venerdì 29 aprile 2016

La Grande Assemblea del Rito di York in Canada


Il Gran Capitolo dell’Arco Reale nella Provincia dell’Ontario in Canada, originariamente chiamato Massoneria dell’Arco Reale nel Canada Superiore, si riunì per la prima volta il 19 Gennaio 1857. Il rituale manoscritto veniva prestato al Gran Sacerdote di ogni Capitolo con notevoli restrizioni. Dai verbali del Capitolo Keith n.4 si comprende che il 'lavoro' o 'rituale' era conosciuto come 'The Locke Book' – 'Il Libro Chiuso A Chiave' che veniva fornito chiuso a chiave con un lucchetto. Nel 1925 la Chiave di Volta, tutt’ora utilizzata nelle cerimonie del Gran Capitolo, è  in pietra calcare proveniente dalle cave, scoperte nel 1853, della Palestine utilizzate da Re Salomone per costruire il Tempio di Gerusalemme. La 158^ convocazione annuale del Gran Capitolo dell’Ontario si è svolta a St. Catharines nei giorni 14-15 e 16 del mese di Aprile 2016 e per la prima volta presente l’Italia con il suo Gran Rappresentante Compagno Fortunato Antonio Gaudio del Capitolo Diapason Domenico Migliori n.22 di Cosenza. Nella giornata del 14, dopo la chiusura degli accreditamenti, si è svolta una cena informale  dando a tutti la possibilità di fraternizzare. La giornata del 15 inizia alle ore 9.30 con l’apertura rituale dei lavori e alle 10. Il Comp. Fortunato Antonio Gaudio, Gran Rappresentante dell’Italia ed il Comp. Dario Mancuso, membro del Consiglio e Rappresentante per l’Italia vengono annunciati per primi dal Gran Pursuivat (Grande Attendente Araldo) M.Ec. Comp. George Knapp e scortati all’Ara.




Il Comp. Gaudio viene presentato ai tre Grand Principals, Most Ex. Comp. Brian Van Sickle primo Grand Principal; R. Ex. Comp. Alan Donovan secondo Gran Principal e R. Ex. Comp. George Napper terzo Grand Principal ed invitato, dal Comp. Van Sickle, a prendere posto ad Oriente.




Di seguito vengono annunciati ed introdotti i First Grand Principal dell’Alberta, Nuova Scotia, Newfound Land e Labrador a seguire i Most Ex. Hight Priest di New York, Ohio tutti accompagnati da numerosi Grandi Ufficiali e Compagni. Per ultimo viene introdotto con i dovuti onori i Past Grand First Principals dell’Arco Reale del Canada nella Provincia dell’Ontario Comp. Alan F. Walker, Ronald Paddle, George Gilford, Ronald P. Mandeville e Michael J. Bowman.

I lavori sono condotti dal Most Ex. Comp. Brian Van Sickle e vengono affrontati argomenti di svariata natura: Istituzionale, Culturale, Finanziaria, Amministrativa, Borse di Studio, Ricerca Medica, Relazioni Pubbliche. Tutti gli argomenti furono discussi a pieno il 14 e riepilogati quale atto dovuto nei confronti di tutti i Compagni nella Riunione del 15.
Prima della relazione conclusiva del suo mandato il Most Ex. Comp. Brian Van Sickle concede la parola ai vari rappresentanti degli Stati Uniti e del Canada presenti e per ultimo al Gran Rappresentate dell’Italia sottolineando che è la prima volta che l’Italia partecipa ai lavori dell’Arco Reale del Canada nella Provincia dell’Ontario. Presa la parola il Compagno Gaudio porta i Saluti dell’Eccellentissimo Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell’Arco Reale in Italia Comp. Tiziano Busca, dei Grandi dignitari e di tutti i Capitoli Italiani.  Prosegue chiedendo al Eccellentissimo Comp. Van Sickle di raggiungerlo consegnandogli una medaglia ed un attestato che lo nomina Membro Onorario del Gran Capitolo italiano.


 

Terminata la prima parte della riunione e rientrati dopo un pranzo fugace l’assemblea prosegue con la trattazione di argomentazioni Costituzionali e di Giurisprudenza, il tutto condotto dai presidenti delle varie commissioni. Alle ore 15.30 sono terminati i lavori della giornata e dopo un meritato riposo ci si accinge a presenziare alla cena di gala.




Sabato 16 mattina alle ore 9.30 si riprendono i lavori e si procede con la proclamazione, a seguito della votazione effettuata il giorno prima, degli eletti quindi alla cerimonia di Insediamento dei tre Grand Principals nell’Ordine: Grand First Principal M. Ex. Comp. Alan Donovan; Grand Second Principal R. Ex. Comp. Georg Napper; Grand Third Principal R. Ex. Parar Suchak. Terminando con l’investitura dei 15 Sovrintendenti del Gran Capitolo.

Il neo eletto Grand First Principal Compagno Alan Donovan termina la sua allocuzione con un commosso ringraziamento augurando tutti un prospero cammino nell’Arco Reale.  Alle ore 13 vengono chiusi i lavori con una ritualità solenne.


Ye Olde Cheshire Cheese – Il più antico Pub di Londra

di Valentina Marelli



Qualche giorno fa, intanto che mi accingevo ad accendere il Pc per lavorare alla stesura del mio nuovo articolo per questo Blog, che avrebbe dovuto avere come argomento  un luogo appartenente al Romanico Marchigiano, sono stata interrotta dalle notifiche di Facebook che mi segnalavano i ricordi di tre anni fa e della mia visita a Londra.

Scorrendo le foto mi sono chiesta se ci potevano essere spunti per altri articoli pescando magari elementi che avevo sottovalutato e che mi erano sfuggiti. Ed ecco che mi compare l'immagine di me stessa in uno dei posti più magici della terra, il più vecchio Pub di Londra!
Ed allora, intanto che la mia mente iniziasse a ricordare tanto da riuscire a sentire in bocca il sapore del merluzzo fritto e della salsa Bernese, mi sono detta: perché non divergere dal percorso e scrivere su questo?
Anche perché in fondo cosa sono i luoghi dello spirito se non delle porte che, anche se solo per poco tempo, ci permettono un viaggio in un'altra dimensione?

Ye Olde Cheshire Cheese non è solo un Pub è una vera e propria macchina del tempo, vi entri in una delle tante giornate frenetiche della City e ti ritrovi catapultato in un'altra Londra, la Londra di cui hai letto nei romanzi di Charles Dickens,  la Londra di Jack lo Squartatore, la Londra dei lampioni alimentati a gas e che avvolgevano tutto nella loro suadente luce gialla.

Lo potete trovare al numero 145 di Fleet Street. Siamo nel centro di quello che un tempo fu il quartiere del Tempio, a due passi dalla famosa Temple Church. Esattamente su Fleet Street che all'epoca era un corso d'acqua, il Fleet appunto,  che permetteva ai Cavalieri del Tempio di raggiungere il largo con le proprie imbarcazioni.




Il pub non si affaccia direttamente sulla strada e bisogna infilarsi in un piccolo passaggio pedonale per raggiungerne l’entrata. Si tratta di uno dei pub più antichi di Londra, se non il più antico in assoluto. Fu ricostruito nel 1668, dopo il Grande Incendio di Londra, e negli anni divenne il ritrovo dei grandi intellettuali residenti nella capitale inglese. Come dice la targa accanto all’ingresso, fra i suoi habitué si ricordano: Mark Twain, Alfred Tennyson, Sir Arthur Conan Doyle, W.B. Yeats e perfino Charles Dickens, che si dice abbia preso ispirazione per i suoi personaggi dagli avventori del locale. Tuttora lo Ye Olde Cheshire Cheese ha conservato la sua impronta tradizionale, e quell’aria un po'In perfetto stile britannico all'entrata del pub è affissa una lista di quindici Re, e dunque quindici regni, attraverso i quali il pub è sopravvissuto.  tetra che caratterizza ogni pub inglese che si rispetti. L’interno è un labirinto di corridoi, stanze e stanzette, poste su vari piani e collegate da gradini di legno e scale a chiocciola. 




In perfetto stile britannico all'entrata del pub è affissa una lista di quindici Re, e dunque quindici regni, attraverso i quali il pub è sopravvissuto.


 

Facendo per un momento i conti a mente questo Pub esiste da “almeno” 349 anni, ed esiste da tutto questo tempo letteralmente e genuinamente immutato nella sua struttura! In un mondo in cui siamo abituati all'impermanenza dei luoghi fisici spazzati via dalla necessità di un continuo cambiamento che si fa via via sempre più frenetico; pensare che esiste un posto a questo mondo che è lo stesso da quasi 400 anni è stupefacente ed emozionante. 

