martedì 30 giugno 2020

Mario Cevolotto e la Massoneria



Documenti relativi al 1925, scoperti dal Servizio Biblioteca nel Fondo Ferrari gettano nuova luce su Mario Cevolotto (1887 1953) avvocato, giornalista e politico, massone che risulta affiliato nel 1914 nella loggia Fraternitas di Roma e poi nel 1919 nella loggia Propaganda,  tra i padri della Costituente e membro della  Commissione dei 75 presieduta da Meuccio Ruini.

Amico del futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini e di Giorgio Amendola, Cevolotto fu tra i maggiori esponenti, insieme con Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini, Luigi Gasparotto ed Enrico Molè, del Partito Democratico del Lavoro (sorto nell’aprile 1943 e noto fino al 13 giugno 1944 come Democrazia del Lavoro, Dl), di ispirazione democratico-progressista. A lui fu affidata la segreteria politica di Democrazia del Lavoro e durante l’occupazione nazista rimase a Roma e giocò un ruolo attivo nella Giunta Militare del Comitato di Liberazione Nazionale.   Il 12 dicembre 1944 fu chiamato da Ivanoe Bonomi a far parte del suo secondo governo come titolare del ministero delle Poste e Telecomunicazioni. Conservò anche la segreteria del partito. Nel giugno 1945, Cevolotto fu chiamato da Ferruccio Parri a far parte del governo – noto anche come governo della Reistenza- in qualità di ministro dell’Aeronautica. Tenne questo dicastero anche nel successivo governo De Gasperi (dicembre 1945). Nel 1946 venne eletto nell’Assemblea costituente nel gruppo di Democrazia del lavoro, dove fu proprio lui a proporre con successo l’abolizione di ogni forma di censura governativa preventiva per le pubblicazioni. Dopo il 1948 Cevolotto si allontanò dalla vita politica attiva.

Come emerge dalle carte ritrovate dalla ricercatrice e archivista del Goi Elisabetta Cicciola nel fondo Ferrari, conservate presso il Grande Oriente d’Italia e di cui il Servizio Biblioteca diretto dal Gran Maestro Onorario Bernardino Fioravanti sta ultimando l’ordinamento, nel 1925 presiedeva, in seno al Rito Scozzese Antico ed Accettato,  l’Aeropago dei  Grandi Eletti Cavalieri Kadosh, che, a quanto si è scoperto, era  un vero e proprio “laboratorio” di studio e di elaborazione del pensiero, anche politico. La conferma in una  velina dell’Ordine del Giorno approvato il 30 maggio 1925, che esorta  “la Massoneria a prendere la parola contro l’attuale Governo in difesa del diritto di Associazione” e di un verbale manoscritto delle sedute, dal 7 marzo al 23 luglio 1925, con la firma autografa di Cevolotto,  che offre uno spaccato sulla vita politica italiana e soprattutto sulla legge n. 2029 del 26 novembre 1925, inserita nelle cosiddette leggi fascistissime che tra il 1925 e il 1926 iniziarono la trasformazione dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia e che culminarono nel 1939 con la sostituzione della Camera dei Deputati con la Camera dei fasci e delle corporazioni.

Fonte GOI (Erasmo n. 6 giugno 2020.

giovedì 25 giugno 2020

Massoneria e Cabala. La lettera Iod

di Luca Delli Santi



La Tet è l’energia potenziale della crescita, la forza che si sprigiona da un seme permettendo lo sviluppo ed il completamento, la Yod, la lettera che le succede in ordine alfabetico, è quel seme.  Si tratta del segno più piccolo dell’alfabeto ebraico ma è quello che esprime l’energia più potente.
La Yod è l’energia dello Tzimtzum, la restrizione nello spazio che il divino attuò per rendere possibile la creazione, al “centro“ di questo spazio vi fu un punto, il Nequdah, quel punto era la Yod, l’intero progetto del cosmo già definito prima che iniziasse l’espansione energetica, che promanando dal punto iniziale discende lungo un asse centrale, rappresentato dalla lettera Vav, diffondendosi in lunghezza e larghezza, le due dimensioni dello spazio rappresentate dalla lettera Dalet.
Yod, Vav e Dalet formano la parola yad, mano, la mano che “operò la creazione”, questa radice esprime forza e potenza. Si tratta della parola yadad, gettare o lanciare, attività possibili solo con l’utilizzo della mano, ma possono anche essere intese in senso figurato come l’atto di rivolgere attenzione verso l’altro, infatti dalla stessa radice si ricava la parola yadid, il benamato.
La mano è un simbolo fisico della manifestazione della potenza spirituale, si pensi al Cohen Gohen Gadol, che si rivolgeva al popolo di Israele nel noto gesto di con le mani aperte all’altezza del capo, con indice medio ed anulare e mignolo congiunti.
La dimensione ridotta di questa lettera la connette con gli enti non fisici che operano nel creato quali la luce ed il tempo, Yod rappresenta le categorie ed i concetti siti oltre il mondo dei fenomeni empirici, è la conoscenza metafisica, la vibrazione che più di ogni altra ci guida nella ricerca del senso.
La Yod è la prima lettera del Tetragramma, il nome divino ineffabile, si trova in questa posizione in quanto ente più vicino al principio, nella ripartizione dei quattro balzi della creazione la prima lettera del nome divino impronunciabile rappresenta Atziluth, il mondo dell’emanazione, un livello molto vicino alla divinità, le radici degli archetipi che prenderanno forma nei gradini successivi. Le sephirot nei quattro modi si intrecciano si uniscono, le emanazioni divine infatti non sono realtà statiche, bensì dinamiche ed in continuo movimento lungo i pilastri dell’Albero della Vita, tutto ciò genera, forme, espressioni, i pratzufim, ipostasi della dottrina cabalistica che identificano diversi stati dell’essere del divino, da quelli più elevati si diffonde la vibrazione di Yod, il piccolo impulso che attiva e sostiene il grande movimento cosmico.
La ghematria è dieci, il numero che rappresenta la completezza e la pluralità della creazione nella sua unità. Tutto l’Universo è rappresentato attraverso l’ordine denario raffigurato dalle 10 sephirot, nel dieci è contenuto il sette, ovvero il completamento della creazione, il quattro il numero della realtà manifesta, il tre simbolo della perfezione della mente divina.
I primi dieci numeri letti su un piano simbolico rappresentano tutto l’esistente, rammentandoci che tutto proviene da uno e tutto torna ad uno, scriveva Cornelio Agrippa ne “La Occulta Filosofia”: Questo numero è circolare, come l’unità, perché essendo completo torna all’unità”.

