presentato il libro “Solidarietà e percorso iniziatico. L’impegno della Massoneria contro vecchie e nuove povertà” di Marco Novarino e Sergio Rosso.

FONTE: GOI

martedì 15 ottobre 2019

Una targa per Giuseppe Chiostergi



Mattinata insolita a Ginevra il 13 ottobre per gli abitanti di rue Plantamour che alle ore 11, al numero 20, hanno notato un assembramento di persone che celebrava lo scoprimento di una targa al suono dell’inno nazionale italiano. L’omaggio è rivolto a Giuseppe Chiostergi, docente, politico antifascista, massone, che trascorse molti anni della sua vita in terra elvetica, dove si stabilì nel 1916 per ricoprire vari incarichi pubblici e dove lottò assiduamente contro il regime mussoliniano. Il suo rifiuto di aderire al fascismo gli causò la revoca del passaporto nel 1926 e durante la dittatura la sua abitazione ginevrina di rue Plantamour 20 fu centro di raccolta e di smistamento di molti antifascisti italiani, tra loro Sandro Pertini, costretti ad espatriare clandestinamente per sfuggire alle condanne del Tribunale speciale e, sempre in quegli anni, Chiostergi fu tra gli organizzatori delle “Colonie libere italiane” e fra i promotori della “Concentrazione antifascista”. Massone, venne affiliato nel 1934 alla Loggia di Ginevra Fidelité et Prudence della Gran Loggia Svizzera Alpina, e qualche tempo dopo alla Loggia Italia Nuova di Parigi, appartenente al Grande Oriente d’Italia in esilio. Chiostergi tornò in patria alla fine della seconda guerra mondiale e fu membro dell’Assemblea Costituente, sottosegretario di Stato al ministero del Commercio con l’estero nel secondo governo De Gasperi e vicepresidente della Camera nella prima legislatura della Repubblica italiana. Tornò spesso in Svizzera, a Ginevra dove riprese il suo posto nella Loggia Fidélité et Prudence – ne fu l’Oratore – e continuò a vivere al numero 20 di rue Plantamour fino alla sua morte avvenuta nel 1961.

A delineare il profilo di questa figura centrale dell’antifascismo italiano, è intervenuto nel corso della cerimonia il Gran Maestro Stefano Bisi che è giunto a Ginevra accompagnato dal Secondo Gran Sorvegliante Marco Vignoni e da una rappresentanza della Loggia Misa di Senigallia, città natale del personaggio. Presenti pure Dominique Juilland, Gran Maestro della Gran Loggia Svizzera Alpina, e, per le istituzioni pubbliche, Olivier-Georges Burri, vice segretario generale della città di Ginevra, e, a livello nazionale, il consigliere di Stato Mauro Poggia.

Poggia, figlio di Italiani, ha paragonato Chiostergi a suo nonno al quale il fascismo ritirò il passaporto per le stesse motivazioni e ha colto l’occasione per invitare i cittadini a mobilitarsi nel caso il mondo dovesse cadere nuovamente nell’orrore del nazismo o del fascismo. A queste parole, Alain Marti, anziano esponente della Gran Loggia Svizzera Alpina, ha risposto con forza: “Allora chiamate i massoni! Noi ci saremo!”.

FONTE GOI

lunedì 14 ottobre 2019

In ricordo di Jacques de Molay

di Antonino Zarcone


Venerdì 13 ottobre 1307, per ordine di Filippo IV e con il sostegno del suo degno compare di complotto, il Papa Clemente V, viene arrestato Jaques de Molay, Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, mentre in tutta la Francia altri membri dell'Ordine sono imprigionati o uccisi. I cavalieri prigionieri sono torturati per ammettere le false accuse che vengono mosse. In realtà si vuol colpire un Ordine diventato economicamente e politicamente troppo potente. Il Gran Maestro, prima di ardere sul rogo issato a Parigi, ha il tempo di lanciare la sua maledizione: «Dio vendicherà la nostra morte», «Davanti a Dio intimo a Filippo il Bello e Clemente V di comparire davanti a Lui entro un anno da oggi». I due subiranno il giudizio divino entro il tempo indicato da De Molay. Da quel giorno di ottobre il venerdì 13 è considerato foriero di cattivo presagio e di sfortuna.


