mercoledì 31 maggio 2017

Qoèlet, una lettura inedita



Il libro di Qoèlet (un tempo chiamato L’Ecclesiaste, il Predicatore) è uno dei Libri Sapienziali dell’Antico Testamento. Il testo, redatto tra il 200 e 250 A.C., è composto di 12 capitoli; l’autore si presenta come Qohelet, figlio di David, re a Gerusalemme, facendo intendere di essere Salomone, re noto per la sua saggezza ma anche per essere stato costruttore, ricco, potente e dedito agli agi. Il libro prende in esame i principali aspetti della vita dimostrandone l’inutilità e la caducità e, comunque, insistendo sull’impossibilità di raggiungere la felicità.

La Loggia Monte Sion (705) di Roma del Grande Oriente d’Italia ha dedicato un anno allo studio del libro di Qoelet ripercorrendone i significati letterari e analogici, approfondendo il suo contributo ai percorsi iniziatici e simbolici, primo fra tutti quello massonico. Fondamentali per questa analisi sono state le interpretazioni fornite dalle varie Scuole Sapienziali antiche e moderne e la loggia ha approfondito gli aspetti del percorso dell’Ecclesiaste avendo cura di inquadrarne gli obiettivi di fondo nell’ottica delle Scienze Tradizionali, con particolare riferimento alla lettura astrologica. Aniello Costanza, esponente della Monte Sion, ha poi curato il lavoro che è stato pubblicato dall’editore Tipheret.

Il volume sarà presentato a Casa Nathan – sede delle logge romane – l’8 giugno, dalle ore 18, su iniziativa della stessa Loggia Monte Sion in collaborazione con il Collegio Circoscrizionale del Lazio del Grande Oriente d’Italia. La presentazione è aperta a tutti. La conferenza prevede la lettura di brani del libro e tre interventi. Portano contributi: Vincenzo Gallucci (L’Ecclesiaste tra Storia, Mito e Tradizione), Marco Tartaglia (Il Testo Biblico), Roberto Quaranta (Una guida alla saggezza nascosta della Kabbalah), Aniello Costanza (Il percorso del Qohelet e quello del Sole: una chiave di lettura astrologica).

È previsto un dibattito in chiusura...

Visita il sito della Monte Sion (a cura di Federico Pignatelli)

martedì 30 maggio 2017

Contemporaneamente

di Paolo Callari




Condividevamo, tempo fa con un amico, un concetto che escluderebbe l’esistenza della legge causa effetto.
Se il quasar a otto miliardi di anni luce da noi emette quella radiazione che, a metà strada, a motivo dello spazio curvo, ci fornisce l’immagine nota come Croce di Einstein, contemporaneamente, un quando dopo l’altro, fotone che eccita fotone, lo spazio tempo sembra, anche alla luce della teoria delle stringhe, ripiegabile, unico.
Qualora accettassimo ciò il karma variabile sarebbe soltanto lasciarsi “prendere per mano” dall’ordine cosmico in una armonia che non ammette angeli ribelli ( lama dei tarocchi con il numero più alto).
Ovviamente tutto ciò escluderebbe paure, ansie, e magie che, in un modo o in un altro, ammettessero che la volontà di un uomo può piegare lo spazio tempo data la sua esigua forza oscura e forza di gravità.
Se, un quando dopo l’altro, escludessimo tutti i “perché”, saremmo astronauti a bordo della navicella terra ad esplorare domani dopo domani la via tracciata per le nostre vite.
Peraltro la Legge impone e non propone, e ciò potrebbe esprimere come il binario è rigido piuttosto che in mano al genere umano.
Non ci sono verifiche matematiche che possano sodisfare alla bisogna quanto quella di desiderare abbandonare il libero arbitrio per quella parte che collide con il destino comportando per noi soltanto sofferenze ed umiliazioni.

lunedì 29 maggio 2017

Il Rito di York incanta Cagliari. Gli interventi di Tiziano Busca e Mauro Cascio



Un incontro del Rito di York con i Maestri del Grande Oriente d'Italia, per parlare di Massoneria in generale ma anche della particolarità del Rito più antico e praticato al mondo, un classico, nel perfezionamento moratorio, di cui è difficile fare a meno. Un'occasione per ritornare su due libri importanti, pubblicati da Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno: «Rito di York. Storia e Metastoria» e «Umberto Eco e la Massoneria». Introdotti dal presidente del collegio dei Maestri Venerabili della Sardegna, c'erano i due autori e cioè Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale e il filosofo Mauro Cascio.

Ascolta il loro intervento

La tornata congiunta dei capitoli sardi



Si è tenuta presso la sede del Grande Oriente d'Italia a Cagliari in piazza Indipendenza 1, a Palazzo Sanjust una tornata rituale a Capitoli congiunti organizzata dei Gran Sacerdoti dei Capitoli Ichnusa, Turris, Cepola, Sulki, Shardana e Knight of Heredom,  in grado di Maestro del Marchio. La tornata si è tenuta alla presenza del Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale d'Italia, l'Ecc.mo Comp. Tiziano Busca, accompagnato da alcuni Gran Dignitari del Rito di York e ha dimostrato ancora una volta l'assoluta effervescenza e partecipazione dei compagni del Rito di York della Sardegna tutta.

giovedì 25 maggio 2017

Il Rito di York a Cagliari


Attualità spirituale e civile della Massoneria. Bisi con Umberto Galimberti, Pizza e Greco

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L’Eremita: il Maestro del Ritorno

di Domenico Fragata



L’Eremita è il nono arcano dei Tarocchi, alcuni dei significati più esoterici ed occulti di questo arcano possono essere disvelati, o se vogliamo illuminati, dalla luce della Cabalà. L’Eremita incarna il Maestro incognito, colui che, una volta realizzato se stesso, attraversa la vita attendendo l’arrivo di un Uomo a cui valga la pena insegnare gli arcani misteri del creato. L’Eremita incarna la Virtù della prudenza, egli ha sempre una lanterna che illumina la Via e un bastone per verificare dove mettere i piedi. Il Viandante è l’unico soggetto rappresentato nei tarocchi che percorre la Via da Est ad Ovest; ciò significa che egli è già giunto alla meta e ha scelto di ripercorrere il cammino portando con sé una scintilla della divina Luce d’Oriente al fine di illuminare il cuore di chi desidera ardentemente la Luce. L’Eremita corrisponde simbolicamente alla nona lettera dell’alfabeto ebraico la cui meditazione ed analisi ci permetterà di trovare interessanti spunti di riflessione. Tet è la lettera dell’introspezione e della ricerca spirituale. La parola associata più di frequente a questa lettera è Tov, che significa bene, poiché è con questo etimo che la lettera Tet appare per la prima volta nella Torah. Tet è un bene nascosto, come l’anima dimorante nella caverna del cuore o come la presenza immanente di Dio nella Creazione. Tov è la parola che designa il 'Bene' nell’Albero della conoscenza del Bene e del Male. Nel primo giorno della creazione la parola Tov  qualifica la luce. Con la sua forma e il suo valore numerico Tet indica il ripiegamento meditativo atto a provocare un contatto intuitivo con la scintilla divina, la luce nascosta in noi stessi. Nel Sepher Ha Zohar è scritto: «Le lettere dell’alfabeto ebraico, nelle loro diverse permutazioni, si sono presentate per partecipare alla creazione. Ma quando arrivò il turno di Tet e di Resh di presentarsi insieme (secondo la permutazione Albam), Tet si rifiutò di prendere il suo posto. Perciò Dio disse: ”O Tet, Tet, perché sei così poco disposta a prendere il tuo posto?”. Lei Rispose: ”Non mi hai fatta forse per essere messa alla testa di Tov? Come posso associarmi a Resh, iniziale di Raa (il male)?”. A questo, Dio rispose: ”Vai al tuo posto, perché ho bisogno di te e di Resh. Perché l’uomo che sto per creare, verrà composto con voi due, ma tu sarai alla sua destra, mentre l’altra sarà alla sinistra”». Questo breve passaggio dello Zohar sottolinea ancora una volta la natura duale dell’essere umano; dualità che può essere superata mediante l’energia divina del Serpente energetico, di cui la Tet è il glifo, che canalizza verticalmente le energie contrapposte unendo Kether con Malkut. La forma della Tet ricorda un serpente che si sta srotolando, in effetti questa lettera si riferisce all’energia sessuale, alla forza del serpente energetico che in Oriente prende il nome di Kundalini. Il potenziale energetico racchiuso nell’istinto di sopravvivenza e nelle pulsioni animali può essere sublimato mediante un uso sapiente dell’energia sessuale. Mediante alcune pratiche estremamente riservate il serpente energetico potrà risalire lungo la colonna vertebrale fino a congiungere e collegare tutti e sette i centri energetici fondamentali (Chakra) simboleggiati nell’arcano dai sette nodi del bastone dell’Eremita. Il simbolismo del bastone di Esculapio nasconde il segreto della sublimazione dell’energia sessuale. Nadav Crivelli sostiene che la Tet contiene il segreto del bastone di Mosè che si trasformava in un serpente e ritornava ad essere un bastone. Ciò simboleggia il pieno controllo sull’energia Vitale. Il Serpente rosso, raffigurato alla base del bastone, non appare in nessun modo una minaccia per l’Eremita, anzi lo precede come suo guardiano e servitore. L’Eremita custodisce il segreto del “risveglio del Serpente”, supremo arcano che solo pochi adepti hanno la responsabilità di tramandare. La tradizione cabalistica afferma che esistono prevalentemente due tipi di maestri: uno è lo Tzadiq (il giusto, il santo) che si avvale della fede combattendo le sue battaglie, tentazioni e debolezze mediante la preghiera; l’altro è la figura del cosiddetto “Maestro del Ritorno” (Ba’al Teshuvà), egli è colui che ha esplorato in lungo e largo il dominio del peccato e delle trasgressioni, è colui che con volontà e determinazione è sceso nei meandri dell’immoralità e dell’egoismo. Il Maestro del Ritorno, pur essendo arrivato al fondo stesso del male, è colui che si è accorto in tempo di quanto tutto ciò non gli bastasse e ha rivolto verso l’alto il suo grido di sofferenza e di impotenza. I Chassidim dicono anche che il Maestro di Ritorno è più meritevole del Maestro che si avvale solo della Fede perché, essendo venuto in contatto con le scintille di santità prigioniere nei regni inferiori, riuscirà, tramite il suo ritorno nel regno della luce, a portare con sé un numero grandissimo di tali scintille. Il Maestro di Ritorno è l’Eremita che percorre il sentiero da Est a Ovest portando con sé la Luce dell’Oriente. Egli ha viaggiato fra gli uomini in incognito portando con sé i segreti del Serpente, ha superato le tentazioni e gli ostacoli dell’ ”Antagonista” così che le forze luciferiche sono divenute le sue migliori alleate. Il Maestro di Ritorno è considerato anche il tramite grazie al quale il seme della vita e della coscienza divina viene piantato nei cuori di coloro che lo desiderano. In Geremia (23,5) si legge: «Innalzerò per Davide un germoglio giusto» e germoglio si dice, in ebraico, Tzemach che è anche uno dei nomi del Messia. Il campo delle attività umane nel quale il giusto non può cadere è quello di Yesod poiché è in esso che la sua saggezza ha fondamento. Nel corpo umano la nona sephira, Yesod, viene tradizionalmente situata a livello degli organi genitali ed è dunque collegabile all’ambito dell’energia sessuale. Secondo la tradizione cabalistica, e non solo, la purezza energetica di un uomo, o di una donna, è in larga misura determinabile dal suo rapporto con la sessualità. La sapienza esoterica non consiglia né la repressione né la castrazione di quest’energia così sacra e fondamentale per il corretto sviluppo della funzionalità psicofisica dell’essere umano. Il segreto è la Sublimazione. Yesod, come abbiamo accennato, governa l’area degli organi sessuali ed è alla base della vita. Nello stabilire questa corrispondenza la cabala afferma la santità intrinseca dell’energia sessuale, sottolineando il bisogno di usarla nel modo più veritiero e corretto possibile. Gli organi sessuali vengono dunque visti come il canale tramite il quale il seme divino arriva a fecondare Malkuth, il recipiente femminile che lo accoglie. Mediante l’utilizzo di tecniche respiratorie, posizioni fisiche specifiche e l’utilizzo di 'mantra' è possibile innalzare l’energia sessuale entrando in comunicazione con le sephirot superne. La sessualità diviene sacra quando si trasforma in una porta che si apre verso l’Unione intima e spirituale, oppure quando assume il sapore della profonda estasi meditativa che ci innalza verso la Trascendenza dell’Essere Uno.