martedì 23 giugno 2020

Il simbolismo della scacchiera. Genesi e iconografia di un archetipo universale



Già Eraclito raccontava di un gioco incentrato sullo scontro tra pedine bianche e nere e le prime narrazioni, i miti, ci restituiscono interpretazioni legate al simbolismo dei due colori ma anche alla scacchiera, come le sue 64 caselle bianche e nere, numero dell’infinito. Si tratta di forze di opposto colore ma perfettamente equilibrate che si fronteggiano, come la luce fa con il buio, il bene fa con il male, la vita fa con la morte. Chi non ricorda la celebre scena del film di Bergman, Il settimo sigillo?
Alberto Barelli in un libro intenso e straordinario (Il simbolismo della scacchiera. Genesi e iconografia di un archetipo universale, Atanòr) ci restituisce questo patrimonio di suggestioni, uno spirito culturale che nel suo divenire nella storia si carica di civiltà che si sedimentano e si trasformano: dalla sapienzialità egizia all’I-Ching c’è un unico contenuto teoretico che viene espresso da tradizioni apparentemente distanti tra di loro. E non è tutto: perché se il ‘contenuto’ del gioco degli scacchi è qualcosa che ha a che fare con il cuore iniziatico dell’occidente, fino alla Massoneria, la ‘forma’ la troviamo nelle pitture ornamentali dei sepolcri, nei culti misterici, nell’architettura, nel design.
Laureato in Lettere e filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia, Barelli ha collaborato per anni con il quotidiano La Nazione. Si occupa da sempre di simbolismo, un tema a cui ha dedicato tanti scritti e intorno al quale promuove incontri e conferenze.

lunedì 22 giugno 2020

Il mito gnostico

di Filippo Goti



È facile per il lettore esaltarsi nella meraviglia, o sprofondare nello sconforto, innanzi ai raffinati miti gnostici; le elaborate teogonie, le machiavelliche cosmogonie, gli oscuri nomi, gli Eoni infedeli, le suicide missioni salvifiche, sono gli ingredienti comuni ad ogni scuola e comunità gnostica, e realizzano, nel loro eterogeneo insieme, un intricato, quanto raffinato, ordito per mente e anima.  All'estraneo, al curioso, potrebbe sembrare che nessuna di queste fratellanze gnostiche cristiane avesse requie fino a quando non si differenziava rispetto alle altre per qualche peculiarità, per un nuovo estroso nome demoniaco, o per una nuova epopea. Vi è però differenza fra ciò che appare all'estraneo e la sostanza che coglie l'adepto, ed è proprio su questo binomio (apparenza –sostanza) che si fonda l'intera speculazione gnostica cristiana.
Prima di proseguire nella trattazione, è però necessario ricordare come la comunicazione gnostica non ha mai avuto come finalizzazione l'universalità umana, ma bensì la trasmissione di un insegnamento all'interno della ridotta delle singole comunità. Tale distinzione ragionevolmente ci porta a considerare che è l'uomo moderno, il non gnostico per eccellenza, che deve sforzarsi di comprendere ciò che i pneumatici riservavano ai loro simili, e non stupirsi per la presunta incomunicabilità di questi, che certamente non volevano e non potevano parlare per colui che giunto quasi duemila anni dopo.

Il mito racconta una storia sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo favoloso delle origini [...] È dunque sempre il racconto di una "creazione": si narra come qualcosa è stato prodotto, come ha cominciato a essere» (Mircea Eliade , Aspects du Mythe)

Qualcuno, leggendo uno dei testi di Nag Hammadi, potrà avere il dubbio che gli antichi gnostici fossero dei politeisti che antropomorfizzavano gli Eoni o gli Arconti, e che tutta la saga della caduta altro non fosse che una questione di un amore divino ai limiti dell’incesto: riducendo quindi lo gnosticismo ad una versione romanzesca, estremamente elaborata e sofisticata, di un rapporto amoroso tragicamente concluso, in un’ordalia bestiale ed infernale, fra una divinità femminile di ordine inferiore e il Padre del tutto.
Infine, come ultima estensione, si potrebbe essere successivamente tentati di fornire una spiegazione psicologica o di creare archetipi di interpretazione psicanalitica proprio attraverso lo gnosticismo, ipotesi questa che potrebbe trovare ulteriore alimento dalla constatazione che lo gnostico si ritiene straniero alla creazione, ed il suo continuo anelare ad un mondo superiore di eterno equilibrio potrebbe suggerire una qualche forma di rifiuto, alienazione o di dissociazione da leggersi proprio attraverso i miti proposti.

A mio avviso è questa una strada veramente impervia ed errata. In realtà ogni mito umano è, in lucida analisi, l’estremo e ardito tentativo della capacità dell'uomo di rappresentare il perché della propria esistenza, ricostruendo, su di un tessuto non logico ma immaginifico, quella catena di esistenza, rimembranza e sostanza di cui egli si sente, e vuole, essere anello.
È nella natura umana leggere il mondo circostante, dare ordine allo stesso, creare dei punti fermi di relazione e tracciare la propria posizione presente, passata e futura. Ovviamente tale rappresentazione comprende elementi reali, sensibili, interpretativi e speculativi. Tutto ciò si accentua e si amplifica in modo esponenziale, man mano che ci allontaniamo dalla semplice interpretazione e comprensione di quanto afferisce il quotidiano, il consueto e l’esperienziale. Fino a giungere alla decadenza di ogni sistema logico dialettico, nel tentativo di rappresentare uno stato dell’esistenza e dell’esistente sovrumano: l’uomo che si interroga attorno a quanto è altro rispetto all’uomo: il divino.
Ecco quindi il mito assumere la funzione di vettore, atto a deflorare i viziosi e angusti confini in cui è relegato il pensiero logico-razionale: vittima dei suoi stessi postulati e della incongrua e mutevole unità di misura che è l’uomo stesso. Il mito diviene una via alternativa, o meglio l’unica via, con cui colmare l’abisso irrazionale che si determina dal riflesso dell’Esistente nel Non Esistente e giungere infine alla Verità perennemente eguale a sé stessa in cui si riflette l’impermanenza umana.

