venerdì 29 giugno 2018

La Calabria dei Templari



In uscita in questi giorni il lavoro di Giovanni Pascale. Si tratta di un volume risultante da ricerche mirate a rintracciare documenti e testi che testimoniano la presenza dei cavalieri templari in Calabria, orientativamente dal 1119 al 1314. Si è cercato di comprendere, forse per la prima volta in una visione di insieme, quale sia lo 'stato dell'arte', documentato o almeno presumibile, nella Regione. Ricerca storiografica e, quando è stato possibile, fonti documentarie dirette.
Il volume inizia con una breve digressione sulla vicenda storica generale della militia. Segue una trattazione dei vari luoghi della Regione ove vi sia testimonianza certa o almeno presumibile della presenza dell'Ordine monastico-cavalleresco o di personaggi o contingenze ad esso legati.

Giovanni Pascale si dedica da molti anni allo studio del neotemplarismo, della simbologia e della storia dell'Ordine del Tempio.

giovedì 28 giugno 2018

Tra pennello e compasso. Alfons Mucha, artista e massone

di Mauro Ruggiero



Quando si parla di Art Nouveau, affiora subito alla mente il nome di colui il quale ha caratterizzato più di ogni altro questo straordinario stile, con la sua tecnica inconfondibile e le creazioni geniali: Alfons Maria Mucha (1860-1939).

Il Pittore e decoratore ceco, famoso in tutto il mondo, è considerato il padre dell’Art Nouveau, nonché il maggiore rappresentante di questa corrente, ed è stato autore di stupendi dipinti, illustrazioni, cartoline e disegni, ma anche di gioielli e altre meraviglie dell’arte applicata, frutto di un percorso artistico personale che, ripensando in modo originale elementi del passato, ha dato vita a un linguaggio che ha aperto all’arte prospettive nuove di sviluppo. Le creazioni più famose di Alfons Mucha hanno quasi sempre come elemento principale la figura femminile, nella sua doppia inclinazione di donna angelo e femme fatale. Rappresentata in composizioni grafiche straordinarie dalle linee ondulate e dinamiche che mettono insieme l’elemento umano con forme floreali, la donna di Mucha, carica di sensualità ed erotismo, si configura come archetipo dell’eterno femminino e diventa l’esempio che riassume i canoni estetici dell’idea di bellezza di un’epoca. Impossibile non rimanere affascinati ancora oggi davanti ai manifesti pubblicitari dai colori brillanti, come quelli realizzati per “la divina” Sarah Bernhardt, musa immortale dell’artista, simbolo stesso dell’Art Nouveau e della belle époque, che resero Mucha uno degli artisti più noti e ricercati del suo tempo.

Ma oltre a quello del pittore geniale esiste un volto meno noto e più intimo di Alfons Mucha, un aspetto dell’uomo e dell’artista ancora poco conosciuto. Come molti grandi artisti e letterati di quegli anni, anche Mucha si interessò all’esoterismo che considerò parte importante della propria vita e arte. A Parigi, partecipò spesso a sedute spiritiche, seguì gli incontri e fu in contatto con esponenti della Società Teosofica e di altri circoli occultisti della capitale. Nei caffè parigini discuteva di scienze occulte e spiritualità con importanti esoteristi del tempo, ma l’evento che ne influenzerà maggiormente la vita e l’arte sarà la sua adesione alla Libera Muratoria.

Continua a leggere qui (da cafeboheme.cz)

mercoledì 27 giugno 2018

Le luci del Settecento



In Germania, per le particolari condizioni storico-culturali del Reich, si esprimeva, in maniera più evidente e acuta che altrove, il disagio spirituale che si andava diffondendo nella cultura europea e che corrodeva il nucleo stesso della concezione razionalistica, risvegliando un vivace interesse per esperienze rituali e simboliche, affermate dalle società segrete e specialmente dalla massoneria. In loggia ci si poteva abbandonare, senza timore di passare per bigotto, alla commozione e alla malinconia per la limitatezza individuale e all'ansia mistica per una luce più ardente di quella della ragione. Ciò che costituiva l'attrattiva culturale di tale singolare atmosfera settecentesca era l'insolita commistione tra un diffuso entusiasmo intellettuale che animava le indagini culturali del secolo e un aristocratico senso di noia, una sorta di intimo fastidio per la monotonia quotidiana, un malessere, questo, provocato da un eccessivo intellettualismo, ma anche dall'impazienza, dall'attesa per accadimenti e scoperte nuove.

Baron Knigge. Dall'occultismo alla politica



L'opera culturale e letteraria di Adolph Knigge (1752-1796) è ricca di contraddizioni che hanno reso ardua la comprensione storica di questo singolare personaggio della cultura tedesca verso la fine del Settecento. L'analisi delle opere letterarie, come pure dell'attività massonica, illuminata e politica di Knigge può contribuire a precisare la specificità storica della crisi finale della cultura illuministica in Germania, esaminata dal suo interno e non giudicata col metro “impietoso” dei suoi superamenti classici e romantici. In uscita per Tipheret editore.

martedì 26 giugno 2018

Tornata sotto le stelle a Palazzo Villarosa a Bagheria



Il primo luglio la Loggia Sicilia Libera (291) di Palermo celebrerà il Solstizio d’Estate con una tornata sotto le stelle presso Palazzo Villarosa a Bagheria. L’evento è inserito nelle manifestazioni per il festeggiamento del 50esimo anniversario della fondazione del Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Sicilia.

Fonte

lunedì 25 giugno 2018

Tiziano Busca: «La solitudine del monologo, la bellezza del dialogo e del confronto»



«Tutti conosciamo la leggenda di Narciso. Un giovane innamorato della propria bellezza che tutti i giorni si recava al lago per specchiarsi e ammirarsi. Un giorno cadde dentro e nel punto preciso in cui sparì nacque un fiore. Secondo Oscar Wilde, quando Narciso morì accorsero le ninfe del bosco e videro il lago piangere ‘brocche di acqua salata’. Non c’era da stupirsi: lui era l’unico che poteva contemplare tutti i giorni la bellezza del cacciatore, quando si sporgeva dalle sue rive per affacciarsi nelle sue acque.
Ma il lago quella bellezza non la conosceva, in realtà. E non era per quello che piangeva. Tutti i giorni, quando si sdraiava e si sporgeva verso di lui, poteva vedere riflessa nei suoi occhi la sua di bellezza. Il Narciso che ci tramanda Ovidio, e che esisteva in infinite narrazioni prima e dopo le Metamorfosi, era un Narciso, odioso, crudele, pronto a far male a chiunque si innamorasse di lui, troppo preso da sé per immaginare l’altro. In Oscar Wilde abbiamo una solitudine analoga, una bellezza che si riferisce a sé, che ritorna indietro. Quasi che la bellezza non si possa condividere fuori da un recinto, da uno steccato, da un muro.
È quello che sta avvenendo in questo tempo di solitudini e di veleni. A raccontarcelo non è né la cronaca, né la storia, ma, appunto, la letteratura. Questo tempo ci sta insegnando a vivere senza sentimento per l’altro, ognuno di noi guarda la propria bellezza che mai diventa amore, e che subito si nasconde. L’altro non ci appartiene, è un diverso, è un nemico: o ci rispecchia oppure non esiste, e quando ci rispecchia noi lo usiamo ‘per noi’, è un oggetto, non ha mai la dignità di un soggetto portatore di bellezza. Il compito della Massoneria del Massone è quello di costruire e immaginare una società dove ognuno è portatore di un valore infinito, dobbiamo imparare a guardare le bellezze altrui, dobbiamo ridurre in polvere i grumi dell’egoismo, sciogliere i nodi del dialogo, essere sacerdoti, cioè costruttori di cuori, e pontefici, cioè facitori di ponti. Solo così possiamo evitare le ‘brocche di acqua salata’. Solo così possiamo sentirci tutti di nuovo ‘fratelli’. Abbiamo le forze e le intelligenze sufficienti perché questo possa divenire il progetto di elevazione e di differenza che sostanzia l’essere “iniziato” ed è anche la chiave che riporta al centro del dibattito culturale la funzione della massoneria capace di interdire alla politica profana la costruzione di percorsi che impediscano la realizzazione dell’Uomo nei suoi elementi fondanti di libertà fraternità e tolleranza».
Sono parole di Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell’Arco Reale – Rito di York in Italia.

I liberi muratori che vogliono costruire il "partito dello Stato". Su Il Giornale l'intervista ad Aldo Alessandro Mola



Nessuno prende a calci un cane morto, secondo la celebre massima del filosofo Dale Carnegie: dunque la massoneria italiana ha di che consolarsi. Perché di botte ne riceve parecchie e non si può negare che sia viva; quanto al futuro, nel segno dell'alleanza fra Lega e Movimento 5 Stelle, ne parla Aldo Mola, studioso principe della materia (la sua Storia della Massoneria italiana dal 1717 al 2018. Tre secoli di un Ordine iniziatico esce ora da Bompiani, pagg. 832, euro 23).

La tesi principale è che la libera muratoria aspirò, ma non riuscì mai, a essere il «partito dello Stato»: fece politica, tradendo lo spirito iniziale che proibiva persino di parlarne nelle logge, senza in realtà conoscerne la grammatica. E lo stesso vale per la religione: l'ispirazione cristiana non confessionale, aperta al pensiero classico e illuminista, sensibile a suggestioni spiritualistiche e mistiche di varia provenienza, degenerò troppo spesso in anticlericalismo feroce (tipo quello del Messico al tempo dei Cristeros) o in banale occultismo più o meno magico (prestando il fianco alle accuse di settarismo, spiritismo, promiscuità sessuale e altre fantasie). E il «partito dello Stato», cioè il cuore della tolleranza laica, risorgimentale e fedele alla Costituzione, di cui avrebbe dovuto essere custode? Il guaio - secondo Mola - è che oggi non esiste: «Così, siamo come siamo... i massoni nei pasticci, e uno Stato che non se la passa benissimo».

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Piazza Dalmazia, venerdì il reading



«C'è un mistero spiegato il quale diventano chiari tutti gli altri. Per questo lo tengono al riparo, al centro della città. Non diceva qualcuno che i segreti si mettono in evidenza proprio per questo? Un segreto in evidenza è qualcosa che nessuno cerca. Se lo vedono tutti, non ha valore. Può capitare però che non ci si accontenti più del sentito dire, e che questa piazza Dalmazia la si voglia visitare una volta per tutte. Anche perché, ma sono sempre racconti, qualcuno pare ci sia stato. Ci sono biglietti dell'autobus e leggende orali che si trasmettono sotto le fermate».

