lunedì 29 febbraio 2016

Si è concluso il terzo seminario di studi rituale dello York

Terzo seminario rituale per il Rito di York, a Catanzaro dopo quello della scorsa estate a Taranto e quello di Bergamo. La formula è la stessa, affrontare lo studio filosofico e esoterico (con particolare attenzione alle influenze dell'alchimia e della qabalah sul simbolismo) dei rituali, per dimostra che lo York è la più potente 'macchina formativa' per la 'realizzazione' iniziatica.

Il Sommo Sacerdote Tiziano Busca, al centro, è l'anima e il motore dell'iniziativa

La novità di questa edizione – che si è svolta presso il Tempio grande della casa massonica - è stata la completezza della discussione, che per la prima volta ha coinvolto anche la Massoneria Criptica, presente il Gran Maestro Mario Pieraccioli, e quella Templare, presente il Gran Commendatore Giovanni Pascale.

Il Gran Maestro Mario Pieraccioli con il suo deputy Francesco Ferrari

Erano presenti gli E.G.S. dei capitoli calabresi Domenico Billotta, Maurizio Barberio, Carlo De Giacomo, Enzo La Valva, Carmelo Carabetta, gli I.M. Antonino Simoni, Salvatore Attinà e l’E.C. della Commenda Cosimo Silvestri. Tiziano Busca, Mario Pietraccioli e Giovanni Pascale hanno installato i nuovi dignitari eletti. Al seminario erano presenti i Deputy del Gran Capitolo del Rito di York Francesco Fusca, Francesco Ferrari e Alfonso Martino.

Giovanni Pascale (con Busca e Pieraccioli)

L'insediamento delle cariche nelle Commende calabresi

Il seminario rituale vero è proprio è stato condotto da Mauro Cascio e Massimo Agostini e si è articolato in un'approfondita disamina dei significati simbolici, esoterici, filosofici dei rituali della Massoneria in generale e del Rito di York in particolare. Tanti gli spunti di riflessioni offerti per una sostanziosa istruzione.



Mauro Cascio



Massimo Agostini

Nel nome della dea. Successo per Massimo Agostini con Mauro Cascio

Da sinistra: Mauro Cascio, Tiziano Busca, Massimo Agostini

Un grande pomeriggio di cultura a Catanzaro, nella sala del Consiglio Provinciale. In occasione della presentazione del libro di Massimo Agostini (Tipheret), alla sua seconda proposta editoriale: «Nel nome della Dea». Agostini è da anni impegnato a cercare le 'tracce' dell'Antica Religione, ai primordi della nostra civiltà, con particolare attenzione al mondo egizio. Quella del femminile nel sacro. E dire femminile di Dio ha conseguenze teoretiche e teologiche che certo non possono essere trascurate.

L'intervento di Massimo Agostini è stato introdotto da Mauro Cascio, tra i più noti esponenti in Italia di Studio Tradizionale. Il filosofo pontino ha tracciato il significato in termini 'greci' e di filosofia classica il concetto di 'femminile' in quanto polarità di una dualità e analizzato i vari aspetti culturali (cioè pertinenti ad una particolare cultura, a uno spirito, a un'epoca) in cui questa dualità viene espressa e raccontata, come premessa per una risoluzione della frattura originaria tra Creatore e creatura, cioè, mettendo a nudo la struttura concettuale del problema, senza letture religiose del mito, tra Eterno e enti temporali (e cioè divenienti e soggetti, sul piano fenomenologico, ad una fine).

Ha chiuso il dibattito, a cui ha partecipato un pubblico numeroso, attento e partecipativo, Tiziano Busca, Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei LLMM dell'Arco Reale - Rito di York.


venerdì 26 febbraio 2016

Una passeggiata nei luoghi del Romanico

di Valentina Marelli






Dopo aver dedicato una parte di questa rubrica alle Cattedrali Gotiche francesi, in particolare a quell’insieme di Cattedrali denominate “Della Costellazione della Vergine”; ci è sembrato corretto iniziare un altro filone a cui diamo una sua collocazione geografica in una regione italiana dalle molteplici qualità: Le Marche.

Potremmo chiamare questo filone i “luoghi del Romanico”, in quanto nelle Marche è presente un’alta concentrazione di Abbazie, Chiese e Luoghi di culto proprio in questo stile architettonico che per certi versi è stato il precursore del Gotico. Tutte le chiese e/o abbazie che andremo a visitare hanno delle caratteristiche comuni tra loro, quindi cominceremo con una introduzione tanto così per capire quali sono le caratteristiche peculiari di questo stile costruttivo in modo poi da concentraci di volta in volta su ogni singolo edificio dando rilievo maggiormente alle sue specifiche qualità.

Cos’è il Romanico

Il romanico, per definizione, è quella fase dell'arte medievale europea sviluppatasi a partire dalla fine del X secolo all'affermazione dell'arte gotica, cioè fin verso la metà del XII secolo in Francia e i primi decenni del successivo in altri paesi europei. Il contesto storico in cui si sviluppò è molto importante perché dall'XI secolo alla prima metà del XII secolo l'Europa visse un periodo di grande modernizzazione: l'affinamento delle tecniche agricole (l'invenzione del giogo, dell'aratro con parti metalliche, chiamato "carruca", della rotazione triennale, l'uso dei mulini ad acqua e a vento, ecc.) permise di aumentare la produzione di generi alimentari, sollevando la popolazione dall'endemica scarsità di cibo e permettendo un incremento demografico; ripresero i commerci e si svilupparono i villaggi e le città quali sedi di mercati; crebbero le zone urbane e gradualmente fu possibile l'affermazione di un nuovo ceto sociale, quello "borghese" dedito alle attività manifatturiere e commerciali, intermedio tra la massa dei contadini e gli aristocratici o gli ecclesiastici.

Questo ha portato come sua naturale conseguenza un radicale cambiamento all’interno delle dinamiche socio/culturali, cambiamenti interessanti che vedono spostare l’orizzonte del Sacro all’interno delle mura di cita di Villaggi o Borghi. 
Non è più quindi l'Imperatore o il Vescovo a commissionare nuove opere edilizie, ma i signori locali, tramite cospicue donazioni che avevano una funzione di prestigio ma anche "espiatorie" del senso di colpa che veniva riscattato tramite "omaggio" in denaro o in opere d'arte verso istituzioni religiose a testimonianza della propria devozione e pentimento religioso. 

L’Uomo si riappropria in un certo senso del Sacro, non solo in termini strutturali, ma anche in termini simbolici.