Nello gnosticismo tale vertigine del pensiero, assume iperbolica originalità dalla peculiarità “ontologica” di questo composito movimento spirituale, iniziatico e filosofico. Sappiamo come la grande novità, incarnata dallo gnosticismo, sia la rottura di ogni legame con la manifestazione stessa, non riconoscendo ad essa la dignità di essere stata creata da parte della vera divinità, ma bensì da una potenza di ordine inferiore; tale intuizione porta l’uomo ad essere finalmente arbitro del proprio destino, in lotta perenne contro forze titaniche che altro non sono che forme particolari di quella manifestazione che, nella sua integralità, è avversa ed ostativa al desiderio gnostico di ascesa.
Lo gnostico credendo che la creazione sia ingannevole, non ha fede verso il dio che l'ha partorita. Esso intuisce in sé una particola elementare, che lo ricollega ad un piano superiore, precedente a questa manifestazione sensibile; in ciò possiamo trovare forti richiami sia al pensiero cabalistico delle origini, che del resto è stato fortemente influenzato dallo gnosticismo, sia ad una parte del pensiero platonico, che a taluni tradizioni orientali quali il taoismo.
Comprendiamo quindi che lo gnosticismo si collega da un lato in modo trasversale rispetto a movimenti religiosi-spirituali, e che dall'altro si pone in quella tradizione metafisica che tratta ciò che è reale ed irreale rispetto alla capacità dell'uomo di realizzarsi attraverso il risveglio interiore.
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sabato 20 giugno 2020

Buon Solstizio



Siamo tutti nomadi del pensiero, abituati a studiare a condividere. La nostra è una 'Bohemia spirituale', per come la avrebbe chiamata Miguel de Unamuno, “continuiamo a cercare senza la speranza di trovare”. «Assaporiamo l’acre incanto di errare all’avventura per i campi del pensiero, senza avere una dimora. Bussiamo alla porta di ogni sistema, di ogni scuola, e passiamo la notte in quella che si apre, e la mattina al salir del sole riprendiamo di nuovo la marcia, sotto il cielo, per riposarci in nuove dimore».
Sono le dimore in cui si fortifica il cuore. Tutta la Massoneria è così. Il Rito Scozzese, il Rito di York.
Il Rito di York soprattutto è fondato su questa 'ricerca', la Ricerca della Parola Perduta che nel Capitolo dell'Arco Reale trova il suo compimento, in maniera analoga ad un importante grado del Rito Scozzese.  Sono notti all’aria aperta, quelle in cui scopriamo di essere uniti e fratelli, cioè che questa ricerca è qualcosa di intimo, di prezioso, familiare. Il nostro non è uno studio, non siamo una scuola o un’università, la nostra è una passione che ci brucia. Ma sappiamo, con l'Arco Reale, che non è vuoto farfalleggiare, perché c'è una meta promessa. C'è una ricompensa. Un riposo. Nel Rito di York ci saranno poi altre esperienze, quelle della Massoneria criptica, in cui il tema della Parola viene meglio contestualizzato e quella della Massoneria Templare in cui la Parola, una volta posseduta saldamente, bisognerà difenderla.
I lavori massonici delle nostre officine e dei nostri capitoli si svolgono, idealmente, a cavallo fra i due San Giovanni, l’evangelista, che è celebrato a dicembre, ed il battista, che viene ricordato a giugno, due festività in prossimità degli eventi solstiziali.
Tutti i popoli antichi hanno sempre riconosciuto grande importanza alle stagioni, al susseguirsi dei solstizi e degli equinozi, l’osservazione di questi eventi scandiva il ritmo della natura con cui l’essere umano armonizzava il proprio.
Il Rito di York ha inteso in questi anni approfondire la tradizione cabalistica, assumendo che l’analisi e lo studio della sapienzialità legata all’antico testamento sia di aiuto per interpretare il nostro simbolismo e i nostri rituali.  Il Solstizio d’estate, evento del mese di Tammuz, scandisce l’ingresso del sole nella costellazione del segno del Cancro. Il Libro della Formazione connette il segno del cancro, il mese di Tammuz e la lettera Cheit, un glifo simbolo di forza vitale, la volontà non razionale presente nell’inconscio di crescere, la forza da cui sorge la potenza dell’immaginazione creativa.
Il nome del segno del Cancro in ebraico è Sartan. La parola Sartan, ci conferisce il ruolo di principi della Tet, verso cui la Shin è veicolo, la luce nascosta, quella più antica che illuminava il mondo prima che i due “luminari” fossero creati. Tet è la lettera con cui inizia la parola Tov, buono e secondo il Libro della Formazione,  forma il segno del Leone, la costellazione connessa con la maggiore espansione della luce solare, una fase di grande potenza ed energia.
Il solstizio d’estate deve connettere i liberi muratori, ed in particolare noi del Rito di York e del Rito Scozzese che abbiamo ricevuto i gradi capitolari, con la potenza simbolica dell’astro che ci rammenta che il Creatore si manifesta rendendo possibile la vita con i cicli armoniosi della natura, ma l’oggetto della nostra ricerca è la Tet, la luce primigenia, quella strada del ritorno che, se percorsa, riporta l’essere umano nella sua condizione di interessenza con il divino.