Dall'omonimo romanzo di Mauro Cascio, il reading di Margò Volo avrà luogo presso la sala conferenze del GOI, in via Pirelli 5 alle ore 16.30. L'appuntamento sarà un'anticipazione della mise-en-espace prevista al Teatro Avirex Tertulliano il 29 settembre, alle 20.30

venerdì 22 giugno 2018

A Salerno la Festa di San Giovanni Battista



Venerdì 22 giugno 2018, alle ore 18.00, a Salerno nel salone delle feste del Castello Medievale di Arechi, che padroneggia il Golfo di Salerno, prenderà il via la “Festa di San Giovanni Battista 2018 – Solstizio d’Estate”, con il patrocinio del Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani – e del Collegio Circoscrizionale di Campania-Lucania. 

giovedì 21 giugno 2018

Il Maestro delle Cerimonie. Un seminario di approfondimento rituale



Sabato 30 giugno 2018, dalle ore 10.00 alle 17.00, presso l’Hotel La Palma, in Corso Umberto I 33, 28838 Stresa (VB), si terrà il Seminario esoterico organizzato dal Collegio dei Maestri Venerabili della Lombardia dal titolo: “Il Maestro delle Cerimonie: la storia moderna e contemporanea, la funzione rituale, il senso esoterico, la musica, la rappresentazione nel mondo greco e latino, il rapporto con l’iniziazione e il rituale“.


mercoledì 20 giugno 2018

Buon solstizio 2018

di Cesare Marco De Lorenzi



Giovedì 21 giugno 2018 ore 12,07 ora italiana cosa succede?
Il Sostizio d’estate!
Cosa esiste di più grandemente esoterico e magico del solstizio d’estate, in cui il Sole culmina allo Zenith, trovandosi così nel punto più alto della volta celeste. Questo è sicuramente uno dei periodi più amati e profondamente intessuti di leggende, miti, tradizioni e storia.
Ricordiamoci uno degli insegnamenti basilari del pavimento a scacchi. Esistono tante caselle nere quante caselle bianche, la sommatoria è in parità anche considerando che nel più bianco del bianco c’è un pochetto di nero e nel più nero del nero c’è un pochino di bianco.
Ogni vittoria è un punto a favore, ma è sempre compensato da un punto contrario che riequilibra le forze e annulla il vantaggio.
Oggi, nel giorno del solstizio d’estate, la Luce pare soverchiare il buio, ma già da domani il nero inizierà la sua marcia vittoriosa e tra sei mesi, mezzo anno, sarà il turno del buio di sopravvanzare e, apparentemente, vincere e stroncare la luce.
Siamo prossimi al giorno natale di San Giovanni Battista; consideriamo le erbe di questo periodo: la verbena porta prosperità, l’artemisia, sacra ad Artemide, sorella di Apollo, protegge dal malocchio, nella calendula e nell’iperico si raccoglie l’energia solare. L’iperico, legato nella memoria popolare al solstizio d’estate, risalta nelle grandi distese, come una gran macchia di color giallo-oro, misto a rame. I suoi fiori, così brillanti e luminosi, durano solo un giorno, per poi appassire, assumendo un colore rosso-ruggine. Si tratta di un fiore dei campi, detto “erba di San Giovanni” poiché anticamente chi si trovava per strada la notte della vigilia, quando le streghe si recavano a frotte verso il luogo del convegno annuale, se ne proteggeva, infilandoselo sotto la camicia insieme con altre erbe (aglio,artemisia, ruta). Ilsuo stretto rapporto con il Battista sarebbe testimoniato dai petali che, strofinati tra le dita, le tingono di rosso ed il succo è detto “sangue di San Giovanni”. Perché tale collegamento proprio col Battista e non con un altro martire? Forse perché l’iperico è un fiore che si accontenta di poco per sopravvivere anche in climi desertici, proprio come fece un tempo il San Giovanni Battista. Forse dietro le storie dei raduni di incantatrici e fattucchiere nella notte di mezza estate si cela il ricordo dei riti solstiziali celtico/germanici intorno ad un albero, il cosiddetto “noce di Benevento”, o delle feste licenziose in onore della dea Fortuna che, nell’antica Roma, si tenevano il 24 giugno. Fortuna era la dea della casualità assoluta, del caos benefico e rigeneratore. La somiglianza di questa festa con i Saturnali del solstizio d’inverno fa del solstizio estivo una sorta di capodanno o di carnevale; un periodo caotico in cui il cosmo si rinnova e si ricrea, con rimescolamento dei ruoli sociali e capovolgimento delle regole norma.

In questo giorno la midsummer o notte di mezza estate è diventata il titolo e l’atmosfera perfetta per un’opera del grande drammaturgo e poeta anglosassone tal William Shakespeare: la commedia “Sogno di una notte di mezza estate” e ciò non deve stupirci dato che midsummer, così enigmatica, carica di mistero e spiritualità, è l’ambiente ideale in cui collocare sogni, sortilegi, boschi incantati, fate e reami immaginifici.

In questo giorno il Sole, simbolo del Fuoco, entra nel segno del Cancro, segno d’acqua, dominato dalla Luna. Così, secondo l’immaginario, Sole e Luna, Fuoco e Acqua, Luce e Ombra, Maschio e Femmina, Positivo e Negativo si fondono in una sorta di “matrimonio divino”, in grado di generare energie positive e benefiche sull’intero pianeta… facile intuire come l’evento suggerisse una serie di pratiche magiche e celebrazioni con cui l’umanità omaggiava il Sole, fonte e simbolo principale della vita e del divino, che si ergeva e si erge tutt’ora in tutto il suo splendore. Leggiamo nell’Odissea: la descrizione della strage dei Proci ad opera di Ulisse, di suo figlio Telemaco e dei fedeli servitori. Quando avvenne? Il capo dei pretendenti Antinoo (XXI, 258) dice “Oggi tra il popolo c’è la festa solenne”. Non si tratta di un giorno qualunque ma è festa per tutto il popolo… festa dedicata al dio Apollo Arciere, dio della luce.
Il Solstizio d’Estate ha alimentato, da tempi immemori, numerose leggende. Una delle più celebri riguarda proprio Stonehenge, precisamente la sua Hell Stone, detta ancheFryar’s Heel. Stando alla leggenda, il diavolo comprò le pietre da una donna in Irlanda, le avvolse e le portò sulla piana di Salisbury. Una delle pietre cadde nel fiume Avon; le altre vennero portate sulla piana. Allora il diavolo gridò: “Nessuno scoprirà mai come queste pietre sono arrivate fin qui”. Un frate rispose: “Questo è ciò che credi!”; allora il diavolo lanciò una delle pietre contro il frate, colpendolo su un tallone. La pietra si incastrò nel terreno ed è ancora lì. Una leggenda italiana si svolge nell’isola di Capri. Si narra che una perfida maga, invidiosa dell’armonia che regnava a Capri, impose un maleficio sul re e sul principe, trasformandoli, rispettivamente, in ranocchio e lucertola azzurra. Proprio nel giorno del solstizio d’estate, una fanciulla stupenda, anch’essa vittima di un sortilegio e trasformata in una falchetta, commossa dallo sguardo malinconico della lucertola azzurra, la prese fra le zampe, prendendo il volo verso il Sole. Entrambi vennero liberati dal maleficio, ritornando all’isola, accompagnati da una luce abbagliante, segno della ritrovata felicità, liberando dal sortilegio anche il re. Ancora oggi a Capri il solstizio d’estate è un giorno di festa e da questa leggenda sono nate linee di gioielli molto note sull’Isola.
Una famosissima leggenda si svolge nel castello di Montebello he, nei secoli, è stato un luogo strategico per la difesa del territorio, tanto che la sua storia è costellata da sanguinose battaglie. Il nome “Montebello”, infatti, deriva dal nome romano “mons bellum” (monte della guerra). Diverse famiglie si sono succedute nel castello, ampliandolo, modificandone la torre di vedetta romana, sino a rendere la costruzione sempre più imponente e suggestiva. Non stupisce che tale luogo, così antico e ricco di avvenimenti, porti con sé una storia di fantasmi: la leggenda di Guentalina Malatesta, detta Azzurrina. La fanciulla, figlia di un certo Ugolinuccio, signore di Montebello, alimenta una leggenda popolare molto conosciuta in Romagna, tramandata oralmente per tre secoli, venendo di volta in volta distorta, ampliata, abbellita sino a che, nel 600, un parroco della zona la mise per iscritto assieme ad altre leggende e storie popolari della bassa Val Marecchia. Guendalina era albina, cosa che, secondo la superstizione popolare del tempo, era collegata ad eventi di natura magica se non diabolica. Per questo motivo, il padre aveva deciso di farla sempre scortare da un paio di guardie, non facendola mai uscire di casa per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare. La madre le tingeva ripetutamente i capelli con pigmenti di natura vegetale estremamente volatili. A ciò si univa la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere il pigmento, conferendo alla bimba riflessi azzurri che ne originarono il soprannome di Azzurrina. La leggenda narra che il 21 giugno del 1375, nel giorno del solstizio d’estate, mentre Azzurrina giocava nel castello di Montebello con una palla di stracci, fuori infuriava un temporale. Era vigilata da due armigeri di nome Domenico e Ruggero. Secondo il resoconto delle guardie, la bambina inseguì la palla caduta all’interno della ghiacciaia sotterranea. Avendo sentito un urlo le guardie accorsero nel locale, entrando dall’unico ingresso ma non trovarono tracce della bambina. Il suo corpo non venne più ritrovato. La leggenda vuole che il fantasma della bambina sia rimasto intrappolato nel castello e che torni a farsi sentire nel solstizio d’estate di ogni anno lustro (cioè che finisce per 0 e 5), non è il nostro caso. In Un’altra leggenda racconta che nella notte del solstizio estivo il Sole e la Luna si sposano. Numerosi sono i riferimenti all’acqua e al fuoco: l’acqua che San Giovanni utilizza per battezzare i nuovi fedeli e il Cristo stesso; l’acqua in cui si fa cadere l’albume dell’uovo per trarre auspici sul futuro matrimonio di cui le giovani ragazze in età da marito si preoccupavano. Si dice che la prima acqua attinta al pozzo la mattina del 24 mantiene buona la vista; che recarsi all’alba sulla riva del mare per bagnarsi preserva dai dolori reumatici; mentre un’altra leggenda tramanda che, vicino al Noce di Benevento ci fosse un laghetto o un torrente in cui le donne si bagnavano proprio in questa notte, per aumentare la loro fertilità. E poi c’e’ la famosa rugiada; “la guazza di Santo Gioanno fa guarì ogni malanno”; per cui ci si sveglia all’alba del 24 per gettarsi nude sull’erba affinchè la rugiada propizi figli belli e sani. Ci si può anche bagnare il viso per diventare più belle; oppure la si raccoglie in una boccetta per usarla negli incantesimi d’amore. Non solo l’acqua ma anche il fuoco ha tantissimi usi, tra cui quello di mantenere viva la potenza solare nonostante il sole sia destinato a “perire” tanto che anticamente (ed ancora oggi, in molti paesi dell’est Europa), la notte precedente al solstizio si accendono grandi falò, radunandosi intorno ad essi per ballare e mangiare, dando fuoco ad alcune ruote di legno fatte rotolare giù dalle colline come gesto apotropaico per mantenere vivo il potere del sole. Il fuoco, in combinazione con le erbe sacre (iperico, ruta, lavanda, verbena ecc), propiziava fortuna e abbondanza.In Veneto fino a pochi decenni fa si soleva allestire dei fuochi agli incroci, mentre a Pamplona, Spagna, si bruciano alcune erbe per scongiurare fulmini e tempeste, due manifestazioni atmosferiche tipicamente estive. Anche i Berberi che stanno in nord Africa hanno dei festeggiamenti in concomitanza del 24 giugno e per questa occasione accendono dei fuochi molto fumosi per propiziare il raccolto dei campi e per guarire chi vi passa in mezzo, in modo simile al rito celtico in occasione del Beltane.
In Brasile, a Fortaleza, c’è la Festa Junina in onore di São João e i falò fanno da sfondo all’unione delle coppie. Una forte impronta nord europea, conosciuta anche in Italia, ci ha fornito un vasto folklore sulle fate e sul loro avvicendarsi nella notte del solstizio. Una dicerìa popolare sconsiglia di dormire sotto ad un biancospino, poiché verranno le fate per rapirci. Per vederle? E’ sufficiente un olio a base di timo e lavanda, spalmato sulle tempie, che ce le mostrerà luminose e scintillanti.
Per aiutarvi a celebrare questo Solstizio ho decisi di tediarVi, ancora una volta, con una mia piccola tavola, già nota con apporti e considerazioni che sconfinano un pochino nell’esoterico.