Il romanico rinnovò principalmente l'architettura e la scultura monumentale, quest'ultima applicata all'architettura stessa (come decorazione di portali, capitelli, lunette, chiostri...). Il nuovo stile nacque in Francia e sorse quasi contemporaneamente nella maggior parte dell'Europa, con caratteristiche comuni, che fanno dire che si tratta della medesima arte, pur con alcune differenze specifiche per ogni regione/nazione. Le differenze regionali sono una conseguenza della necessità di adattamento locale, mentre le linee di fondo possono essere ricondotte all'omogeneità culturale dell'Europa, alla veloce diffusione delle idee tramite la maggiore mobilità di merci e persone, siano esse mercanti, eserciti in marcia o pellegrini, senza dimenticare l'elemento unificatore della religione cristiana.

Sono proprio le differenti visioni simboliche del Sacro quelle che servono ad abbellire appunto gli elementi architettonici del Romanico, il Sacro diventa elemento decorativo e si esprime appunto nei capitelli o nelle lunette e nei portali di ogni edificio, e queste differenze si evidenziano di luogo in luogo e di regione in regione, secondo un percorso di senso che aveva il compito di elevare lo spirito dell’Uomo Pellegrino. 

Senza addentraci troppo in disquisizioni squisitamente architettoniche , quello che per noi resta l’elemento più importante per comprendere l’interesse di questo stile e la sua importanza è sicuramente il fatto che in particolare cambiò anche il pubblico che fruiva delle rappresentazioni, non essendo più una ristretta élite ecclesiastica o imperiale, ma un ben più ampio bacino di persone di strati sociali e culturali diversi. Da qui nacque l’esigenza di un attenzione alla rappresentazione simbolica in un universo culturale di riferimento in cui tutto divenne simbolo.

Come scrive Maurizio Chelli nel libro Una società piena di simboli, “gli artisti del medioevo vivevano in una Società piena di simboli e anche quando rispecchiano le forme naturali lo facevano per suggerire una realtà più grande di quella rappresentata. La natura è il frutto della Creazione, espressione del Divino, come affermava Sant’Agostino nel De Doctrina Christiana. 
Questo pensiero inquadra in anticipo quella che sarà la preoccupazione di Bernardo da Chiaravalle, e cioè che le immagini fantasiose possano distogliere l’artefice da quello che è il loro intento, e altrettanto il destinatario, ma è una preoccupazione superata dal fatto che quella bellezza attinge ad una ispirazione divina”.  

Vien da se che la Natura diventa musa ispiratrice degli artisti medioevali che da essa attingono per arricchire di immagini capitelli, colonne e mura delle costruzioni romaniche, sia attraverso la scultura che attraverso la pittura con tecniche di affresco straordinarie; ma senza dimenticare che ogni elemento preso dal mondo naturale diventa nel romanico un simbolo che diviene soggetto ad una interpretazione simbolica ovviamente ma, aspetto ancora più importante,  soprattutto morale. 


Ci dice Chelli: “accade così che gli animali da cortile, gli animali selvatici, o esotici, diventano simboli positivi o negativi in base a quello che è il loro modo di comportarsi, il loro temperamento, a quelle che sono le loro abitudini, tenendo conto anche del significato che viene dato loro nel Vecchio e nel Nuovo Testamento”

Il Tempio Romanico quindi svolgeva una funzione sociale legata all’apprendimento inteso in termini nozionistiche, il cui aspetto principale era ricoperto dal corpus biblico, ma aveva anche funzione di veicolare quei valori morali che costituivano i mattoni del sistema sociale. Era la cartina al tornasole di ciò che era giusto e di ciò che invece era sbagliato. 

È quindi intuibile quale poteva essere il rapporto tra lo stile Romanico che si sviluppò in Europa e il Romanico Regionale, è lo stesso che esiste tra la lingua Italiana ed i suoi dialetti, ogni regione sviluppava la propria risposta alle esigenze del Sacro proprio in base al pubblico con cui era a contatto. 

Un esempio è sicuramente l’uso di decorazioni tratte dal mondo vegetale con le sue piante, intorno alle quali nella cultura antica erano fioriti miti straordinari, viene riscoperto e diventa simbolo di ciò che unisce la terra al cielo, l’umano al divino ma anche della “Foresta-Deserto”, luogo della condizione eremitica, delle visioni, delle apparizioni, quella foresta che nella letteratura cortese viene definita foresta felone, perché come ricorda Jacques Le Goff in termini di morale feudale è la foresta traditrice, dove sono in agguato tutte le insidie possibili. 

giovedì 25 febbraio 2016

Il segreto delle nozze del papà di Re Salomone. La risposta di Mauro Cascio e Federico Pignatelli alle cinquanta sfumature di grigio

La copertina del libro, in uscita a Marzo per l'editore Tipheret

Quante sono le sfumature di grigio? Secondo la tradizione ebraica sono novanta. Novanta del resto è il valore numerico che si ottiene sommando il valore della lettera mem, con quello della lettera nun nella parola man che vuol dire manna. La radice-porta Mem-Nun è la più ricca di significati di tutta la lingua ebraica, ed è presente in parole riconducibili a ben 22 significati diversi. Questo rappresenta il suo essere Re (Melekh) dell’ebraico e la grande fertilità (Maim, acqua). Novanta peraltro è anche il valore numerico della parola Jachin, il nome della colonna di destra del Tempio di Re Salomone.
Ecco perché e in che senso l’iniziativa editoriale curata da Mauro Cascio e Federico Pignatelli è una sfida alle ‘cinquanta’ sfumature di grigio, il best seller della letteratura erotica: la prima edizione italiana de «Il segreto delle nozze di David e Betsabea» che include anche un trattato sui colori.
Sfida doppia, perché anche nel libro di questo grande filosofo ebreo del tredicesimo secolo si parla di sesso. L’unione tra lo sposo e la sposa è il luogo deputato di una ierofania, cioè un posto dove si rivela il Sacro.
Non dobbiamo affatto pensare che il sesso nel sacro sia un’intuizione solo ebraica. Forme di trascendenza dell’amore profano sono presenti ovunque, in Occidente come in Occidente, dal Tantra al taoismo cinese, da Aleister Crowley a Giuliano Kremmerz. Scrive Fausto Antonini riferendosi all’opera di Julius Evola: «Secondo me in ogni bambino che rinasce, rinasce un Reich, rinasce un Evola, rinasce cioè la possibilità, subito soffocata naturalmente però, di una vita che affidi a un istinto collegato con lo spirito, che è lo spirito stesso, lo sviluppo, la scoperta, la crescita e l’espansione della vita stessa. Badate: ogni scalino che conduce all’amplesso cosmico, all’am- plesso assoluto, all’amplesso continuo, è tagliato. Lo sapevano i Fedeli d’Amore, i poeti del ‘dolce stil novo’, lo sapeva Dante Alighieri, lo sapeva Oscar Wilde, che non si può tagliare lo sviluppo già precostituito nell’inconscio che dall’approccio porta all’amplesso. Del resto il colpo di fulmine, la Greta Garbo che incontra lo sguardo del bell’ufficiale e da quel momento nasce un amore irresistibile, il fascino di Marlene Dietrich, donna – poi si è saputo – tutt’altro che femminile, come a me del resto appariva, in Angelo Azzurro, che scatena l’uragano nel povero professore affascinato e distrutto, lo conoscono tutti coloro che riprovano le sensazioni che descrive Platone nel Fedro: inutile ricordare ancora una volta che i grandi amori della storia occidentale, Paolo e Francesca, Otello e Desdemona, Giulietta e Romeo, Abelardo e Eloisa, finiscono tutti male, perché l’Occidente ha maledetto l’amore nelle sue espressioni complete. Tutto è falso, tutto è mistificato. Il corteggiamento più accolto è quello più brutale, anche se criticato; il corteggiamento in fondo non esiste più. Lo sfioramento di una mano sull’altra può essere a determinare un orgasmo, come il pompaggio continuo dell’atleta del sesso può determinare soltanto nausea. Ma è l’animo diserotizzato, è l’animo in cui è stato spaccato sesso e sentimento. [...] La vera repressione dell’Occidente non è la repressione del sesso, ma la repressione dell’unità tra sesso, sentimento e amor sacro». Il resto è poesia d’Occidente da recitare quasi a memoria.
Mauro Cascio, filosofo pontino, è autore di una ventina di libri e ne ha curati più del doppio, introducendo in Italia, tra l’altro, autori come Constant Chevillon, Martinez de Pasqually, Jean-Baptiste Willermoz, e traducendo opere di Oswald Wirth e Louis-Claude de Saint-Martin. Infaticabile operatore culturale, ha vinto due anni fa il Premio Nazionale di Filosofia, e ha organizzato decine di incontri prestigiosi, dalla Biblioteca del Senato a Roma (con Rocco Buttiglione) a Torino (con Gianni Vattimo), presentando i suoi lavori anche all’Università di Oxford.