mercoledì 24 maggio 2017

Valentino, il Filosofo Gnostico


di Filippo Goti




La Vita

«Lo Spirito indistruttibile saluta gli indistruttibili! A voi svelo segreti senza nome, ineffabili, sopracelesti, che non possono essere compresi né dalle dominazioni, né dalle potenze, né dagli esseri inferiori, o dalla completa mescolanza, ma sono stati rivelati solo all'Ennoia dell'Immutabile» (Epiph., "Haer." 31, 5, 1 s.)
È avvolta nell'incertezza la data nascita di Valentino, collocabile sicuramente prima del 135 anno in cui abbiamo le prime notizie sulla sua opera di divulgazione, così come non è sicura la sua città natale.
Alcuni la indicano in Cartagine, mentre altri studiosi in Phrebonis sul delta del Nilo. Sicuramente sappiamo che si recò ad Alessandria d'Egitto, dove entrò in contatto con il cristianesimo e la filosofia neoplatonica. La tradizione vuole che in Alessandria studiò presso un caposcuola misterico chiamato Teudas, il quale affermava di essere diretto discepolo di Paolo di Tarso, e di avere appreso da questi gli insegnamenti segreti del Cristo. Questi insegnamenti esoterici o iniziatici compongono gli scritti della scuola valentiniana, come il famoso Vangelo di Filippo attribuito allo stesso Valentino.
Prima della venuta del Cristo, non c'era pane nel mondo, così come nel paradiso, il luogo dov'era Adamo. C'erano molti alberi per il nutrimento degli animali, ma non c'era frumento per il nutrimento dell'uomo. L'uomo si nutriva come gli animali, ma quando venne Cristo, L'Uomo perfetto, portò il pane dal cielo affinché l'uomo potesse nutrirsi con un cibo da uomo. (dal Vangelo di Filippo)
Alessandria d'Egitto rappresentava in quel periodo storico la città culturalmente più feconda del vasto impero romano, dove si incontravano la filosofia greca, i culti misterici, e le religioni tradizionali, dando corpo e voce ad arditi scambi culturali, a feconde commistioni, e a confronti fra gli aderenti delle diverse scuole. Quando parliamo di cristianesimo, dobbiamo ricordarci che questo non ebbe la propria origine a Roma o ad Atene, ma bensì nel Nord Africa ed in Medioriente, fiorendo non solo in un crocevia di civiltà ma anche di culture, ed in un periodo storico dove l'uomo dell'impero che già era oggetto dell'inquietudine di un futuro incerto.
Di questo fermento Valentino è sicuramente figlio, e nel crogiuolo di Alessandria unisce un pensiero filosofico tipicamente ellenico, con i miti, le immagini del cristianesimo. Dando a quest'ultimo non solo una nuova prospettiva, ma anche imponendo la riflessione attorno agli elementi costitutivi dello stesso. Inevitabilmente gli avversari di Valentino, per confutarlo, finiranno per aprire il proprio campo ad idee e concetti, fino a quel momento a loro estranei.
Possiamo e dobbiamo interrogarci quindi se il cristianesimo, o cosa intendiamo con tale termine, ha avuto un'origine eterogenea, oppure se non è il nome o etichetta con cui noi andiamo a delimitare un fenomeno di cui non comprendiamo esattamente la genesi e gli sviluppi.
 
L'attività di Valentino non ha termine ad Alessandria. Terminati i suoi studi, Valentino diviene egli stesso teologo e predicatore fondando una propria scuola, per poi trasferirsi attorno al 140 d.c. nel cuore pulsante dell'impero: a Roma. Nella città eterna assume il ruolo di diacono sotto Papa Igino, a dimostrazione dell'estrema flessibilità dottrinale della Chiesa dei primi tempi, e della benevolenza di certi ambienti nei confronti della filosofia greca e dei misteri egizi. Non va dimenticato come nella Roma imperiale convivessero le divinità di ogni popolo assoggettato, ed è quindi lecito affermare che tale predisposizione al confronto poteva in qualche modo essere presente anche nelle sfere religiose cristiane. Quello che è certo è che Valentino inizia ad assumere un ruolo sempre più rilevante all'interno delle comunità romana cristiana. La tradizione vuole che Valentino ebbe a concorrere come Vescovo di Roma, a quel tempo era la stessa comunità dei fedeli che disegnava il Vescovo, e che a causa della mancata elezione abbandonò la Chiesa per intraprendere decisamente il sentiero dello gnosticismo. Con tutta probabilità, non essendo a quel tempo netto e marcato il confine che separava l'eresia dall'ortodossia, in quanto veniva tracciato dagli orientamenti prevalenti della fazione vincente, Valentino fu semplicemente emarginato, e allontanato da Roma dai suoi avversari.
Secondo Tertulliano la prima scomunica che colpì Valentino risale al 143 da parte di Papa Pio I, a cui altre ne seguiranno, pare addirittura una post mortem nel 175. Sappiamo che attorno al 160 d.c. Valentino lascia Roma, per stabilirsi definitivamente a Cipro circondato dai suoi allievi fino al 165 d.c (secondo altri il 180 d.c.) anno della sua ipotetica morte.


Il Pensiero di Valentino
 
Vedremo adesso alcuni degli elementi principali della scuola valentiniana.
«In verità il Tutto era alla ricerca di Colui dal quale essi provenivano. Ma il Tutto era in Lui, quell'Uno Incomprensibile, Inconcepibile, che è superiore ad ogni pensiero» (E. V. 17, 4-9).
Esiste il Pleroma, un mondo spirituale, che si dispone attorno al Progenitore. Questi è la radice spirituale di ogni cosa, ed attorno a lui esistono gli Eoni, degli esseri spirituali. Il Progenitore, eguale ed immutabile a se stesso, genera un unica volta, e il frutto di questa generazione è l'Unigenito Nous, la Mente. A sua volta questa generazione determina la creazione di altri esseri spirituali, ma di gradazione inferiore alla prima, in quanto solamente il Nous è della stessa sostanza della radice prima, e conosce il Progenitore, che rimane avvolto nel mistero per tutti gli altri Eoni.

«Era un grande prodigio che essi fossero nel Padre senza conoscerlo» (E. V. 22, 27 s.)
 