Ricordo che è molto difficile poter essere nuovi, dire cose o fare considerazioni totalmente inedite, con la globalizzazione tutti possono trovare e sapere tutto; io cerco solo di mettere in evidenza alcuni aspetti che maggiormente mi hanno colpito e spero accendano in Voi curiosità, non cerco nemmeno di essere inedito o particolarmente incisivo. Ricordiamoci sempre che il nostro percorso avviene in Loggia, abbiamo vicino tanti Fraterni Amici che crescono con noi e ci tengono compagnia nel viaggio, ma il viaggio è sempre personale e, per quanto io stia vicino a te e cerchi di ricalcare le tue orme e si compiano assieme gli stessi gesti, raggiungeremo mete differenti e in tempi e modi differenti, magari simili, ma decisamente differenti.

Giovedì 21 giugno 2018, ore 12,07 italiane il sole raggiungerà il punto di declinazione massima; è l’inizio dell’estate, ma anche il momento in cui le giornate iniziano ad accorciarsi sino al solstizio d’inverno.

Dal punto di vista astronomico, per solstizio si intende il momento in cui il Sole, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, raggiunge il suo punto massimo o minimo di declinazione. In altre parole, durante il solstizio d’estate la stella raggiunge la sua massima altezza nell’emisfero boreale e la minima in quello australe, mentre accade l’esatto contrario durante la ripetizione invernale. Il fenomeno è dovuto dall’inclinazione dell’asse terrestre lungo l’eclittica e, come facile intuire, determina anche la giornata più lunga e quella più corta dell’anno.

Per le zone a Nord dell’Equatore, il solstizio d’estate avviene generalmente il 21 giugno, data che ufficializza l’avvio della stagione più calda. Vi sono, tuttavia, delle piccole variazioni temporali: ogni anno, infatti, il solstizio avviene con circa sei ore di ritardo rispetto all’anno precedente. Una problematica risolta con l’adozione di un calendario bisestile ogni 4 anni, che tuttavia determina un’oscillazione del fenomeno astronomico tra il 20 e il 21 del mese. Attenzione il caldo estivo non è dato dalla distanza dal sole (anzi dal 3 al 7 luglio la terra si trova alla massima distanza dal sole, chiamato punto di Afelio) ma proprio dall'angolo dei raggi solari.

Il solstizio d'estate, rappresentando l'inizio dell'omonima stagione, è sempre stato nella storia occasione di feste, come i Litha nel neopaganesimo o la natività cristiana di Giovanni Battista, cosiddetta "Notte di San Giovanni" o "Notte di mezza estate".

Il Solstizio (dal latino solstitium, composto da sol-, "Sole" e -sistere, "fermarsi") è, in astronomia, il momento in cui il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica il punto di declinazione massima (o minima per il solstizio invernale).

Il fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’eclittica; il valore di declinazione raggiunta coincide con l'angolo d'inclinazione terrestre e varia con un periodo di 41000 anni tra 22° 6' e 24° 30'. Attualmente l'angolo è di 23° 27' ed è in diminuzione.

Nel corso di un anno il solstizio ricorre due volte: il Sole raggiunge il valore massimo di declinazione positiva nel mese di giugno (segnando l'inizio dell'estate boreale ovvero nel nostro emisfero, w dell’’inverno australe) e negativa in dicembre (marcando altresì l'inizio dell'inverno boreale e dell'estate australe).

Il solstizio ritarda ogni anno di circa 6 ore rispetto all'anno precedente (più precisamente ( 5h 48min 46sec) e si riallinea forzosamente ogni quattro anni in corrispondenza dell’anno bisestile , introdotto proprio per evitare la progressiva divergenza delle stagioni con il calendario.

Al mezzogiorno locale del giorno del solstizio d’estate il Sole raggiunge la massima altezza sull’orizzonte. Come nota possiamo dire che nel tardo impero romano riferendosi al solstizio d'inverno, si parlava di Sol Invictus (Sole invitto) per celebrare il giorno in cui il Sole smetteva di calare sull'orizzonte.
Tracce di culti solari s'incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all’Africa alle Americhe e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il sole è la vita mentre la Luna è la morte, in Indonesia il sole s'identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il sole, creatore della Terra.

Per gli Inca, ad esempio, il Sole rappresentava la divinità Inti, sovrana della Terra. Famosi per le loro attente osservazioni astronomiche, gli Inca avevano elaborato un complesso sistema di torri ( chiamate Mojones ) per stabilire con relativa certezza l’arrivo di solstizi ed equinozi: alcune sono giunte fino ai giorni nostri, come nei pressi di Cuzco oppure con il luogo sacro del Torreon a Macchu Picchu. Anche i Maya conferivano estrema importanza al Sole, considerato fonte di vita ed essenziale per le attività umane, e il loro famoso e precisissimo calendario ha incluso, oltre all’osservazione degli astri celesti, proprio solstizi ed equinozi. Per gli Aztechi, invece, la stella al centro della Via Lattea rappresentava un guerriero, pronto a morire ogni sera per risorgere al mattino, da alimentare con celebrazioni e sacrifici. Durante il solstizio estivo, data la più generosa permanenza in cielo, pare si tenessero grandi feste religiose. Per gli Incai, la cui massima fioritura si ha intorno al XV secolo, la divinità Inti è il sole, sovrano della terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i Mojones, torri usate come "mire" per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, famoso luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il Torreon, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'"Intihuatana", un orologio solare ricavato nella roccia.

Per i Maya il sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.

Tra gli Indiani d’America il sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi veniva assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la luna e le stelle; per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi Inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il sole, durante la notte, rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare. Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno eAtum quando tramonta. La città del Sole, Eliopoli, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbeli, fatto edificare da Ramses II°, XII° secolo a.c., era dedicato al culto del Sole.

Il singolare e famosissimo Stonehenge, il sito archeologico in Gran Bretagna caratterizzato da grandi pietre monolitiche disposte a forma circolare, sembra servisse ai popoli antichi proprio per lo studio dei fenomeni astronomici del Sole, tanto da diventare un vero e proprio tempio.

Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, che raffigurava la notte; su esso viaggiava un'imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un'altra imbarcazione che lo riportava a Est. Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del Faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le Piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli Obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni. Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati merket: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario. Il loro anno era di 365 esatti, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.

Oggi il culto della stella continua a essere vivo in molti luoghi del Pianeta, a ogni latitudine: per gli eschimesi, ad esempio, il Sole rappresenta la vita e la Luna la morte, mentre in Indonesia è il simbolo della libertà, tanto da essere spesso simboleggiato da un uccello in volo. Per molti villaggi rurali dell’Africa, invece, la stella indica il seme fertile del Pianeta, in grado di fecondare la terra con le piogge. Nei paesi del Nord e dell’Est Europa, quali Svezia, Norvegia, Polonia, Romania, Ucraina e molti altri, il solstizio corrisponde infine con la “Notte di Mezza Estate”, collegata alla figura di Giovanni Battista.

In coincidenza con il giorno del 21 giugno quindi al Polo Nord sarà sempre giorno, mentre il Polo Sud entrerà nel buio. Questi periodi vengono chiamati rispettivamente Sole di Mezzanotte, ovvero 24 ore al giorno di luce e Notti Polari, 24 ore al giorno di buio. Lungo il Circolo Polare Artico vivranno 24 ore consecutive di luce, mentre lungo il Circolo Polare Antartico vivranno una giornata completamente senza sole.

Anche noi massoni festeggiamo il Solstizio d’Estate.

Tanto per citare le celebrazioni più famose c’è la manifestazione del 24 a Villa Il Vacello a Roma, il 23 San Galgano, le varie tornate all’aperto tra cui spicca, come serietà ed anzianità di istituzione la Tornata Selvaggia a Villa valentina a Tradate, le celebrazioni più o meno coeve in tutti gli Orienti,daòòa Val d’Aosta alla Sicilia passando per il Trentino, l’Emilia, le Marche, la Sardegna, le Puglie, la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, non ultima la Calabria … oltre quelle private e di singole R.Logge o gruppi di fratelli …

Non dimentichiamoci che esiste una grande confusione sui festeggiamenti e sui San Giovanni.

La Massoneria è dedicata a San Giovanni il Battista, ma diverso e fondamentale è il significato attribuito ai due San Giovanni.