mercoledì 24 febbraio 2016

Apologia della Mordacchia

di Quirino Tirelli


Fui creata per uno scopo, il mio compito ho assolto seguendo le direttive che mi avevano assegnato. Molte sono state le occasioni in cui sono stata utilizzata, a volte ho incontrato anche persone famose.  Non potrò mai dimenticare, ad esempio, quel tal Giordano Bruno a cui il mio nome è indissolubilmente legato. Dicevano essere un eretico persistente ed impenitente. Dicevano essere un mago. Dicevano che avesse posto in discussione i dogmi della fede cattolica, non credendo nella trinità. 
Molte domande, a dir il vero, non me le sono poste come non me le sono poste tutte le altre volte in cui ho assolto efficacemente il mio compito. Molte volte sono stata utilizzata per eretici e streghe e nessuno si è mai lamentato del mio operato. In cosa consiste la mia opera? Mettere a tacere il condannato ed evitare che le sua urla, durante il rogo, potessero turbare gli spettatori. È la mia natura e lo scopo della mia esistenza. Sono stata progettata per questo. 
Ma dal 17 febbraio del 1600 qualcosa è cambiato. Cominciarono a diffondersi delle strane voci. Si cominciò a dire che IO avrei impedito che il Bruno, negli ultimi momenti della sua vita, avesse potuto divulgare chissà quale verità. Si cominciò a sospettare di me. Cominciarono a dubitare della mia funzione e del mio scopo. Non potrò mai dimenticare quella gelida mattina di febbraio. Erano tutti riuniti attorno alla pira aspettando un gesto, un lamento o una piccola smorfia da parte del condannato. Tutti si aspettavano chissà che cosa da questo Bruno, chissà quali rivelazioni! 
Posso assicurarvelo, dato che l'ho visto poche ore prima del suo supplizio. Quell'eretico, così come veniva definito e c'è una sentenza che lo attesta, non proferiva nessuna parola già prima di incontrarmi. Era fermo nella cella, immobile, assente. Queste mie affermazioni possono essere confermate dai suoi carcerieri. Tutti, infatti, ci siamo meravigliati della calma che il condannato ostentava. Se non mi credete potete chiedere a quelli dell'arciconfraternita di San Giovanni decollato. È loro compito, infatti, quello di portare i condannati al rogo. Mai prima di allora, ve lo posso garantire, avevano visto una persona più calma e serena che pareva andare alla messa la domenica invece che al rogo. Nulla, quindi, aveva più da dire in quei frangenti. Nulla! 
Io credo poi, che chi avesse detto e scritto tanto nella sua vita non aspetti il momento della sua morte per proferire verità che, altrimenti, avrebbe potuto dire in altri momenti. 
Io credo che il mio ruolo quella mattina sia stato prettamente inutile e solo pro forma. Non credo che il Bruno, anche senza il mio intervento, avesse avuto la minima intenzione di proferire alcunché ne tantomeno di lamentarsi turbando, in questo modo, la serenità degli astanti. Rispettare le proprie funzioni e i propri compiti deve essere un imperativo categorico. Lo stesso Bruno è stato un fulvido esempio di ciò. Proprio lui che ha preferito una morte orribile piuttosto che venir meno a questo paradigma esistenziale che move il cielo e le altre stelle. 
Siamo fatti come siamo fatti per svolgere delle funzioni a cui non possiamo sottrarci, ce lo impone la nostra natura

Jung e il libro rosso: un workshop



Avrà luogo a partire dal prossimo 12 marzo un workshop strutturato in tre incontri dedicato a Jung e al suo «Libro Rosso». Conducono l’esperienza il filosofo Giancarlo Marinelli con lo psicoterapeuta junghiano Ferdinando Testa. Gli incontri si svolgeranno presso la Domus Nova Bethlem, in via Cavour 85 a Roma, secondo il calendario qui sopra riportato.

martedì 23 febbraio 2016

Il Gran Maestro Stefano Bisi ha ricordato Umberto Eco


«È scomparsa una luce splendente della Cultura italiana. Il professor Umberto Eco è stato un grande scrittore, una coscienza libera della nostra letteratura ed un sublime comunicatore della nostra contemporaneità. Senza di lui adesso ci sentiremo tutti più poveri. Ma ci rimarranno le sue opere e i suoi saggi, il suo immenso patrimonio fatto di uomini, di storie, di idee. La Nave di Eco continuerà imperterrita a solcare i mari della nostra Cultura e del Sapere». Così il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani, Stefano Bisi, nel corso del convegno di studi che ha aperto le celebrazioni per i 70 anni della Repubblica a Reggio Emilia, ha commentato la scomparsa di Umberto Eco, spentosi venerdì 19 febbraio a Milano all’età di 84 anni.