Aurelio Saffi e la Massoneria nel bicentenario dalla nascita



Bicentenario il 13 ottobre della nascita di Aurelio Saffi, figura di primo piano del Risorgimento italiano. Nato  Forlì, dove morì il 10 aprile 1890. Patriota appassionato partecipò alla straordinaria avventura della Repubblica Romana del 1849, prendendo parte prima come deputato all’Assemblea Costituente (eletto a nella sua città) e come ministro degli Interni, poi come componente del Triumvirato a capo del potere esecutivo, assieme a Giuseppe Mazzini e Carlo Armellini. Un’esperienza politica intensa e brevissima, al termine della quale si ritirò  in esilio a Civezza, in Liguria, per raggiungere successivamente Mazzini in Svizzera, e quindi trasferirsi con lui a Londra, dove rimase fino al 1852, quando tornò in patria per pianificare una serie di moti rivoluzionari che ebbero luogo a Milano l’anno successivo.  Condannato  in contumacia a vent’anni di carcere, tornò in Inghilterra, dove sposò, nel 1857, Giorgina Janet Craufurd, da allora nota come Giorgina Saffi (Firenze, 1827 – San Varano di Forlì, 1911) figlia dello scozzese Sir John Craufurd e della nobile Sophia Churchill, ardente mazziniana ed esponente del movimento femminista risorgimentale italiano. Ebbero quattro figli, tutti maschi: Giuseppe Attilio (nato a Londra, 1858 – 1923), Giovanni Emilio (nato a Napoli, 1861 – 1930), Carlo Balilla Luigi (nato a Genova, 1863 – 1896) e Rinaldo Arturo (nato a San Varano di Forlì, 1868 – 1929). Nel 1860 fu a Napoli, per ricongiungersi nuovamente con Mazzini. Nel 1861 venne eletto deputato al parlamento del nuovo Regno d’Italia nel collegio di Acerenza. E il primo marzo 1862 fu  iniziato nella loggia Dante Alighieri di Torino.

Dopo pochi anni, nel 1864, tornò a vivere a Londra dove rimase fino al 1867, quando si stabilì definitivamente nella villa della campagna di San Varano (una frazione di Forlì). Nell’agosto del 1874 fu arrestato a Rimini insieme con altri esponenti repubblicani con l’accusa di partecipazione ad un’insurrezione di stampo antimonarchico. Fu prosciolto nel dicembre dello stesso anno. Saffi, in realtà, è costantemente stato sostenitore di una concezione municipalista della vita politica. A Forlì promosse la fondazione del Circolo Giuseppe Mazzini, di cui fu anche il primo presidente. Nel 1877 si trasferì a Bologna, dove cominciò la carriera di docente di Diritto pubblico presso la locale Università. Nel frattempo si occupò della memoria storica dell’amico Mazzini, morto il 10 marzo 1872, curandone gli scritti e la loro pubblicazione. Morì nella sua casa a 70 anni.

Dopo la sua scomparsa alcuni fratelli del Grande Oriente gli vollero dedicare una loggia che  con il numero distintivo 150 venne  inaugurata il 23 ottobre 1900 per concludere la sua attività nel 1925, quando le camicie nere di Mussolini, devastarono i templi massonici, e riprenderla di nuovo il 5 maggio 1945.

FONTE: GOI

venerdì 11 ottobre 2019

L'inchiostro e l'archeometro. Un libro in ricordo di Enrico Cardile



Nel quadro nazionale, e in parte europeo, delle ricerche in materia esoterica e letteraria, emerge la figura di Enrico Cardile, originario della Sicilia orientale, dove visse tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. Un personaggio di straordinaria vivacità intellettuale, fu rigoroso funzionario, poeta, scrittore, critico, giornalista, cultore di cabala e di alchimia. Nell'ambito letterario Cardile occupa un posto considerevole nella storia del simbolismo italiano e nel dominio delle avanguardie primonovecentesche di stampo internazionale. Amico di Gian Piero Lucini e del poeta armeno Hrad Nazariantz, il suo nome si distinse anche tra le file futuriste. Sul versante esoterico, gli si riconosce la notevole militanza libero-muratoria e gli approfonditi studi misteriosofici. Questo testo di Daniela Frisone e Sebastiano Grimaldi, oltre che a restituirlo alla memoria collettiva della sua terra e al pregevole circuito del mondo accademico, cerca di dar voce al milieu storiografico che avvinse la sua anima di apprendista poeta e mago.

giovedì 10 ottobre 2019

Il coraggio del pensare



«Si potrebbe fissare un prezzo per i pensieri. Alcuni costano molto, altri meno. E con che cosa si pagano i pensieri? Credo con il coraggio».  Ludwig Wittgenstein, “Diari segreti”, 1914/1916.