Gli Eoni desiderano conoscere la radice spirituale di tutte le cose, e questo imponeva un movimento di conoscenza, che desumo dalla speculazione valentiniana doveva essere progressiva, e frutto della composizione o ricomposizione delle parti scisse essendo gli eoni organizzati a coppie, e gerarchicamente disposti. Uno degli Eoni periferici, la Sophia arsa da questo desidero di conoscenza decide di percorrere non tanto una via progressiva e reintegrativa, quanto piuttosto di gettarsi direttamente nel cuore del Pleroma. Questo tentativo viene arrestato, la Sophia è respinta, e il suo preciptare oltre il limitare del Pleroma, da vita così al mondo inferiore. Questo mondo non è frutto dell'Amore e della Conoscenza, come il mondo del Pleroma, ma dell'ignoranza e del desiderio. Rivelandosi quindi essere una copia tremula ed imperfetta del primo, dove gli spiriti degli uomini sono imprigionati nei corpi e nelle anime, e il loro anelito di ritorno al Pleroma si infrange attorno allo natura di opposizione delle cose.
Il desidero della Sophia si cristallizza e viene espulso dalla stessa Sophia, prendendo la forma del Demiurgo, il creatore del mondo inferiore. Il Demiurgo è identificato da Valentino, così come da altri gnostrici, nel Dio del Vecchio Testamento, ed egli crea ed organizza la creazione inferiore in funzione del ricordo ereditato dalla madre del mondo superiore.
Quanto ci viene presentato è una creazione frutto di una serie di emanazioni superiori ed inferiori, dove le prime sono frutto del Logos divino, le seconde a causa dell'Errore della Sophia. Un sistema che non assume i tratti di un netto e radicale dualismo fra il mondo dello Spirito e della Materia, in quanto è completamente assente un principio ontologico del male o dell'ignoranza. Siamo invece alla presenza di un tentativo di ricondurre la frattura, la scissione, ad un movimento completamente interno al Pleroma, e dettato da un'istanza di conoscenza da parte di un Eone, la Sophia, arso dal desiderio di ricongiungersi alla radice di tutte le cose.
 
Nella visione di Valentino il mondo degli uomini è tripartito in funzione di qualità spiritale. Questa qualità spirituale è la conoscenza, unico elemento di salvezza. Ecco quindi gli uomini divisi in Ilici (completamente materiali, ed esclusi da ogni salvezza), Psichici (ignorano un mondo spirituale superiore a quello creato dal Demiurgo) e Penumatici (gli Gnostici, consapevoli dell'esistenza del Pleroma). Gli Ilici torneranno alla terra che gli ha generati, gli Psichici alla morte potranno accedere al paradisio del Demiurgo, e i Pneumatici prenderanno posto all'interno del Pleroma stesso. L'antropologia valentiniana ha come discriminante una conoscenza non solo salvifica, ma antica e precedente alla creazione di questo mondo. Una conoscenza che non è tanto un costrutto intellettuale, ma bensì contenuto, ed elemento costitutivo degli uomini.
I valentiniani si definivano cristiani, e come tali partecipavano alle cerimonie e funzioni religiose. Al termine delle stesse si riunivano fra loro, per commentare in chiave allegorica e simbolica gli insegnamenti del Cristo. Il quale assume caratteristica di
Eone che giunge sulla terra per portare agli uomini la conoscenza del mondo superiore a quello demiurgico. Come ogni essere spirituale esso non è formato di carne, e quindi non può subire i tormenti della crocefissione, e neppure è composto di anima e mente, e quindi non può subire le passioni di questo mondo. Il Cristo di Valentino non soffre in croce, non viene ingannato, ma anzi inganna i signori di questo mondo, illudendoli di subire le loro torture e vessazioni. E' questo il docetismo, cioè negazione della realtà carnale del Cristo. Quanto è superiore e spirituale, non può subire gli effetti di quanto è inferiore e carnale.
 
«Ogni giorno ciascuno di loro inventa qualche cosa di nuovo, e nessuno è considerato perfetto se non è produttivo in tal senso» (I, 18, 5)
La scuola valentiniana si caratterizza come una fucina di maestri gnostici, fra cui Tolomeo e Marco, che una volta lasciato l'insegnamento del maestro a loro volta apriranno altre scuole all'interno dei confini dell'impero romano. Ciò ha portato a conoscere il pensiero di Valentino, non tanto attraverso i suoi scritti, di cui peraltro siamo carenti, quanto piuttosto quelli dei suoi allievi di seconda generazione. Tale prolificità dimostra come il rapporto che sussisteva all'interno di questo particolare ambito, era più simile ad una scuola filosofica greca, piuttosto che a quello di una comunità religiosa. Dove una volta che l'allievo raggiungeva la maturità intellettuale, poteva sentirsi libero a sua volta di tenere rapporti ed insegnare al di fuori dei confini tracciati dal suo formatore.
Sono attribuiti a Valentino i seguenti scritti:
Vangelo della Verità, Preghiera dell'apostolo Paolo, Trattato sulla resurrezione, Trattato tripartito, Vangelo secondo Filippo.
Volendo riassumere il pensiero di Valentino in poche righe, possiamo sicuramente affermare che la Conoscenza assume valore centrale. Essa è forma e veicolo di salvezza, in quanto è attraverso la Conoscenza che l'uomo pneumatico si salva dalle cose di questo mondo, in quanto essa opera una trasformazione nello stesso rendendolo assolutamente altro rispetto al mondo inferiore. La conoscenza del mondo Superiore, è per Valentino profonda, e come tale deve essere ricercata all'interno dell'uomo stesso. Questo è per Valentino l'Uomo Interiore, lo gnostico, che guarda alla sostanza delle cose, e non si fa ingannare dai loro aspetti esteriori. L'ardita catena di Eoni, ipostasi e creazioni, deve essere letta non tanto come un sistema mitologico, quanto alla luce del primo generato il Nous-Mente. Il Progenitore compie un atto di autocoscienza e genera la Mente, che a sua volta le varie coppie di Eoni, che possono essere viste come singoli pensieri-qualità della mente stessa. Dando così vita ad un sistema per cui è la conoscenza di se, la sua degenerazione, o reintegrazione, che determina ogni creazione.

martedì 23 maggio 2017

Storia del Rito di York / 3

di Giuseppe Di Domenica



Si arriverà alla crisi nel 1735, quando il conte di Crawford fonderà due logge nel territorio di competenza della Gran Loggia di York, consentendone deputazioni in Lancashire, Durham e Northumberland. Da questo momento le due Gran Logge si terranno separate, ma ancora in contatto formale.

La divisione si approfondirà ulteriormente e definitivamente nel 1738 con l’elezione del marchese di Carnaravon che porrà una deputazione della Gran Loggia Moderns proprio nello Yorkshire con conseguente interruzione formale dei rapporti fra nord e sud dell’Inghilterra.

I problemi non sono solo a nord, ma anche all’interno delle Logge meridionali che mal sopportavano il sistema moderns. Si arriverà lentamente ma inesorabilmente alla frattura proprio sugli elementi Tradizionali e Rituali; numerosi Fr. meridionali infatti si riconoscono nelle modalità York ed anche i numerosi irlandesi residenti a Londra per lavoro si aggiungono a questi gruppi. Non si vogliono conflitti aperti ma questi Fr. danno vita a nuove Logge che intendono ispirarsi alla muratoria York, anche se non risultavano aver mai ricevuto alcuna patente dalla Grande Assemblea di York.

Il solco si approfondisce sempre di più anche per i grandi numeri in gioco, tanto che nel 1751 si giungerà alla costituzione della “Antient Grand Lodge of England”, gli Antients che si consideravano i veri custodi della Tradizione Muratoria profanata dai Moderns.

La Gran Loggia Moderns accusa il colpo ma nel contempo ottiene un enorme espansione nel continente che guarda a Londra come il faro della muratoria.

Ma cosa accade intanto alla Gran Loggia di York? Si direbbe sostanzialmente nulla, non vi sono infatti notizie od informazioni specifiche, si agita solamente la Gran Loggia Moderns che nel 1777 maldestramente interviene per problemi disciplinari, nella  Lodge of Antiquity, la Loggia più antica,  che defeziona proprio per associarsi alla Gran Loggia di York.

La Gran Loggia Moderns ovviamente non tarda a riammettere la Antiquity nel 1790, ma non prima che La Antiquity, dia luogo ad una nuova entità che sarà denominata “Grand Lodge of All England South of the River Trent” che avrà vita dal 1777 al 1789.

Mentre questi fatti avvengono nelle isole, nel continente, la Francia viene scossa dai venti furiosi della Rivoluzione, con una corte reale di fatto sterminata dai rivoluzionari, e con un rivolgimento dei valori propri di una società costituita, e con la fondazione di una Repubblica senza più un Re alla sua testa.

Il  Regno Unito per la prima volta avverte il pericolo di una nuova rivoluzione (Cromwell era vivo nel ricordo degli inglesi), non dimentichiamo poi le rivolte Jacobite da poco sanguinosamente sedate, a questo punto il Parlamento del Regno, vuole porre un freno alle numerose società segrete che potenzialmente rappresentano un pericolo per la Corona.

Il Parlamento promulga nel 1797 la “Unlawful Societies Act” che intende sciogliere tutte le società che legano i propri membri ad un qualche giuramento di fedeltà. Mai opportunamente valorizzata in termini storici, questo evento segna una pietra miliare nello sviluppo della Massoneria moderna. La presenza dei nobili e della casa reale salva i Liberi Muratori, ma li obbliga ad una serie di mansioni amministrative che vanno dal  mantenere un registro nominativo dei membri, ad una minuta dei verbali di riunione oltre che l’obbligo di ridurre il numero mensile delle riunioni, ritengo (con cattiveria) con grande soddisfazione dei moderns.

E’ in questo periodo oscuro che Marchio ed Arco vengono in pratica a diradare sempre più le loro riunioni, il Marchio cessa definitivamente di operare alla fine del 1700, e non è più possibile fondare nuove Logge, il mondo massonico britannico si congela.