C'è un unica cosa da fare veramente ed è entrarci e sedersi a prendere un birra, e per un attimo chiudere gli occhi e respirare quell'aria che sa della segatura sul pavimento e quell'odore di malto misto al sigaro che ha in 400 anni impregnato i muri e il legno, e se si ha la pazienza di aspettare ancora un po' ecco avvertire quel retrogusto di cera sciolta delle milioni di candele che  per anni sono servite ad illuminare le sale scure. È il chiacchiericcio degli avventori a riportarti alla realtà che solo all'apparenza risulta cambiata negli anni, seppur con abiti diversi reiterano una tradizione che è indenne al passare del tempo. 



giovedì 28 aprile 2016

Marco Rocchi a Lanciano

Si è svolta ieri a Lanciano la presentazione del libro di Marco Rocchi «Rinato nella pietra. Psicologia e antropologia dell'iniziazione massonica» (Tipheret) con Renato Galgano. Le conclusioni sono state affidate ad Andrea Maurizio del Capitolo Gesualdo De Felici. Il volume impreziosisce la collana di studio curata dal Capitolo di Studio del Rito di York, De Lantaarn, che ha pubblicato sin qui la collettanea La Massoneria. Una simbologia in movimento che ha inaugurato il progetto editoriale, e gli studi di Mauro Cascio, Cristiano Turriziani, Tiziano Busca.

Marco Rocchi

La sala

Angelo Maurizio


Il Marchio, nel percorso del Compagno

di A.M.
(Capitolo La Culma di Bergamo)

Tiziano Busca illustra il Nome Nuovo in ebraico

La muratoria, quella operativa è ed era rappresentata da una parte con la Squadra che identificava e simboleggiava i Tagliatori, mentre il compasso era di diritto simbolo dei Costruttori,  il loro insieme i due simboli erano e sono la rappresentazione del  completamento della muratoria. Mi sono perso in alcune ricerche che io ho trovato di certo portatrici di interesse.
Difatti ho appurato che nella metà degli anni 60 del XV secolo,  un profano poi Apprendista, che  entrava a far parte della Loggia l’età minima fu fissata a 14 anni di età e aveva la scelta di poter decidere in quale delle due vie  procedere per la sua crescita. Se sceglieva di essere un Tagliatore gli veniva fatto dono di una Squadra, se un Arch Mason o costruttore un Compasso. Il colore dei primi era l’azzurro, dei secondi il  Rosso.
Solo gli Arch Masons, i costruttori, erano abilitati alla costruzione di strutture che portavano alla realizzazione di ponti e archi, che come sappiamo anche oggi comprendono notevole arte e maggiore perizia nel crearli e comporli. Sino ai tempi più moderni sebbene l’arte dei costruttori fosse ben diversa e strutturata per il compimento di opere 'chiamiamole superiori',  per il principio basilare della Muratoria, non si vedeva la ragione di attribuire un diverso status ai primi a discapito dei fratelli tagliatori. Difatti al fine del compimento totale di trasmutazione interiore la Forza è una Luce di dignità non inferiore alla Bellezza, e la Sapienza è il necessario complemento di entrambe.
Di conseguenza, Tagliatori e Costruttori vivevano su persorsi binari e molto simili, la cui differenza più prorompente si celava nel rituale di passaggio al 2° grado: la Pietra che nel rituale dei Tagliatori risultava perduta era la Pietra Angolare, nel rituale dei Costruttori la Chiave di Volta.
È certo quindi giusto, dal punto di vista iniziatico considerare la 'Pietra Angolare' e 'Chiave di Volta' come equivalenti, e lo stesso vale per gli attrezzi corrispondenti, ovvero la Squadra e il Compasso.
Nel passaggio alla Massoneria speculativa, si verificarono due fenomeni: la gran parte del simbolismo dei Tagliatori  venne accolto dalla Massoneria Azzurra, mentre parte del simbolismo dei Costruttori dalla Massoneria del Marchio.
Cambiamenti Considerevoli che non portarono certo ordine su molti aspetti del simbolismo massonico, e in particolare riguardo la collocazione di Compasso e Squadra. Gli Apprendisti tagliavano ed estraevano le pietre e il loro lavoro era principalmente  lo sgrossamento della stessa, Il compagno invece  interveniva e le levigava sino a quanto non gli sembravano pronte al loro uso presentandole al duro giudizio dei Sovraintendenti o in rari casi al Maestro. Qui abbiamo un punto focale di svolta, infatti si puo’ notare come il grado di Compagno d’Arte nacque e di certo si sviluppò tra gli operai delle Cave, quindi lo definirei il grado operativo per eccellenza e ad oggi purtroppo per i vari turbinii interni alla Massoneria dell’inizio, quindi con la nascita della speculatività i vari suoi perfezionamenti vennero cancellati del tutto fino a solo ritrovarli nei gradi collaterali della Massoneria del Marchio. A questo punto ci sarebbe molto da dire tra le ipotesi che poi hanno portato alla nascita e semplificazione di questo grado come lo si conosce oggi. Solo i rituali Emulation  tentano di tener vivo quelle tradizioni difatti per ogni passaggio rituale vengono consegnati  i giusti attrezzi al Fratello, quelli che poi dovrà usare per il suo lavoro,  al Compagno viene affidata la Squadra,  questo ci porta ad affermare che il Compagno è conoscitore per l’appunto della squadra.
 Nella massoneria Operativa, il Marcatore, detto anche, non a caso Compagno Esperto era sottoposto all’autorità del Sovraintendente. Un buon passo di una lettura che mi ha affascinato e stimolato alla tracciatura di questa tavola riporta:
Per il passaggio al grado di Compagno, il Candidato doveva preparare una rozza Pietra Squadrata come campione del suo lavoro, e il Sovraintendente ai materiali, doveva esaminarla prima che potesse entrare. Doveva portarla con sé quando entrava nella Loggia, e dichiarare che quella era tutto il suo lavoro. Gli veniva chiesto il segno e la parola di passo: Banai, Costruttore.
Manterrai Segrete le oscure e intricate Parti della nostra Scienza, non dischiudendole a nessuno tranne a coloro che già le studiano e le utilizzano.
Gli veniva poi consegnato un Regolo dell’esatta misura di un cubito, e veniva indirizzato all’angolo nord-est della Loggia perché provvedesse a completare la rifinitura della sua Pietra rozzamente squadrata; dopodiché questa veniva riesaminata dall’Ispettore e finalmente accettata, al che gli veniva comunicata la parola di passo.
Dopo un anno da Compagno, si poteva accedere al perfezionamento di Compagno del Marchio, il Candidato veniva condotto intorno alla Loggia per tre volte, e prestava giuramento inginocchiandosi di fronte alla Pietra Squadrata che aveva portato con sé.
Poi arriviamo agli Erettori: troviamo in certe Gilde un grado detto Bonai, i cui membri erano Collocatori ed Erettori. Il rituale di avanzamento a questo grado era uno dei più complessi in assoluto della muratoria operativa, ma vale comunque la pena di darne alcuni cenni.
Il Candidato dichiarava di essere una pietra marchiata e di cercare avanzamento; dopo varie difficoltà, veniva sollevato un velo che celava la parte occidentale del Tempio, e gli era dato finalmente di vedere i tre Gran Maestri seduti all’Occidente fianco a fianco.
Ora cerchiamo di fare un po di ordine in queste idee e ricerche sparse, si potrebbe affermare che dei Vari 'compagni' trovati nel nostro viaggio  il Compagno 'semplice' conosce la Squadra in modo approssimativo, non siamo neanche certi se i pezzi lavorati siano poi sottoposti alla sovraintendenza dei più Esperti Compagni, ma non credo, infatti qui non si ha la conoscenza di un Marchio con cui identificarli, e possiamo supporre che il suo ruolo si limiti a una seconda sgrossatura delle pietre.
Diversa è  la situazione per il Marcatore, che in virtù della sua perizia acquistava il diritto di apporre sulla pietra un marchio di identificazione. Del suo rituale di iniziazione conosciamo soprattutto la versione 'dei Costruttori', ma effettuate le debite trasposizioni l’impressione è che il frutto del suo lavoro sia ancora circondato  da parte dei  più anziani da un alone di diffidenza, e sottoposto a controlli molto severi e; solo nel grado successivo  del Costruttore,  la sua perizia viene pienamente riconosciuta.
I gradi di Marcatore e Costruttore corrispondono, nell’odierna Massoneria del Marchio, ai gradi di Operaio del Marchio e Maestro del Marchio.
A quanti chiedono come mai l’antico grado di Operaio del Marchio sia stato ben difeso fino a noi,  Un Compagno Erudito ha dato come risposta: la sua trasmissione è un preliminare necessario perché il Fratello possa meritare il Marchio  infatti, sebbene nella Massoneria Azzurra il Compagno sia stato provvisto degli attrezzi necessari per lavorare la sua Pietra, molte cose ancora non gli sono state insegnate, e in particolare l’uso della Squadra.
Quando un Fratello chiede di essere avanzato nel Marchio, tanto il Candidato quanto i due Compagni che lo accompagnano si presentano davanti ai Sovraintendenti portando le pietre da loro lavorate, e questi la studiano e usano la squadra per verificarne l’esattezza del loro lavoro. Fino a che punto la superiorità fondata sull’uso di questo attrezzo sia considerata importante, risulta chiaro nella cerimonia di Installazione dei Maestri Venerabili delle Logge del Marchio:
dopo la morte del nostro Maestro Hiram Abi nelle circostanze da voi gia conosciute, fu indispensabile elegere un nuovo Maestro per presiedere al posto suo.
Tuttavia, per ragione di un grande numero di Compagni competenti ed intelligenti, era difficile sceglierne uno senza offendere gli altri.
Fu allora deciso di selezionare nel giro dei Maestri Muratori del Marchio dodici fra quelli che avevano gia esercitato la funzione di Sovrintendente, considerati superiori agli altri.
In altre parole, i soli Compagni considerati idonei ad aspirare al soglio di Hiram sono i Sovraintendenti, ovvero coloro che conoscono l’uso della Squadra.
Fu loro detto di recarsi l’indomani mattina in un luogo determinato. Fu inoltre deciso che quello che prima avrebbe visto i raggi del sole sarebbe stato riconosciuto Maestro per occupare il posto di Hiram. Mentre la maggiorparte di loro guardavano verso l’Est, un Fratello si girò verso Ovest, proteggendosi gli occhi dalla crescente e abbagliante luce,  e vide un raggio di sole colpire il  Tempio. Cadde immediatamente sul ginocchio destro e fu immediatamente riconosciuto come legittimo successore di Hiram Abi.
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mercoledì 27 aprile 2016