(emmecì, ellediesse)

giovedì 18 giugno 2020

Il Gran Capitolo del Rito di York su Zoom



In occasione del prossimo solstizio d’estate, il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo del Rito di York,  Compagno Domenico A. Bilotta e il Gran Commendatore dei Cavalieri Templari d’Italia del Rito di York, Cav. Massimo Agostini, insieme alle rispettive Grandi Giunte, incontreranno tutti i fratelli attraverso un collegamento in videoconferenza  che si terrà sulla piattaforma ZOOM il 19 giugno alle ore 19:00. Oggi, sempre alle 19.00 si terrà invece, sempre su Zoom, l'incontro con il Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato Leo Taroni.

Massoneria e Cabala. La lettera Nun

di Luca Delli Santi



Il quattordicesimo archetipo che incontriamo nell’alfabeto ebraico è la lettera Nun, la forma ci ricorda un uomo che si sta inchinando, secondo alcune interpretazioni è il simbolo dell’uomo costretto a piegarsi  per provvedere alle proprie necessità, è la condizione della povertà materiale. Nel Talmud è scritto che il fedele prono è il fedele eretto, la condizione materiale non ha alcuna relazione con la possibilità di godere dei frutti di un cammino spirituale.
Una lettura su un piano diverso ci permette di osservare che il capo chino dell’uomo rappresentato nell’immagine è rivolto verso la sinistra, quindi verso la lettera precedente in ordine alfabetico, la Mem, l’iniziale delle parola Melek, Re. L’uomo della forma non è prono, al contrario si sta rialzando per sostenere il Re che ha bisogno del supporto del leale suddito.
La forma di questa lettera è un invito a riflettere su caduta e risalita, è il percorso del giusto che conosce la sconfitta ma non si abbatte, al contrario trae da questa nuovi proficui insegnamenti.
E’ in ogni caso un simbolo che vuole comunicarci modestia ed umiltà come valori. Nel rito di iniziazione massonica viene esplicitato all’iniziando il dovere di sostenere i fratelli che si trovassero in difficoltà, facendo espressamente riferimento al bisogno materiale, la solidarietà verso i bisognosi è la manifestazione concreta dei principi della  fratellanza muratoria, che altrimenti rimarrebbero concetti astratti e privi di significato. 
La Nun si forma piegando una vav.
Nella lingua aramaica, come in quella araba, la parola Nun indica il pesce, si tratta di un archetipo connesso con la forza vitale, come è noto, il cristianesimo lo associa al Salvatore, il Verbo vivificante, l’ipostasi del dio creatore. In Genesi il quinto giorno vengono creati i pesci del mare, “ Le acque brulichino di esseri viventi” 1:9, si tratta di forze che sprigionano vitalità ed energia. La sephira connessa a questo giorno è Hod, il simbolo dell’energia dei gruppi, della dimensione collettiva, la forza sul piano spirituale che si propaga dalle attività umane, l’unione fraterna fra i liberi muratori che viene proiettata sul piano energetico.
La vitalità contenuta in questo glifo è anche quella che nel mondo umano perdura fra le generazioni, superando i limiti dei singoli individui.
La ghematria della Nun è cinquanta, un numero che nella cabala evoca immediatamente le 50 porte dell’intelligenza, il percorso che conduce alla piena Comprensione, la meta che una volta raggiunta implica la capacità di rinnovarsi radicalmente, riscoprendo la propria essenza originaria. La Libera Muratoria è un percorso ispirato dalle cinquanta porte, il simbolismo legato all’arte del costruire afferisce a Binah ( intelligenza/comprensione ) che condivide la medesima radice della parola ebraica costruito. L’intelletto che si rischiara nella Ragione, nell’archetipo della Nun incontriamo saldi legami fra l’arte latomistica  e la tradizione cabalista.
La parola Neshamà, che indica il più elevato gradino dell’anima, inizia con questa lettera, la Neshamà è la fonte del pensiero umano è il punto di contatto più diretto con il divino.
La Nun ci indica il pensiero come ciò che ci rende unici nel creato, umani con la potenzialità di riscoprire la nostra radice divina.

mercoledì 17 giugno 2020

Il Mozart nero



“Il Mozart nero” , la bellissima biografia scrittta dal musicologo Luca Quinti, da poco pubblicato da Diastema, restituisce alla storia la figura straordinaria di Joseph Bologne (1745-1799), Cavaliere di Saint-Georges, nato in Guadalupa da una schiava nera, educato a Parigi, prima della Rivoluzione, massone, straordinario violinista, il miglior spadaccino di Francia. La  monografia totalmente inedita, che si avvale della  prefazione di Domenico Nordio, ricostruisce la vita avventurosa di un uomo, mulatto e per questo spesso oltraggiato, vittima del razzismo che già all’epoca serpeggiava in Europa e nelle colonie, che sepppe guadagnarsi fama, onori e successi..

martedì 16 giugno 2020

Livorno “focolaio della Massoneria”, storia di una Loggia Madre



“Livorno focolaio della Massoneria, storia di una Loggia Madre” (Vittoria Iguazu Editora) è il titolo del volume di Massimo Bianchi che sarà presentato dal Servizio Biblioteca durante la Gran Loggia “Uniti nelle diversità”, che si terrà a Rimini l’11, il 12 e il 13 settembre. Il libro, dal quale emerge uno spaccato storico della Libera Muratoria del territorio che fu molto attiva, fin dalla sua nascita  avvenuta nel 1730 su iniziativa inglese, tanto da diventare dopo l’ unità tra le più numerose in Italia, vuol essere anche  un omaggio alla loggia labronica Scienza e Lavoro n. 124 del Grande Oriente d’Italia, fondata nel 1897, in cui Bianchi fu iniziato  il 27 giugno di 53 anni fa.