Giovanni Evangelista, al quale è dedicato il solstizio d'inverno, è indicativo non tanto di una persona fisica, quanto del più esoterico degli scritti riconosciuti dal canone, come testimonianza della scuola "giovannea". Tra gli storici, sembra ormai prevalere l'idea che i nomi usati per indicare i Vangeli non corrispondano a persone fisiche, ma a scuole di pensiero dottrinale.

Una lettura, quella attribuita a Giovanni, che mette in risalto l'origine divina del Figlio, in una insondabile eternità, così come annuncia la frase: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio…». Il concetto di preesistenza è alla base della testimonianza resa dal Vangelo di Giovanni.

Il solstizio d'estate è invece dedicato ad una figura ben precisa: Giovanni detto il Battista, così chiamato perché reintrodusse il battesimo, un antico rito ebraico di purificazione attraverso l'acqua.

Il Battista era un profeta, che annunciò l'arrivo imminente del regno di Dio.

Legare questi due momenti dell'anno, quello invernale – con il minor grado d'irradiazione solare – a Giovanni Evangelista, colui che simbolicamente guarda all'Origine di quella Luce spirituale, e quello estivo – con il maggior grado d'irradiazione solare – a Giovanni Battista, colui che annuncia e profetizza l'avvento futuro della Luce divina, è l'insegnamento che la tradizione massonica ha ritenuto utile velare nella simbologia dei suoi rituali.

La Luce, allora, è il simbolo al centro di questa ricorrenza.

Noi sappiamo che il termine Luce, si presta ad essere interpretato sotto molti aspetti, quali creatività, saggezza, bellezza, intuizione, calore, amore, attrazione magnetica, conoscenza. In ogni caso, un insieme di virtù che potremmo definire l'unità di misura del progresso reale di ogni uomo nella scala iniziatica, che è poi espressione del proprio sviluppo coscienziale. In realtà stiamo parlando di Cultura, che non va confusa con erudizione. Cultura, è molto di più, è il culto della Luce.

Un antico precetto recita che «ogni forma è il simbolo della realtà che la produce», ed il simbolo è una forma, un contenitore al pari di un tempio, di una cattedrale, di un libro; ed ogni forma è femminile e ricettiva, uno spazio che accoglie. Ogni simbolo si qualifica dalla luce che contiene, la propria natura solare, ma il contenuto è limitato dalla capacità di chi l'osserva.

Anche l'uomo, simbolo vivente, nella sua realtà triplice, di forma, coscienza e spirito, è qualificato dal grado di Luce che sa esprimere. Questa realtà è ricordata dai colori dei paramenti che caratterizzano i gradi e non solo quelli massonici. Infatti i colori dei paramenti, ricordano a chi ancora iniziato non è, la qualità luminosa, nel senso di vibrazione della sfera psichica e spirituale, che quel grado o funzione dovrebbero esprimere. L'Iniziato che incarna le qualità che gioielli e paramenti ricordano, sarà in grado di vivificarli con i suoi pensieri, le sue azioni e le sue parole. In altri termini egli è ciò che rappresenta.

La Luce è quindi l'energia che ogni forma è capace d'irradiare, l'essenza spirituale che manifestandosi la qualifica. L'assenza di Luce, prodotto della coscienza spirituale, lascia l'uomo nella tenebra, nell'oscurità, tanto che l'Insegnamento definisce il sé inferiore ancora privo di quella coscienza, un'ombra. Quelle che Giordano Bruno definiva "ombre delle idee", l'uomo non consapevole dell'Idea che lo ha generato e che lo Anima. E proprio come ombre si muovono gli uomini nel labirinto del mondo di caos.

Il concetto d'illuminazione è al centro d'ogni lavoro nel Tempio.

Non dimentichiamo che è la richiesta del postulante che dalle tenebre, in cui ha vagato fino a quel momento nel mondo profano, una volta trovata la porta alla quale bussare, chiede "luce". Inizialmente sarà una "mezza-luce", per poi diventare con il proprio lavoro trasmutativo, "luce piena".

Queste espressioni sono l'allegoria di precisi livelli coscienziali nel viaggio tra le Tenebre (l'ignoranza e l'errore profano) e la Luce (la saggezza Iniziatica), simboleggiata quest'ultima dalla figura del Maestro di tutti i maestri, Hiram, simbolo-vivente della spiritualità iniziatica che si volge verso l'Umanità, per stimolarne ed accelerarne la progressione della linea evolutiva.

La Massoneria è un Ordine Cerimoniale che ha come scopo l'iniziazione, che è poi una successione di tante piccole illuminazioni. Ed ogni ambito in cui si svolge un'attività in comunione e cooperazione, che abbia come obiettivo l'illuminazione è un "Istituto di Cultura", dove per Cultura intendiamo il culto di Ur, il fuoco che ha dato origine alla civiltà.

Fuoco che noi rievocheremo fisicamente ORA, come nostro tributo al simbolo della Luce.

Un fuoco purificatore che prepara al rinnovamento di sé stessi, purificatore come il rito praticato dal Battista, che annunciò la venuta di Colui che avrebbe battezzato non con l'acqua ma con il fuoco dello Spirito.

Il fuoco che brucia le vecchie forme, un fuoco che distruggendo, crea. Perché il ciclo di morte e rinascita è alla base di ogni rinnovamento. Questo è vero in ogni regno, incluso quello spirituale. Rinascere da vivi a nuova vita, la vita di chi permeato dalla luce del proprio sole interiore è riuscito ad illuminare la propria coscienza e divenire così un punto di luce irradiante tra gli uomini, attraverso i propri pensieri, gesti e parole; un portatore di luce vitale.

Nulla resiste al Fuoco che trasmuta, che tutto purifica e nulla chiede. Percepire ed applicare alla vita l'elemento fuoco, che nutre il seme dello spirito e tutto abbraccia, è possibile per chiunque sia determinato a purificare i propri pensieri, e individuati i propri difetti principali li sacrifichi sul fuoco dello sforzo ardente.

Il fuoco è volontà, ardore, rinnovamento, ed esprime la continua possibilità di creare distruggendo le vecchie forme che tendono alla cristallizzazione, in altri termini alla morte. E cosa è più insidioso alla crescita e al proprio sviluppo, dell'abitudine e della routine, che trasmette quell'illusorio senso di sicurezza per il "già noto"?

Iniziazione al contrario significa essere introdotti al nuovo, vivere un nuovo inizio.

In questa ciclicità si cresce, con una tensione continua, rinnovata di anno in anno sulla base dell'esperienza acquisita, pronti ad immergersi di nuovo nella "propria stanza segreta", dove poter riconoscere quella voce interiore che guida ed istruisce.

Questo pulsare ritmico, è il respiro riconoscibile nei piccoli e nei grandi cicli, che in quello annuale conduce, dalla fase d'interiorizzazione coincidente con il solstizio d'inverno, alla luce della consapevolezza di quello estivo, dove può aver inizio l'azione dell'uomo rinnovato ad un nuovo sapere.

Con la consapevolezza che Fuoco e Luce portano con sé responsabilità, dal momento che ogni singolo pensiero oscura o rischiara lo spazio.

Il Solstizio d'Estate è una data molto importante per chi si occupano di esoterismo: secondo queste pratiche, infatti, in questo periodo dell'anno si sprigionano forze naturali che permettono di ottenere un grande potere occulto. Infatti, durante il Solstizio d'Estate si aprono le porte del Regno delle Acque Superiori, il regno della Luna e delle forze rappresentate dalla Grande Madre. Sogno e realtà si confondono perché il Sole (il mondo conscio) e la Luna (mondo inconscio) sono messi in comunicazione. La conoscenza e l'intuizione (caratteristiche del mondo lunare) si uniscono alla volontà e alla ragione (caratteristiche di quello solare), indirizzando verso una sapienza superiore, che consentirà di avere visione chiara del futuro e di comandare sugli eventi.

Dal punto di vista esoterico, infatti, chi celebra il Solstizio d'estate avrà in mano il Pugnale Supremo del Comando, per dirigere gli eventi e controllare i poteri lunari dell'inconscio e dell'invisibile. Durante il solstizio, la Luna si tinge simbolicamente di Rosso, dato che l'Acqua, simbolo dell'Invisibile e dell'Inconscio, passa sotto il controllo del Sole (cioè della ragione cosciente), diventando strumento di potere e non di destabilizzazione.

Il Fuoco e l'Acqua sono anche gli elementi purificatori caratteristici del Solstizio d'Estate: infatti, da sempre la tradizione prescrive di fare il bagno nelle acque dei fiumi o dei laghi e di saltare su fuochi accesi per purificarsi. Proprio per questo, il dio romano Giano Bifronte è messo in relazione con questa ricorrenza, in quanto in una mano regge una chiave (l'Acqua) e nell'altra un bastone (il Fuoco).

Il giorno del Solstizio d’Estate è una data attesa da tutti coloro che si occupano di esoterismo e di pratiche magiche: le forze naturali presenti in questo momento dell’anno permettono infatti l’acquisizione di un grande potere occulto. E’ in questo momento che si aprono le porte del Regno delle Acque Superiori, il regno della Luna e delle forze che la Grande Madre rappresenta: tesori sommersi ma anche insidie e trappole che si celano nel nostro inconscio. Intorno a questa data sogno e realtà si confondono poiché il mondo conscio, rappresentato dal Sole, e quello inconscio, rappresentato dalla Luna, sono messi in comunicazione. Il Fuoco e l’Acqua sono gli elementi purificatori che rappresentano il Solstizio d’estate: da sempre si usa bagnarsi nelle acque dei fiumi o dei laghi e accendere fuochi su cui saltare per purificarsi.

Sono centinaia i riti in Italia per la notte magica di San Giovanni, ma tutti comprendono il falò purificatore per scacciare le tenebre, per celebrare la luce e il bene. Si bruciano le erbe vecchie, si salta il fuoco per avere fortuna, si mette la sua cenere sui capelli. In molte campagne si usa ancora accendere falò e ballare per scacciare il malocchio, in alcuni luoghi è stato sostituito dai fuochi d'artificio, ma anche a casa, basta poco: accendete una candela nella notte.

