giovedì 24 dicembre 2020

Il messaggio del Sommo Sacerdote Domenico Bilotta




Carissimi Compagni,  
quest’anno gli auguri natalizi hanno per tutti un sapore diverso. Mancano gli affettuosi  abbracci, mancano i brindisi fatti tutti insieme, ma soprattutto manca il potersi guardare  negli occhi ed attraverso gli occhi. Tuttavia la scintilla di intesa, che sempre ci ha  accompagnato, resta accesa dentro di noi e adesso sentiamo la necessità ed il bisogno di  mantenerla oggi viva come, forse, mai prima era accaduto.  
La forza ed il coraggio che ci sono stati richiesti nei mesi passati e che ancora dovremo  perpetuare per mantenere accesa la Luce della Tradizione del nostro amato Corpo rituale,  sappiamo che già si trova dentro di noi. Non a caso la parola “coraggio” trova le sue radici  nei termini “cor – cordis” cioè cuore, e “habere” cioè avere. Basterebbe quindi avere nel  nostro cuore la sincerità, la lealtà, l’amore fraterno e l’attaccamento a quella Tradizione che  lungo il nostro cammino abbiamo raccolto, per avere la certezza che tutto questo passerà e  ci consentirà non solo di superare questo difficile momento, ma di poterlo addirittura vivere  e raccontare ai nostri figli, ai nostri nipoti ed ai nostri Compagni, come un momento di  crescita ed evoluzione spirituale senza eguali.  
Sempre per tradizione e legame con i nostri rituali, abbiamo vissuto ed imparato a  lavorare con gli altri, ad essere difesi da essi e a difenderli, a condividere la fatica e a gioire  dei tesori a cui tale lavoro ci ha condotto. La storia e le circostanze vorrebbero, a quanto  pare, farci trovare soli e distanti. Non è così, anzi, se ci pensiamo bene, questo fa parte del  nostro percorso verso la Luce e ancora una volta lo troviamo tra i momenti e le pagine della  nostra tradizione. 
Proseguiamo in avanti quindi, certi che questi momenti passeranno, che nuovamente  avremo modo di lavorare tutti insieme, a brindare, a guardarci negli occhi e a essere  coscienti, ancora di più, che il coraggio che la tradizione del nostro Rito di York ci ha fatto  scoprire, già albergava nei nostri cuori e che proprio grazie a questa, avremo da raccontare  storie e momenti ancora più straordinari!  
Con questa consapevolezza auguro, a nome mio e dei Gran Dignitari, a tutti i  Compagni di poter vivere queste feste in serenità e con i propri cari, sebbene  apparentemente rintanati a casa, per poter riscoprire quell’intimità e importanza delle  piccole cose, delle tradizioni, degli affetti, che forse a causa della quotidiana vita frenetica si  stavano annebbiando e svilendo della loro grande portata spirituale e morale. 
Buon Natale a tutti Voi ed alle vostre famiglie ed un felice e splendido 2021, tutti  insieme. 

Domenico Bilotta,
Sommo Sacerdote 
Gran Capitolo LLMM dell'Arco Reale
Rito di York in Italia

Il giardino dei melograni. In libreria Moshè Cordovero




Un’importante opera del 1548, per la prima volta tradotta in italiano. Nel 2021 nelle vostre librerie il primo volume de «Il giardino dei melograni» di Moshè Cordovero (Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno), a cura di Mauro Cascio e Mauro Cerulli. Il pensiero speculativo della cabala ebraica (ri)letto in nota secondo le più moderne interpretazioni scientifiche e filosofiche e con delle splendide illustrazioni di Luigi Malgherini. Nota introduttiva di Nadav Hadar Crivelli.