Fonte: GOI

lunedì 22 febbraio 2016

Nel nome della Dea. Venerdì a Catanzaro Massimo Agostini e Mauro Cascio

Mauro Cascio e Massimo Agostini

Si svolgerà il prossimo 26 febbraio presso la Sala del Consiglio Provinciale di Catanzaro, in piazza Luigi Rossi 1, alle 17.30 la presentazione del libro di Massimo Agostini «Nel Nome della Dea. Sulle tracce dell’Antica Religione» (Tipheret). Interverrà, dopo i saluti di Marcello Colloca, il filosofo Mauro Cascio. Le conclusioni sono affidate ad Antonio Seminario. Presiede Tiziano Busca. L’incontro con Agostini e Cascio rientra nell’ambito della rassegna «I viaggi dell’anima».

Eccolo qua, il nostro uomo: sa provare il sentimento dell'onnipotenza e dell'infinito e poi deve fare i conti con la morte. E questo vuole essere un percorso storico, simbolico ed 'esoterico' alla ricerca dell'antica religione presente nell'umanità fin dalla notte dei tempi. Inevitabile partire da Atlantide riferendosi al Timeo e a Clizia di Platone e all'immane catastrofe che si abbatté sull'umanità! Una civiltà Atlantidea conosciuta e raccontata a Clizia anche dai Sacerdoti del Tempio Egiziano di Sais. Atlantide è un mito che ha forse una sua origine nella realtà, diventando il mito tramandato attraverso leggende e rituali dai popoli superstiti all'immane catastrofe. La ricerca entra quindi nel tema della religiosità dei prima civiltà nota alla storia: quella dei sumeri trasmessa anche agli Egizi per giungere agli Ebrei e al Cristianesimo e infine ad ordini iniziatici di tutti i tempi compresa la moderna Massoneria.

Al filosofo pontino – autore di numerosi saggi e curatore, per la stessa casa editrice, delle opere di Martinez de Pasqually, Louis-Claude de Saint-Martin, Jean-Baptiste Willermoz, Leonard-Joseph Prunélle de Lière, Gerard Encausse - spetterà di contestualizzare l’argomento proprio nel Martinismo delle origini e nella Qabalah ebraica..

venerdì 19 febbraio 2016

Ecco la chiesa dell'infinito

di Valentina Marelli



Il variegato ed affascinante panorama delle Marche, una regione che regala innumerevoli sorprese storiche ed artistiche a chi decide di visitarla, possiede credo il più alto numero di chiese romaniche pressoché intatte. Un patrimonio culturale che pone questa regione al secondo posto dopo la Francia, in termini di qualità e quantità dei luoghi risalenti al periodo Romanico.

Uno di questi è la piccola chiesa di San Vittore alle Chiuse  che si trova a San Vittore Terme nel comune di Genga (provincia di Ancona), in posizione isolata alla confluenza del fiume Sentino nell'Esino e presso la gola e le grotte di Frasassi. È emozionante arrivarci in macchina ripercorrendo la tortuosa strada che costeggia la gola e trovarsela, se pur in lontananza, riprendere di bianco illuminata dal sole che si staglia sullo sfondo delle montagne ricoperte della verde e rigogliosa vegetazione. La prima cosa a cui ho pensato quando l’ho visitata per la prima volta è stato che doveva essere stato un posto di pellegrinaggio estremamente affascinante; chissà che emozione nei secoli passati dovevano aver provato i pellegrini nello scorgerla dopo giorni o mesi di cammino fatto a piedi.

Sorta come chiesa conventuale benedettina di un complesso monastico documentato fin dal 1007 la sua edificazione dovrebbe risalire al periodo 1060-1080. Si tratta di una delle maggiori testimonianze di architettura romanica delle Marche e nonostante pesanti restauri novecenteschi mostra ancora l'articolazione volumetrica originale. All'inizio del XIII secolo il convento raggiunge il periodo di maggiore splendore, esercitando la giurisdizione su 42 chiese e su vasti beni e territori. Dopo una lunga decadenza, nel XV secolo l'abbazia fu soppressa; del complesso monastico rimangono solo pochi ambienti. La sua storia pare sia legata ad un’altra notevole costruzione di cui parleremo in seguito che è in provincia di Macerata, da una leggenda che vedrebbe il Vescovo di San Vittore aver ricevuto in sogno il computo di erigere una Abbazia, come poi ha fatto; ma questa è una leggenda di cui parleremo qui sul blog nei prossimi articoli.

La chiesa, costruita in pietra calcarea, presenta una pianta a croce greca iscritta in un perimetro quasi quadrato, con quattro colonne che dividono la chiesa in nove campate coperte da volte a crociera a parte quella centrale sulla quale si imposta una cupola con tiburio ottagonale, poggiante sulle colonne, tramite arconi e pennacchi a tromba. Sono presenti cinque absidi semicircolari lungo il perimetro: una su ciascun fianco e tre sul lato absidale a oriente. La facciata è caratterizzata da una bassa torre cilindrica e da un alto torrione quadrangolare che probabilmente ha sostituito l'altra torre cilindrica in epoca successiva. Le due torri e la compatta volumetria contribuiscono a dare alla chiesa un aspetto di fortezza.




Ma la caratteristica più peculiare di questa Abbazia resta certamente l’unico fregio simbolico che rappresenta un elemento unico all’interno dell’austera e vuota chiesa. Un simbolo nascosto perché volutamente non messo in bella mostra, scolpito in una pietra accanto ad una finestra: il simbolo che per molti rappresenta L’infinito.

In effetti a ben guardarlo assomiglia moltissimo al numero 8 anche se appena lo vidi la mia mente iniziò a lavorare autonomamente cercando di trovare una connessione tra quel simbolo che mi risultava familiare a qualcosa di nascosto nella mia mente, ed in effetti mi ricordava in Nastro di Moebius, rappresentazione simbolica dell’Infinto appunto che il matematico August Ferdinand Möbius creò tra il 1790 ed il 1868 anni in cui visse.
Simbolo sicuramente legato molto più alle scienze che non alla religiosità resta un elemento da approfondire e studiare in quando estremamente inusuale all’interno di un luogo di culto.