La Montagna Incartata

di Luigi Malgherini


La Grande Assemblea del Rito di York a Cipro

I Compagni del Grand Chapter of Royal Arch Masons del Rito di York di Cipro hanno svolto la loro tradizionale Grande Assemblea. Lo comunica al Sommo Sacerdote italiano, Tiziano Busca, il Grand Secretary Constantinos L. Agrotis. «Certi di poter presto avere occasione di poter lavorare insieme», ha scritto. Era presente il Generale Gran High Priest Louis Bartrand. Anche questo vuol dire essere il Rito più praticando nel mondo.

















Simbologia gnostica ed esoterica della fiaba "Hansel e Gretel"

di Douglas Swannie


A molti di voi sarà familiare la fiaba di Hansel e Gretel. 
Faccio un riassunto della trama per chi non la conoscesse: vicino ad una foresta vive un taglialegna con sua moglie e due bambini, Hansel e Gretel. Muore la madre dei bambini e il taglialegna si risposa. È una famiglia molto povera, e a causa di una carestia, i due bambini escono per cercare del cibo. Ad essere precisi è la matrigna che suggerisce di portare i due bambini nella foresta e abbandonarli, ma i bambini sentono di nascosto questa atroce proposta, e quindi Hansel decide di raccogliere dei sassolini bianchi cosicché possano lasciare una traccia per ritornare a casa. Poiché egli riesce nel suo intento, i due bambini vengono riportati nuovamente nel bosco, ma portano con sé, questa volta, una fetta di pane, con cui marcano il sentiero lasciando cadere briciole lungo la strada. Tuttavia le briciole vengono mangiate dagli uccelli, e così i due bambini si perdono nella foresta. Dopo aver vagato per un po’, essi giungono, con l’aiuto di un uccello bianco che li guida (un meraviglioso simbolismo!), ad una piccola casa fatta di pan di zenzero e dolci, e Hansel ne stacca un pezzo per mangiarselo.
Improvvisamente la porta si apre e ne esce una vecchia che li invita a entrare. Li nutre con montagne di frittelle e frutta e poi li mette a letto. Quello che Hansel e Gretel non sanno è che la vecchia è una malvagia strega che li sta ingrassando così da poterli utilizzare nel suo piatto favorito: “bambini arrostiti”! I bambini vengono fatti prigionieri (Hansel è rinchiuso in una gabbia, mentre Gretel è ridotta in schiavitù) e la strega continua a dar da mangiare a Hansel, ma quando gli ordina di sporgere il suo dito attraverso le sbarre per vedere se sta ingrassando, Hansel imbroglia la strega mezza cieca sporgendo un osso secco al posto del suo dito. Infine, con una stratagemma, Gretel riesce a spingere la strega nel forno, preparato proprio per cuocere suo fratello, e a liberare Hansel. I due bambini trovano il tesoro della strega (una cascata di perle e pietre preziose), se ne riempiono le tasche e cercano di trovare la via di casa. Giungono ad una grande distesa di acqua, e un cigno bianco li fa traghettare: approdati dall’altra parte riconoscono la zona come i dintorni di casa loro, e qui arrivano con immensa gioia del loro padre, che li informa che la matrigna è morta nel frattempo (alcuni commentatori suggeriscono che la matrigna e la strega sono metaforicamente la stessa persona, perché la matrigna muore giusto quando i bambini uccidono la strega). E, come in tutte le fiabe, “vissero felici e contenti”.
Una grande storia di involuzione e di evoluzione! 
La casa del taglialegna è il mondo spirituale o divino, da dove tutti veniamo e dove alla fine tutti ritorneremo. La presenza nella storia della matrigna – notare come nelle fiabe le matrigne sono sempre cattive – indica simbolicamente l’esistenza materiale, il corpo fisico, nel quale sono discesi l’anima (Gretel) e lo spirito umano (Hansel). NB Nell’antica simbologia l’anima (cioè la mente, che ha impressa l’immagine divina o spirituale della nostra creazione e della nostra perfettibilità) è sempre femminile, mentre il spirito (o forza della vita) è sempre maschile. In due punti del racconto si nota la presenza di un uccello bianco, un chiaro segno della guida divina (lo Spirito Santo). 
La casa di pan di zenzero sembra così invitante, ma è come il Paese di Oz (nel libro Il Mago di Oz), cioè un mondo strano, pieno di colori, meraviglioso, eppure spaventoso, ma non è il mondo “reale”, non è la loro “vera” casa. In ogni caso, l'anima e lo spirito entrano nel corpo fisico (la casa di pan di zenzero), ma, come capita anche a noi, si rendono conto che è come una vera e propria casa-prigione, in cui possono accadere, e purtroppo accadono, cose molto malvage (del resto, non è così anche nella vita terrena?). Come Gretel, siamo incatenati in uno stato di schiavitù, e ciò è in larga parte dovuta alle nostre false identità, ai nostri falsi sé, che erroneamente pensiamo essere la “persona reale” di ognuno di noi. La strega rappresenta simbolicamente tutte quelle forze negative, che cercano di sopraffare, o addirittura distruggere, lo spirito umano (Hansel); cose come le dipendenze, le cattive abitudini, le ossessioni, le compulsioni, l’attaccamento e il desiderio di tutti i tipi. Si noti, inoltre, il simbolo della strega cieca che palpa un osso secco: ciò rappresenta tutte quelle forze negative che sono cieche al nostro vero spirito. Credo inoltre che l'osso secco simboleggi soprattutto quell’intellettualità arida, che non è mai capace di discernere o conoscere le verità spirituali. Abbraccio fermamente l'uso della ragione nella soluzione dei problemi umani, ma c'è qualcosa di terribilmente triste e inadeguato nella ragione e nell’intellettualità arida, senza saggezza spirituale. 
Il fuoco nel forno rappresenta simbolicamente un evento o in momento speciale, in cui l'anima (Gretel) si risveglia --- e trova la libertà. Le ricchezze spirituali (simboleggiate dalle pietre preziose) sono alla nostra portata, ma prima dobbiamo attraversare la Grande Acqua (cioè la morte). L’anima e lo spirito alla fine vengono traghettate (il cigno bianco è uno psicopompo, come Hermes, Osiride, Lúg, Odino e Caronte), e sul lato opposto c'è …la Casa Eterna.

Un libro sull'alchimia



Pur risentendo della prospettiva positivista e della volontà dell’autore di collegare l’alchimia alla scienza medica o farmaceutica, vi sono degli aspetti che non possiamo non prendere in considerazione. Tra i vari insegnamenti e riflessioni che questa dissertazione offrono all’attenzione dei lettori troviamo quello di un possibile approccio allo studio delle così dette scienze occulte. In uscita per Tipheret.