Ma dove c’è ombra e crisi, vi è anche luce del futuro, in quanto questa situazione critica rafforza la volontà di una unione fra tutti questi frammenti dispersi, York, Moderns, Antients, sono in realtà tutti Fratelli, il Marchio ha cessato l’esistenza e l’Arco è ridotto in termini ristrettissimi.

Di questa situazione e di questa realtà è testimone uno dei Fr. della Loggia Antiquity il leggendario Preston, che incrocerà nello stesso periodo un altro nome leggendario quello di Thomas Dunckerley, e con l’arrivo dei due nuovi Gran Maestri di cui uno duca di York, si darà finalmente compimento a questi desideri di riunione con il sistema di riconciliazione che vedrà la nascita della United Grand Lodge of England.

Ma ritorniamo sul versante della Tradizione e dei metodi muratori.

 Segue …

Aspettando in libreria Almerindo Duranti


Un classico dell'Antimassoneria: l'abate Barruel

di Marco Rocchi

Augustin Barruel

Il gesuita Augustin Barruel si dedicò in vita a combattere la Massoneria; lo fece in diverse opere, la più celebre delle quali è intitolata «Memorie per servire alla storia del Giacobinismo», che qui proponiamo.

Per leggere il primo volume clicca qui; per leggere il secondo clicca qui.

lunedì 22 maggio 2017

A Tiziano Busca l'Ordine della Croce d'Oro




Una nuova onorificenza per Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale - Rito di York, per il suo impegno a livello internazionale. La Fondazione Papa Clemente XI Albani lo ha insignito infatti dell'Ordine della Croce d'Oro "per il contributo dato alla Pace, ai valori umani ed alla realizzazione dell'amicizia tra i popoli".


La via dell'anima. Il Rito di York si presenta a Cagliari


Riflessioni sull'ego

di Nuccio Puglisi



Quando diciamo “io sono” non è il corpo che lo dice ma colui che è dentro.
L’ego materiale è molto astuto e non si fa ridurre tanto facilmente e per difendersi crea abilmente dei respingenti.
Qualcuno affermò che la più grande abilità del Diavolo è far credere che non esiste; noi possiamo parallelamente affermare che la più grande furbizia dell’ego è far credere a chi ce l’ha di non averlo o che non esiste.
L’ego non è uno ma una "legione di ego” come qualcuno la definisce.
Il Mito Della Medusa illustra questa situazione: essa rappresenta la personificazione della parte oscura della Luna, la sua parte malevola; i serpenti in testa alla medusa sono i raggi della Luna, emanazioni negative del pensiero conscio e per affrontarli bisogna fare proprio come ha fatto Perseo che vince la medusa distogliendo da essa lo sguardo ed osservandola attraverso i riflessi speculari dello scudo e così può tagliargli la testa. L’ego, o gli ego, attaccano l'individuo nelle cose materiali facendolo divenire pietra pesante, creano ostacoli.
Nel Primo Grado il candidato lavora sulla volontà perché senza quella non può proseguire oltre questo primo grado, e tale “primo anno” può allora arrivare a durare tre anni o più del nostro tempo.
Ma volontà non è semplicemente smettere di fumare o smettere di mangiare carne, queste sono piccole cose. Nel percorrere la Via si perdono cose di una dimensione e se ne acquistano altre appartenenti all’altra dimensione.
Chi domina la propria volontà, il cui simbolo lo ritroviamo nel tarocco dell’eremita con il bastone in mano che domina il serpente dei desideri, può iniziare col Secondo Grado dove l’amatore lavora sulla parte emozionale, sugli attaccamenti e realizza il vero distacco.
Al Terzo Grado l’ Artista realizza la Grande Opera, è il Templare che realizza il proprio tempio e la coscienza gli si illumina. Questa è la TERRA PREPARATA libera dalle gramigne = TERRA SANTA = TERRA GIUSTA per seminare il seme prezioso della virtù; allora ci si può definire alchimisti. Questi sono i gradini della scala. Ma se si saltano dei gradini allora non accade nulla, dentro non si forma nulla e non si sente nulla. Sul libro della natura è scritto “natura non facit saltus”.
Nella Via Inizatica non si ammette che si dica “non ci riesco” tuttalpiù è ammissibile che si dica “non voglio”. Non è un percorso obbligatorio: il mondo è pieno di mediocri ed uno più o uno meno poco conta; nella Vigna del Signore c’è di tutto. Se non si è disposti a percorrere i gradini uno alla volta è molto meglio non intraprendere nulla perché si perderebbe solo tempo. Ma se c’è la spinta interiore allora non ci si può negare il percorso, per quanto faticoso e duro possa essere. Se uno ha nostalgia del cielo o, come si dice, “sete di cielo” allora non può tornare indietro e dunque se dobbiamo fare il percorso facciamolo come deve essere fatto.
Molti se la prendono con il Maestro o con la Via, ma a torto perchè se l’iniziato non funziona la Via non è per lui e non funzionerà.
Non si tratta di avere il pennacchio in testa o di esibire medaglie, gradi o bandierine come quelle apposte nelle uniformi degli alti ufficiali militari. Simili gradi sono virtuali. La corsa ai gradi che ha imperato talvolta in alcuni ambienti è sterile. Il grado reale è quello che si forma dentro, lo si sente e lo si vive. Conta l’amore per la ricerca e l’esperienza vissuta sulla propria pelle: questo cambia l’essere non virtualmente ma realmente. Quando avremo attraversato il ponte che ci conduce da questo mondo a quell’altro non porteremo dietro nessun grado ma solo “ciò che si è”.
I gradi e l’umiltà non vanno molto d’accordo. “Chi si umilia sarà innalzato, chi s’innalza sarà umiliato”. Ciò significa che il vero potere nasce con l’umiltà. E ciò che realmente si è conta.
L’ego non serve nella Via, o ne serve poco. Il Maestro non dice al discepolo “bravo” perché lui non è bravo. Se gli dice “bravo” non gli fa del bene, lo illude è come sputargli addosso del veleno. Non funziona nella Via questo tipo di incoraggiamento. Ed un giorno che diventerà veramente bravo se ne accorgerà da solo, non avrà bisogno che qualcuno glie lo vada a dire.
Nelle comunità Essene si doveva obbedienza al Maestro di Giustizia e gli ego si riducevano; tra i Gesuiti si andava incontro ad una forte spersonalizzazione quindi si guardava per terra e non negli occhi perché l’ego è la prima cosa con cui si deve lavorare. In fondo siamo tutti una sola cosa: Luce. E ci siamo manifestati. Non c’è differenza se sono vivo o morto perché la Luce è sempre la stessa.

sabato 20 maggio 2017

La via dell'anima. Successo a Milano per il Rito di York

I relatori

Il Rito di York si è presentato alla comunione degli iniziati milanesi. E lo ha fatto raccontando della sua anima simbolica e teoretica, l'unica in grado di garantire a un Maestro il suo reale perfezionamento nell'Arte. All'intervento del filosofo Mauro Cascio, sono seguiti quelli del Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Massoni dell'Arco Reale Tiziano Busca, del Gran Maestro del Gran Concilio dei Massoni Criptici Mario Pieraccioli, e di Massimo Agostini in rappresentanza della Gran Commenda del Cavalieri Templari. Ha portato i saluti Tonino Sansone, presidente del Collegio dei Maestri Venerabili della Lombardia.

Il Rito di York è l'oasi di ristoro per i pellegrini assetati di senso


Il pubblico


Le ultime novità editoriali della collana curata dal Capitolo De Lantaarn
(Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno)


Tempo di Vaccini. Contro l'Antimassonismo ci pensa Almerindo Duranti. Prossimamente in libreria


martedì 16 maggio 2017

Christian Rosenkreuz e il Vangelo di Giovanni

di Paolo Callari

La Grotta dove san Giovanni ebbe una visione oggi è un Monastero

Una sera, prima della Pasqua, ero seduto al mio tavolo secondo la mia abitudine, mi intrattenevo lungamente col mio Creatore in umile preghiera. Meditavo i grandi segreti che il Padre della Luce, nella sua Maestà, mi aveva lasciato contemplare in gran numero. Mentre volevo preparare nel mio cuore un pane azzimo senza macchia, con l'aiuto del mio amato Agnello pasquale

Christian Rosenkreuz credeva che il vangelo di Giovanni fosse l'unico storicamente accettabile, ed è proprio il pane azzimo e la sua relazione con la Pasqua Ebraica che effettivamente distingue il vangelo di Giovanni dai Vangeli sinottici. Nel secondo capitolo Christian si siede a riposare sotto tre alti alberi di cedro e su uno di essi è fissata una targa che mostra quattro sentieri. È importante notare come nell'allegoria sia Lo sposo (cioè la Bibbia) ad offrire queste quattro diverse vie.

Il primo sentiero conduce in una zona rocciosa, che simboleggia Pietro, "la roccia" come viene ritratto nei vangeli sinottici. Il secondo sentiero del testo è quello esposto nel vangelo di Giovanni, in quanto a Christian viene detto che su questo sentiero non deve girare né a destra né a sinistra e il racconto di Giovanni è l'unico che non menziona i due ladroni crocefissi alla destra e alla sinistra di Gesù. Il terzo sentiero è quello delle lettere di Pietro, Giacomo, Giuda e Giovanni. Nella prima lettera di Giacomo c'è un riferimento alla "via reale" o "legge reale" . Nella lettera di Pietro c'è l'unico riferimento a "uno tra mille". Il quarto sentiero è quello delle lettere di Paolo. E quello dove si trova un riferimento ai morti risorti incorrotti e l'unico dove nel Nuovo testamento compare la parola "logorante".