Massimo Bianchi, nato a Montecatini Terme il 20 luglio 1944, iniziato nella loggia Scienza e Lavoro n. 124  di Livorno è tra i fondatori della loggia Adriano Lemmi n. 704, sempre di Livorno di cui è stato maestro venerabile e alla quale tuttora appartiene. Già presidente del Consiglio dei maestri venerabili della sua città, è stato Gran Maestro Aggiunto dal 1999 al 2014, anno in cui è stato nominato Gran Maestro Onorario. Dal 2016 è anche Gran Maestro Onorario della Gran Loggia di Albania. È stato segretario della federazione livornese del Psi nel 1972, consigliere comunale e vice sindaco di Livorno, nonché consigliere provinciale e assessore. È commendatore della Repubblica.

giovedì 11 giugno 2020

Cabala e Massoneria. La lettera Tet

di Luca Delli Santi



La Tet non compare nelle parole dei Comandamenti e non compone nessuno dei dieci nomi delle sephirot che formano l’Albero della Vita. Si tratta di una lettera che sprigiona un’energia molto intensa, una grande vitalità, è la vibrazione che pervade gli aspetti generativi della creazione.
La forma ricorda quella di un serpente che si sta per ripiegare in se stesso ma che è raffigurato mentre è ancora in posizione aperta, a differenza della Samek, dove, si rammenterà, era chiuso come l’Uroboro. Questa caratteristica la rende molto particolare, infatti è l’unica lettera dell’alfabeto ebraico con un’apertura rivolta verso l’alto.
Il serpente della Tet è quello in cui Mosè trasforma il suo bastone di comando, è questo episodio a mostrarci il legame fra questa lettera e l’energia vitale, attraverso la potenza della parola il patriarca risveglia la forza vitale del legno inerte e la domina per poi farla tornare dormiente. Il bastone domina acqua e fuoco le opposte energie vitali, la forza ed il giudizio, la clemenza e la grazia divina. La cabala è la proprietà di conoscere le “parole di potenza”, entrare in contatto con il Logos, riappropriarsi della Parola come strumento di interazione con le potenze creatrici. Il Massone dell’Arco Reale quando conquista la Parola entra in intimità con questi concetti, acquisisce la consapevolezza che attraverso il logos può colmare la distanza fra l’umano ed il divino, è nella Parola che è celata la strada per la riconquista del primigenio stato adamitico.
La Tet è progressione, cambiamento di stato, un Midrash narra che questa lettera si riferisca alla parola Tith, il fango che indica l’involucro protettivo che consente la muta il “cambiamento di pelle”, il fango ricorda anche l’elemento originario da cui è stato plasmato l’essere umano ed a cui secondo le scritture appartiene: “tutto è venuto alla polvere e tutto torna nella polvere” Qoelet ( Ecclesiaste ) 3:20.
E’ un monito che troviamo di frequente fra i simboli della cabala, è giusto godere dei doni della creazione in quanto sono frutto della volontà creatrice dell’Eterno, ma non dobbiamo lasciarci sedurre dalla materialità e precipitare nel trasporto dei sensi rimanendone prigionieri.
La ghematria della Tet è 9, il numero nove esprime un legame con le forze generatrici, sono nove i mesi di gestazione umana, come dall’embrione potenzialmente deriverà un individuo adulto così la Tet esprime tutte le potenzialità, tutto quello che esiste e che percepiamo nella sua forma completa, o in via di completamento, esiste precedentemente in potenza, il dispiegarsi del potenziale nel tempo e nello spazio è la vibrazione della Tet e del  numero nove.
La nona sephira dell’Albero della Vita è Yesod, è il livello in cui si sviluppa la consapevolezza legata all’On, tradizionalmente era considerata l’energia vitale presente nel seme maschile, ma le interpretazioni più evolute riconoscono in essa la forza legata all’energia creatrice dell’essere umano, l’energia sessuale, è il serpente con la testa rivolta verso l’alto che ci indica la forma della Tet. A nessuno sarà sfuggita la analogia con la Kundalini, è però opportuno ricordare che le analogie fra insegnamenti delle diverse tradizioni sono legittime, talvolta persino opportune, ma la cabala ha la sua peculiarità e analogo è ben diverso da uguale.
On in ebraico può anche significare pena, ed il pronome personale Ani, Io ha la medesima radice, la potenza sessuale può essere o strumento di elevazione del genere umano verso i più elevati stati dell’essere o farci precipitare nella prigione dell’Ego. Si noti che Ani è la permutazione di Ain il divino assoluto ed ineffabile.
La plenitudine della Tet vale 419 come Achdut, Unità, l’Unione, è la meta del divenire, la ricongiunzione dell’umano con il divino, il telos espresso dalle culture abramitiche, la finalità delle pratiche esoteriche nate nel grembo di queste tradizioni, discipline accumunate dalla profonda consapevolezza che non vi è una verità precostituita, un età dell’oro perduta da rimpiangere bensì un nuovo grado di conoscenza superiore da conquistare.
Un’ultima riflessione: il nove, Yesod e la Tet rappresentano il potenziale che deve svilupparsi, si tratta del medesimo concetto dell’iniziazione massonica, la trasmissione di un soffio sottile che crea un potenziale iniziato, un ricercatore della Verità, a lui il compito, insieme ai Fratelli delle Officine ed ai Compagni dei Capitoli, di rendere effettiva quella potenzialità.
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In librerie le poesie esoteriche di Fernando Pessoa



Nessun poeta portoghese, come Fernando Pessoa, ha raggiunto così tanto prestigio in tutto il mondo. Tuttavia morì quasi completamente ignorato dal grande pubblico, e pubblicò poco o niente durante la sua vita. Il pensiero di Pessoa era profondamente intriso di Simbolismo e di riferimento all’Occulto; adoperava un linguaggio volutamente ermetico, a volte intenzionalmente scarno. Pessoa ha portato la voce profonda dell’Occulto nella letteratura portoghese. Inizialmente autodefinitosi pagano, Pessoa cambiò i suoi interessi e crebbe la sua passione per l’occultismo e l’esoterismo, con lo studio dell’astrologia, magia, tarocchi, scienze occulte, spiritismo, teosofia, gnosticismo, kabbalah, rosacrocianesimo e massoneria. Nella monografia Hyram dedicata a Pessoa, pubblicata nel 1952 da Pedro Veiga (Petrus), sono raccolte una serie di poesie esoteriche, qui tradotte, in cui traspaiono tutti i temi cari al grande poeta lusitano.