Nati nella porpora



Dopo Il Bimbo e la Quercia, continua la storia appassionante di Berengario da Paradyse, ultimo allievo del grande teologo tedesco Meister Eckhart. Fuggendo dall'Inquisizione, Berengario è giunto a Costantinopoli dove viene chiamato alla corte imperiale come precettore dei giovani principi. Il destino legherà la sua vita al declino dell’Impero di Bisanzio, dilaniato dalla guerra civile, mentre gli Ottomani minacciano i suoi confini. D’ora in poi Berengario sarà diviso tra la ricerca spirituale e la lotta per salvare l’Impero.
La voce narrante è quella di Eirene, sua moglie, sorella del ministro imperiale Demetrio Kydones. È lei ad accompagnarci in questo viaggio pieno di misteri e colpi di scena in un mondo al tramonto, visto attraverso gli occhi di una donna, dipingendo un quadro affascinante che, dopo il primo volume imperniato sul misticismo di Eckhart, svela l’arcana spiritualità dell’Ortodossia greca e del Monte Athos. Prossimamente in libreria per Tipheret editore.

A due mesi dalla scomparsa di Alfonso Lo Canto

A due mesi dalla scomparsa del Comp. Alfonso Lo Canto, che sedeva tra le colonne del Capitolo Laos all'Oriente di Scalea, l'affettuoso ricordo del Sommo Sacerdote Tiziano Busca, di tutto il Gran Capitolo dei Maestri dell'Arco Reale del Rito di York e della redazione del Blog.

martedì 26 aprile 2016

Psicologia e alchimia: un convegno


Quando ero un bimbo di luce, tutti i colori vennero a bussare


Il celebre mosaico di Lod

Quando ero un bimbo di luce
tutti i colori vennero a bussare:
“Apri, apri”
dicevano alle mie pupille clementi,
e gareggiavano per rifrangersi
blu dentro il blu.
Il sole del crepuscolo mi scorse
suoi raggi come due trecce chiare
di bambine che conducono
una vacca con un vincastro.
Nella città di Lod
quando ero un bimbo di luce
le cime
mi sollecitavano:
“Sali, Sali”,
nell’abbraccio delle nostre vette.
Tutti gli steccati erano più bassi di me
basso
Quando ero un bimbo di luce
le distanze
mi assorbivano
nella rapidità
di un altro tempo.
Erez Biton
Da Canti di cecità, 2013

Erez Biton Nasce in Algeria nel 1942. La sua famiglia fugge dal paese nel 1948 e si trasferisce in Israele, prima in una baraccopoli e poi nella cittadina di Lod. Qui, ancora bambino, giocando con una granata, residuo bellico della guerra d’Indipendenza, Biton rimane gravemente ferito e perde la mano destra e la vista. Si laurea in scienze sociali e comincia a lavorare come giornalista. Presidente dell’Associazione scrittori israeliani, è una delle prime voci della lirica detta “mizrahi”, nonché una delle più originali. Emerge nel periodo in cui l’élite sionista si riconosceva solo attraverso l’identità europea e occidentale, ignorando o emarginando la ricca e millenaria cultura di centinaia di migliaia di nuovi immigrati dei paesi arabi. Nel 2015 Erez Biton ha vinto il Premio Israele per la letteratura e la poesia.

Sarah Kaminski, Università di Torino


Fonte

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Nuova edizione di «Per colloquia aedificare»



Parte a maggio il nuovo ciclo di “Per colloquia aedificare”, la rassegna culturale curata dalla Loggia Pitagora-Ventinove Agosto (1168) di Palmi che nel 2016 ha raggiunto la sedicesima edizione. Sono tre gli appuntamenti in programma che quest’anno sono dedicati al tema “Initium, tra percorsi, sogni e segni”. Intervengono: il 27 maggio, il presidente del Collegio Circoscrizionale della Calabria, Marcello Colloca; il 14 ottobre, il Gran Maestro Onorario Ugo Bellantoni; l’11 novembre il Primo Gran Sorvegliante Antonio Seminario.

Per tutti gli incontri, riservati agli esponenti del Grande Oriente d’Italia, appuntamento alle ore 19 nella casa massonica di Palmi.

lunedì 25 aprile 2016

È morto Angelo Pibiri

Con grande dolore e profonda tristezza comunichiamo il passaggio all'Oriente Eterno del Carissimo Compagno Angelo Pibiri, Maestro dell'Arco Reale del Capitolo Janua n.15 di Genova e Maestro Venerabile della R.'.L.'. Simone Schiaffino n.93 all'Oriente di Camogli. 

venerdì 22 aprile 2016

Collegiata La Pieve di San Ginesio

di Valentina Marelli



Proseguendo il nostro viaggio attraverso i siti romanici delle Marche non poteva assolutamente mancare una visita alla Pieve di San Ginesio

San Ginesio è un comune italiano di 3 746 abitanti della provincia di Macerata nelle Marche. Fa parte del circuito de I borghi più belli d'Italia ed è anche uno dei 184 comuni che possiede il marchio turistico-ambientale della Bandiera arancione. La città è dedicata a San Ginesio martire protettore degli attori degli artisti e patrono della Diocesi di San Miniato. Il corpo del martire riposa all'interno della Collegiata, uno dei monumenti più interessanti di tutto il territorio maceratese.
La facciata della Collegiata La Pieve di San Ginesio si presenta con un solo magnifico portale in travertino corrispondente alla navata centrale; essa è suddivisa in due parti di cui quella inferiore, di stile romanico, è la più antica. A pochi centimetri dal riquadro esterno del portale inizia la parte superiore di stile gotico realizzata oltre 300 anni dopo la costruzione della chiesa.  Anche qui assistiamo al passaggio del tempo in cui, per motivazioni estetiche e di ristrutturazione legate a motivi strutturali sono largamente evidenti segni di rimaneggiamenti e ricostruzioni che segnano il passare dei secoli. Ma è opinioni di storici, e cultori dell’arte in generale legati al territorio, che tali rimaneggiamenti siano stati attuati allo scopo di nascondere evidenti collegamenti presenti tra questo edificio e i più noti Cavalieri Templari, che proprio in questa provincia, da documenti storici ritrovati, avevano ingenti possedimenti. È interessante sottolineare come, a differenza di quello che avvenne in altre regioni, qui nei processi che ebbero come protagonisti gli sfortunati Cavalieri si astennero dall’usare la tortura come metodologia di indagine al fine di estorcere delle confessioni, e quasi tutti i Templari furono assolti. Non impedì invece che i loro beni passassero agli Ospitalieri ed ai Cavalieri di Malta, non impedì il tentativo di eliminare, quanto fu più possibile, le loro tracce. La nostra fortuna è legata all’interesse ed alla passione di molti ricercatori Ginesini che si sono spesi in prima persona proprio per cercare di riscoprire un percorso di senso ancora attivo, che ricolleghi questo edificio con le gesta dei Cavalieri, molti come il Prof. Giovanni Cardarelli, scomparso nel 2015, hanno cercato , hanno con un attento esame di ricostruzione storica, tentato di dimostrare che la Collegiata, nel suo assetto originario, fu opera dell’Ordine legato a Bernanrdo da Chiaravalle, e come attenti ricercatori, dopo aver spulciato le fonti storiche alla ricerca delle prove, si sono attivati in prima persona andando a cercare le risposte li dove solo i veri cercatori osano: nella pietra.
In tale percorso è di notevole interesse il testo del Cardarelli “ Il Mistero dei Templari a San Ginesio” di cui ci siamo serviti.

Il primo elemento in cui ci si imbatte è appunto una mano che regge un globo (espressione plastica della potenza divina), che è presente sul portale in alto sulla sinistra:



L’interno della Collegiata appare come “una galleria – scrive Febo Allevi – dove sei invitato a osservare i segni che dopo il Mille ogni secolo ha voluto imprimervi senza evidenti contrasti”. Questi segni iniziano a pochi centimetri dall’ingresso principale, nella controfacciata sinistra, con un’edicola affrescata da Stefano Folchetti, un pittore ginesino vissuto tra la seconda metà del Quattrocento e la prima del secolo successivo, il quale vi ha dipinto una Madonna in trono tra due santi e col bambino. L’affresco, di cui riportiamo un immagine, suscitò un forte interesse nell’allora Storico ed Archivista del Clan Sinclair Ian Sinclair, che fu portato a visitarla da alcuni soci fondatori del Clan Italia. Come si evince chiaramente dall’immagine quello che salta di più agli occhi è l’enorme Coppa che la Donna reca nelle sue mani, possibile riferimento al Graal, o altrettanto possibile riferimento all’ampolla di Maria Maddalena. Ciò che è evidente è la mancanza di proporzione del dipinto, la Coppa infatti è sovradimensionata rispetto agli elementi che compongono l’affresco, quasi come se il pittore volesse darle un posto di rilievo all’interno della composizione.