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giovedì 18 febbraio 2016

Terzo seminario di studio rituale dello York

La prima edizione del seminario, l'estate scorsa a Taranto

Terzo seminario di studio rituale del Rito di York, dopo Taranto e Bergamo, questa volta tocca a Catanzaro, il prossimo 27 febbraio. Il seminario ha lo scopo di sviluppare e approfondire la ritualità delle camere rituali. Per la prima volta in Calabria le tre camere rituali del Gran Capitolo portano alla attenzione dei Compagni la completezza del percorso iniziatico nella convinzione che un capitolo del Rito di York è tale quando sono presenti tutte le camere.
Approfondirà il grado di Maestro del Marchio Mauro Cascio, quello di Eccellentissimo Maestro Massimo Agostini e Tiziano Busca, quello di Maestro dell’Arco reale Mauro Cascio. La Massoneria criptica sarà affrontata da Mauro Cascio, quella templare da Massimo Agostini (con un intervento di Giovanni Pascale).
Saranno presenti gli E.G.S. dei capitoli calabresi Domenico Billotta, Maurizio Barberio. Carlo De Giacomo, Enzo La Valva, Carmelo Carabetta, gli I.M. Antonino Simoni, Salvatore Attinà e l’E.C. della Comanderai Cosimo Silvestri. Tiziano Busca, Mario Pietraccioli e Giovanni Pascale installeranno quindi i nuovi dignitari eletti.
Al seminario saranno presenti i Deputy del Gran Capitolo del Rito di York Francesco Fusca, Francesco Ferrari e Alfonso Martino.

mercoledì 17 febbraio 2016

«Un filosofo è morto»



Alba del 17 febbraio del 1600. Giordano Bruno viene condotto a Piazza Campo de' Fiori, in Roma. L'Inquisizione ha deciso che deve essere bruciato vivo sul rogo, perchè non ha abiurato alle sue idee eretiche. Sette padri di quattro ordini differenti, gli chiedono ancora una volta di rinunciare ai suoi "mille errori e vanità". Giordano rifiuta. La lingua gli fu inchiodata in bocca perchè non parlasse mai più, prima di essere dato alle fiamme. Su Roma cadeva una pioggerella sottile. Il momento forse fu scelto apposta. Il rogo così poteva durare molto più a lungo, come le indicibili sofferenze del filosofo nolano, ancora oggi non riabilitato da Santa Madre Chiesa. Non rinunciò alle sue idee, alla sua visione del mondo, a costo della vita. Un uomo fu arso vivo. Ma non le sue idee, che insistono ed esistono nel mondo. Come scrive Bertrand Levergeiois, uno dei fondamentali biografi di Bruno: «Si prepara a morire mentre gli mostrano l'immagine di Cristo.... Distoglie lo sguardo dal crocifisso. Un filosofo è morto».
Ma, al tempo stesso, superati i sentieri del tempo e dell'atroce sofferenza individuale, è incredibilmente vivo. Il libero pensiero continua ad esistere.
(Antonio De Fazio)

martedì 16 febbraio 2016

Rito di York. Gita a San Marino per le signore, in occasione della Grande Assemblea

Busca nell'edizione dello scorso anno

In occasione della Grande Assemblea del Rito di York, prevista a Rimini il 14 maggio 2016, il Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell’Arco Reale ha previsto un ‘Ladies Program’ così articolato: partenza dall’Hotel Holiday Inn in bus verso San Marino e visita con guida turistica per circa due ore, pranzo (ravioli pomodoro fresco e basilico, lombata di maiale al forno con finocchio selvatico, patate al forno, verdure alla griglia, pere al vino con fior di latte, caffè). Il tutto a 65 euro a persona. Il rientro in Hotel è previsto per le 16.00

Rito di York. Ecco il calendario delle Grandi Assemblee nel mondo

Clicca per ingrandire

Il comp. Nicola Zanetti, Deputy per i rapporti con le delegazioni estere  a supporto e in collaborazione con il Gran Segretario del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell'Arco Reale Almerindo Duranti ha realizzato il calendario delle Grandi Assemblee nel mondo. Chi volesse partecipare a una Grande Assemblea all'estero può rivolgersi all'indirizzo gransegreteriaestero.ram@gmail.com

La Newsletter del Blog al suo cinquantesimo invio


L'ex GM Gustavo Raffi, a sinistra, con Tiziano Busca

Da qualche anno, per volontà del Sommo Sacerdote Tiziano Busca, il Rito di York ha messo in campo un importante progetto culturale e informativo. L’obiettivo è semplice: far conoscere, dentro e fuori la Massoneria, la ricchezza di contenuti ‘filosofici’ e ‘tradizionali’ della più antica forma di Massoneria, quella dello York appunto. Ad una vasta attività editoriale e di convegnistica si è affiancato questo Blog, il sito, la rivista York e.Mag@zine, la pagina Fb, l'account Twitter e la Newsletter che questo fine settimana è arrivata al suo cinquantesimo invio. Chi ancora non la ricevesse può iscriversi qui nel blog oppure scrivere a arcorealerdy@gmail.com

lunedì 15 febbraio 2016

Nel nome della dea. Massimo Agostini con Mauro Cascio a Catanzaro

Da sinistra: Mauro Cascio, Massimo Agostini

Si svolgerà il prossimo 26 febbraio presso la Sala del Consiglio Provinciale di Catanzaro, in piazza Luigi Rossi 1, alle 17.30 la presentazione del libro di Massimo Agostini «Nel Nome della Dea. Sulle tracce dell’Antica Religione» (Tipheret). Interverrà, dopo i saluti di Marcello Colloca, il filosofo Mauro Cascio. Le conclusioni sono affidate ad Antonio Seminario. Presiede Tiziano Busca. L’incontro con Agostini e Cascio rientra nell’ambito della rassegna «I viaggi dell’anima».

Eccolo qua, il nostro uomo: sa provare il sentimento dell'onnipotenza e dell'infinito e poi deve fare i conti con la morte. E questo vuole essere un percorso storico, simbolico ed 'esoterico' alla ricerca dell'antica religione presente nell'umanità fin dalla notte dei tempi. Inevitabile partire da Atlantide riferendosi al Timeo e a Clizia di Platone e all'immane catastrofe che si abbatté sull'umanità! Una civiltà Atlantidea conosciuta e raccontata a Clizia anche dai Sacerdoti del Tempio Egiziano di Sais. Atlantide è un mito che ha forse una sua origine nella realtà, diventando il mito tramandato attraverso leggende e rituali dai popoli superstiti all'immane catastrofe. La ricerca entra quindi nel tema della religiosità dei prima civiltà nota alla storia: quella dei sumeri trasmessa anche agli Egizi per giungere agli Ebrei e al Cristianesimo e infine ad ordini iniziatici di tutti i tempi compresa la moderna Massoneria.

Al filosofo pontino – autore di numerosi saggi e curatore, per la stessa casa editrice, delle opere di Martinez de Pasqually, Louis-Claude de Saint-Martin, Jean-Baptiste Willermoz, Leonard-Joseph Prunélle de Lière, Gerard Encausse - spetterà di contestualizzare l’argomento proprio nel Martinismo delle origini e nella Qabalah ebraica.