La storia continua con "Al che tirai fuori il mio pane e ne tagliai una fetta". Non si può non notare che Rosenkreuz taglia il pane. Il ventiquattresimo dei precetti di Pitagora dice di non spezzare mai il pane. Il pane viene spezzato nei vangeli di Marco, Luca e Matteo, ma non viene mai spezzato nel vangelo di Giovanni. Il pane viene spezzato anche nelle lettere di Paolo e negli Atti degli Apostoli, ma mai nelle lettere di Pietro, Giacomo, Giuda e Giovanni.

Con il procedere della storia diventa evidente che Rosenkreutz, con le parole "sono avanzato con la mia bussola, senza deviare di un passo dalla linea del Meridione" intende dire che il sentiero da lui scelto è il secondo, in quanto non gira mai né a destra né a sinistra. Da notare anche come affermi "Presi con pazienza la mia croce e mi misi in cammino": solo nel vangelo di Giovanni Gesù porta la croce, mentre nei sinottici a farlo per lui è Simone di Cirene.

La grande cultura. Riedito «Dioniso» di Henri Jeanmaire

di Domenico Cambareri

Copertina storica del libro pubblicato da Einaudi



La storia dell’editoria e della grande cultura contemporanea in Italia è davvero stranissima.

Infatti è incomprensibile come mai nelle città e nelle università dell’erede diretta più importante della cultura antica, che vanta, senza mai smettere di gridarlo, di essere il giacimento culturale più importante del pianeta e  sintesi della cultura antica e luogo di eccellenza degli studi antichi, possano persistere carenze enormi nella pubblicazione di opere antiche o sulle civiltà mediterranee antiche. Di fronte a tedeschi, inglesi, francesi, si fa una figura peregrina.

Desideravamo da tempo segnalare in particolare alcune delle opere introvabili perché mai più ristampate o perché finora mai tradotte in italiano. Caso vuole che una di queste opere sia stata nuovamente edita in Italia.

È Dioniso di Henri Jeanmaire, per la prima volta edito agli inizi degli anni ’70 da Einaudi e poi diventato un testo introvabile.

L’opera è e rimarrà un’opera incancellabile, una pietra miliare, un atlante particolareggiato ricchissimo e mirabile e una grande ricostruzione storica in cui gli aspetti probanti sono delineati senza pretermissioni veritative in un ambito interdisciplinare che va dall’archeologia e dall’arte ellenica all’etnografia antica e non, alle tragedie e alla letteratura ellenica alla storia delle religioni e della cultura dell’Asia minore e del Vicino oriente antico e dell’Ellade, alla filosofia antica e alle eredità cultuali tardo-antiche e dell’incipiente età volgare e dei secoli successivi.

Noi abbiamo appreso soltanto da pochi giorni che era stata riedita, nonostante precedenti ricognizioni tramite Google. Ebbene, l’opera è stata ripubblicata nel 2012. Amara, incresciosa svista, perché l’avremmo potuto segnalare di già.

Un testo preziosissimo che può essere nuovamente studiato e letto da specialisti, da amanti e cultori della civiltà antica, da comparatisti e da qualsiasi lettore amante della cultura con la maiuscola. 

La forza dissacrante delle Toledòt Yesu

di Antonio M. Abif



Le Toledòt Yesu  sono una serie di racconti non codificati di matrice ebraica su Gesù e sul primo Cristianesimo, una sorta di antivangelo a uso interno, ironico, dissacrante, sarcastico.
I nuclei originali di questi racconti, che inizialmente furono trasmessi in forma orale, sono antichissimi, II secolo, e tra i vari racconti, si legge:
«E Gesù disse: Non è vero che Isaia e Davide, miei antenati, profetarono su di me? Il Signore mi ha detto:tu sei mio figlio, oggi ti ho concepito, ecc. In maniera simile, in un altro punto: Il Signore ha detto al mio Signore, siedi alla mia destra. Ora io ascendo al Padre mio che è in cielo e siederò alla sua destra, come potrete vedere con i vostri occhi. Ma tu, Giuda, non arriverai mai a quell'altezza.
Allora Gesù pronunciò l'alto nome di Dio (IHVH) e continuò a farlo fino a che venne un vento che lo portò in alto fra la terra e il cielo. Anche Giuda pronunciò il nome di Dio e in simil modo fu preso dal vento. In questa maniera entrambi fluttuarono nell'aria fra lo stupore degli astanti. Poi Giuda, pronunciando di nuovo il Nome Divino, prese Gesù e lo spinse in basso verso la terra. Ma Gesù cercò di fare lo stesso a Giuda e così lottarono l'uno contro l'altro.
E quando Giuda vide che non poteva averla vinta sulle arti di Gesù, gli urinò addosso, ed entrambi, divenuti immondi caddero a terra; e nemmeno poterono di nuovo usare il nome Divino fino a che non si furono lavati».

lunedì 15 maggio 2017

Tiziano Busca con Raffi e Alessandro Meluzzi



Il Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale Tiziano Busca ha incontrato il Sommo Sacerdote Onorario, ed ex Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Gustavo Raffi e Alessandro Meluzzi, a margine del convegno sul fine vita che si è tenuto qualche giorno fa ad Arezzo. Ma le attività della settimana, rituali e non, di Busca sono fittissime. Questa sera sarà a Firenze, il 17 a Bari, il 18 a Milano e il 19 a Lecce. 

Aprire ponti nel nome di Clemente XI


Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno al Salone del Libro di Torino


Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno ci aspetta a Torino dal 18 al 22 maggio nel suo stand (Q137) in occasione del Salone Interazione del Libro. Un'occasione per conoscere i titoli del catalogo, i tanti libri, anche sul Rito di York, come quelli pubblicati dalla collana curata dal Capitolo de Lantaarn: tra cui gli ultimi «Rito di York. Storia e metastoria» di Tiziano Busca, «Umberto Eco e la Massoneria» di Mauro Cascio e la novità: il libro di vignette di Almerindo Duranti. Tra le proposte dell'editore catanese anche «Mystica Aeterna. I rituali del culto cognitivo» di Rudolf Steiner.  Ricordiamo che tutte le novità che non dovessero ancora risultare in distribuzione possono essere richieste direttamente all'editore al numero 095.7649138

mercoledì 10 maggio 2017

Lutto nel Rito di York

Si è spenta la suocera del comp. Vitantonio Vinci. Le più sincere condoglianze alla famiglia dal Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dell'Arco Reale Tiziano Busca, anche a nome degli altri corpi rituali del Rito di York, e dalla redazione del nostro blog.

A Milano si presenta il Rito di York: Tiziano Busca con Mauro Cascio


Storia del Rito di York / 2

di Giuseppe Di Domenica



Per dare una valutazione temporale della massoneria del nord, vengono eletti nell’ordine quali G.M. di York nel  1705 Sir George Tempest Barronet, 1707 The Right Honourable Robert Benson Lord Mayor of York, 1708 Sir William Robinson Bart, 1711 Sir Walter Hawksworth Bart, 1713 Sir George Tempest Bart, 1714 Charles Fairfax Esqr, 1720 Sir Walter Hawkesworth Bart, testimoniando quindi una vivace attività in questa area, e che comunque non determinava alcuna deriva conflittuale con la nuova struttura fondata a Londra.

La nuova Gran Loggia nata nel 1717 si era denominata “Grand Lodge of London and Westminster” vista la diffusione locale delle sue logge fondatrici per poi assumere la denominazione di “Premiere Grand Lodge of England” e poi ancora “Grand Lodge of England”  e comunemente conosciutacome  Gran Loggia dei Moderns; mentre quella di York si faceva detentrice del  titolo di “The Grand Lodge of all England”, e che come tale era mantenuta in massima considerazione non solo per essere più antica ma anche per la presenza di numerosi membri della nobiltà locale.

I primi screzi giungono inevitabilmente sugli aspetti della ritualità, la Gran Loggia di Londra ovvero i moderns  introducono delle novità nel sistema catechistico bigraduale ed intendono fondativi l’insieme dei manoscritti denominati  “Costituzioni Gotiche”,  che verranno aggiornati su specifica indicazione del Gran Maestro il duca di Wharton da un gruppo di qualificati Fr. coordinati dal rev. Anderson.

La Gran Loggia di York (The Grand Lodge of all England), si richiama, in maniera più circostanziata storicamente,  alla prima Grande Assemblea tenuta dal figlio del re Atelestano Principe Edwion nel 926 a York, e che stabilì le prime regole del Craft dopo la caduta dell’Impero Romano e quindi dei Collegia Fabrorum, stabilendo un preciso punto geografico sulla fondazione della tradizione latomistica inglese (gli scozzesi delle Highlands sono cosa altra).

Il contenuto di queste remote disposizioni è avvolto nella leggenda in quanto le distruzioni che si susseguirono in territorio inglese nelle guerre con i Sassoni ed i Danesi, e quelle relative alla creazione dell’ Anglicanesimo sotto Enrico VIII che portò all’ulteriore dispersione degli scritti detenuti dai monasteri benedettini, non consentono a tutt’oggi, che una ricostruzione parziale e riferita proprio dalle Costituzioni Gotiche stesse e che saranno riportate nelle nuove  Costituzioni  del 1723 e 1739 che reclameranno su questi titoli la continuità della Tradizione di quanto accaduto a York nel lontano 926 a.D..

Le Costituzioni Gotiche così denominate dal rev. Anderson e dai suoi fraterni collaboratori  non sono un testo unico, ma una assieme di documenti che vanno dal Poema Regio del 1390 al Cooke del 1400, York no.4 del 1693 e che in totale assommano ad trentina di testi e manoscritti antecedenti almeno al 1700.