Nelle memorie degli storici locali si legge che: “ Intorno al secolo decimoprimo (1098) esisteva già una grande chiesa edificata dove il colle su cui si distende l’ampia piazza, attualmente intitolata ad Alberico Gentili, comincia a digradare verso il rione Trenzano. Il maestoso edificio, che, come tutte le chiese del periodo paleocristiano e dell’età di mezzo, fu eretto con la facciata rivolta a ponente e l’abside a levante, risulta adagiato per intero su un declino dal terreno scarsamente compatto che non di rado ha causato fenomeni di instabilità alle strutture murarie, nonostante la loro perfetta progettazione. I materiali con cui esso venne edificato furono reperiti in loco e si ridussero sostanzialmente a due: pietra calcarea proveniente dai vicini monti del preappennino e pietra arenaria, impiegata soprattutto nei muri esterni, abbondantissima anche nelle immediate adiacenze del paese”.  Gli studi del Prof. Cardarelli si sono incentrati sui capitelli che adornano le colonne della collegiata, capitelli che a suo avviso sono sopravissuti alla scalfitura dell’Inquisizione e che mostrano simboli evidenti di matrice Templare, come il
Fiore della Vita o Esapetalo che resta uno dei simboli più diffusi nelle chiese templari, e che è un vero e proprio marchio o contrassegno intenzionale per comunicare una precisa presenza.
La Palma simbolo presente nel Vangelo di Giovanni, albero tipicamente orientale simboleggia il pellegrinaggio in Terrasanta, ma è altresì il simbolo della rigenerazione, della vittoria della Vita sulla Morte, simbolo quindi attribuito alla Resurrezione del Cristo.
Il Serpente simbolo della vita  e delle forze presenti in ciascuno di noi, è strumento di salute, ma elemento maggiormente importante, come non manca mai di sottolineare Massimo Agostini Vice Presidente del Clan Italia, simbolo legato a Maria Maddalena perché rappresentazione della tribù di Dan.  
La chiesa riserva un’ultima emozione: la cripta, denominata Oratorio di San Biagio, presenta affreschi di notevolissimo interesse. Alcune pitture, datate e firmate, si devono al pennello di Lorenzo Salimbeni, e hanno assunto di recente non poca rilevanza per definire meglio la personalità pittorica del severinate che, come è noto, lavorò spesso in collaborazione col fratello Jacopo. 


Sul lunettone di fondo dell’Oratorio di San Biagio, è rappresentata la Vergine in trono tra Santo Stefano lapidato e San Ginesio in atto di suonare il violino.


L’immagine che vedete testimonia la visita di Ian Sinclair alla Collegiata accompagnato da Guido Vitali, Sven Bohen ed Estefania Monti e Fabio Zandri, tra gi altri, rimase particolarmente colpito dal ciclo di affreschi, non solamente per la pregevole fattura ma anche per aspetti legati alla simbologia nella quale intravedeva riferimenti di matrice alchemica. 

Il lavoro di studio da fare su questi affreschi è ancora lungo e faticoso, ci auguriamo di riuscire un giorno a portarlo avanti e di poter pubblicare in questa rubrica un altro articolo che riguardi proprio San Ginesio. 


giovedì 21 aprile 2016

Ancora calunnie e disinformazione al Tg1. La risposta di Bisi



Il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi ha indirizzato una ferma lettera di protesta al Procuratore aggiunto di Palermo, dottoressa Teresa Principato, in merito alle dichiarazioni rese dal magistrato al Tg1 nell’edizione delle 20.00 di domenica 17 aprile. Rispondendo ad una domanda della giornalista sulla rete di protezione che circonderebbe Il latitante Matteo Messina Denaro, il procuratore ha detto: «È coperto da mafia, massoneria, settori della borghesia professionale ed imprenditori».

Il Gran Maestro Bisi si è detto sconcertato ed indignato per una dichiarazione così semplicistica e generica che accomuna tutta la Massoneria come in odore di mafia. «Un’affermazione, secondo me, generica ed estremamente grave – ha scritto Bisi al Procuratore – che ha creato nel sottoscritto e nei 23mila fratelli dell’Istituzione massonica che rappresento un grande imbarazzo e, se mi consente, una fortissima e legittima indignazione. Mafia=Massoneria e massoni=mafiosi è un’equazione che non si può fare in maniera così semplicistica, e tirando in ballo tutti coloro che fanno parte della Libera Muratoria Universale».

Ed ha aggiunto: «Noi del Goi siamo per la legalità e combattiamo i mostri della ndrangheta, della camorra e della mafia. Noi siamo fedeli alla Repubblica ed ai suoi valori. Da qualche mese in tante località italiane si stanno svolgendo dei convegni in cui celebriamo l’ormai prossimo 70° anniversario della nostra amata Repubblica. Ecco perché siamo rimasti sconcertati nel sentire dire certe parole. Se ci sono delle prove di collusione bisogna agire contro quei soggetti ed evitare di sparare nel mucchio…
La Procura della Repubblica di Palermo, di cui Lei è componente autorevole, deve continuare con decisione e con tutti i mezzi che ha a disposizione le indagini per arrivare alla cattura dei latitanti e al trionfo della Giustizia e della Legalità. Ma deve esercitare il suo operato senza creare problemi ed esporre anche a pericolosi rischi d’incolumità, vista la difficile epoca che stiamo vivendo, Istituzioni e persone che nulla hanno a che vedere e a che fare con la criminalita’ organizzata.

Per questo, Egregio Procuratore, Le chiedo vivamente in futuro di evitare incresciose e infamanti generalizzazioni. Non lo meritano le migliaia e migliaia di massoni che lavorano con trasparenza fuori e dentro i templi della Fratellanza e dedicano il loro tempo e il loro sacrificio a creare una sola rete di protezione: la tutela dell’Umanità».

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Il Gran Maestro del Grande Oriente di Francia ospite di Le Figaro

Daniel Keller

Laicità. Il Gran Maestro del Grande Oriente di Francia Daniel Keller è stato intervistato nei giorni scorsi da Le Figaro. C’è un certo immobilismo da parte del governo su questi temi e la Massoneria francese viene chiamata a dire la sua.

Guarda l'intervista

mercoledì 20 aprile 2016

Rugby e Massoneria



Massoneria e Rugby. Lo avreste detto mai? Che ci fosse una relazione, intendiamo. Sul piano simbolico, in una rete furbetta di senso, tutto c’entra con tutto, per cui operazioni di associazioni semantiche anche impervie tutto sommato sono sempre legittime. Il gioco di squadra, l’armonioso comporsi degli individualismi, la grinta e la forza, la meta. In realtà è stato pubblicato uno studio più analitico dove il guadagno della riflessione è oggettivamente proficuo. Ma c’è di più, pare, e qui aumenta la seduzione, che tutto abbia anche robuste radice storiche.

Leggi qui lo studio

I poeti e gli scienziati. Tutti a guardare le stelle



Si è svolta ieri a Pesaro, nella sala del Consiglio provinciale ‘Pierangeli’ una conversazione tra Marco Rocchi e Marco Pivato, autore del volume «Noverar le stelle. Che cosa hanno in comune scienziati e poeti» (Donzelli). Un dibattito interessante sulla scienza e sulla poesia. La vera oggettività che ci accomuna in fondo è quella che siamo tutti meditatori seduti in un universo che si muove e che ci interroga e tutti proviamo a rispondergli e fargli domande a nostra volta ed è qui che entra la soggettività. Quello che lo psichiatra Jung chiamava processo di individuazione. 

martedì 19 aprile 2016

Rito di York: ecco la locandina ufficiale della Grande Assemblea 2016


In attesa del Talmud



In attesa della seconda edizione, visto che molti si interrogano sulla complessità e sulla natura del Talmud, vi intratteniamo con una classica barzellettina talmudica...

«Insomma, mi vuoi spiegare una buona volta cos’è questo vostro famoso Talmud?».
«Non è così semplice, ma forse con un esempio capirai. Dunque, due spazzacamini scendono dal camino: uno tutto sporco, l’altro tutto pulito. Chi va a lavarsi?».
«Be’, quello sporco, ovviamente».
«E invece sbagli. Quello sporco vede l’altro pulito e quindi crede di essere pulito, mentre per la stessa ragione quello pulito vede l’altro sporco e quindi va a lavarsi».
«Ah, ho capito».
«Aspetta, non è finita. Due spazzacamini scendono dal camino: uno tutto sporco, l’altro tutto pulito. Chi va a lavarsi?».
«L’hai detto ora: quello pulito».
«Sì, ma tieni presente che quello sporco vede che quello pulito va a lavarsi. Quindi ne deduce che quello pulito crede di essere sporco perché ha visto il collega sporco, per cui a questo punto anche quello sporco va a lavarsi».
«Ah, ho capito».
«Aspetta, non è finita. Due spazzacamini scendono dal camino: uno tutto sporco, l’altro tutto pulito. Chi dei due va a lavarsi?».
«Tutti e due!».

«Ma scusa: ti sembra possibile che dallo stesso camino uno scenda sporco e l’altro pulito?!».