lunedì 21 dicembre 2020

Buon solstizio d'inverno

di Luca Delli Santi

La tradizione abramitica considera la conoscenza astrologica la capacità di tornare a connettersi con il ritmo naturale, ovvero compiere determinate azioni, soprattutto quelle rituali, nel momento in cui è appropriato farlo. È ben noto che nei vangeli di Luca e Matteo è una stella ad indicare ai Magi, i tre sapienti, il luogo in cui sarà possibile incontrare il neonato Messia, nella cabala uno dei nomi che indica il Messiah è Kokhav, stella, chissà forse Luca e Matteo, o le persone da cui raccolsero il mito della Natività, erano al corrente di questa nozione esoterica che li ispirò.
In prossimità dell’evento astronomico del Solstizio d’inverno può essere stimolante svolgere alcune riflessioni sulla simbologia solare ed in particolare sul solstizio. Il calendario ebraico è lunisolare, i dodici mesi da cui è composto partono dal primo apparire della luna nuova, un evento che gli antichi consideravano una congiunzione del Sole e della Luna. Vi è una particolare preghiera che gli ebrei rivolgono al Creatore per il dono del sole, la Birkat Hachama, la Benedizione del Sole, questa viene recitata quando si completa un ciclo solare di 28 anni, secondo la tradizione viene recitata quando l’astro si ritrova nella medesima posizione in cui era durante la creazione del mondo.
Nella cabala la luna simboleggia il divino femminile, immanente, il sole rappresenta il divino rivelato, di polarità maschile e trascendente, a questo dovremmo pensare quando ragioniamo sul valore solare e maschile della nostra iniziazione. La polarità maschile indica la ricerca di una connessione con il divino trascendente attraverso l’equilibrio con la polarità lunare o femminile.
Quest’anno nel giorno del Solstizio si verificherà anche un altro evento astronomico, è la congiunzione fra i pianeti Giove e Saturno, l’evento si verifica ogni vent’anni, ma raramente è visibile senza l’ausilio di strumenti di osservazione.
Giove in ebraico è Tzadeq, la stessa radice della parola giusto, il fondamento del mondo, nella cabala contemporanea viene associato alla sephira Tipheret, il suo essere il gigante gassoso più grande del sistema solare e la sua posizione centrale hanno ispirato questa associazione, è un corpo celeste che ci comunica armonia ed equilibrio fra polarità opposte. È stato anche associato alla figura di Melchidesech, l’archetipo del re giusto, cui era concessa anche la Sapienza sacerdotale, una figura di primaria importanza nella cultura iniziatica occidentale.
Saturno, l’ultimo dei sette corpi celesti della sapienza ermetica, in ebraico è Sabbathai, il settimo. Contiene in sé il mistero del numero sette, la completezza della Creazione e con essa il ritirarsi del divino dalla manifestazione, ma è anche la promessa di una nuova e continua rivelazione, dell’incontro con il divino.
La congiunzione di Giove e Saturno, dell’Armonia e del Settimo, del pianeta dello Shabbat, nel suo ripetersi ogni vent’anni ci offre la consapevolezza che il ciclo cosmico si compie costantemente, ma ci invita anche alla necessità di andare oltre, di vivere protesi verso un orizzonte oltre il quale si trova la ricongiunzione fra Creature, Creato e Creatore.  
Il venti, il valore ghematrico della lettera Khaf, l’iniziale della parola Corona, è anche la il valore delle parole Chazah, avere una visione, e Achavah, fratellanza. La fratellanza è la malta con cui si legano i lavori muratori, che in questo momento, più che in altri, possono e devono essere d’ispirazione alla famiglia umana, piegata dall’epidemia e soprattutto dalle conseguenze sociali e politiche che ne scaturiscono.
Il Solstizio d’inverno rappresenta la porta dal momento più buio alla progressiva crescita della luce, quest’anno la congiunzione fra Giove e Saturno ci indica la ricerca dell’Armonia come strumento per conquistare la vera Luce, quella al di là di ogni fenomeno del mondo sensibile. Il telos messianico, la conquista, la liberazione, che, superando il tempo e lo spazio, reintegrerà l’essere umano nella sua condizione divina, oltre gli inganni della coscienza individuale.
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lunedì 14 dicembre 2020

L'Ordine dei Gorgomoni, il primo ordine anti-massonico della storia

di Michele Leone




Ci sono delle società dimenticate dalla Storia, vissute per un periodo assai breve, ma che hanno visto come protagonisti della loro breve esistenza personaggi di rilievo della Storia e della storia delle società segrete. È il caso dell’Antico e nobile ordine dei Gormogoni (The Ancient Noble Order of the Gormogons) che ha come protagonista Filippo, duca di Wharton (1698-1731), già Gran Maestro della Gran Loggia di Londra e membro, di uno dei più esclusivi e perversi Club che la storia ricordi: l’Hell Fire Club.

L’Antico e nobile ordine dei Gormogoni è stato probabilmente il primo ordine antimassonico. Fondato dal duca di Wharton a seguito della sua "cacciata" dalla Libera Muratoria con la bruciatura in tempio dei suoi guanti e del suo grembiule. Passati pochi mesi da questo episodio si poteva leggere sul Daily Post di Londra: Mentre l’ordine veramente Antico e Nobile dei Gormogoni, istituito da Chin-Qua Ky-Po, il primo Imperatore della Cina (secondo il loro racconto), molte migliaia di anni prima di Adamo e portato in Inghilterra da un mandarino,  dopo aver ammesso diversi signori d’onore nel mistero di quell’ordine più illustre, hanno deciso di tenere un capitolo presso la taverna del castello in Fleet Street, su particolare richiesta di diverse persone di qualità. Ciò significa informare il pubblico, che non ci sarà nessuna spada tirata alla Porta, né la Scala in una stanza oscura, né un Massone sarà riconosciuto come membro fino a quando avrà rinunciato al suo Ordine Novellato e sia stato degradato correttamente. Il mandarino che è appena partito per Roma dove va a fondare una loggia, come ha fatto a Londra. Ci viene detto che numerosi massoni eminenti si sono fatti degradare dalla massoneria per aggregarsi a questa società e che altri sono stati respinti per mancanza di titoli.