mercoledì 9 ottobre 2019

Gioacchino Murat, il soldato massone che si fece italiano

di Antonino Zarcone



8 ottobre 1815, Pizzo Calabro, il generale Gioacchino Murat sbarca con altri 28 compagni nel tentativo di riconquistare il suo Regno. Intercettato dai borbonici viene processato e condannato a morte. Il Re nasone ha così la sua vendetta. La sentenza viene eseguita il 13 ottobre successivo. Il coraggioso comandante della cavalleria napoleonica, l'uomo che da Re e gran maestro della massoneria di Napoli voleva modernizzare il suo Regno, il soldato che "facendosi" italiano e che col proclama di Rimini aveva invitato per primo gli italiani ad unirsi nella lotta contro gli stranieri, affronta il plotone d'esecuzione con coraggio riscattando così scelte politiche non sempre coerenti. Altri Re d'Italia saranno meno coraggiosi.

martedì 8 ottobre 2019

Aurelio Saffi e la Massoneria a Forlì



Fra qualche giorno, il 13 ottobre, ricorre il bicentenario dalla nascita di Aurelio Saffi. È ForlìToday a ricordare un tratto saliente del triunviro. «Oltre a essere stato tra i più conosciuti patrioti risorgimentali», scrive Umberto Pasqui, «fu massone fin dal 1862 e, dopo la sua morte, alcuni confratelli gli dedicarono una loggia tutt’ora esistente». Il 23 ottobre del 1900 infatti furono innalzate le colonne della Rispettabile Loggia Aurelio Saffi, numero 105, all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia. I fondatori si diedero da fare per acquistare una sede, nella centralissima via Maroncelli, la zona dell’isolato tra piazza Ordelaffi-del Duomo-Giovanni Paolo II, via Maroncelli, via Solferino, fatta eccezione del monastero del Corpus Domini e poco altro. Dopo lo scioglimento della Massoneria da parte del fascismo, il Gran Maestro Domizio Torrigiani, il successore di Ernesto Nathan, fu mandato al confino prima a Lipari e poi a Ponza e le sedi della Massoneria furono confiscate, a partire dalla sede nazionale, Palazzo Giustiniani, attuale sede della presidenza del senato. Lo stabile fu assegnato all’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra e così oggi è conosciuta come Casa del Mutilato.

«Se l’attuale veste del palazzo», annota Pasqui, «rappresenta una compiuta testimonianza dell’architettura razionalista forlivese grazie alla firma di Cesare Bazzani (e conserva pure il piccolo ma prezioso museo storico Dante Foschi), della struttura originaria rimane un corridoio segreto che consente la fuga fino all’uscita da una porticina su via Solferino. Inoltre, in seguito a recenti lavori di restauro, sono emerse simbologie massoniche in un sottotetto. Può balzare all’occhio che, quasi a perpetuare l’esistenza di un tempio (massonico), Bazzani non vuole nascondere l’antica destinazione dello stabile donando ad esso un portale con timpano e fregi classici, simboli che fan sì che chi vi acceda viva la sensazione di entrare, appunto, in un tempio».

lunedì 7 ottobre 2019

Pietra su pietra. Cuore su cuore

di Domenico Bilotta*



Cari Compagni,
riprendiamo finalmente i nostri lavori, dopo la pausa estiva per il doveroso riposo dell’operaio, non certo del cantiere. L’edificio della comprensione è rimasto lì, tutto ancora da completare, ma sono salde le fondamenta, perché il Rito di York, attraverso le tre Camere e con la sua ritualità, dà altezze nuove alle basi di ogni Maestro muratore. Orienta la comprensione, perché questo è lo scopo della Massoneria, riunisce tratti dispersi di conoscenza, e cerca di collocare il sapere al centro di ogni cosa. Il Tempio di Re Salomone è l’obiettivo di ogni intelligenza che vuole sfuggire alla disperazione.

Il nostro è un lavorare gioioso, ne va della nostra ricchezza interiore, per quell’entusiasmo di stare insieme che a mala pena riusciamo a contenere. È come la malta che ti aiuta a pareggiare pietra su pietra, e mettere pietra su pietra vuol dire accompagnare con un cuore il cuore di ciascuno. La Massoneria del Rito di York non è una scuola ma una famiglia, in cui si cresce e in cui ci si forma attraverso il percorso delle tre Camere, Capitolare Criptica e Cavalleresca. Noi costruiamo l’edificio del nostro sapere, ed ogni piano ha bisogno di un altro. Non puoi costruire se non hai un piano di sotto, ed ogni piano è conquista e sostegno. Vi auguro davvero Compagni carissimi di contribuire a fare tante cose insieme, in questo meraviglioso cammino nei Capitoli, e di farle bene, con la passione che ci ha sempre caratterizzato, con l’ onestà e la lealtà, pietre miliari di cui non si può fare a meno.
Solo perseverando nel cammino, a testa alta e schiena dritta, facendo in modo che nessuno rimanga indietro in questo grande disegno, potremmo sentirci attori della nostra Tradizione.

*Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell'Arco Reale - Rito di York

giovedì 3 ottobre 2019

Si ricorda oggi la notte di San Bartolomeo fiorentina

di Antonino Zarcone



Firenze, notte tra il 3 ed il 4 ottobre i fascisti assaltano le case dei massoni in quella che è passata alla storia come la “notte di San Bartolomeo” fiorentina. Il fascismo muove i primi passi verso il consolidamento del regime. Oramai la crisi conseguente l’assassinio di Matteotti è superata. Mussolini si è assunto la responsabilità morale di quanto accaduto e di quanto accadrà. Per il duce è necessario soffocare ogni forma di opposizione. Bisogna eliminare ciò che resta dell’Italia liberale, eliminare i partiti antifascisti. Viene colpita l’istituzione che ha formato buona parte della classe politica italiana dopo il risorgimento. È in itinere la legge contro le società segrete. Solo Gramsci lo comprende. L’attacco lanciato contro la Massoneria è un attacco a quello che resta dell’Italia liberale, un attacco alla libertà. Si colpiscono le logge divenute covo dell’antifascismo nonostante parte dei membri del Gran Consiglio abbiano attraversato le colonne dei templi massonici. A Firenze il fascismo si mette in evidenza per gli eccessi di violenza. Tra i leader Tullio Tamburini, un tenente di fanteria divenuto Console della milizia fascista. Sarà ancora con Mussolini a capo della polizia durante la repubblica di Salò. Il 26 settembre 1925 il giornale fiorentino Battaglie fasciste aveva esordito pubblicando il comunicato del direttorio dei locali fasci di combattimento : «Da oggi non deve essere data tregua alla Massoneria ed ai massoni. La devastazione delle logge si è risolta in una ridicola sciocchezza. Bisogna colpire i massoni nelle loro persone, nei loro beni, nei loro interessi. […] La parola d’ordine è questa: lotta ad oltranza, senza riguardo, con ogni mezzo». Ancora più esplicito l’articolo successivo del 3 ottobre: «La Massoneria deve essere distrutta ed i massoni non hanno diritto di cittadinanza in Italia. […] Tutti i mezzi sono buoni; dal manganello alla revolverata, dalla rottura dei vetri al fuoco purificatore».
Così dalla parola si passa ai fatti. Già il giorno 26 settembre vi erano state delle aggressioni e i pestaggi contro i massoni o presunti tali. Le violenze erano aumentate nei giorni successivi fino a toccare il culmine nella notte fra il 3 e il 4 ottobre, quando gli squadristi scatenarono una terribile rappresaglia per vendicare la morte di uno dei loro, Giovanni Luporini, rimasto ucciso, probabilmente da «fuoco amico», mentre capeggiava una spedizione contro il massone Napoleone Bandinelli. Nell’azione muore Giovanni Becciolini, anch’egli massone, che era accorso in difesa di Bandinelli, suo vicino di casa. I fascisti lo finirono a bastonate e a colpi di revolver.
Giovanni Becciolini, lo ricordo oggi perché cercando tra i ruoli matricolari del distretto per altre ragioni, ne ho rinvenuto il foglio matricolare.





Un altro gruppo, poco dopo mezzanotte, raggiunge casa dell’avvocato Gustavo Console pure lui massone, già denunciato da Battaglie fasciste come uno dei distributori del giornale dei fratelli Rosselli Non mollare. Viene ammazzato a revolverate di fronte alla moglie e ai figli. Infine la violenza fascista colpisce all’ex deputato Gaetano Pilati, figura di spicco del socialismo fiorentino e che era rispettato dallo stesso Mussolini. Era un mutilato di guerra, ma questo non ferma i fascisti. Viene ferito gravemente e morirà dopo tre giorni di agonia all’Ospedale di S. Maria Nuova. Prima di morire avrebbe detto “non mi hanno ucciso gli austriaci lo hanno fatto gli italiani”.
Il tutto avviene senza che le forze dell’ordine intervengano. Secondo alcune testimonianze da me raccolte, solo il massone generale Sante Ceccherini corre in aiuto dei massoni più noti. Da comandante della milizia per l’area fiorentina organizza un servizio di vigilanza proprio impiegando i militi. Uno di questi nel dopoguerra diventerà il maestro venerabile di una loggia fiorentina sotto l’obbedienza massonica di Piazza del Gesù. I responsabili delle violenze saranno condannati a pene molto miti.