Il Talmud: http://bit.ly/1pUsjkp
 Tutte le librerie dove trovarlo (tra qualche giorno): 
http://bit.ly/1SV8Fw4.

I veri esseni. Un seminario residenziale di Nadav Crivelli



Un seminario di fine settimana, il 7 e 8 maggio, ad Eurasia, sopra Biella, sul soggetto:  «I veri Esseni». Questo seminario è l'ultima occasione per partecipare a questo importante soggetto. Infatti per tutto il 2016 e per i primi mesi del 2017, Nadav Crivelli non lo rifarà in Italia. Chi è interessato veramente è invitato a non perdere questa occasione.
Gli Esseni erano un vasto gruppo di mistici, contemplativi, cabalisti, terapeuti, che viveva nella Israele di 2000 e più anni fa. Oggi stanno riemergendo i poli principali dei loro preziosi insegnamenti. Si tratta di stili di vita, metodi di purificazione, tecniche di meditazione e di preghiera. Essi inoltre utilizzavano pietre, cristalli ed oli essenziali. Gli Esseni conoscevano perfettamente le Scritture ebraiche, parlavano aramaico, ed conoscevano i segreti della Cabalà.
Durante il week-end Crivelli riproporrà la riscoperta di parte di questi tesori, il cui scopo principale, lo ricordiamo, era di guarire corpo ed anima dei malati, di alleviare le sofferenze.
Tra quanto verrà svolto durante il seminario:
- I 18 respiri. Una serie di respirazioni e di frasi mantriche che attivano altrettante lettere ebraiche nel nostro profondo.
- Il Padre Nostro in aramaico. Pur essendo la preghiera più importante dei Vangeli, essa è uno scrigno di insegnamenti universali, che si rivelano solo dove letta, cantata e compresa nella sua lingua originale. «Sia santificato il Suo Nome», di che nome si parla, e come santificarlo?
- Le Beatitudini e l'Albero della Vita. Nel Discorso della Montagna, nelle versione narrata da Matteo, compaiono nove Beatitudini. Il loro più vero e profondo significato è quello di descrivere un viaggio attraverso le Sefirot dell'Albero della Vita, un viaggio che culmina con il trasformarsi dell'umano in Divino
- riti di guarigione e di purificazione, basati sui quattro elementi
- gli undici oli essenziali tratti dalle componenti dell'incenso del Tempio di Salomone. Gli Esseni erano maestri di aromaterapia, e custodi dell'utilizzo spirituale dell'incenso del Tempio. Non a caso, agli inizi degli anni '90, a Qumran, il quartiere generale del movimento esseno, l'archeologo Vendyl Jones e la sua equipe trovarono un silos contenente circa 600 kg di una sostanza organica rosso-bruna, che risultò essere costituita dalle 11 spezie dell’Incenso (QETORET), che veniva bruciato sull’Altare del Tempio e del Tabernacolo.
Si faranno esperimenti di meditazione con ognuno di loro, e offriremo una serie di casistiche nelle quali quegli oli diventano dei balsami terapeutici.

Due parole sul luogo dove si svolgerà. Si tratta di un luogo unico in bellezza, silenzio e atmosfera adatta agli studi spirituali. La struttura può ospitare parte del gruppo, ma ci sono diversi agriturismo nelle immediate vicinanze. Il luogo è molto bello, è a quasi mille metri ed offre una vista bellissima sulla sottostante pianura padana. Il vitto sarà vegetariano e in massima parte biodinamico.
Infoline 335-6379050

lunedì 18 aprile 2016

Haggadah al femminile



«Vi sono sempre state donne speciali, senza eguali, che studiarono ed insegnarono la Torà. Oggi sono molte di più le donne che studiano la Torà e cambiano il mondo come mai avvenne in passato. La vera grandezza delle donne, però, emergerà nell’epoca messianica. Ciò che vediamo ora non è che un barlume e una preparazione per quei giorni. Molti grandi tzadiqìm, giusti, avevano mogli più elevate spiritualmente di loro stessi e figlie più grandi dei figli. Così fu per Avraham, Itzchaq e Ya’aqov e per Rabbi ‘Aqiva e Rabbi Meir e per molti grandi maestri del chassidismo, perché questi tzadiqìm, nella loro vita personale, assaggiavano già il sapore del Mondo a Venire» (Rav Menachem Mendel Schneerson).

La settimana prossima «Rinato nella pietra». Psicologia e antropologia dell'iniziazione massonica

Una iniziative del Capitolo Gesualdo de Felici, la presentazione del libro «Rinato nella pietra» di Marco Rocchi, pubblicato l'anno scorso da Tipheret nella collana di studi curata dal Capitolo di Studi De Lantaarn.


domenica 17 aprile 2016

Ci ha lasciati Arturo Politi


È scomparso dall'orizzonte dei fenomeni, Arturo Politi già Maestro Venerabile della Rispettabile Loggia Leonardo da Vinci. Membro attivo del Rito di York Italia e Monaco grado Cavaliere di Malta, era membro Membro della Loggia Cremieux 762 all'Oriente di Sanremo e Gran Ufficiale della ACGL. Le condoglianze alla famiglia dalla Giunta del Rito di York e dalla redazione del Blog dell'Arco Reale.

venerdì 15 aprile 2016

Abbazia di Chiaravalle di Fiastra

di Valentina Marelli




Da un libro sulla storia dell’arte Romanica in Italia una volta lessi che:

L'Abbazia di Chiaravalle di Fiastra fu fondata nel 1142, quando Guarnerio II, duca di Spoleto e marchese della Marca di Ancona, donò un vasto territorio nei pressi del fiume Fiastra ai Monaci Cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle di Milano. I religiosi arrivati da Milano iniziarono la costruzione del monastero utilizzando anche materiale proveniente dalle rovine della vicina città romana di Urbs Salvia, distrutta da Alarico tra il 408 e il 410 e poi abbandonata. Contemporaneamente fu avviata anche la bonifica dei terreni circostanti.
La Chiesa abbaziale è una monumentale costruzione regolata dalle severe forme cistercensi.
A fianco della chiesa è ancora oggi conservato il monastero, realizzato anch’esso secondo gli schemi cistercensi, con un bel chiostro ricostruito nel XV secolo.
L’Abbazia conobbe una rigogliosa floridezza per tre secoli e, grazie ai Monaci Cistercensi che osservavano la regola di San Benedetto "Ora et labora", promosse lo sviluppo religioso, economico e sociale di tutta l’area. Nel 1422 venne saccheggiata da Braccio da Montone ed in seguito l’Abbazia fu affidata ad otto cardinali commendatari; nel 1581 passò alla Compagnia di Gesù ed infine nel 1773 l’intera proprietà fu ceduta alla nobile famiglia Bandini e quindi, per volontà dell’ultimo erede di questa, all’attuale Fondazione Giustiniani Bandini.

Su invito della Fondazione, nel marzo 1985 i Monaci Cistercensi, provenienti anche questa volta da Milano, sono ritornati a vivere nell'Abbazia di Chiaravalle di Fiastra. La loro presenza ha ridato vita all'antico monastero portandolo ad essere di nuovo un punto di riferimento spirituale per tante persone.

Con una premessa tanto accattivante a chi non sarebbe venuto in mente di andarci almeno una volta? Era il tempo delle gite marchigiane, facevamo avanti e indietro praticamente ogni fine settimana. In più in quel periodo avevo cominciato ad appassionarmi alla storia degli Antichi Cavalieri dell’Ordine del Tempio, avevo da poco iniziato ad interagire con Tiziano Busca, e stavo iniziando a leggere un po’ di libri; in altre parole era un periodo di grande confusione!
Tiziano era un forte sostenitore della presenza Templare nelle Marche anche se molto spesso mancavano dei riferimenti storici a causa di quella “damnatio memoriae” che colpì l’Ordine già dal 1314. E si sa la curiosità è donna, avendomi dato Tiziano dei parametri su cui basarmi e punti di riferimento diversi dalla storia, mi sono alla fine detta: potevano esserci dei riferimenti Templari a Fiastra? E se si che cosa potevano significare?

L’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra è in provincia di Macerata, e secondo Gabriele Petromilli nel suo libro “I Templari nella Marca Centrale” nel quale scrive, con riferimento a Macerata e dintorni, rivela presenze dei Templari a Macerata accanto agli Ospitalieri con caserme ed appezzamenti di terra, in vicinanza dei ruderi dell’antica Città romana Helvia Recina, a Montecassiano, a Monte dell’Olmo – odierna Corridonia – a Recanati, Apiro e Cingoli. Registra memorie di possedimenti Templari anche a Civitanova Marche, a San Severino Marche, forse a Treia  - l’antica Montecchio – ad Appignano, a Matelica e nella famosissima Villa Spada sulla strada per Pollenza.
In teoria quindi si era sulla strada gusta, in effetti poi erano storicamente confermati anche i legami esistenti tra i Templari e l’Ordine Cistercense.