Sull'ultimo numero di Lex Aurea la recensione del Trattato di Martinez de Pasqually



In data 20 Novembre 2003, è stato realizzato il numero 0 della rivista virtuale Lex Aurea. Una rivista a cadenza periodica avente come oggetto argomenti legati alla Tradizione Esoterica Occidentale e Orientale, alla Metafisca, alla Filosofia, alla Storia, all'etica dell'esoterista, al Simbolismo e alla Mitologia. Lex Aurea si caratterizza come un gruppo di lavoro aperto ed informale, finalizzato alla realizzazione di una piattaforma di studi esoterici slegati da interessi e logiche parziali.

Sull'ultimo numero, tra le tante proposte interessanti, una bella recensione di Filippo Goti, il direttore, al Trattato sulla Reintegrazione degli esseri di Martinez de Pasqually, recentemente proposto da Tipheret.

Leggi la rivista

venerdì 12 febbraio 2016

Il Medioevo a Valvasone

di Valentina Marelli



La sede dell'ultima conferenza del Clan Sinclair Italia tenutasi a Valvasone in provincia di Pordenone è stato un castello medioevale, il castello che sovrasta il borgo. Un luogo su cui sono visibili le cicatrici del tempo, i mutevoli restauri e i successivi ampliamenti. Un luogo però che ha un fascino ed un'energia particolare.
Ecco cosa ci hanno raccontato su di esso i ragazzi del G.A.F. Il Group Artistic Furlan con i quali abbiamo organizzato l'evento, e che ci hanno accompagnato, insieme ai ragazzi dell'ente del turismo a visitarlo:

Il fulcro che diede vita al primo nucleo del borgo di Valvasone è stato il castello. Costruito in muratura su preesistenze tardo antiche nel XIII secolo, è appartenuto all’antica e nobile casata dei di Valvasone, discendente dalla famiglia carinziana dei di Cosa. Nel 1293 divenne possesso del ramo familiare dei Cuccagna di Spilimbergo che da quel momento in avanti affiancò il suo stemma con il leone rosso a quello dei di Valvasone, ovvero un lupo nero in campo bianco (il nome Valvasone deriverebbe dal tedesco wolfes +höfe ovvero masseria del lupo). Il luogo, su cui sorge il castello, è stato strategico fin dall’epoca romana, poiché permetteva il controllo del tratto della via Postumia che sfruttava il vicino guado sul fiume Tagliamento in uso fino all’800. Incendiato, ricostruito e danneggiato più volte, anche dagli eventi sismici dei nostri tempi, il castello ha subito nel corso dei secoli notevoli modifiche ed appare oggi come un palazzo rinascimentale ormai privo dei sistemi difensivi di cui era dotato in origine (torri,fossato e ponte levatoio). Nel corso dei secoli ha ospitato diversi personaggi importanti come papa Gregorio XII nel 1409, papa Pio VI nel 1782 e Napoleone Bonaparte nel marzo del 1797.

Eccoci spiegata l'attuale fattura che oggettivamente sembra un collage di stili ed opere murarie che richiamano a periodi storici diversi; che rendono il posto ancor più pittoresco ed affascinate.




Grazie ai recenti restauri all’interno dell’ala centrale del castello, di proprietà comunale, è possibile ammirare un prezioso TEATRINO, ad uso privato, di fine ‘700 attorniato da uno splendido fregio più antico, risalente alla fine del ‘500, affrescato con putti e scene tratte dalla mitologia classica. Quest’ultimo è stato ispirato dall’opera del conte ERASMO di VALVASON (1523-1593), autore di poemi come “La Caccia” e “L’Angeleida” e traduttore di opere classiche. In un’altra sala sono stati riportati alla luce affreschi della seconda metà del ‘300. Nei piani superiori sono ospitati un Oratorio dedicato all’Immacolata con stucchi tardo seicenteschi di Bernadino Barelio, saloni con soffitti lignei cinquecenteschi perfettamente conservati e con decorazioni neoclassiche attribuite a Domenico Paghini.

Su uno di questi affreschi ci è stato detto di porre maggiore attenzione da Daniele Franceschi, l'organizzatore dell'evento in quanto richiama, in veste simbolica e allegorica, quella che è conosciuta come la Guerra di Zoppola, nella quale si fronteggiarono le famiglie di Valvasone e quelle di Zoppola per il possesso di un feudo.




L'affresco in questione si chiama L'Asino e il Lupo, l'allegoria, come si vede dalla foto, raffigura il saggio asino che rappresenta il Patriarca, mentre insegna al lupo, che rappresenta i Valvasone, ed è risalente al XV secolo.

Queste che vi ho raccontato sono la punta dell' iceberg di una cultura enorme e che non è andata perduta perché vive nelle tradizioni e nella personalità degli abitanti di queste zone. Più di ogni altro posto in cui sono stata gli abitanti conoscono la loro storia e questo è incredibile ed affascinate allo stesso tempo, oggettivamente resteresti ad ascoltarli per giorni e giorni, ti raccontano la storia, ma anche il “pettegolezzo”, le leggende ed i miti del passato e del presente, a queste storie si intrecciano le vite dei loro avi.

Ad esempio gli anziani raccontano che all'interno del castello c'era un sotterraneo che oltrepassate le fondamenta e il fossato di cinta, conduceva fuori dal paese. Non è dato di conoscerne precisamente il percorso ma sicuramente portava lontano, in mezzo ai campi, affinché i conti, i nobili e la loro servitù potessero mettersi in salvo. Un passaggio che adesso non esiste più ma di cui si racconta nella tradizione popolare.

A Valvasone rivive il mito del medioevo a settembre in occasione delle celebrazioni di Medioevo a Valvasone, ecco io vi consiglio un giro da queste parti e magari ritagliatevi del tempo per parlare con le persone e farvi raccontare la loro storia.

giovedì 11 febbraio 2016

La Filosofia come visione delle cose e del mondo




«La filosofia è un'alta strada alpina, a essa conduce solo un ripido sentiero su pietre appuntite e rovi pungenti; è un sentiero solitario e diventa sempre più deserto quanto più si sale, e chi lo percorre non deve conoscere spavento, ma deve lasciarsi tutto alle spalle e di buon animo aprirsi da sé la via nella fredda neve. Spesso costui si trova, all'improvviso, sopra l'abisso e vede di sotto la valle verdeggiante; laggiù lo attrae con forza la vertigine; ma deve star fermo, dovesse anche aderire alle rocce col sangue dei piedi. Ben presto vede il mondo sotto di sé, i suoi deserti di sabbia e paludi, scomparire; i dislivelli d'altitudine si pareggiano, le dissonanze non arrivano fino a lassù, la sua rotondità si fa manifesta. Lui è sempre nella pura, fresca aria alpina e vede già il sole, quando sotto ancora è notte fonda».