La Gran Loggia moderns di Londra semplifica notevolmente la forma catechistica rituale  (il rituale come da noi praticato è di fine 700 ) tanto da creare scandalo e dissapori che porteranno allo scisma Antient nel 1751 con una Gran Loggia sempre del sud denominatesi “Most Ancient and Honourable Society of Free and Accepted Mason according to the Old Institution”, od in breve “Antient Grand Lodge of England”.

Ma quali saranno queste Old Institution ? .  Leggiamo la risposta su Aiman Reizon il Libro delle Costituzioni Antient, che in fondo non si distacca troppo riguardo gli antichi doveri da quello del rev. Anderson, ma parla però di Royal Arch, e fa riferimento più volte ad Irlandesi e York Masons  che evidentemente osservano una forma tradizionale diversa da quella moderns.

 Ma cosa sono queste modifiche così marcanti ? Le questioni sono ampiamente documentate e facili da reperire, ne accenniamo alcune,  scristianizzazione dei rituali, introduzione del grado di Maestro, introduzione di letture su geometria ed architettura ed altro ancora. Evidente inoltre l’avversione a tutto quanto di catechistico/rituale oltre i gradi del CRAFT ed in particolare per l’arco Reale di Gerusalemme, per non parlare della muratoria del Marchio.

La condanna dell’Arco Reale per i moderns era assoluta, eppure nel nord si praticava tranquillamente, e molti moderns in realtà erano stati costituiti nell’Arco Reale; questa enorme incongruenza si evidenzia in maniera quasi comica nella risposta che il Gran Segretario Spencer nel 1767 rende ad un Fr. a Francoforte, dove stigmatizza l’Arco come “una invenzione seduttiva e deviante”, peccato che lo stesso Spencer l’anno prima fosse stato esaltato come muratore dell’ Arco!

E che dire poi del Marchio discendente delle gilde costituite per la Cattedrale di Magdeburgo in Germania nel 1211 e figlie  evidenti del compagnonaggio ?


martedì 9 maggio 2017

Mandei, i figli della luce

di Filippo Goti



Letteralmente il termine "Mandeo", la cui origine si perde in un dialetto aramaico, significa  "il battezzato”, ed è in Giovanni il Battista, colui che dispensa il battesimo, che i Mandei riconoscono l'origine della propria tradizione.
Matteo 3:1 In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea,
La religione Mandea è stata definita l'ultima religione gnostica; sopravvivendo a quasi duemila anni di persecuzione da parte di tutte le altre religioni abramitiche, è giunta fino a noi, autentico fossile vivente di una tradizione "gnostica-cristiana" coeva ed alternativa al cattolicesimo. Quasi a ricordare, per coloro che non sanno o che volutamente ignorano, come le origini dello stesso cristianesimo siano ben lontane dall'assumere sembianze di un monolitico e rettilineo sviluppo, bensì trovano iniziale espressione in molteplici comunità, gruppi misterici, iniziatici, che in modo diverso avevano ricevuto il messaggio cristico, e come questo si era innestato nelle loro tradizioni locali.
Del resto Roma è solamente la terza chiesa e ancora oggi nel bacino del mediterraneo, là dove si è coagulato, il fenomeno cristiano trova radice ed espressione nella diversità di riti, di modo di intendere e vivere il messaggio cristico (fino quasi a giungere a veri e proprio riti dal sapore sciamanico) è vario.


1. L'origine dei Mandei

Non è certa l'origine dei mandei; una delle tesi vuole che i Mandei derivino dai Nazorei, una delle tante sette ebraiche che durante la repressione romana fuggirono verso la città di Harran. Altra tesi identifica i Mandei con i Sabei, citati nello stesso Corano. Alcuni studiosi sostengono che i mandei sono originari della Mesopotamia, ed infine c'è chi vede in questa comunità religiosa i discendenti dei fedeli di Giovanni il Battista. L'indeterminazione sull'origine dei Mandei, porta gli studiosi a dividersi attorno all'origine della loro religione. Per alcuni il mandeismo è un'eresia cristiana del secondo secolo, mentre per altri è una religione che raccoglie elementi di cristianesimo e manicheismo. Pare che la più ovvia delle ipotesi e cioè che la religione mandea possa essere il risultato dell'incontro fra elementi zoroastriani e l'insegnamento di Giovanni il Battista, non sia tenuta in gran conto.

Secondo una delle tesi sopra citate, i mandei si rifugiarono ad Harran (Siria) a seguito della distruzione dello Stato di Israele da parte dei romani, ma non è da escludere che fosse in corso una persecuzione religiosa ai loro danni da parte degli ebrei ortodossi. Per alcuni secoli rimasero in quel territorio, ma poi furono soggetti a nuove vessazioni, in quanto malvisti sia dalla comunità cristiana che da quella islamica. A seguito di tali eventi furono costretti a rifugiarsi nelle zone paludose del Marsh in Iraq.

I Mandei sostengono di essere originari della regione di "Tura d'Madau", mai individuata dagli studiosi, e di come la loro religione sia precedente al cristianesimo, e al manicheismo, e non sia stata fondata da Giovanni il Battista. Quest’ultimo rappresenterebbe solamente il più grande dei Profeti, ovvero colui che conclude la rivelazione e pone il sigillo sulla storia dell’uomo.
La lingua mandea deriva da un dialetto aramaico,  ma tale connotazione si sta perdendo a causa sia dell'esiguità del numero dei mandei, sia per le contaminazioni di arabo nella loro lingua. I Mandei, come vedremo più avanti, non godono di nessuna tutela giuridica e religiosa, e il loro patrimonio culturale e umano rischia di scomparire.
Nel seguito considereremo come Mandeo derivi da battezzato, ma è utile ricordare che qualcuno fa risalire questo termine a Conoscenza. Personalmente considerato lo stretto legame per i Mandei fra il Battesimo e la Luce, ritengo che le radici possano entrambe coesistere, acquisendo così nuova sostanza.


2. La Religione Mandea



 I Mandei considerano la loro religione una proto-religione, il cui punto di origine è il Mondo della Luce. Il mandeismo si presenta come una religione monoteista, con forti tratti dualistici dove un Dio Supremo di Luce è circondato da Angeli, di cui il più importante è Manda d-Haiyè (Gnosi della Vita). L'uomo vive al limitare del mondo delle tenebre e del male, dominato da diavoli su cui primeggia Ruha, una sorta di ArciDemone, e la terra è stata generata come conseguenza delle azioni del Mondo della Luce, e del Mondo delle Tenebre. Inizialmente la Terra era frutto del male, ma successivamente, attraverso gli Angeli e i Profeti, il bene si è insinuato nel mondo. Possiamo già notare delle similitudini fra la visione mandea, lo zoroastrismo, la gnosi barbelotiana, e il manicheismo. I testi Mandei riportano come nel terzo secolo d.c. vi furono dei contatti fra le comunità manichee e mandee, e come lo stesso Mani fosse stato influenzato da questa antica religione, suggerendo così (per semplice evidenza storica) come molto dello gnosticismo deve a questa religione-misterica.
Tra le analogie con lo gnosticismo barbelotiano e lo zoroastrismo, emerge con forza la figura di Adam il cui corpo (Pagria di Adam) è stato prodotto dai demoni, al servizio di Ruha e dalle potenze planetarie. La prigionia di Adam è evitata dagli esseri di luce, in quanto generano per lui un compagno dell'animo: Adam (nascosto) interno (kasya del adam) e comunicano a lui i segreti del mondo della luce e delle tenebre. E’ direttamente da Adamo ed Eva (dono del Padre di Luce ad Adam) discendono i Mandei, che hanno dovuto prendere vita in questo mondo di tenebre, ma che incarnano il verbo di salvezza.

Uno dei temi principali della speculazione mandea è la morte; vista non come evento individuale, ma vero e proprio “collasso” cosmico.
L'estinzione di Adam è ritenuta un prototipo dell'estinzione generale. Questo accadimento si staglia al centro della speculazione di questa religione. Dopo la caduta dell'anima nel corpo di Adam, (Dhaii di Manda ) è la conoscenza dell’Universo delle legge, e della natura che riempie e da sostanza alla sua discendenza ( I Mandei). Adam quindi è proiettato sia alla conoscenza che all'estinzione; la quale si connatura nel ritorno felice dell'anima al mondo di luce. Per il Mandeo ogni esperienza in vita, è atto preparatorio a questo “viaggio” verso la dimora perduta; da cui discende come la morte viene vissuta come un passaggio non funesto, ma necessario alla reintegrazione dell’uomo nel suo contesto primordiale e celeste.