Sin dai tempi più remoti il cambio di direzione che il sole compie, tra il 21 e il 22 giugno, è visto come un momento particolare e magico. Questo giorno, detto solstizio d’estate, è il primo giorno di una nuova stagione e in magia è associato alla festa di San Giovanni Battista, 24 giugno, giorno della sua nascita 6 mesi prima del Cristo, secondo quanto affermato dalla chiesa, perchè in questo breve ma intenso arco di tempo, tutte le piante e le erbe sulla terra vengono influenzate con particolare forza e potere. In età precristiana questo giorno era considerato sacro al pari di un capo d’anno e da cui l’usanza di trarre dei presagi. Il Sole, simbolo del fuoco divino, entra nella costellazione del Cancro, simbolo delle acque e dominato dalla Luna dando origine all’unione delle due opposte polarità che si incontrano. Il Sole è la parte maschile e la Luna quella femminile e il sole, al solstizio d’estate, raggiunge la sua massima inclinazione positiva. Simbolicamente questo fenomeno è rappresentato dalla stella a sei punte dove il triangolo di Fuoco e il triangolo dell’Acqua si incrociano.

Nella tradizione occulta l’incontro del Sole nella casa della Luna conduce alle nozze tra i due astri. Tali nozze divine segnano il passaggio tra il mondo dell’uomo con il  mondo divino eterno dando origine alla suddivisione in due poli: maschio e femmina, luce e tenebra, positivo e negativo ecc…. I due solstizi sono anche chiamati “porte”: porta degli dei il solstizio invernale e porta degli uomini quello estivo. La Chiesa Cristiana da sempre ha ostacolato queste pratiche sovrapponendovi i propri riti con solenni celebrazioni; ma senza riuscirci. Tali usanze sono così radicate nelle abitudini popolari che ancora oggi se ne perpetuano i festeggiamenti. Nel calendario celtico i Solstizi coincidevano con la metà della stagione estiva ed invernale, in quello odierno con l’inizio di tali stagioni. Intorno a tali ricorrenze si celebrano rispettivamente, secondo la tradizione cristiana, la nascita di Cristo e quella di Giovanni Battista, che ricorre appunto il 24 giugno. Giovanni Battezzava con l’Acqua, ma dopo di lui qualcun altro avrebbe battezzato con il Fuoco. Da sempre questi due elementi simbolo della Vita sono rappresentati nel Solstizio d’Estate: l’Acqua diventa Fuoco per donarci la Realizzazione suprema, la Pietra filosofale, il Loto dai Mille petali. L’inizio del Solstizio coincide con il segno del Cancro, segno d’Acqua Cardinale in cui ha domicilio la Luna, e rappresenta la massima influenza delle forze Lunari dell’Invisibile: da questo momento il sole inizierà il suo declino fino al Solstizio d’Inverno, che coincide con il segno opposto della Capra-Pesce, il Capricorno. Nella tradizione esoterica astrologica questi due segni sono in relazione al Passaggio e rispettivamente simboleggiano l’entrata e l’uscita dell’Anima dal mondo visibile. Questi due momenti sono parte di un processo annuale della Natura che ha sicuramente forti analogie con le pratiche alchimiste che avevano come scopo la ricerca di quella Sapienza, quell’Oro che avrebbe condotto alla Vita eterna coloro che sapevano distinguere il grosso dal sottile.
L’anno Magico è costituito da otto festività: otto porte cosmiche che permettono all’individuo di evolversi, percepire, pervenire alla propria realizzazione attraverso i cambiamenti scanditi dal mutare della Natura, dalle stagioni e dall’avvicinarsi e allontanarsi ritmico del Sole.

Soltanto il giorno del solstizio d'estate è possibile avvicinarsi e toccare le antichissime pietre di Stonehenge, solitamente off limits per i "normali" turisti che possono visitarlo durante tutto l'anno.
Preghiera ai Signori del tempo e dello spazio, dello spirito e della materia da recitare il giorno del solstizio d’estate

“Voi che siete eterni, voi che avete creato ogni cosa, la luce e il buio, il cielo e la terra, la Luna e il Sole, voi che avete reso l’universo colmo della vostra magnificenza e del vostro splendore, voi signori del tempo e dello spazio, dello spirito e della materia, vi scongiuriamo di darci virtù e forza, amore e volontà, affinché possiamo sempre operare il bene. Vi invochiamo per i vostri sacri nomi, affinché vogliate illuminarci e guidarci nella nostra vita, fino a ricongiungerci con voi in eterno. E così sia”.

San Giovanni è stato sempre scelto quale patrono da quasi tutte le antiche sette cristiane esoteriche, come dalle più recenti società iniziatiche quale, per esempio è la Massoneria nei cui Statuti, pubblicati nel 1721, è espressa l’invocazione di San Giovanni in questi termini:

"I Fratelli di tutte le Logge di Londra, di Westminster e dei dintorni, si uniranno nel luogo convenuto nel giorno di S. Giovanni Battista o di S. Giovanni Evangelista ...".

L’invocazione di S. Giovanni assai spesso ha confuso i due Santi: l’Evangelista e il Precursore. Ciò è dovuto probabilmente alle affinità simboliche che esistono tra i due Santi. Pertanto cerchiamo di vedere quali sono queste affinità prendendo in considerazione le vite separate dei due Santi, prima il Battista e poi l’Evangelista.

S. Giovanni Battista era figlio di Zaccaria e di Elisabetta. Le notizie della sua nascita ci sono fornite dal Vangelo di Luca: l’angelo Gabriele apparve a Zaccaria annunciandogli la nascita di un figlio che "sarà ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre" (I, 16) e "andrà come precursore, con lo spirito e la potenza di Elia" (I, 17). Poiché Zaccaria non credeva alle parole dell’angelo, questi gli disse che sarebbe rimasto muto sino al giorno della nascita di Giovanni. E così fu. Quando nacque Giovanni, Zaccaria, non potendo parlare, scrisse sopra una tavoletta: "Giovanni è il suo nome" e da quell’istante riacquistò la parola.

Il Battista nacque esattamente sei mesi prima di Gesù. Questi venne al mondo durante il Solstizio d’inverno, Giovanni nel Solstizio d’estate. Sia Gesù sia Giovanni vissero sino a 33 anni ed ambedue morirono per mano degli uomini.

S. Giovanni Battista era chiamato il "precursore" in quanto preparava la via al Cristo e "battista" perché battezzava nelle acque del Giordano:

"Io per me vi battezzo con acqua, in vista del ravvedimento; ma colui che viene dietro a me è più potente di me, e io non son degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco" (Matteo, III, 11).

Gesù era della setta degli Esseni nella quale aveva il grado di "Nazareno" (Nariz = Maestro). Questo grado era conferito a coloro che avevano raggiunto il più alto grado di Conoscenza.

Il Battista, oltre ad essere esseno, era capo della setta dei battezzatori. Il battesimo praticato consisteva nell’immersione totale, per tre volte consecutive, nell’acqua. Il battesimo ricevuto da Gesù fu, come lo stesso Giovanni dice, di acqua e di spirito:

"Ma Quegli che mi ha mandato a battezzare con acqua, mi ha detto: Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quegli che battezza con lo Spirito Santo" (I, 33).

Dopo il battesimo con acqua, c’era il battesimo con lo Spirito, cioè con l’imposizione delle mani come dice l’Evangelista:

"Poi imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo" (Atti, VIII, 17).

La festa del Battista cade il 24 giugno, Solstizio d’estate, quando il sole è al suo apogeo. È necessario osservare però che Giovanni Battista non è il simbolo del sole materiale, dell’astro che dà luce e calore al mondo, ma è, soprattutto, la rappresentazione simbolica del principio universale, il Fuoco Principio. Come tale la leggenda lo vuole vestito di pelle di agnello o di ariete vergine, è, dunque, l’immagine del sole e della costellazione dell’Ariete.

Il nome stesso, Giovanni, secondo alcuni, deriverebbe dall’ebraico "Jeho h’annan" cioè "Colui che Jeho favorisce", in tal modo diventa il simbolo dell’uomo illuminato. Secondo un’altra interpretazione Giovanni deriva da due parole ebraico-caldee: "Io" che vuol dire colomba e "Oannes" nome del dio caldeo delle iniziazioni. Quindi Giovanni vorrebbe dire "colomba di fuoco" che ci riporta alla colomba dello Spirito Santo.

Infatti sappiamo che dopo il battesimo di Gesù, una colomba era discesa su di Lui. Essa era il simbolo dello Spirito Santo.

Era lo Spirito del Cristo che discendeva nel corpo di Gesù che sarebbe stato il suo veicolo per tre anni, aumentandone la forza con la quale Egli poté poi compiere le guarigioni.

Discepolo del Battista fu Giovanni l’Evangelista, assieme agli altri due apostoli Andrea e Simone. Figlio di un pescatore galileo di nome Zebedeo e di Salomè, una delle donne che seguirono Gesù, anch’egli pescatore, era nato a Bethsaida e morì nel 101 a Efeso durante il regno di Traiano.

La tradizione cristiana lo considera patrono dei fabbricanti di candele, dei teologi, degli studenti e di tanti altri e questo è il motivo per cui, egli, meglio di chiunque altro, era in grado di dare la luce. Come donatore di luce era il patrono dei Templari, degli Gnostici e dei Rosa-Croce. Questa è forse la ragione per cui la sua festa cade durante il Solstizio d’inverno, quando il sole sembra risalire lungo l’eclittica ed i giorni farsi sempre più lunghi.

L’Evangelista è importante soprattutto perché ci ha lasciato due monumenti esoterici: l’Apocalisse ed il Vangelo. Mentre gli apostoli Luca, Matteo e Marco, nei loro vangeli, si perdono spesso in fatti senza base storica, Giovanni entra subito in argomento:

"Il principio era il verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui;
e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta ...".

Da questo prologo si sprigiona un insegnamento di notevole portata. Il "Logos", creatore del nostro sistema solare, non è il Dio Universale, ma il Demiurgo intermediario tra l’uomo e Dio stesso. Ciò risulta dalla distinzione tra "Theos" Dio Supremo e "theos" (un dio), il Logos.

Cerchiamo di capire meglio il significato di questi pochi versi del Prologo:

"In principio" quando i tempi non avevano ancora un inizio, cioè i periodi nei quali si manifestarono gli esseri e le cose;
"era il Verbo", il Logos, la Parola divina;
"e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio", cioè un dio (theos, scritto con iniziale minuscola), un Elohim, figlio di Dio.
"Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui;
e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta...".

Questo Elohim è colui che ha chiamato alla vita materiale tutti gli esseri inferiori, per mezzo della parola. È l’intermediario tra Dio e Creazione che la Cabala chiama Adamo kadmon.