Arthur Schopenhauer, Scritti postumi

mercoledì 10 febbraio 2016

La versione satanica e massonica della 'vera' medaglietta della Madonna


La vera medaglia, a sinistra. A destra quella farlocca

Ci sarebbe da cadere a terra dalle risate, se fossimo al primo aprile. No, no. Tutto vero. Serpeggia da settimane una preoccupazione da non dormirci, che rimbalza da sito a sito, trovando ospitalità persino in qualche giornale e, va da sé, condivisioni sui social a tutto spiano. Quale è il problema? Questo. «Oltre alle versioni, putruppo molto diffuse, dei rosari, la Massoneria ha organizzato la produzione e la diffusione di una versione falsa e satanica della Medaglia Miracolosa che la Vergine ci donò attraverso le apparizioni a Santa Caterina Labouré in Rue du Bac, Parigi, 1830». Quindi le cose sono chiare. Innanzitutto la medaglietta vera è una, come al solito, ed è quella che è apparsa a questi signori, e fin qui va bene. La cosa gustosa è che la Massoneria sia scesa nel mercato delle medaglie alternative, con una diffusione capillare, pare di capire, in Francia e in Italia.

«Disgraziatamente, sono versioni false che non corrispondono alla originale approvata (quest’ultima è nel Santuario ufficiale di Parigi), esse sono molto diffuse e si trovano molto facilmente anche nei negozi dei vari santuari del mondo».

Ma vediamo di aiutare i possessori di una medaglietta con la Madonna e verificare insieme se hanno al collo quella vera o quella farlocca.

«La versione alterata si differenzia dalla originale per vari elementi :

1) Le stelle non hanno 5 punte, ma 6 punte. Si possono trovare anche versioni false con stelle a 5 punte, ma la disposizione e la posizione sono differenti rispetto all’originale.

2) La M non ha una posizione dritta, ma inclinata.

3) La Croce e la M si incrociano in maniera totalmente opposta rispetto all’originale.

4) Sui Cuori appare in modo camuffato, come se fossero spine, il simbolo della Massoneria, ossia, la squadra e il compasso.

5) La spada del Cuore di Maria non attraversa il medesimo Cuore, ma sta dietro.

6) La Croce ha una forma molto strana nei suoi bracci, che non sono diritti nelle parti finali, e molte volte appaiono punte nella parte terminale di ciascun lato della Croce. La versione falsa della Croce, può terminare con punte che sembrano corna o punte di forche, e che ricordano nella parte superiore (insieme alla stella che sta su di essa) ciò che ha sulla testa lucifero, così come rappresentato nell’iconografia satanica e massonica.

7) Nella versione falsa e massonica appare una stella con 6 punte sulla croce, che rappresenterebbe, secondo la simbologia massonica, la luce che porta lo stesso lucifero. Si possono trovare anche versioni con stelle a 5 punte invece di 6, ma sempre con una stella al di sopra della croce, posta in maniera perpendicolare, e molte volte questa stella è rovesciata.
Nell’originale non si trova nessuna stella sopra la Croce, in modo perpendicolare rispetto ad essa, ma ci sono due stelle ciascuna posta ai lati superiori della Croce. Lo stesso si nota nella parte inferiore della medaglia».

Pertanto, c’è da fare molta attenzione quando si va a comprare una Medaglia Miracolosa in questi tempi così funesti ci si potrebbe anche sbagliare.

Per saperne di più

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Altre informazioni utili

Sito ufficiale della Cappella di Nostra Signora della Medaglia Miracolosa


Dettagli della autentica Medaglia Miracolosa (sito ufficiale):




martedì 9 febbraio 2016

Il simbolismo del labirinto

di Marco Rocchi


Una approfondita tavola, del Fratello Federico Guastella della R.L. San Giorgio e il Drago Or.Ragusa (e membro onorario della R.L. Antonio Jorio Or.Pesaro) sul simbolismo del labirinto e sulle relazioni di questo antichissimo simbolo con la Massoneria.

Ritorno alla montagna nera

di Aurora Distefano


«Ritorno alla montagna nera», il nuovo viaggio a cui ci conduce Renato Carnevali attraverso le vicende del protagonista, è una immersione nelle sfere della psiche, dell'emozione, della osservazione delle persone attorno a sé, ma soprattutto di se stessi. Un percorso che amplia "il dono dell'anima", (Seshenka, il romanzo che ci ha fatto conoscere Carnevali) che aveva scagliato il protagonista sulla Via, e ne mette in atto le caratteristiche peculiari affinché affronti la sfida per trasformare il "dover essere", nel "poter essere"... innanzitutto in 'cerca. Infatti nelle nuove esplorazioni, ricche di colpi di scena, si apprende più a porsi le giuste domande, che ad anelare ad una risposta. Si apprende a formulare il pensiero e ad attendere, per poter scavare dentro se stessi tanto quanto nella grotta dove, con sorpresa, si rinverrà la chiave per accedere ad un tesoro più prezioso di un qualsivoglia manufatto. Si apprende ad osservare come specchi i personaggi che animano le scene trovandovi, più che il mero apparire quali contorni di un paesaggio, mille piccoli aspetti dettagliati che caratterizzano il viaggiante che inizia il ritorno a sé raggiungendo le viscere della terra. Prossimamente in libreria per Tipheret editore.

Trent'anni fa l'assassinio di Lando Conti, sindaco e massone



A Firenze, il 10 febbraio del 1986 veniva assassinato dalle Brigate Rosse Lando Conti. Massone, l’anno prima era sindaco della città. Nel giorno dell’anniversario della sua morte l’amministrazione comunale e il Grande Oriente d’Italia lo celebreranno in separate occasioni.

La Massoneria italiana lo ricorderà il 10 febbraio (ore 20,30) con una tornata rituale congiunta nella sede massonica fiorentina di Borgo Albizi. Parteciperanno le logge “Lando Conti” di Firenze, Cagliari e Sanremo e le logge fiorentine “Plinio Citi”, “Domenico Maiocco”, “Tommaso Crudeli”, e “Marzocco”.

Per il Gran Maestro Stefano Bisi, “ricordare il Fratello Lando significa riaffermare che la vita democratica del nostro Paese ha vinto contro ogni deriva terrorista e autoritaria. Ma sappiamo anche che questa non può essere considerata una vittoria definitiva; anzi, oggi più che mai dobbiamo riproporre il suo esempio a noi stessi, e alle nuove generazioni, imparando dal passato per far sì che la stagione del terrore non torni più”.