Nonostante il passaggio del tempo e i lavoro di ristrutturazione che l’abbazia ha subito, poco invasivi per fortuna, quella che vediamo noi adesso è rimasta alla regola di San Bernardo ed effettivamente si respira un clima di forte contatto con il Sacro. San Bernardo di Chiaravalle esigeva che ogni monaco vivesse in povertà e austerità, ma che gli ambienti destinati alla vita collettiva fossero solenni e maestosi, privi però di ornamenti superflui e ridondanti, affinché l'arte avesse una finalità ascetica e fosse, quindi, strumento di concentrazione e di elevazione spirituale. Lo stile romanico - borgognone è perciò caratterizzato da linee semplici, da archi e pilastri poderosi, che riflettono lo spirito umile e forte del monaco.
I Cistercensi, nel realizzare i loro ambienti e strutture, tennero presenti non solo le esigenze di funzionalità ma soprattutto i significati simbolici. Si osservino, ad esempio, il rosone e le dodici colonne della chiesa. La collocazione del rosone ad oriente sta a significare Cristo, luce che sorge e illumina le genti; gli otto petali di cui è costituito ricordano il giorno ottavo (il giorno del Signore che non ha tramonto), ovvero il compimento finale in Cristo del disegno divino di salvezza. Le dodici colonne, che sostengono la chiesa abbaziale e delimitano le tre navate, simboleggiano i dodici apostoli, fondamento e sostegno della fede della Chiesa.

Questa particolare collocazione degli elementi architettonici unita al loro valore simbolico mi ricorda quella di un Tempio Massonico, ma non mi spingo oltre nella riflessione.

I rosoni, con la loro forma circolare, simboleggiano la bellezza della creazione e la perfezione del cosmo e, al tempo stesso, il mistero di Dio - Luce, fonte di vita, e il mistero di Cristo - Sole, salvezza e giustizia per le genti, perché la luce (simbolo della Rivelazione Divina) penetra nella chiesa (simbolo dell'interiorità dell'uomo) attraverso strette aperture, ma subito si diffonde nell'esperienza della contemplazione.



Di notevole interesse risulta a mio personale avviso anche l’affresco relativo alla crocifissione che ritrae Maria Maddalena ai piedi della croce, rappresentata non solo nei suoi colori caratteristici il rosso ed il verde, e con la capigliatura sciolta, con una simbologia che è un chiaro richiamo alla Fedeltà, rimase fedele al Cristo fino alla fine, ma anche per il suo ventre prominente, attribuendole anche la valenza di Fertilità, come possiamo vedere nell’immagine



Per quanto concerne le nostre domande iniziali quello che possiamo dire è sicuramente è presente una cultura di matrice Templare, in quanto è chiaramente visibile un riferimento alla cultura gnostica che era propria del periodo. Ci troviamo infatti in un periodo in cui questi erano i valori di riferimento accettati e condivisi. Fiastra ha invece avuto l’eccezionale pregio, pregio di pochi luoghi, ad aver conservato e protetto questo tipo di approccio al sacro, la sua importanza è per l’appunto questa.

giovedì 14 aprile 2016

Tentare l'Opera del Sapiente

di Aurora Distefano



«Queste cose odia il Signore, anzi sette ne ha in orrore: gli occhi alteri, la lingua mendace, le mani che versano sangue innocente, il cuore che formula pensieri iniqui, i piedi che si affrettano a correre al male, il testimone falso che proferisce menzogne e colui che semina discordia fra fratelli». (Proverbi 6, 12-19).
Taluno potrà ravvisare in questo brano, alcuni elementi dell’ottuplice sentiero (Retta Comprensione, Retta Motivazione, Retta Parola, Retta Azione, Retta Vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione), tanto più se associato con il seguente, tratto liberamente dalla lettera di Giacomo: «Il rito (lavoro, servizio)  puro e completo dinanzi a Dio (eloqim) nostro padre è questo:  visitare gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi dalla cattiva parola e puri dal mondo».
Di fatto questa è una indicazione chiara, ben nota in certe istituzioni speculative, per inclinare con chiarezza all’azione retta, ma non senza aver prima lavorato su se stessi.
Occorrono almeno sette lavaggi nel Giordano, per sbiancare la pietra, ma in questi tempi in cui lo spirito sembra che venga ucciso, e l'intelletto soffocato, ci vuol bene chi si prenda cura del debole, così come indicato dalla più ampia tradizione, ed in particolare nella Torah, ove è più volte scritto di lasciare parte del proprio raccolto per la vedova, l'orfano e lo straniero.
Si legge: «Quando mieterai il tuo campo e avrai dimenticato un covone non tornerai indietro a raccoglierlo... quando scuoterai il tuo olivo non tornerai a raccogliere ciò che vi è rimasto... quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai a prendere il rimanente, ma rimarranno per lo straniero, l'orfano e la vedova» (Devarim 24-19 e succ.), poiché anche tu fosti servo nella ristrettezze (Egitto), con che si può intendere nel restringimento, nella povertà intellettuale, ecc.. Ancora, al capitolo 26 è detto di mettere in un cesto (Teneh=Kli) davanti a Dio la decima per il sacerdote, anche se prima bisogna aver saziato lo straniero, l'orfano e la vedova, e che sarà maledetto chi lede i loro diritti.

L’ offerta di un decimo (omer - ayn-mem-resh) di Efa, è anche l’Omer di manna che venne messo dentro un' urna (tzintzennet) e posto davanti (dentro) all'arca dell'alleanza. (Esodo 16,33). Se rapportiamo tutto ciò con l'Albero Sephirotico, possiamo intendere l'occuparci di Malkhut, oppure,  considerando i due aspetti di Kether (uno rivolto verso Ain Soph, l’altro verso il basso, tale offerta può indicare ancora la parte del raccolto intellettuale e spirituale che riportiamo nel mondo, così come la parte di noi che offriamo all'infinito (GADU), ponendoci tuttavia noi stessi come recipienti. Infatti l'Omer man, con Omer = reiq, vuoto, e MAN(na) inteso come azione del dare, può rappresentare il vuoto potenziale, il punto del paradosso di Zenone che sempre resta fra due punti, infinitamente accogliente. Nello Zen si parlerebbe di svuotare la tazza, per poter contenere il té che viene offerto, oppure possiamo immaginare questo atto, che è altresì un dono, come porre uno spazio “vuoto” nel cuore dell’uomo (l’urna, o Kli, il recipiente) quando si dona, per poter ricevere; cioè affinché esso possa accogliere quello che la ragione vuole ma non può penetrare2.
Il dono è pertanto solo  apparente privazione: “ciò che dai è tuo per sempre”.
Tanto più che il vuoto dentro e fuori dal vaso, in Realtà sono identici.

Vediamo ancora che l'espressione omer man si può sostituire, dato che ha lo stesso peso semantico, con “maskil, colui che possiede sekel (intelletto)". L’offerta posta nell’urna, sarà altresì tutto l’essere col suo intelletto.  Possiamo sintetizzare fin qui che, per poter agire in modo puro, offriamo vuoto e intelletto, che altresì sono la capacità di ricevere e penetrare, e alchemicamente volatilizziamo lo spesso (il dono forma il “vuoto”), e, rendendo lo spesso spessore, solidifichiamo il volatile (l’intelletto Sekel=afar, polvere).

Ma tutto ciò, vien fatto di chiedersi, fino a quando? Quando l’Opera finisce?
L'espressione completa HaOmer Man, è paria a Neshima, respiro; l'ultimo o il primo, il respiro è la vita stessa, e diviene simbolo della fedeltà fino alla morte al nostro dovere (dharma) in questa vita.  «Kabir dice: Studente dimmi, che cos’è Dio? È il respiro nel respiro», e così chi è autorizzato (gran sacerdote)  a pronunciare il Nome tetragrammato, compie l’atto supremo che equivale alla morte, se inconsapevole, e alla vita, poiché la Parola è Vita.
Tale dunque è l'Opera del vero sapiente che “apre la terra e genera salute per il popolo”, che persegue la via dell'umile, versando tutto ciò che è in suo potere (una decima) per l'orfano e la vedova, che saranno intesi come il fratello (ciascun L.M. è figlio della Loggia), e parimenti il suo nemico (oiev, nemico e a'chi, fratello mio, hanno lo stesso peso semantico). Infatti è anche scritto:
«Se trovi il toro del tuo nemico o il suo asino smarrito abbi cura di ricondurglielo» (Shemot 23,4).
«Quando vedrai il toro e l'agnello di tuo fratello smarriti non fingere di non vederli, li dovrai ricondurre a tuo fratello» (Dev 22,1)..


mercoledì 13 aprile 2016

Il Rito di York alla Fiera del Libro di Torino

Tiziano Busca

Ci sarà anche il Rito di York al Salone Internazionale del Libro di Torino. Lunedì 16 maggio Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell'Arco Reale presenterà il suo libro «Il Rito di York. Storia e metastoria», il primo saggio esaustivo di presentazione filosofica e iniziatica dei contenuti del Rito massonico più antico e diffuso al mondo. Il volume, pubblicato da Tipheret nella collana di studi curata dal Capitolo De Lantaarn, è in distribuzione nazionale in libreria e negli store online proprio in questi giorni. Sempre lunedì mattina ci saranno anche Massimo Agostini, per presentare «Nel nome della Dea» e Mauro Cascio che presenterà il suo ultimo libro «Contributo alla critica del tempo (e di me stesso)». Sarà anche l'occasione per parlare dei titoli Tipheret di prossima uscita, tra cui «Cenni storici sul Martinismo» di Jean Bricaud, le «Lettere» di Willermoz, «Martinez de Pasqually» di Constant Chevillon, «Il segreto delle nozze di David e Betsabea» di Joseph Gikatilla.