Da quanto è stato detto sembra che sussista un dualismo tra Dio e Demiurgo, dualismo che esiste solo in apparenza e che lo Zohar demolisce con questi termini:

"Rabbi Simeone disse loro: io non vi ho detto che Colui il quale è chiamato la Causa di tutte le cause sia lo stesso Elohim e neppure ho detto che Colui il quale è chiamato la Causa di tutte le cause sia tutt’altro che Elohim. Nell’essenza divina non esiste associazione, né numero: tutto è Uno [ed] ecco perché Dio ha detto: "Vedete io sono io ed Elohim non è con me", cioè: "Elohim non è con me, ma io sono Elohim ed Elohim è me" (Zohar, I, 22b).

Cerchiamo ora di affrontare un misterioso capitolo dell’esistenza di Giovanni, cioè quello relativo alla sua morte.

Si narra che, preavvisato da Gesù circa la sua prossima fine, Giovanni si facesse scavare una fossa poi, gettatovi il mantello, vi si distese addormentandosi nel riposo eterno.

Il giorno seguente i discepoli, vollero ritornare sul suolo dove era sepolto Giovanni, ma non trovarono di lui che i suoi sandali e la terra, nel punto in cui era stato sepolto "ribolliva".

Da parte di alcuni si è voluto supporre che, nel testo originale, anziché leggere terra che "ribolliva", si dovesse leggere terra dura, gelata. Ciò fa pensare che l’apostolo sia morto in pieno inverno e potrebbe giustificare il fatto che la Chiesa abbia situato la sua festa nel solstizio d’inverno.

S. Agostino (in Joan, 2, tr. CXXIV) scrive che tra le chiese d’Africa si riteneva che Giovanni, in attesa del ritorno del Signore, riposasse addormentato nella tomba e con il suo respiro agitasse dolcemente la terra ...

In greco, soffio si dice pneuma; questo termine designa anche lo spirito ... Allora si può intuire che lo spirito di Giovanni fosse capace di liberarsi dalla terra ed il Vangelo, con le sue misteriose parole, ci viene in aiuto:

"Pietro voltandosi, vide venirgli appresso il discepolo che era caro a Gesù, quello stesso che, durante la cena, stava posato sul seno di Gesù ... Pietro vedendolo chiese a Gesù: "Signore, e di lui che sarà?". Gesù gli rispose: "Se voglio che rimanga finch’io vengo, che t’importa? Tu seguimi". Fu così che si sparse tra i fratelli la voce che quel discepolo non morrebbe; Gesù però non aveva detto che non morrebbe, ma: "Se voglio che. rimanga finch’io vengo, che t’importa?". Questo è il discepolo che attesta queste cose, e le ha scritte; e noi sappiamo che la sua testimonianza è verace" (Vangelo Giovanni, XXI, 20/24).

Così Giovanni vive nella tomba un sonno particolare in uno stato che non è vita e non è ancora morte. Egli è il guardiano intermediario tra la Chiesa Celeste e la Chiesa Terrestre.

Secondo Paolo l’uomo si compone di:

soma corpo

psiche anima

pneuma spirito

Pietro ricevette la direzione materiale della Chiesa sul nascere, come testimonia Matteo, XVI, 18: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa ...".

A capo di questa Chiesa sta il Cristo, il corègo, lo spirito:

"Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; egli che è il principio, il primogenito dai morti" (Paolo, Colossesi, I, 18).

Da tutto ciò se ne deduce:

1) Cristo, Spirito, Chiesa Trionfante, il Sole.
2) Giovanni, Anima, Chiesa Sofferente, la Luna.
3) Pietro, Corpo, Chiesa Militante, la Terra.

Il simbolismo del Battista è strettamente legato a quello dell’Evangelista. Essi sono come la vita e la morte, il passato e il futuro, il sole e la luna ecc.

Il Battista, posto nel Solstizio d’estate, rappresenta il culmine dello splendore del sole, mentre l’Evangelista, nel Solstizio d’inverno, rappresenta quasi la morte dell’astro. Ma non è così perché sappiamo che ciò che raggiunge il massimo deve poi diminuire, mentre ciò che è pervenuto al minimo di se stesso deve cominciare a crescere, come testimonia il Vangelo:

"Bisogna che egli cresca e ch’io diminuisca" (Giov. III, 30).

Il Battista chiude l’antica Legge o l’antico Patto come afferma Geremia (XXXI, 31):

"e io per certo concluderò con la casa di Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto; non come il patto che conclusi coi loro antenati nel giorno che li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto ...", dove Geremia allude ai due "patti" conclusi tra Dio e l’uomo: l’antico patto quello che si fondava sulla Legge, ed il nuovo patto che si fonda sulla Grazia, che Matteo ci conferma:

"Bevetene tutti, questo è il mio sangue, il sangue del patto ..." (XXVI, 28). Se il Battista chiude l’antica Legge, l’Evangelista apre la nuova Legge ed annuncia la Rivelazione cristiana. Uno chiude e non può aprire, l’altro apre, ma non può chiudere:

"Ecco quel che dice il Santo, il Verace, colui che tien la chiave di David: colui che apre, e nessuno chiuderà, che chiude e nessuno aprirà" (Apocalisse, III, 7).

In Massoneria è consuetudine fare l’elogio di san Giovanni Battista alla "Festa Solstiziale" del 24 Giugno. Ritorna in mente un testo massonico relativo al Battista:

"Sei Tu di cui celebriamo la memoria Figlio di Zacaria, Tu che fosti inviato al Cielo per render testimonianza alla Vera Luce, Tu sei colmo dello Spirito e della Virtù di Elia, Tu sei la voce che grida nel deserto. Tu sei il Profeta dell’Altissimo e più che un profeta. Colui al quale rendesti testimonianza, Egli stesso ti ha reso testimonianza in questi termini: fra i nati da donna non è mai sorto alcuno più grande".

Dopo un tale Giudizio, portato dalla stessa Verità, tutto è stato detto. Ma quale più nobile uso l’uomo potrebbe fare del pensiero e della parola, se non cercando di comprendere e interpretare le eterne Verità che gli sono manifestate dalle Tre Grandi Luci dispensate dal Creatore: il Libro del Mondo, che è la Squadra, la Luce interiore, che è il Compasso ed infine il Libro della Sacra Legge!

A questo scopo vogliamo trattare della parte di san Giovanni Battista. Ma, sin dall’inizio, dobbiamo insistere sulla complessità del simbolismo di san Giovanni Battista indissolubilmente legato a quello di Giovanni Evangelista. Avviene dei due san Giovanni, come dei due solstizi, delle due colonne, dei due luminari, della nascita e della morte, del passato e dell’avvenire. I due Giovanni sono dei punti limite. Il Battista chiude l’antica Legge e annuncia la Rivoluzione Cristiana. L’Evangelista chiude il Libro del Mondo con l’Apocalisse e annuncia il secondo avvento. L’uno e l’altro aprono e nessuno può chiudere. L’uno e l’altro chiudono e nessuno può aprire. Già appare che la loro funzione non è estranea al misterioso "potere delle chiavi", legato all’iniziazione ai Piccoli Misteri con la chiave d’argento ed ai Grandi Misteri con la chiave d’oro.

L’uno è all’inizio, l’altro alla fine. Non senza ragione il Cristo dice del Battista: "I Profeti e la Legge hanno profetato sino a Giovanni" e dell’Evangelista: "Se io voglio che resti finché non ritorni".

Dunque sono due testimoni che confermano la presenza e la permanenza delle realtà spirituali, dei legami tra un tempo e l’altro, tra una epoca e l’altra. Hanno preso, nel Cristianesimo, il posto che occupava, nella ripartizione delle feste della Roma Imperiale, il Dio Giano di cui una faccia guardava il passato, l’altra l’avvenire, mentre la faccia invisibile contemplava "l’eterno presente". E la posizione dei due Santi alla data dei solstizi, conferisce loro una doppia parte, spirituale e cosmologica ad un tempo. Posti in tal modo alle porte solstiziali, essi sono come i pilastri del portico, né nel mondo, né fuori del mondo, né nella Loggia, né fuori della Loggia. Come la nascita e la morte non appartengono in realtà al ciclo umano, ma sono degli intermediari, così i due Giovanni hanno un volto divino ed un volto umano. Essi inquadrano il Sole di Giustizia come i solstizi inquadrano la manifestazione solare. Sono delle tangenti che delimitano questo Sole. Ai punti di tangenza, essi si confondono con lo stesso Sole. E a questo riguardo si osserverà che la vita del Battista fu come un riflesso di quella di Cristo. Nato sei mesi prima di Lui, fu messo a morte per ordine di Erode Tetrarca, pochissimo tempo prima della crocifissione, cioè verosimilmente all’età di trentatré anni. In quanto all’Evangelista, egli appare veramente come un sostituto del Maestro designato da Dante in questi termini:

"Questi è colui che giacque sopra il petto

Del nostro Pellicano, e questo fue

d’in su la croce al grande ufficio eletto".

L’uno e l’altro sono dunque in stretto rapporto con l’inizio della Iniziazione e con la sua Fine, con la seconda nascita d’acqua battesimale e con la terza nascita del fuoco. Ma l’uno e l’altro in un certo modo si integrano alla Via, si somigliano e somigliano al Maestro per eccellenza. Donde, rispetto ad essi, il simbolismo delle parallele tangenti al cerchio che figurano nei Quadri di Loggia del Rito di York. È come una applicazione del teorema ben noto: "due linee parallele ad una terza sono parallele tra loro". Le linee sono qui la Via, quella di cui parlano l’Antico e il Nuovo Testamento, la Via diritta che Dante abbandona a metà della sua vita, quando si trova nella foresta oscura e si prepara a discendere all’Inferno. Si osserverà ancora un altro parallelismo fatto di scambi reciproci tra i due Giovanni.

Il Battista si riferisce alla linea orizzontale, cioè alla Livella. Infatti Isaia così profetizzava la missione del Battista: "Si colmi ogni valle, ogni monte o colle si abbassi". E al piano orizzontale si riferisce l’acqua battesimale; aspetto livellato, che corrisponde al passivo, al passato, alla luna, alla conservazione delle cose. E se il passato è morto, in compenso, la luna presiede alle nascite.

Inversamente, l’Evangelista si riferisce alla Verticale ed al Filo a Piombo. Egli sta sul Monte della Trasfigurazione, sul Monte degli Olivi e sul Calvario e non percorre il piatto deserto di Giudea. Apostolo della Luce e del Fuoco, è simboleggiato dall’Aquila. Questo carattere di verticalità e di luce gli dà un aspetto solare e Apollo, Dio del Sole e degli Oracoli, presiedeva alla vita futura, all’avvenire. Ma in compenso, il solo avvenire di cui si è certi è la morte ...