L'uomo abbandona il mondo dell'illusione e della sofferenza al momento della morte, attraverso la quale ogni anima passa attraverso degli stadi intermedi fino ad arrivare al Regno della Luce. Così come per altre religioni e scuole gnostiche, il mondo terreno avrà anch'esso una fine. Secondo la tradizione mandea, giungerà un messaggero che traghetterà le anime dal mondo dell'oscurità al Regno della Luce e questo sarà il segnale che è giunto il momento della  fine del mondo delle tenebre. Al termine esisterà solo il Regno della Luce e il tempo della sofferenza si sarà esaurito.
Troviamo identico mito anche nella religione catara, anch'essa monoteista e al contempo dualistica, che prevedeva sia un ciclo di sette ritorni per le anime, sia l'essiccamento del mondo terreno nel momento in cui ogni anima avrà fatto ritorno al mondo superiore.
Interessante notare come tali concetti sono espressi anche nella Cabala, a riprova di quanto lo gnosticismo abbia influenzato le varie tradizioni esoteriche. Del resto la visione cosmogonica mandea, non deve far sorridere il disattento lettore, visto che essa è ben più raffinata del convenzionale Giudizio Finale che troviamo nella Bibbia. L’Apocalisse, attribuita al Giovanni Evangelista, prevede la seconda venuta di Gesù, è sicuramente versione semplificata di un messaggio antico che ci ricorda la fine del tempo dell'uomo, e l'inizio del tempo divino.
Come molto lascia intuire la figura centrale della religione mandea è Giovanni Battista (Drashia d-Yahia), l'ultimo dei Profeti, che con l'introduzione del battesimo permette all'uomo di incamminarsi verso il Regno di Luce. La cerimonia del battesimo (Masbütä) si connatura con una triplice immersione sacra, attraverso cui si viene purificati da ogni iniquità e ci si avvicina al mondo della luce. In ricordo dei battesimi nelle acque del Giordano (ed a maggior simbolismo le acque dei battesimi sono chiamate Giordano), i rituali mandei avvengono presso acque correnti. Non solo quindi viene evidenziato il potere dell'acqua come agente di purificazione, attraverso la triplice ripetizione ( tre è un numero sacro legato alla divinità ), ma anche il simbolismo legato al "correre" delle acque, che rappresenta non solo il flusso del tempo, ma anche il divenire di tutte le cose, e l'eterna corrente vitale che lega il Mandeo a Dio.
  Il battesimo mandeo non avviene solamente al momento dell'ingresso nella comunità, ma ogni domenica (habshaba) ad emblema dell'attenzione che questa fratellanza ripone nella purificazione. Oltre alla triplice immersione, il battezzato è accompagnato da una corona del mirto (la cui essenza nell'antichità veniva utilizzata in pratiche sia di purificazione che evocazione). In seguito la fronte del battezzato viene segnata dal sacerdote con olio consacrato,  e una semplice comunione di pane e di acqua precede la conclusione del rito che avviene con la stretta di mano “della verità" (kushta).
I fedeli mandei partecipano alla cerimonia con un abito composto da sette pezzi e completamente bianco, a differenza dell'abito sacerdotale che è invece composto da nove pezzi. La triplice immersione risulta essere ritmata, quasi a sottolineare con energia il prima e il dopo.
E' interessante notare come i mandei mettono in rapporto il bene spirituale con il bene fisico, ed infatti il rito del battesimo in questa ottica serve a guarire i malanni del corpo. Riti non solamente di purificazione, non esclusivamente legati ad una dimensione di sacra teurgia, ma anche terapeutici, elemento in comune con altre comunità mistiche che si formarono in quel territorio che va dall'Egitto alla Mesopotamia.
Oltre al battesimo hanno enorme importanza per il fedele mandeo anche il funerale e la festa dei morti, in quanto è attraverso la morte che l'anima raggiunge il mondo della Luce, ed è qui  così che la morte diviene seconda vita. La messa per i morti, o piuttosto l'ascesa dell' anima al mondo di luce è  una caratteristica fondamentale della religione Mandea che crede in una seconda vita, o vera vita, dell'anima dopo la morte. I Mandei, così come gli antichi Egizi, dedicano molto tempo ad un ampio numero di cerimonie che garantirà il futuro dell'anima dopo la morte; ecco quindi che un grande numero di rituali di purificazione hanno come obbiettivo quello di garantire l'accesso dell'anima al mondo della luce. Questi rituali non si limitano alle cerimonie religiose, ma includono anche determinati pasti cerimoniali; come i pasti nella memoria del defunto. La messa per i morti ha un valore simbolico relato al "ricordo" dell'anima dopo la morte,  e nel concederle aiuto nel relativo viaggio pericoloso attraverso “i posti di detenzione" o del purgatorio (matarata) prima di giungere al mondo di luce, e sicuramente all'accorto lettore non saranno sfuggite le coincidenza fra la preparazione dell'anima mandea, e quanto prescritto nel Libro dei Morti Egiziano.
 Interessante è notare la grande rilevanza del femminile nella religione Mandea. Eva non nasce da una costola di Adamo, così come nel filone abramitico, ma bensì rappresenta un dono inviato dal Dio della Luce per Adamo. La storia mandea è ricca di donne che hanno esercitato il ruolo di sacerdotesse o di profetesse, dimostrando quindi una sensibilità spirituale non legata a meri orpelli fisici, non corrotta dalla carne, e non limitata dalle apprenze di un corpo in sè e per sè caduco, ed espressione di un transito terreno. I neonati mandei ricevono da oltre 2.000 anni il cognome della madre.
E' difficile dare esatta cronologia alla letteratura sacra mandea, vista la scarsità di elementi storici su questo popolo, comunque alcuni studiosi la collocano fra l'era precristiana e il secondo secolo dell'era cristiana. I Testi Sacri sono:
- Il Ginza (tradotto nel 1925 dallo studioso di religioni Mark Lidzbarski), che significa "Tesoro". Questo testo sacro è composto da due parti, la prima parte è una collezione di diciotto trattati di cosmogonia e mitologia. La parte seconda è dedicata all'anima ed alla relativa ascesa (masiqta) al mondo di luce (è una raccolta di inni per la messa dei morti).
- Il libro di Giovanni (dyahya di drasha) è forse un supplemento al Ginza. Composto da 37 sezioni,  raccoglie elementi di mitologia e insegnamenti del Battista.
- Il libro canonico di preghiera (Qolasta), raccoglie i canti e le preghiere corali per le cerimonie religiose, soprattutto per i battesimi e le messe per i morti.
- Lo Shuiale Trisar, che è  composto di sette parti ed è ad uso soltanto dei sacerdoti.


3. I Mandei e Gesù Cristo

I Mandei come altri gnostici separavano la figura di Gesù da quella del Cristo (docetismo), non potendo riconoscere ad un essere spirituale, inviato dal Padre della Luce, la possibilità di morire per mezzo degli uomini e delle tenebre. Per i mandei il Gesù terreno ( Ishu Mshiha) non è il Salvatore, ma un servo dei demoni. Il suo martirio è un inganno da parte del mondo delle tenebre; mentre il Cristo Spirituale è rappresentato da Anosh Uthrà ( l'ultimo termine significa angelo ), che altro non è che Manda d-Haiye inviato come messaggero di luce sulla terra.

È interessante come i Mandei attribuiscano a Giovanni il Battista tutti gli elementi caratteristici, che un cattolico attribuirebbe a Gesù Cristo. I Mandei raccontano come la nascita di Giovanni fu annunciata da un Angelo a sua Madre, e come suo padre Zaccaria fosse un uomo molto anziano (Come S.Giuseppe). Inoltre, sempre nel racconto mandeo, una stella rimase sospesa sul luogo dove doveva nascere Giovanni, e come egli fu perseguitato dagli ebrei ortodossi, e costretto alla fuga per una ventina di anni, quando tornò nel mondo Giovanni era profeta e guaritore, e prese ad insegnare e battezzare.

Giovanni era chiamato sia il buon pastore, sia il pescatore di anime, titoli identici a quelli di Gesù, e sempre per i Mandei Giovanni prese come suo discepolo lo stesso Gesù.

Matteo 3:13 In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.

I testi mandei sostengono che Gesù travisò gli insegnamenti di Giovanni, carpendone con l'astuzia i segreti, e traghettando nell'inganno gli uomini. Gesù si presentò a Giovanni per essere battezzato, e, vincendo le iniziali perplessità del Battista, riuscì a farsi ammettere nella comunità, ma durante il battesimo , Gesù fu investito dalla potenza di Ruah (l’Arcidemone), e non degli angeli della Luce.

Certo è interessante notare come i Mandei abbiano sofferto persecuzioni sia da ebrei, che islamici, che cattolici, in virtù della loro diversità nell’approccio alla figura del Cristo, e malgrado ciò hanno mantenuto inalterato nel tempo la loro visione su di un Gesù falso profeta e servo delle forze del male. Una simile connotazione di Gesù, e al contempo l'indicazione di un Cristo inteso come Angelo o Potenza Spirituale, è combaciante con quella di comunità e scuole gnostiche, creando un’interessante solco religioso e misterico.
Non possiamo non ricordare come gli stessi Dositeo e Simon Mago, asserissero di essere discepoli di Giovanni il Battista, e il loro essere contemporanei a Gesù apre una serie di fondati interrogativi attorno alle origini stesse del messaggio racchiuso nel cristianesimo; che potrebbe trovare non solo radice diversa da quello dell’ebraismo, ma dello stesso Gesù.


4. I Mandei oggi

Oggi le comunità mandee sono sparse fra Iran ed Iraq, oltre a qualche migliaia di fedeli in Europa ed in Canada, in un numero inferiore ai 50.000 individui che vivono nelle zone più impervie e povere. Gli aderenti alla fede mandea possono essere trovati nei villaggi nelle terre impervie comprese fra il basso Tigri e il basso Eufrate, i fiumi che circondano lo Shatt-al-Arab e nella provincia iraniana adiacente di Khuzistan.
Le comunità mandee nei paesi musulmani sono al limite dell'estinzione, a causa delle barbarie a cui sono sottoposte. I Mandei non sono inclusi nelle  religioni del Libro, e quindi non godono di nessuna tutela. Ovviamente tali comunità non hanno neppure l'appoggio da parte dei cattolici, ponendosi come storica evidenza di religione cristiana a loro alternativa. Un problema non solo giuridico e religioso, che determina un'autentica pulizia etnica a cui i mandei sono sottoposti, a causa del loro scarso peso politico sullo scenario internazionale.