mercoledì 2 ottobre 2019

Adolphe Franck e la filosofia degli ebrei



Adolphe Franck (1810-1893) racconta la ‘filosofia religiosa degli ebrei’. Sono stati soprattutto i suoi studi, e in seguito quelli di Gershom Sholem e Moshe Idel, ad aver sottratto la Cabala da aree culturali imbarazzanti. La serietà accademica ha reso alla tradizione speculativa ebraica la sua dignità e ai suoi testi. Franck anzi ha anche una sorta di primogenitura. Filosofo, cattedra alla Sorbona, Accademico dei Lincei, membro dell’Académie des sciences morales et politiques, in qualche modo della scuola di Victor Cousin, è stato un “alpino del pensiero” che ha provato a lasciare la valle del positivismo, del ‘sensismo materialista’, per arrampicarsi fin sulle vette dell’Idealismo tedesco. Giù c’è il pensiero filosofico che, semplicemente descrive, su c’è Fichte, Schelling e soprattutto Hegel.

La Cabala ha sempre innamorato la cultura occidentale. La cultura alta. Soprattutto nel Rinascimento, poco prima, poco dopo. Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Reuchlin. Si vedeva, nella Cabala, l’espressione della prisca teologia, della filosofia perenne, cioè di quell’unico corso sapienziale, comune a tutte la tradizioni e a tutte le culture, e che ogni cultura esprime a suo modo. Hegel la metteva proprio così: la verità appartiene alla sfera concettuale, il resto è ‘racconto’, ‘narrazione’. O meglio: ‘rappresentazione’. E la Cabala ha questa peculiarità storica: è l’unica forma rappresentativa che ci è stata consegnata nei secoli. La più antica.

La Qabalah o la filosofia religiosa degli ebrei (1843), in prima edizione italiana (Tipheret – Gruppo Editoriale Bonanno) con la traduzione e il commento di Federico Pignatelli e la nota introduttiva di Mauro Cascio, è il primo tentativo di affrontarne lo studio “con metodi storici, filologici, comparativi e concettuali”. Un’avventura dello Spirito irrequieto che riposa nella compiutezza del suo senso e della sua comprensione.

FONTE

martedì 1 ottobre 2019

In ricordo di Giovanni Becciolini, vittima del Fascismo



Il Grande Oriente d’Italia rende omaggio al Fratello martire Giovanni Becciolini, trucidato a Firenze nella notte del 3 ottobre 1925, tristemente nota come notte di San Bartolomeo, anche con un convegno che si terrà a Ravenna l’8 ottobre nella Sala Muratori della Biblioteca Classense (Via Alfredo Baccarini, 3) alle ore 16, al quale parteciperà il Gran Maestro Stefano Bisi.

A ricordare la figura di Becciolini e a ricostruire il clima di terrore e le atroci persecuzioni perpetrate nei confronti dei liberi muratori dalle camicie nere saranno lo storico Giovanni Greco, il professore Moreno Neri e il professore Massimo Andretta. Modera il presidente circoscrizionale dell’Emilia Romagna, Mario Martelli.

In quel drammatico autunno il fascismo, superata la crisi seguita al delitto Matteotti, assestò “un colpo mortale e definitivo” alla Massoneria italiana, per la posizione che aveva assunto sempre più netta e decisa contro il governo Mussolini.

Le sue logge, i suoi membri furono oggetto di violenze e aggressioni inaudite, di particolare ferocia in Toscana per i sospetti che il regime nutriva sui legami degli uomini del Grande Oriente con “Non Mollare”, il giornale di Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli. “La Massoneria deve essere distrutta e a questo fine tutti i mezzi sono buoni: dal manganello al revolver, dai vetri infranti al fuoco purificatore”: era l’invito lanciato il 3 ottobre dalla testata “Battaglie Fasciste”. Quella notte, in un crescendo parossistico di violenza omicida vennero aggrediti tanti liberi muratori.

In difesa di un anziano maestro venerabile intervenne un giovane e coraggioso ferroviere repubblicano, anche lui massone, Giovanni Becciolini, appunto, che, accusato della morte di uno degli aggressori fascisti, fu picchiato e seviziato e infine ucciso a colpi di pistola. Becciolini, durante la Gran Loggia 2015 è stato nominato Gran Maestro Onorario alla memoria.

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