Alcune novità Tipheret

Alchimia di una fiaba



Sabato 14 Maggio all'interno della programmazione del Salone internazionale del libro, alle ore 18.30, alla Tesoriera di Torino, la GLDI presenta: «Alchimia di una fiaba ... brani tratti dall'opera "Pinocchio"» del Maestro Antonio Cericola.


martedì 12 aprile 2016

I Templari hanno mai giocato a scacchi?

di Douglas Swannie


Questa è una domanda che mi sono posto tante volte, considerato il mio duplice interesse per gli scacchi e per il templarismo.
La mia riflessione parte da un’immagine, qui riprodotta, che mostra due cavalieri Templari intenti a giocare a scacchi. È una miniatura tratta dal meraviglioso manoscritto illustrato Libro de los Juegos, commissionato dal re di Spagna Alfonso X il saggio (1221-1284) e completato nel 1283.
Tuttavia quello che mi lascia perplesso è che nel 1128 Bernardo di Clairvaux aveva proibito ai Templari di indulgere nei giochi e in particolare nel gioco degli scacchi, perché riteneva che ciò potesse distrarre i monaci guerrieri dalle Sacre Scritture e dalla contemplazione di Dio. Eppure, molti pensano addirittura che i Templari abbiano portato gli scacchi in Europa occidentale!
Questa, però, è una leggenda.
L’antenato degli scacchi, secondo l’ipotesi più accreditata (anche se non l’unica), si diffuse in India (altri dicono Cina) intorno al VI secolo: si chiamava Chaturanga o Chatrang (letteralmente “quattro divisioni”) e, secondo alcuni storici, le sue origini risalgono all’Impero Kushan (30-375 d.C.). Il più importante sviluppo si ebbe però nell’impero Sassanide Persiano, introdotto dall’India, prendendo qui il nome di shatranj con l’introduzione di nuove regole, come esclamare “Shāh!” (in persiano “Re!”), quando viene attaccato il Re nemico e da cui il moderno “Scacco!”, e il conclusivo “Shāh Māt!” (in persiano “Il Re è sconfitto o indifeso”), da cui “Scacco Matto!” (la traduzione, più diffusa, di “il Re è morto” deriva invece dall’arabo māta). Dopo l’invasione araba della Persia, il gioco si espanse in tutto il mondo islamico, noto come shaterej (da cui lo spagnolo ajedrez), e attraverso i mercanti musulmani, arrivò in Europa occidentale all’inizio del IX secolo.



Una prima rara testimonianza (vedi l’immagine qui sopra), risalente al 873 circa, è sopra il portale della chiesa di San Paolo Apostolo nella frazione di Vico Pancellorum di Bagni di Lucca, dove è raffigurata una scacchiera con accanto un cavaliere (stranamente cancellato). In seguito, molte altre chiese si adornarono del simbolo della scacchiera, come ad esempio il Duomo di Crema. Un’altra testimonianza della presenza dei scacchi ben prima dei Templari sono i 78 pezzi di scacchi di Lewis, fabbricati in Norvegia da osso di balena e osso di tricheco, e scoperti dagli archeologi nel 1831 sull’isola di Lewis (nelle Ebridi esterne scozzesi) e risalenti circa al 1100 (vedi accanto l’immagine di alcuni pezzi esposti al British Museum).



Quindi non c’è alcun dubbio che il gioco fosse ben conosciuto nel periodo dei Templari. Forse che, in barba alle proibizioni di San Bernardo, i Templari giocavano a scacchi per migliorare le loro capacità strategiche in battaglia? Probabilmente, al tempo del Libro de los Juegos di re Alfonso, era cambiato l’atteggiamento nell’Ordine Templare verso il gioco degli scacchi. Del resto, bisogna anche considerare che le regole erano ben diverse da quelle attualmente utilizzate [la Regina (il Visir dei Persiani), per esempio, era molto meno potente]. Inoltre si giocava a soldi e a strane varianti con l’uso anche dei dadi. Infatti il gioco venne proibito da San Pietro Damiani, intorno all’anno 1000, come facenti parte dei giochi “con i dadi”, ma questi entrò in conflitto con i numerosi prelati appassionati del gioco, come il vescovo di Firenze, a cui Pietro Damiani contestò che il gioco degli scacchi non era “edificante”, citando la prima lettera di San Paolo ai Corinzi (10:23): Ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa è utile; ogni cosa è lecita, ma non ogni cosa edifica.
Quello che sicuramente unisce la scacchiera ai Templari, era il loro stendardo di battaglia, il Beauceant bianco e nero: ambedue ricordano lo Yin/Yang orientale, l’eterna lotta tra Bene e Male, Spirito e Materia, Maschio e Femmina, Luce e Tenebre.
Possiamo quindi azzardare una lettura spirituale e simbolica degli scacchi?
Sicuramente sarebbe riduttivo semplificare la simbologia scacchistica alla lotta tra il Bianco ed il Nero: la complessità della sua interpretazione va ben oltre la mera alternanza dei colori, che si contrappongono sulla scacchiera.
È soprattutto l’affascinante simbologia dei singoli pezzi che va analizzato: i due giocatori si fronteggiano con 16 pezzi (il quadrato di 4!): otto pedoni, due torri, due alfieri, due cavalli, una regina ed un re, che si possono descrivere così:
Il pedone è l’umile “nessuno”, il non protagonista. Egli avanza un passo alla volta, senza mai poter indietreggiare, e si blocca facilmente di fronte agli ostacoli. La sua massima ambizione sarebbe di terminare il suo percorso d’iniziazione che lo condurrà alla trasformazione alchemica di se stesso in Regina, un ritorno al Femminino sacro universale.
La torre si muove solo sulle colonne e sulle traverse, ha quindi un solo pensiero “perpendicolare”, molto materiale e concreto. Non lo sfiora la possibilità di un pensiero diverso dal suo, e cioè la diagonale.
L’alfiere si muove solo sulle diagonali, di cui è il massimo cultore, tuttavia il gioco lo condanna per tutta la sua esistenza ad esprimersi solo sulle caselle bianche o solo su quelle nere. Egli trascorre quindi la sua vita, ignorando le implicazioni di una alternanza.
Il cavallo si muove a squadra, scavalcando amici e nemici con un sol balzo. È la massima espressione dell’anticonvenzionale e dell’immaginario. È il padrone del gioco complesso, imprevedibile, ma la sua debolezza di fondo si nota man mano che il gioco si semplifica e gli spazi si aprono.

La regina è la massima espressione materiale: si muove, per quante caselle vuole, sulle traverse, colonne o diagonali, è potente o meglio strapotente e, man mano che avanza il gioco, la sua azione diventa sempre più incontenibile. Tuttavia anch’essa ha una debolezza: è la quintessenza della Materia, che, anche al suo massimo grado di espressione, è comunque vana senza lo Spirito.
E questo ci porta al Re, l’essenza del gioco stesso. Per un amaro destino, egli è uno Spirito imprigionato da un crudele Demiurgo in un corpo materiale lento ed ingombrante, che gli permette un solo passo alla volta, sebbene in qualsiasi direzione.
Tutta la Materia, espressa dagli altri pezzi degli scacchi, si deve mettere al suo servizio per difenderlo ad oltranza. Infatti questi sono nulla, se lo Spirito muore. La loro unica fonte di esistenza è la sopravvivenza del loro Spirito dagli attacchi dei nemici.
Spesso si vedono giocatori, anche nella vita, non rendersi conto che miglioramenti materiali transitori sono nulli, quando essi trascurano la difesa ad oltranza del loro Bene supremo, lo Spirito, il quale, quando viene intrappolato senza speranza, sancisce la fine del gioco. Infatti, è da questo grave episodio che deriva il nome dell’atto finale del gioco: Scacco Matto, cioè il Re-Spirito è sconfitto..