giovedì 10 dicembre 2020

Io sono Gerusalemme. Cronache del tramonto del regno




Questa è la leggenda degli uomini e delle donne che vissero il lungo tramonto del regno cristiano di Gerusalemme. Vite oscure o luminose, meravigliose o disperate comunque spese da protagoniste in quella drammatica epopea. L’Autore non racconta di epiche battaglie, ci porta sul campo, non descrive la potenza dei baluardi cristiani e la ferocia degli assalti che subirono, ce le mostra nella cruda luce del sole implacabile di Palestina. Non parla della disperazione del maestro templare Ridefort né della sua follia, ce ne fa testimoni come ci fa testimoni allo strazio della morte del giovane Baldovino il ‘‘Re Lebbroso’’ e dello straordinario eroismo di Umfredo conte di Toron e di Giacomo d’Avesnes, il Primo Cavaliere. Ci accompagna di fronte allo sguardo ardente del nobile Taki al Din tutt’ora lodato dall’intero Islam come «colui che nutriva il più sincero odio per il regno dei franchi». Ci porta in battaglia con il nobile Salah al Din Ysuf ibn Ayyub al Malik al Nasir sultano di Siria ed Egitto nei suoi giorni di gloria e poi, alla fine, di fronte al tramonto del suo sogno di vittoria totale sugli adoratori della Trinità «Oh Allah! Oh Misericordioso! In cosa ti sono spiaciuto? Perché mi hai tolto il tuo favore?»..

martedì 1 dicembre 2020

I gradi dell'anima


di Luca Delli Santi



La cabala classica identifica quattro livelli dell’anima umana, si tratta di termini che compaiono nelle Scritture con cui questa viene definita: Nephesh, Ruach, Neshama e Neshamà L’neshamà.
La Nephesh è il soffio vitale che anima il corpo fisico ed i sensi, si tratta della parte spirituale che alimenta i nostri bisogni primari, ne sono dotati anche gli animali è la potenza primordiale della vita.
Ruach è lo spirito che si esprime attraverso il mondo dell’emotività e delle emozioni, ciò che ci consente di provare sensazioni uniche quali la gioia, il dolore profondo, la commozione di fronte alla bellezza ecc. La Neshamà è la fonte da cui sgorga l’intelletto, il logos umano, è la sede in cui risiede la triade superna  dell’Uomo, Comprensione, Sapienza, Conoscenza.
Non sfuggiranno le similitudini con il mito dell’Auriga: auriga, cavallo bianco, cavallo nero usato da Platone per rappresentare la sua struttura ripartita: anima concupiscibile, anima irascibile, anima razionale. In effetti questa tripartizione della “sostanza semplice ed incomposta”, della stessa natura delle idee presenta molte analogie con i concetti base sull’anima umana della mistica ebraica.
I cabalisti sono però abituati a ragionare nel quadro di una rappresentazione quaternaria, così già nei testi della cabala classica troviamo la Neshamà l’Nehamà, il “nocciolo”, l’essenza dell’essere umano, la forza vitale che ci anima e da cui derivano gli altri livelli, è un sottile filamento che unisce ogni singolo individuo all’Uno.
Isacc ben Solomon Luria, l’Arizal il maestro che nel XVI secolo sviluppò una scuola di mistica da cui derivano la maggioranza di quelle moderne e contemporanee, propose una nuova lettura dei livelli dell’anima identificando il quarto con la Chaya, anima vivente, “essenza della vita”. Non si limitò però solo a rielaborare ed arricchire il concetto del quarto gradino, egli intuì che tutti questi livelli altro non sono altro che estensioni di un’unica essenza Yechidà. 
Nella concezione lurianica fra il Creatore e le creature vi sono alcuni livelli intermedi, stati dell’essere. Questa molteplicità di livelli compone i “mondi” ed i gradini dell’anima, lo scopo dell’Opera del Carro, la Massià Mekavà, è comporre questa distanza e riconoscere che ogni cosa nel creato è una minuscola scintilla del Creatore, così i diversi livelli dell’anima umana affondano le radici profonde nella Yechidà, l’anima cosmica universale.
In altri termini l’animo umano è della medesima sostanza del Creatore, si tratta di una scintilla di divinità di cui siamo dotati, nella concezione cabalistica ogni individuo è il punto di arrivo di un viaggio che inizia nell’Ain Sof e si conclude vestendo gli abiti umani, una volta incarnata nel corpo l’anima è la Tzelem Elokim. Si tratta del termine con cui nella cabala lurianica, ed in molte delle scuole contemporanee in cui si articola, si definisce quella parte della Nephesh che possiedono solo gli esseri umani, differente dal soffio vitale primario di cui sono dotate anche le chaioth, le forze vitali che animano gli animali. Si tratta del tessuto connettivo fra anima e corpo fisco.
Il viaggio compiuto dall’animo umano ed il legame sempre presente fra gli olamoth dall’Ain Sof alla dimensione della creazione si articola nei diversi mondi della cabala, la scala per percorrerli è l’Albero della Vita.
Lo scopo della studio esoterico è acquisire la consapevolezza di questa distanza e che essa può essere colmata, la pratica esoterica consiste nell’intraprendere il cammino per riconquistare le nostre radici.
Nei nostri templi ci viene data l’opportunità di essere pienamente consapevoli, il rito massonico possiede la chiave del risveglio dal torpore in cui la nostra dimensione spirituale è caduta.


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