martedì 9 giugno 2020

In ricordo di Giuseppe Natoli Gongora

di Antonino Zarcone



Il l 9 giugno 1815, a Messina, nasce Giuseppe Natoli Gongora, barone di Scaliti. Figlio di un colonnello borbonico, laureato in Giurisprudenza all’Università di Palermo, dove poi insegna diritto civile e procedura, rifiuta la carica di giudice per non dover lavorare alle dipendenze dello Stato borbonico. Esponente del liberalismo siciliano partecipa alla rivoluzione del 1848 ed è eletto deputato di Messina nel neocostituito Parlamento siciliano. Esule a Torino, dove svolge l’attività di banchiere, finanzia la Banca Nazionale degli Stati Sardi ed anche i fratelli Orlando per la realizzazione degli omonimi cantieri navali. Collabora alla realizzazione della rete di cospiratori in Sicilia ed appoggia Garibaldi e la spedizione dei Mille entrando a far parte del governo dittatoriale come segretario di stato per gli Affari Esteri e per il Commercio. Massone, con la riorganizzazione della massoneria, viene eletto Gran maestro aggiunto del Grande Oriente d’Italia. Governatore di Messina, Deputato, Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nell’ultimo governo Cavour, Senatore, Prefetto di Brescia e di Siena, Ministro della Pubblica Istruzione nel primo Governo La Marmora, ministro degli interni ad interim, quando nel 1867 Messina è colpita dal colera si reca nella sua città natale per portare il proprio sostegno. Muore a Messina il 25 settembre 1867, vittima del colera.

In Videoconferenza nel giorno del Solstizio d'Estate



In occasione del prossimo solstizio d’estate, il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo del Rito di York,  Compagno Domenico A. Bilotta e il Gran Commendatore dei Cavalieri Templari d’Italia del Rito di York, Cav. Massimo Agostini, insieme alle rispettive Grandi Giunte, incontreranno tutti i fratelli attraverso un collegamento in videoconferenza  che si terrà sulla piattaforma ZOOM il 19 giugno alle ore 19:00.

L’incontro sarà quindi l’occasione per un breve scambio di saluti, ma anche per un eventuale aggiornamento sui prossimi appuntamenti e iniziative del Rito di York Italia , in relazione alle limitazioni imposte dall’attuale situazione epidemiologica dettata dall’emergenza Covid19.

Ulteriori e dettagliate informazioni saranno sucessivamente comunicate attraverso i canali ufficiali del Gran Capitolo.

lunedì 8 giugno 2020

Tagliagambe: sarto, massone e repubblicano. Un ricordo su Città della Spezia



Un'emergenza sanitaria d'altri tempi, quella del colore del 1884. La Spezia fu chiusa, e seguì un'emergenza economica altrettanto tragica. Giorni ricordati da Alberto Scaramuccia in Città della Spezia. «Era fame e per rimediare alla situazione sorse un Comitato di Salute Pubblica per provvedere alle esigenze elementari della cittadinanza che se si salvava dal colera rischiava di morire di fame. Allora uscivano due settimanali: Il Muratore d’ispirazione massonica e Il Lavoro, portavoce delle Società di Mutuo Soccorso, le organizzazioni con cui il lavoro dipendente si tutelava in caso di disoccupazione, malattia, infortuni. Entrambe le testate rivendicano la paternità del Comitato alla categoria che rappresentano, ma è questione di lana caprina ché i componenti delle Sms erano tutti aderenti alla Massoneria. La cosa importante e da sottolineare, è che fu un’iniziativa che sorse dal basso, fu il popolo che se la creò, spontaneamente. Del Comitato che subito si dà un braccio operativa creando la Charitas, la persona più rappresentativa fu il Marchese Prospero De Nobili che proprio da quell’esperienza iniziò una carriera politica che, comunque la si giudichi, fu brillante. Però, il Presidente del Comitato fu un sarto massone, Leopoldo Tagliagambe, che venne anche arrestato con Prospero, il giornalista Oddone e un tale Tardi (o Fardi) quando guidarono una manifestazione che tentò di forzare il blocco a Buonviaggio scontrandosi con i Reali Carabinieri che imprigionarono e denunciarono i capi del movimento (il Tribunale poi li assolse). Di Tagliagambe poco si sa: mai la ricerca si è interessato al suo nome che figura solo sui giornali: se non li si leggono, non se ne può sapere. Il Leopoldo, comunque, fu personaggio di spicco della società spezzina del tempo oltre che della Massoneria. Aderiva alla Loggia Zenith che l’aveva immatricolato con il numero 00568».