Al Solstizio d’estate inizia il periodo discendente della luce e il Solstizio d’inverno segna l’inizio del periodo ascendente.

Questo complementarismo dei cicli ascendente e discendente chiama un’altra osservazione. Il nome di Giovanni ha, in ebraico, il doppio significato di Lode o "grazia" ascendente e di misericordia discendente. Così si scopre l’indicazione di una corrispondenza armoniosa tra i periodi solstiziali, tra il ritmo respiratorio dell’uomo fatto di aspirazione e di espirazione e la pulsazione spirituale incessante di lode e di misericordia dei due Giovanni, specie di incantesimo o di modulazione gregoriana che manifesta la gloria di Dio e colma l’Universo.

Ci occorreva porre in questa maniera i due san Giovanni, l’uno rispetto all’altro, per liberare più sicuramente i lineamenti del Battista. Ed ora che dire di quest’uomo selvatico, che digiuna e predica la penitenza? Dobbiamo chiederlo a lui stesso come fecero gli inviati dei Principi dei preti: "Che dici di te stesso? " – "Voce di uno che grida nel deserto; preparate la via al Signore". È forse per questa risposta che il Simbolismo massonico attribuisce l’emblema del Gallo al Battista, mentre il Pellicano è attribuito al Cristo e l’Aquila all’Evangelista? Senza dubbio, poiché il Gallo canta all’alba, nel deserto della notte, per annunciare la venuta della Luce, proprio come il Battista gridava nei luoghi deserti per annunciare l’approssimarsi della Vera Luce. Nelle Istruzioni massoniche è anche detto che la Loggia è un "luogo sacro e misterioso dove non si intese mai cane abbaiare né gallo cantare". E questo può sorprendere. Occorre vedere in ciò il ricordo di una interdizione e di un obbligo fraterno escludente il "rinnegamento dell’alba" prima che il gallo abbia cantato "tre volte".

Dobbiamo sottolineare anche che il Gallo è l’uccello di Mercurio, cioè di Ermete, patrono della Grande Opera ermetica. In certi riti, il gallo occupa il posto di onore nella "camera di riflessione", sotto la forma araldica del "Gallo cantante". Ci si ricorderà che la camera di riflessione è assimilata all’interno della terra, essa è dunque in relazione con l’idea di discesa agli inferi, di "opera al nero", mortificazione o inizio della Grande Opera ermetica. Ciò è importante non solo in ragione del lato penitenziale della predicazione del Battista, ma anche per altre ragioni concernenti la funzione di Giovanni nel processo spirituale.

Il Gallo simboleggia ancora la fine dell’opera, o "Opera al rosso" e, a questo titolo terminale, ha una grande parte nell’ultimo grado del rito di York della Massoneria americana. Come Giovanni, si trova dunque all’inizio ed alla fine, ai limiti estremi dell’Arte. Posto nel punto più basso che è la camera di riflessione della Massoneria, o la terra nutrice, culmina nell’ultimo grado della Via e sul campanile della Chiesa. Definita così la sua posizione, offre la spiegazione di un passaggio delle Istruzioni: "Dove sta la Massoneria, sulla più alta montagna e nella più bassa valle che è la valle di Giosafat".

Ha dunque un certo rapporto con l’Asse del Mondo.

Esiste negli Edda scandinavi un curioso testo dove si tratta di tre galli: l’uno nel cielo, l’altro sul frassino Yggdrasil e il terzo "di un nero ferruginoso che cantava in fondo alla terra, nel Palazzo della morte". Il nero fa pensare nuovamente alla mortificazione o penitenza propria del Battista. In quanto all’aspetto ferruginoso, esso allude alla necessaria spoliazione dei metalli, simbolizzata dal modo di vestire del Battista "vestito di peli di cammello e una cintura di pelle intorno al suo fianco".

Ma il Gallo è pure l’uccello della Vittoria. Plinio gli assegna una certa parte nella fondazione dell’Impero, presagisce il trionfo alla fine delle prove. Se canta all’ora del rinnegamento di Pietro, canta anche all’ora della Resurrezione ...

Se questi commenti, senza dubbio insufficienti, ci conducono a prender coscienza della missione di Giovanni Battista, noi vediamo che la sua stazione al Solstizio d’Estate è in perfetto accordo con la sua parte, e che così nella persona del Battista, come del resto in quella dell’Evangelista, il ciclo santoriale unisce le prospettive spirituali ai dati peculiari alla Cosmologia Sacra.

Infatti, nel Solstizio d’Estate, il Sole entra nel segno del Cancro, domicilio della luna, luminare della Colonna Boaz. Nell’antica Cosmologia tradizionale, la luna simboleggiava la memoria delle cose passate o perdute, e si diceva che ciò che è perduto sulla terra si ritrova sulla luna. È così, per esempio, che nell’Orlando Furioso l’Ariosto narra la storia del cavaliere che va sulla luna a cercarvi la ragione di Orlando impazzito per amore. Ora, questo legame tra la memoria lunare da una parte, il Battista e la festa dei Massoni dall’altra, deve attirare la nostra attenzione. Non si tratta in Massoneria della ricerca della Parola Perduta? E non è l’imposizione del nome "Giovanni" al Battista che permise a suo padre Zacaria di ritrovare l’uso della parola?

Osserviamo ancora che il Cancro simboleggia il "fondo delle acque", regione strana che san Paolo conobbe quando intraprese il viaggio che doveva condurlo a Roma. Il fondo delle acque è rappresentato su una lama del Tarocco dove si vede un gambero sul fondo di un fiume, un cane nero ed un cane che abbaia alla luna, dalla quale cade una pioggia di germi. Si è paragonata la pioggia di lacrime dipinta sul quadro della Camera di Riflessione alla pioggia di germi ermetici che assume la stessa forma. Ma se le lacrime manifestano esteriormente il dolore, i germi, al contrario, hanno un carattere interiore benefico, che san Paolo esprime così: "Seminato nella corruzione, risusciterà nella gloria".

Infine il Solstizio d’Estate e la porta zodiacale dell’Inferno: "Ianua Inferni", proprio come il Solstizio d’Inverno, che apre il segno del Capricorno, è la "Porta del Cielo", "Ianua Coeli". E si citerà Porfirio nell’antro delle ninfe. "Il Cancro è favorevole alla discesa e il Capricorno alla salita". Questa sentenza del filosofo neoplatonico fa eco alla parola di Giovanni Battista che diceva di Gesù: "Egli deve crescere e io diminuire".

Tuttavia, il passaggio attraverso la porta dell’Inferno non deve essere preso in senso sfavorevole dal momento che si tratta della via iniziatica perseguita regolarmente e normalmente, al contrario. Occorre a questo riguardo rammentare le due più note discese all’Inferno della tradizione massonico-cristiana? Prima quella del Cristo. Si noterà che si tratta di un avvenimento molto misterioso, fra gli articoli di fede contenuti nel simbolo degli Apostoli, la più antica confessione di fede del Cristianesimo e la sola che sia riconosciuta all’unanimità dalle Chiese Cristiane.

Poi ricorderemo la discesa all’Inferno di Dante. Nella Divina Commedia, essa si pone all’origine dell’immenso viaggio che condurrà il Fiorentino sul monte delle Espiazioni, poi nel Paradiso Terrestre ed infine nel Paradiso Celeste. Saremmo fuori argomento se parlassimo dei numerosi incidenti che hanno fatto ritardare il Pellegrino dei tre mondi, dal momento in cui, sui passi del Cigno di Mantova, inizia il cammino aspro e selvaggio, ma occorre tuttavia ricordare gli avvenimenti narrati nei Canti IX, X, XI dell’Inferno. Dante sfugge ai tre pericoli tremendi della discesa – la caduta nella Palude, il Ritorno a ritroso e la Pietrificazione – grazie all’intervento di un "Missus", mai nominato se non sotto il vago termine di "Un Altro" o "Un tale". Se i commentatori hanno visto in questo personaggio ora il Cristo, ora il troiano Enea, ora l’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo, noi abbiamo buone ragioni per pensare che questo "Missus" che apre a Dante la Porta della Città infernale, sia molto probabilmente il Santo che presiede alla Porta Solstiziale della Discesa. In quanto alla Discesa del Cristo all’Inferno, opera al nero, occorre segnalare che essa precede la Risurrezione nel Giardino, opera al bianco, e l’Ascensione, opera al rosso. Del resto, ci sono nella Bibbia altri avvenimenti che sono una prefigurazione di questo atto iniziale preliminare ad ogni "Realizzazione" e citeremo per esempio la persecuzione degli Ebrei, in Egitto, seguita dall’Esodo e dal passaggio del Mar Rosso. Si potrebbe quasi dire che tutti i viaggi di cui si parla nella Bibbia cominciano con un avvenimento che corrisponde alla discesa all’Inferno. Se quest’ultima è chiamata nei testi ermetici "eclisse", "nero più nero del nero", "nero corvino", "mortificazione" o "denudazione", parola che evoca l’abito di Giovanni Battista e quello del postulante Massone, ricordiamoci pure che l’iniziazione è sempre descritta come un viaggio. L’analogia ci conduce naturalmente a pensare che un tal viaggio comporti un rito preliminare di discesa all’inferno. Ed infatti è così.

Nei riti di iniziazione in grado di Apprendista, questa discesa è rappresentata dalla prima parte della ricezione, quella che avviene fuori della Loggia, in un luogo spesso assimilato ad una caverna sotterranea chiamata in certi riti: Camera di Preparazione e in altri, Camera di Riflessione.

Questi due nomi meriterebbero di essere esaminati accuratamente; come del resto tutti i termini massonici. Segnaliamo solamente di sfuggita che la preparazione comprende la spoliazione del recipiendario al quale si bendano gli occhi, immergendolo così nel "nero più nero del nero". La stessa preparazione evoca questa espressione del Battista: "Preparate la via al Signore", mentre l’isolamento è la rappresentazione del deserto. Infine, la parola "riflessione" allude alla luce riflessa della meditazione ed alla luce riflessa della luna.

Dunque vediamo sino a qual punto il simbolismo gioannita e solstiziale può esser ricco. E quale luce porta il Testimone qualificato "Luce ardente e brillante", guida ispirata da Elia che risuscita il Figlio della Vedova, Precursore della "Luce Intellettuale Piena d’Amore" di Dante

L'accensione del fuoco, il bagno nell'acqua purificatice, la raccolta delle erbe portafortuna: ecco i riti della notte più magica dell'anno

Ore 12,07 del 21 giugno: sarà il momento esatto in cui il sole raggiungerà la sua altezza massima rispetto alla terra. Il giorno del solstizio, quello con più ore di luce dell’anno. È l’inizio dell’estate astronomica, ma questo è anche il giorno della rinascita, un momento magico celebrato da sempre da tutte le culture per ritrovare fortuna e amore.