Riporto quanto segue tratto da http://www.gfbv.it/3dossier/me/mandaeer-it.html

Dopo l'ascesa al potere di Saddam Hussein nel 1979 aumentarono gli atteggiamenti ostili verso i Mandei. Tre il 1991 e il 1993 i Mandei che vivevano nella zona del Marsh (zona paludosa nell'Iraq meridionale) furono vittime di una vera e propria campagna di eliminazione. Il regime si scagliò con tutta la violenza possibile contro le popolazioni delle paludi tra Bassora, Samara e Nassiriya. La violenza del regime colpì particolarmente gli Arabi del Marsh che da oltre 5.000 anni vivevano in quella zona. Dopo le ribellioni sciite seguite alla seconda guerra del Golfo del 1991 moltissimi ribelli e disertori si rifugiarono nella poco accessibile zona delle paludi, vasta 150.000 km2, e Saddam Hussein colse l'occasione per bonificare tutta l'area. Il provvedimento colpì anche la comunità mandea che diminuì da 5.000-7.000 persone a 1.000-2.000 credenti. Inoltre furono distrutti tutti i centri di culto. I Mandei persero la loro patria nella quale avevano vissuto fin dal 5. secolo dopo Cristo. I sopravvissuti fuggirono nelle maggiori città dell'Iraq.
Dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003 la situazione dei Mandei è ulteriormente peggiorata. Dal 2003 sono aumentati gli omicidi di credenti mandei, gli stupri a danno di donne e ragazze mandee, le umiliazioni pubbliche, i rapimenti e le conversioni forzate. Trattandosi di una miscredente, lo stupro di una donna mandea resta impunito e contemporaneamente aumentano le discriminazioni nei confronti dei Mandei in generale: licenziamenti ingiustificati, espropri, arresti ed esclusione da incarichi pubblici. Le donne sono costrette a portare il capo coperto e durante l'ultima guerra irachena, i giovani sono stati costretti a prestare servizio militare nonostante la loro religione proibisca loro categoricamente di uccidere. Nel frattempo i Mandei si trovano spesso costretti a negare il proprio credo e le proprie tradizioni, il che costituisce per loro uno dei peggiori peccati. Essi si convertono "volontariamente" all'Islam e per paura delle persecuzioni e delle umiliazioni assumono nomi musulmani. Nel 2003 il leader sciita e giurista Al-Hakeem diffondeva sulla sua homepage la convinzione che i Mandei dovevano o essere uccisi o essere costretti a convertirsi all'Islam. Centinaia di famiglie mandee sono fuggite in Siria o in Giordania, dove vivono in condizioni disperate.. "


In questo estratto datato 8 AGOSTO 2007
http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=4476


si parla dei Mandei e delle loro persecuzioni da parte dell'Iran, intento a creare una zona sciita sotto il suo controllo in Iraq.
"Intervista di Willi Langthaler con al-Kubaysi
Abduljabbar al-Kubaysi, influente leader politico della Resistenza irachena e segretario generale dell'Alleanza Patriottica Irachena (API), risponde alle domande di Willi Langthaler sulla situazione che si va delineando in Iraq. Parigi, luglio 2007
Domanda: In quest'ultimo periodo i media europei, nel trattare dell'Iraq, ci hanno parlato esclusivamente di una guerra civile  interconfessionale. Che cose succede in realtà?


Risposta: In realtà, sono gli occupanti statunitensi e il governo da  essi imposto a spingere in direzione di questa guerra civile interconfessionale. Anche gli Iraniani, poi, vi hanno il loro interesse, poiché anch'essi auspicano una federazione nel Sud: stanno tentando di fare in modo che sunniti, cristiani e mandei [piccola comunità religiosa di tipo gnostico-dualista dalle antichissime origini che vive nella provincia di Bassora e nello Shatt el-Arab iraniano, NdT] se ne vadano per ottenere una zona puramente sciita. In condizioni di guerra queste spinte settaristiche hanno un effetto immediato.
I Mandei furono rispettati come credenti dai mussulmani fino a quando furono identificati come i misteriosi Sabei, antica religione di cui poco sappiamo, citata nel Corano. Nel momento in cui questa identificazione è venuta meno, i mandei hanno perso qualsiasi tutela religiosa e giuridica, condannati a subire stupri, violenze e confische, portando così un'antica religione sull'orlo dell'estinzione.


5. Mani e i Mandei

Spinto ad approfondire alcuni argomenti laterali al cristianesimo delle origini, in virtù di un piccolo ciclo di conferenze; mi sono imbattuto in un elemento di sicuro interesse per una visione alternativa dello stesso cristianesimo.
La questione riguarda Mani il fondatore del manicheismo, una religione universale(1) (come quella cattolica ) che si diffuse dal bacino del mediterraneo, in Grecia, fino in India ed in Cina. Religione che raccoglieva elementi di Zoroastrismo, Buddismo, e Cristianesimo, apparentemente sicretistica nel metodo, ma non nell'essenzialità del messaggio (un mondo del divino duale e in perenne lotta ).
Durante gli approfondimenti è emerso come la famiglia di Mani, con ogni probabilità fosse di religione mandea, o di una realtà da essa derivata. E ciò spiega la poesia liturgica e mitologia manichea, e come nell'esposizione religiosa di Mani non sia assolutamente presente la componente profetica e in generale quella ebraica.

Se pensiamo a come il Manicheismo, con uno dei suoi rami derivati ha attraversato l'europa balcanica, e come da esso siamo giunti poi ai Catari, e ancora alla Chiesa Giovannita; non possiamo che prefigurare anche un'alternatività cristiana a quando fino adesso ufficialmente riconosciuto.



6. Conclusioni

Non è stato facile parlare dell'origine dei Mandei, in quanto le prove storiche sono assolutamente scarse, anche se bisognerebbe chiederci se la migliore prova non sia l'esistenza stessa di questo popolo e di quanto viene tramandato dalla loro tradizione (che come minimo copre oltre 2.000 anni di storia). I Mandei hanno idee molto precise sulla loro origine, credono che la loro religione deriva direttamente dal Mondo della Luce, e che sia più antica  del cristianesimo, del manicheismo, dell'ebraismo ed infine dello zoroastrismo. Non solo la religione mandea precederebbe le altre religione monoteiste, ma in misura diversa le avrebbe influenzate, dando quindi un senso rettilineare, seppur carsico, alla tradizione in esse, variamente, incarnata. Come abbiamo visto la religione Mandea si propone come un particolare monoteismo, che non trova radice nel ceppo abramitico da cui sono scaturiti, seppur con diversa gradazione, ebraismo, cattolicesimo (cristianesimo) e islamismo. Tale "diversità" appare sia nel ruolo sacerdotale e profetico, non limitato solamente agli uomini,e  nei riti dove il popolo dei fedeli è parte attiva, ma anche nel particolare binomio fede-conoscenza che viene proposto. Dove l'una (la fede) è premessa dell'altra (la conoscenza),  e non sono proposte come inconciliabili mete spirituali; poste l’’una  agli antipodi dell’altra. Il rito del battesimo ripetuto, la triplice immersione, il considerare cosa unica il benessere spirituale e il benessere fisico, la morte vista come rito di passaggio verso mondi superiori, il continuo richiamo a luce e tenebra, rendono il mandeismo una religione "anche" di conoscenza, e non solo di fede (Il mandeo crede e sa che durante il battesimo il Mondo di Luce è presente in lui). Una religione che dovrebbe far molto riflettere per l'intensità misterica dei riti, molto simili a veri e propri rituali di iniziazione.
Seppur non ci sono certezze storiche attorno all'orgine dei Mandei, è rilevante il loro sostenere collocarsi prima allo stesso Giovanni Battista, lasciando così intuire come il punto di origine del cristianesimo, o almeno del messaggio in esso contenuto, sia ancora avvolto dalla nebbia del mistero e del simbolismo, malgrado la comune convinzione che lo vuole legato all’ebraismo e a Gesù. Del resto queste tematiche, oggi relegate ad ambienti accademici o esoterici, sono state dibattute, anche con violenza, nei primi anni dell’era cristiana, per poi essere soffocate nella repressione religiosa e culturale.
Non sarà sfuggito come la religione Mandea presenta molti tratti in comune con lo Zoroastrismo, un'antica religione della Persia preislamica, che si fonda in un conflitto fra Ahura Mazda (Dio della Luce), e Angra Mainyu (il Dio delle Tenebre). A questo conflitto partecipano, in base alla loro propensione e al prevalere della componente di luce o della componente di tenebra, tutti gli esseri viventi; in una sorta di guerra cosmica fra conoscenza ed ignoranza, luce e tenbre, bene e male.  Un tema quello del dualismo fra luce e tenebre fortemente presente anche nello gnosticismo, seppur in una forma maggiormente legata all'individuo; tale argomento non è il solo che sembra ricondurre il mandeismo fra le religioni gnostiche  assieme al Manicheismo e al Catarismo.
Troppi i gruppi (Terapeuti, Esseni, Mandei, ecc..), troppi i profeti e i mistici (Giovanni il Battista, Dositeo, Simon Mago, ...), che sembrano costellare la terra compresa fra Egitto e Mesopatania 2.000 anni fa, per lasciar credere che semplicemente il Cristianesimo è il frutto dell'insegnamento del Cristo, o lasciare il monoteismo perennemente ancorato alla radice ebraica. Così come vuole una certa tradizione, che spesso sembra vacillare innanzi ai colpi della storia e della libera ricerca.
Fino ad aprire la mente al dubbio dei dubbi: e se la stessa figura di Gesù altro non fosse che la trasposizione di Giovanni il Battista, il cui insegnamento oltre ad essere custodito dai Mandei, attraverso comunità mistiche e gnostiche è giunto fino in Francia incarnandosi della religione Catara?

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