FONTE

giovedì 4 giugno 2020

Cabala e Massoneria. La lettera Samek

di Luca Delli Santi



La Samek rappresenta la via iniziatica, la sua forma circolare vuole ricordarci che possiamo trovare sostegno ed ausilio nel nostro viaggio verso la conoscenza, ma anche incorrere nella coazione a ripetere, commettendo i medesimi errori più volte. Questa lettera è anche un riferimento al gilgul, la ruota delle reincarnazioni secondo la tradizione cabalistica. L’Arizal ( Isaac Luria ) insegna, nel suo testo dedicato a questo tema, il Shaar HaGilgulim,  la Porta delle Reincarnazioni, che “reincarnarsi” è un’opportunità che viene data alle anime di rettificare le proprie mancanze evitando la purificazione dello Sheol. L’anima ha quindi o la possibilità di elevarsi o quella di riprecipitare nel circolo vizioso delle molte vite, continuando a rimanere ancorata ai propri limiti.  Il tema è estremamente complesso, anche perché la possibilità del gilgulim può interessare anche un solo gradino dell’anima, ed il gilgul non è una reincarnazione dell’individuo precedente, bensì un nuovo soggetto che condivide  una parte o tutta l’anima con chi è vissuto precedentemente.
L’ideogramma originale della Samek era simile ad una lisca di pesce posta in verticale, questo glifo rappresenta la vibrazione prevalente della lettera, che è quella di sostenere. Samek è l’amico che dona un aiuto in un momento di difficoltà, un maestro che istruisce il discepolo. Nella Libera Muratoria è l’eggregore generata dai lavori di officina, il legame sottile che unisce i Fratelli in una dimensione spirituale.
Se la Vav ha forma fallica ed ha una polarità maschile la forma circolare della Samek le conferisce polarità femminile, la sua ghematria 60 equivale a quella di Kelim, vaso, l’elemento ricettivo, i recipienti della cosmologia cabalistica che ricevono la luce e le conferiscono forma.
Il numero sessanta indica l’abbondanza, è il raggiungimento della pienezza che si può vivere in un determinato tempo ed in un determinato spazio, è un numero che ci riporta alla vibrazione della lettera connessa con il sostegno e l’aiuto, più precisamente il sessanta esprime il concetto di protezione: “60 prodi le stanno intorno, degli eroi di Israele, tutti armati di spada” Cantico dei Cantici 3: 7-8.
La plenitudine della parola Samek vale 120 come Amud, pilastro e come Masakh, schermo, come possiamo notare ancora i concetti legati al sostenere e proteggere espressi dal numero sessanta, 120 indica anche il completamento del ciclo della vita terrestre con il sopraggiungere delle morte, rappresentato dalla parola tsal, ombra. La Samek è la quindicesima lettera, la somma dei primi 15 numeri è pari a 120.
Anche la polarità negativa di questa lettera viene indicata dalla sua forma circolare che può ricordare un serpente avvolto su se stesso, in particolare il serpente per eccellenza,  il Nahash, il Tentatore che indusse Eva ed Adamo a cibarsi del frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Samek è formata da un cerchio nero che contiene uno spazio bianco, lo spazio interno bianco rappresenta la natura divina, trascendente, Spirito puro senza alcuna restrizione materiale, il cerchio interno è la Terra, la manifestazione, la dimensione materiale. La Samek ci indica come tutto sia intrecciato, quelli che nella percezione umana sono due poli opposti, il Principio e la Fine, nella realtà divina sono tutt’uno.

martedì 2 giugno 2020

Un ultimo pensiero per Roberto Gervaso. Cosa scriveva della Massoneria

di Mauro Cascio



Se ne è andato anche Roberto Gervaso. Quando inaugurai una collana di filosofia per Rubbettino con «Inquietudini e meditazioni» di Miguel de Unamuno in prima edizione italiana, la recensì sul Messaggero: «Un capolavoro, un autore lucido e geniale». Dedicò alla Massoneria un fortunato libro, edito da Bompiani. «La Massoneria è un'istituzione speculativa e filantropica a scopo iniziatico. Aconfessionale e apolitica». Ha scritto l'Illuminismo, suoi sono gli ideali di Fratellanza, Uguaglianza e Tolleranza, come ancora oggi ricordano le Logge. Ma anche di libertà (quanto spirito massonico nei Rotary, nella Croce Rossa, nello scoutismo, nell'ONU). «Scuola di perfezionamento interiore, storicizza, cioè 'laicizza', la parola di Cristo, e a questo deve la sua universalità. [...] I suoi adepti ricercano quei significati esistenziali, refrattari a dogmi, che sono patrimonio inalienabile dell'uomo. Nessun Fratello può percorrere esclusivamente una via esclusivamente interiore o esclusivamente esteriore: l'una e l'altra devono compenetrarsi, fondersi, vicendevolmente arricchirsi. Le esperienze profonde dei Figli della Luce non sono comunicabili, ma sono condivisibili con tutti coloro che le hanno vissute. Non si può conoscere il sapore di un'arancia o di un vino se non dopo averli assaggiati. Fuor di metafora, solo attraverso l'iniziazione l'individuo acquista coscienza di ciò che è e di ciò che può diventare, se lo vuole. Solo attraverso l'iniziazione coglie l'essenza della vita, cioè la sua sacralità, che prescinde da ogni fede ufficiale, pur rispettandole tutte» (I fratelli maledetti, p.343).

lunedì 1 giugno 2020

Regnum cœlorum violenzia pate

di Salvatore Sciuto Addario



Il Cristo dice di Giovanni Battista: « Sì, vi dico; è più di un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, Io ti mando innanzi il mio nunzio, perché prepari la tua via dinanzi a te.
In verità vi dico: fra quanti sono nati di donna non è mai sorto nessuno più grande di Giovanni Battista! Tuttavia il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora [da intendersi ogni tempo in atto, quale esso sia, da allora fino ai nostri giorni], il regno dei cieli si acquista con la forza e sono i violenti che se ne impadroniscono». (Matteo, XI, 9 – 12).     
     Per spiegare l’ultimo versetto citato, ci facciamo soccorrere dal sommo Dante, Gran Maestro dei Fedeli d’Amore.

               « Regnum cœlorum violenzia pate
                   da caldo amore e da viva speranza,
                   che vince la divina volontate;

                non a guisa che l’uomo all’uom sopranza,
                   ma vince lei perché vuol esser vinta,
                   e vinta vince con sua beninanza ».
                   (Paradiso XX, 94 – 99).

     L’Amante che anela alla Visione Suprema dovendo attraversare i marosi dell’"Oceano delle passioni" per raggiungerLa, animato da "caldo amore e da viva speranza", con un atto di volontà che solo l’Altissimo può donare, s’incammina nell’ardua impresa, e vince le spietate onde del Samsâra che vorrebbero inghiottirlo, pure se queste sono necessarie ai Suoi disegni ineffabili. Dall’Eccelso chiamato ed esortato all’approdo alla celeste Riva, l’uomo rapito dal Suo Amore, infine vi giunge. E quando vi giunge, si accorge che non è stato lui a compiere la traversata, ma è stato il Signore Iddio, il Misericordioso, a condurlo "con sua beninanza".     
     Ci troviamo qui, ancora una volta, all’esplicitazione di quanto attiene al dominio squisitamente esoterico ed iniziatico, il quale non è quello che conduce soltanto alla Salvezza (dominio exoterico, che non supera il piano individuale umano), ma quello della Conoscenza per eccellenza che conduce prima allo stato edenico o primordiale, e quindi alla "conquista" degli stati superiori dell’essere (i "cieli"), per giungere infine allo stato Supremo (alla Liberazione), ossia a quell’identità sittanto magnificamente  descritta da Dante come l’effettiva Visione dell’Amor che move il sole e l’altre stelle.