Ultima, ma non meno importante, nota: siamo in luna crescente.

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martedì 19 giugno 2018

Massoneria, arte, architettura. Un incontro a Palermo



L’esoterismo e il sistema simbolico dietro l’arte e l’architettura; le storie dei siciliani che nella storia, attraverso le arti, hanno trasmesso le loro conoscenze iniziatiche. Di questo e di molto altro si parlerà sabato 23 giugno alle 18, all’interno del Complesso dello Spasimo di Palermo, durante la conferenza “Iniziazione e variabili ermetiche in Arte e in Architettura” curata dal Consiglio dei Maestri Venerabili di Palermo del Grande Oriente d’Italia.

Sono in programma gli interventi di Ettore Sessa, professore di Storia dell’Architettura Contemporanea alle Università di Palermo, Trapani e Agrigento (“Il mito dell’Arte Reale nella cultura architettonica”); di Eliana Mauro, dirigente storico dell’Architettura all’Assessorato Beni Culturali della Regione Siciliana (“La Tavola di Cebete e l’ascesa dell’anima nel giardino simbolico”); della storica dell’arte Daniela Brignone (“Verità e simboli esoterici nell’arte in Sicilia”). Modera Giovanni Quattrone, segretario del Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Sicilia del Grande Oriente.

Fonte: GOI

lunedì 18 giugno 2018

A Roma la notte della Cabala


Kant e l'ebraismo. In libreria



L’essenza dell’ebraismo attraverso un confronto con la filosofia kantiana. Cohen racconta i valori fondamentali della cultura ebraica, collegando teoria, etica e pratica di vita.

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sabato 16 giugno 2018

Croce Rossa di Costantino. Messaggio del Gran Sovrano



Carissimi Compagni Cavalieri,

come voi sapete nella Assemblea Annuale del Gran Concilio Imperiale Unito della Croce Rossa di Costantino e degli Ordini dipendenti per gli Stati Uniti, il Messico e le Filippine dello scorso anno, era stato concesso, dopo lunghi anni di laboriose e non indolori procedure e passaggi, il riconoscimento provvisorio al nostro Gran Concilio Imperiale d’Italia della Croce Rossa di Costantino e degli Ordini dipendenti.
Confidando nella regolarità delle attività intraprese in questo anno e della conseguente prevedibile assenza di ulteriori impedimenti, ho partecipato, accompagnato e sostenuto dal Gran Tesoriere, Molto Illustre Compagno Cavaliere Luigi Lancia e dal Gran Segretario, Molto Illustre Compagno Cavaliere Angelo Mancini, alla 146ma Grande Assemblea Annuale del Gran Concilio Imperiale Unito della Croce Rossa di Costantino e degli Ordini dipendenti per gli Stati Uniti, il Messico e le Filippine.
Durante i lavori è stato confermato il riconoscimento al Nostro Nobile Ordine che ora è una entità indipendente ed autonoma.
Ciò che è stato riconosciuto oggi è il risultato di lavoro ed amore, di qua e di là di un Oceano, da parte di Istituzioni Massoniche, in cui, nelle persone che le rappresentano, sono prevalsi i valori volontà, fiducia e stima reciproche che negli anni si sono consolidate.
Di qua e di là dall’Oceano, Uomini, Fratelli, Compagni, Cavalieri hanno messo il proprio onore e credibilità a disposizione di un progetto che rischiava di soccombere ad invidie e personalismi.
Anche i più dubbiosi Compagni Cavalieri americani hanno dovuto riconoscere la serietà del nostro impegno e l’efficacia delle misure intraprese per onorare gli accordi stipulati, essi stessi in questi giorni si sono voluti unire, con calore, all’apprezzamento per il lavoro compiuto ed i risultati conseguiti.
Il Vostro sostegno, carissimi Compagni Cavalieri, è stato essenziale in questi anni, ha dato buoni frutti e ce ne riserverà di migliori.
Già da oggi sono arrivate richieste di reciprocità di riconoscimento da Gran Concilii esteri, cui daremo seguito tempestivamente.
La nostra indipendenza ci permetterà di operare per rendere il nostro Nobile Ordine ancora più prestigioso e, per questo, attendo i vostri suggerimenti e mi aspetto il vostro appoggio.
Non posso terminare questo messaggio senza porgere un ringraziamento speciale ai due Compagni Cavalieri che sono stati i pilastri di questo ponte che è stato gettato tra le sponde dell’Atlantico: di là l’allora Gran Sovrano Imperiale KC Steve Doan KGC, CGC, di qua il nostro Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Massoni dell’Arco Reale in Italia, Grand Lecturer GCI, Tiziano Busca.

Carlo de Rysky
Gran Sovrano

venerdì 15 giugno 2018

Francesco Baracca, il mito a cento anni dalla morte



Francesco Baracca, il mito a cento anni dalla morte. Incontro a Lugo, nato nel 1888 a Lugo di Romagna, morì a Colle del Montello, nel trevigiano, nel giugno del 1918. Il suo aereo, su cui era dipinto un “cavallino rampante”, fu ritrovato sulle pendici del Montello. In quei giorni era in corso una delle più violente battaglie della Prima guerra mondiale: quella decisiva. Gli austriaci avevano attaccato ancora una volta le linee del Piave, ma non erano riusciti a sfondare il fronte. L’esercito italiano passò al contrattacco e il nemico cominciò a ritirarsi. Ma sul Montello le forze austriache ancora resistevano a tutti gli assalti degli italiani. Si decise così di martellare le trincee nemiche con l’aviazione. Partirono il maggiore Baracca e il tenente Osnago. Baracca non fece ritorno: morì a trent’anni, combattendo per l’unità d’Italia. Era un libero muratore, apparteneva alla Loggia Dovere e Diritto di Lugo di Romagna e al Rito Scozzese Antico e Accettato.

A cento anni dalla morte Francesco Baracca, con il suo mito, quello di eroe indomito, di uomo avventuroso, sensibile allo sviluppo della tecnologia e della modernità, rivive a Lugo, il suo paese natale, per due giorni, il 16 e 17 giugno grazie a tre logge del Grande Oriente d’Italia che portano il suo nome e che hanno sede a Lugo, Perugia e Grosseto. Le tre officine, per le celebrazioni del centenario, hanno messo a punto un programma pubblico e uno dedicato esclusivamente agli esponenti del Grande Oriente.

Fonte: GOI

mercoledì 13 giugno 2018

«Il Cuore e la Fonte», il capolavoro di Nachman di Brezlav raccontato a Como da Nadav Crivelli



Mercoledì 27 giugno, alle 20.30 a Como un imperdibile incontro con Nadav Hadar Crivelli, uno dei più grandi cabalisti europei dedicato a «Il Cuore e la Fonte», il capolavoro di rabbi Nachman di Brezlav, che sapeva insegnare Cabalà e Chasidismo attraverso fiabe e leggende. Questo breve racconto tratta del segreto dell'essere lontani e vicini allo stesso tempo. La fiaba narra della montagna, sulla quale c'è una pietra, dalla quale nasce una sorgente. E del cuore presente in ogni cosa, il Cuore del mondo, un cui solo frammento contiene più essenza della natura del cuore di ogni altra cosa. E poi ancora del come Fonte e Cuore si trovassero lontano, ai due lati del mondo, l'uno rivolto sempre all'altra. La nostalgia del desiderio di raggiungersi! Il tempo non esiste per la Sorgente. La Sorgente non si trova affatto all’interno del tempo. La Sorgente ha tempo solo perché il Cuore gliene dà come dono, sufficiente per un solo giorno...
Informazioni ed Iscrizioni circa il costo e l'indirizzo del luogo dove terremo la serata: 335-6551041.

martedì 12 giugno 2018

« Nulla, dunque, di più utile all’uomo che l’uomo stesso»



« Nulla, dunque, di più utile all’uomo che l’uomo stesso: nulla, dico, di più eccellente per conservare il proprio essere gli uomini possono desiderare se non che tutti si accordino in tutto in modo che le menti e i corpi di tutti formino quasi una sola mente ed un solo corpo, e tutti si sforzino insieme, per quanto possono, di conservare il proprio essere, e tutti cerchino insieme per sé l’utile comune di tutti; donde segue che gli uomini che sono guidati dalla ragione, cioè gli uomini che cercano il proprio utile sotto la guida della ragione non appetiscono nulla per sé che non desiderino per gli altri uomini, e perciò sono giusti, fedeli e onesti»

B. Spinoza, Ethica

lunedì 11 giugno 2018

Tiziano Busca: «Se sei un uomo, se hai dignità di uomo, questa è l’ora».

Tiziano Busca con Fabio Zandri

C’è stato un periodo storico buio in cui il potere voleva ridurre l’uomo a cosa. Ne siamo usciti, per citare il massone Pietro Calamandrei, vincendo contro noi stessi, o meglio: ritrovando dentro di noi la dignità dell’uomo. Questa è stata la fiamma miracolosa che ha illuminato la nostra Costituzione: la scoperta del valore della libertà e della pace. La scoperta di diritti di cui non è possibile fare a meno, incluso l’affrancamento dal denaro e dal terrore. Ci siamo arricchiti di questo sentimento di uguaglianza morale, un’uguaglianza che è di ogni creatura umana, qualsiasi sia la nazione o la religione o il colore della pelle. La storia ci ha dato grandi appuntamenti che non abbiamo mai tradito abbiamo semmai, dimenticato le lezioni. Capita sempre più spesso. Capita, ed è capitato, anche che la Massoneria possa dimenticare che al suo ruolo di società iniziatica ha da sempre affiancato quello di palestra pre-ideologica delle democrazie. E non c’è contraddizione. Una visione teoretica, spiega ogni agire, si agisce, cioè, secondo un’etica teoreticamente orientata. E l’etica messa a sistema si chiama politica. Perché è lo Spirito di un popolo che fa le leggi. Una società che guarda all’eternità dietro l’apparenza delle cose non può non guardare le cose, per indicare una strada, una direzione. È un compito che non spetta solo ai religiosi, è un compito anche laico. Oggi più che mai dobbiamo stare vigili, la Massoneria deve stare vigile: “Se sei un uomo, se hai dignità di uomo, questa è l’ora”».

Così Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale - Rito di York in Italia.