Già Eraclito raccontava di un gioco incentrato sullo scontro tra pedine bianche e nere e le prime narrazioni, i miti, ci restituiscono interpretazioni legate al simbolismo dei due colori ma anche alla scacchiera, come le sue 64 caselle bianche e nere, numero dell’infinito. Si tratta di forze di opposto colore ma perfettamente equilibrate che si fronteggiano, come la luce fa con il buio, il bene fa con il male, la vita fa con la morte. Chi non ricorda la celebre scena del film di Bergman, Il settimo sigillo?
Alberto Barelli in un libro intenso e straordinario (Il simbolismo della scacchiera. Genesi e iconografia di un archetipo universale, Atanòr) ci restituisce questo patrimonio di suggestioni, uno spirito culturale che nel suo divenire nella storia si carica di civiltà che si sedimentano e si trasformano: dalla sapienzialità egizia all’I-Ching c’è un unico contenuto teoretico che viene espresso da tradizioni apparentemente distanti tra di loro. E non è tutto: perché se il ‘contenuto’ del gioco degli scacchi è qualcosa che ha a che fare con il cuore iniziatico dell’occidente, fino alla Massoneria, la ‘forma’ la troviamo nelle pitture ornamentali dei sepolcri, nei culti misterici, nell’architettura, nel design.
Laureato in Lettere e filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia, Barelli ha collaborato per anni con il quotidiano La Nazione. Si occupa da sempre di simbolismo, un tema a cui ha dedicato tanti scritti e intorno al quale promuove incontri e conferenze.