     Al Cristo, "Uomo Universale", non poteva mancare la reale conoscenza delle condizioni cosmiche relative allo stato del ciclo; condizioni vieppiù ristrette e alquanto difficili da superare da parte di coloro che fossero chiamati alla Via della Conoscenza suprema.
     Potremmo pur dire che l’individuale "attaccamento" al mondo manifestato è divenuto assai difficile da "sconfiggere"; il cosmo si oppone a colui che vorrebbe abbandonarlo per non restarne imprigionato nella serie indefinita delle nascite e delle morti.
     Solo un’intenzione saldissima, sostenuta da una sottomissione assoluta allo Spirito supremo (e con il Suo imprescindibile soccorso), può far si che sia possibile varcare e superare le potenze cosmiche o "demiurgiche".
     Ed è questa forza, profondamente spirituale, che "violenta" la "porta stretta" del Regno dei cieli.
     Non è forse l’insopprimibile, provvidenziale e spirituale anelito alla Liberazione quella che esorta il vero Compagno (sottomesso alla Sua volontà) a "picconare" la Cripta (identica alla "Nicchia del cuore") onde ritrovare i Tesori ivi custoditi, e dunque riuscirne effettivamente, per avviarsi ai "Cieli", ossia agli stati superiori dell’Essere?   
     Una delle immagini, forse più emblematica, di questa sacra violenza, è quella della Santa Vergine che schiaccia la testa del serpente, dove questo è, appunto, il simbolo dell’indefinità ciclica (i "marosi" dell’oceano delle "Acque inferiori") e del concatenamento causale, rappresentato dalle sue spire che incatenano gli esseri ai cicli di manifestazione.     
     Non possiamo in questa sede addentrarci in tale simbolismo. Tuttavia, in proposito ricorderemo l’eccellente insegnamento di Cristo: «Regnum dei intra vos est». E tali sante parole crediamo siano foriere di incancellabili riflessioni.
     Aggiungeremo soltanto che l’"attività" di cui abbiamo parlato non può essere che agli antipodi della "passività" semplicemente "religiosa"; in altre parole, occorre che l’uomo dotato e chiamato a tanto, raccogliendo (concentrando) in sé stesso tutte le potenze dell’essere, si elevi o si innalzi verso la Verità.
     Dev’essere estremamente chiaro che in tutto ciò nulla è possibile in assenza di un ricollegamento effettivo col dominio iniziatico; tutto quanto attiene alla conoscenza spirituale (unica e vera conoscenza), non può e non ha assolutamente nulla a che vedere con il dominio individuale, quindi con le abitudini mentali, le convenzioni, le opinioni, le congetture, le supposizioni, le immaginazioni e i presupposti che rilevano dalla sentimentalità, nonché da tutti i condizionamenti "morali", culturali, sociali e quant’altro dello stesso livello che provengono dall’ambiente. Conoscere non è affatto "sapere", foss’anche in tutta la sua estensione possibile; come più che magistralmente vergò René Guénon, la Conoscenza è rigorosamente "identità del soggetto conoscente con l’oggetto conosciuto".

     Quanto andiamo esponendo è sintetizzato magnificamente dalle parole del Cristo, allorché un suo aspirante discepolo, prima che partissero, chiese il permesso di poter assolvere alla sepoltura del padre morto. Il Cristo gli disse: « Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i morti». (Matteo, VIII, 22).
     I morti a cui alludeva l’Avatâra eterno non sono se non gli irretiti dalla "Grande illusione", propriamente cosmica; sono coloro che, quali ciechi, errano nelle tenebre dell’ignoranza di se stessi; essi, vittime della menzogna che tracima dai bassifondi dell’infraumano, dettata dall’Impostore, fidano soltanto nel mortale pantheon del Regno della Quantità.
     Per non parlare dei tralignatori, più o meno coscienti emuli dell’abominio, tra i quali certi tradizionalisti, veri nemici della Sacra Tradizione Universale, i quali, facendosi passare per "grandi studiosi" della Tradizione, nonché estimatori dell’Opera di René Guénon (così come di Matgioi, di A. K. Coomaraswamy e persino di Ibn ‘Arabi!), proditoriamente e scientemente ne falsificano il detto nelle loro pubblicazioni, al fine di avallare le loro menzogne, propalate con l’uso di una certa dialettica diretta agli squalificati: i privi d’intelletto, sempre pronti al plauso dell’inganno e alla condanna dei giusti fra gli uomini.
     In questi tempi di fine ciclo è quanto meno significativo il "prodigioso successo" di tali esseri che si sono posti al servizio della contro-iniziazione, i quali si sono accostati ai Luoghi eletti a loro rischio e pericolo, ingigantendo a dismisura la propria individualità, senza sospettare minimamente a quale tristissimo destino vanno incontro.       
     Ci sarebbero molte cose da dire al riguardo, ma preferiamo qui fermarci, e riportare quanto vergato dal Venerabilissimo Maestro, Fratello, Compagno e Amico, René Guénon.
     « L’azione distruttrice del tempo lascia sopravvivere solo ciò che al tempo è superiore: essa divorerà tutti coloro che hanno limitato il loro orizzonte al mondo del cambiamento e posto ogni realtà nel divenire, quelli che hanno fatto una religione del contingente e del transitorio, poiché  “colui che sacrifica a un dio diverrà il nutrimento di questo dio”; ma cosa potrebbe essa contro coloro che portano in sé la coscienza dell’eternità? » (Studi sull’Induismo, Cap.II).