martedì 3 marzo 2020

Massimo Agostini (Rito di York): «Dobbiamo sapere per cosa si vive»



Giusto la settimana scorsa parlavamo della paura. Dicevamo che solo i tempi oscuri fanno in modo che l’uomo possa riflettere sul senso delle cose più piene e vere, riesce a dare priorità ai valori. Dobbiamo certo prendere le distanze dai toni allarmistici, ma una cosa è certa: la questione del Coronavirus ci fa riflettere sotto diversi punti di vista, medico, innanzitutto, ma anche sociale e filosofico. Dobbiamo dare risposte alle tante domande anche da iniziati. Quante cose si sono aperte alla nostra riflessione? L’uomo non ci appare più così potente, un nemico piccolo, subdolo e invisibile ha fatto vacillare le sue certezze. E ha messo a nudo le sue miserie: la sua presunzione sulla natura, il suo preferire l’avere all’essere. Mentre si insinua l’idea che a morire siano i vecchi, come se la vecchiaia, di valori, non ne avesse. Un tempo gli anziani erano i saggi, i detentori della conoscenza. Oggi diventano un peso, uno strumento per attutire le paure dei giovani. C’è un mondo in crisi e l’unica cosa a cui si pensa è il Pil. Quanto ci costerà tutto questo?
E viene in mente uno come Dostoevskij che ha indagato il buio dell’uomo come pochi altri: «Il segreto dell'esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive».

Massimo Agostini - Gran Commendatore Cavalieri Templari - Rito di York