Lando Conti, fiorentino, classe 1933, fu segretario provinciale del Partito Repubblicano e poi sindaco di Firenze dal marzo 1984 al settembre 1985. Successore di Piero Bargellini e di Alessandro Bonsanti, fu uno straordinario amministratore della cosa pubblica. Con la sua vita e le sue opere testimoniò il principio mazziniano del primato dell’educazione e l’ideale massonico della fratellanza per operare sempre per il bene dell’umanità. Aderì alla Massoneria del Grande Oriente d’Italia nel 1957, precisamente il 22 novembre, nella Loggia “Giuseppe Mazzoni” (62) di Prato. Nel 1959 si trasferì nella loggia “La Concordia” (110) di Firenze e in seguito, il 18 maggio 1984, nella “Abramo Lincoln” (884), oggi “Lando Conti” (884). Fu Gran Cappellano, nel 1974, dell’Arco Reale. Nel 2006 è stato proclamato Gran Maestro Onorario alla memoria.

Nel pomeriggio del 10 febbraio 1986, nella zona di Ponte alla Badia, dove gli è stata intitolata una via, Lando Conti, da solo in auto, stava andando in Consiglio comunale, dove rappresentava il partito repubblicano. Fu assassinato con 17 colpi di pistola. Aveva 52 anni e lasciava la moglie e 4 figli. Nella stessa serata una telefonata anonima a un giornale milanese ne rivendicò l’attentato: “Qui Brigate Rosse. Rivendichiamo l’uccisione di Lando Conti”.

Il Comune di Firenze lo ricorderà il 10 febbraio con una breve cerimonia alle ore 8,30 in Via Faentina dove sarà deposta una corona sul luogo dell’attentato. Nel pomeriggio, a Palazzo Vecchio, alle ore 17,30, ci sarà il convegno pubblico “Lando Conti. Sindaco del dialogo, della coerenza e del rispetto”. Dopo i saluti del sindaco Dario Nardella e del presidente dell’Agci Nazionale Rosario Altieri, sono previsti gli interventi del Presidente del Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani e di seguito di Franco Camarlinghi, Nicola Cariglia, Cosimo Ceccuti, Ottaviano Colzi, Gianni Conti, Francesco Matteini, Adalberto Scarlino, Lorenzo Conti. Modera Francesco Colonna.

Fonte: GOI

lunedì 8 febbraio 2016

René Guènon sul significato delle feste carnevalesche



A proposito di una «teoria della festa» formulata da un sociologo, abbiamo segnalato [Si veda «Etudes Traditionnelles», aprile 1940, p. 169] che tale teoria aveva, fra gli altri difetti, quello di voler ridurre tutte le feste a un solo tipo, costituito da quelle che si possono chiamare feste «carnevalesche», espressione che ci pare abbastanza chiara per essere facilmente compresa da tutti, poiché il carnevale rappresenta effettivamente ciò che ne rimane ancor oggi in Occidente; e dicevamo allora che si pongono, a proposito di questo genere di feste, delle questioni che meritano un esame più approfondito. Infatti, l’impressione che se ne trae è sempre, anzitutto, un’impressione di «disordine» nel senso più completo della parola; come mai quindi si constata la loro esistenza, non solo in un’epoca come la nostra, in cui si potrebbe in fondo, se non avessero un’origine così remota, considerarle semplicemente come una delle numerose manifestazioni dello squilibrio generale, ma anche, e persino con uno sviluppo molto maggiore, in civiltà tradizionali con le quali a prima vista esse sembrano incompatibili?

Non è inutile citare qui alcuni esempi precisi, e menzioneremo anzitutto, a questo riguardo, certe feste di carattere veramente strano che si celebravano nel Medioevo: la «festa dell’asino” in cui quest’animale, il cui simbolismo propriamente «satanico” è assai noto in tutte le tradizioni [Sarebbe un errore voler opporre a questo il ruolo svolto dall'asino nella tradizione evangelica, poiché, in realtà, il bue e l'asino, posti ai due lati opposti della mangiatoia alla nascita di Cristo, simboleggiano rispettivamente l'insieme delle forze benefiche e quello delle forze malefiche; si ritrovano d'altronde nella crocifissione, sotto forma del buono e del cattivo ladrone. Quanto poi a Cristo sulla groppa di un asino, al suo ingresso in Gerusalemme, egli rappresenta il trionfo sulle forze malefiche, trionfo la cui realizzazione costituisce propriamente la «redenzione»], veniva introdotto addirittura nel coro della chiesa, ove occupava il posto d’onore e riceveva i più straordinari segni di venerazione; e la «festa dei folli», in cui il basso clero si abbandonava agli atti più sconvenienti, parodiando al tempo stesso la gerarchia ecclesiastica e la liturgia medesima [Questi «folli» portavano d'altronde un copricapo a lunghe orecchie, manfestamente destinato a evocare l'idea di una testa d'asino, e questo particolare non è il meno significativo dal punto di vista in cui ci poniamo].

Com’è possibile spiegare che cose simili, il cui carattere più evidente è incontestabilmente quello parodistico o addirittura sacrilego [L'autore della teoria alla quale abbiamo alluso non ha difficoltà a riconoscervi la parodia e il sacrilegio, ma, riferendoli alla sua concezione della «festa» in generale, pretende di farne degli elementi caratteristici del «sacro» medesimo, il che non solo è un paradosso piuttosto esagerato, ma, bisogna dirlo chiaramente, una pura e semplice contraddizione] abbiano potuto, in un’epoca come quella, non solo essere tollerate, ma persino ammesse più o meno ufficialmente?

Menzioneremo anche i saturnali degli antichi Romani, da cui il carnevale moderno sembra d’altronde trarre origine direttamente, per quanto non ne sia più, a dire il vero, che un ricordo assai pallido: durante queste feste, gli schiavi comandavano ai padroni e questi li servivano [Si riscontrano anche, in paesi diversi, casi di feste dello stesso genere in cui si giungeva fino a conferire temporaneamente a uno schiavo o a un criminale le insegne della regalità, con tutto il potere che esse comportano, salvo a condannarli a morte quando la festa era terminata]; si aveva allora l’immagine di un vero «mondo alla rovescia», in cui tutto si faceva contrariamente all’ordine normale [Lo stesso autore parla anche lui, a questo proposito, di «atti alla rovescia», e persino di «ritorno al caos”, il che contiene una parte di verità, ma, per una sbalorditiva confusione di idee, vuole assimilare tale caos all’»età dell'oro»]. Per quanto si pretenda comunemente che ci fosse in queste feste un richiamo dell’»età dell’oro», tale interpretazione è manifestamente falsa, dal momento che non si tratta affatto di una specie di «uguaglianza» che a rigore potrebbe esser considerata una rappresentazione, nella misura in cui lo consentono le presenti condizioni [Vogliamo dire le condizioni del Kali Yuga o dell’»età del ferro» di cui fanno parte tanto l'epoca romana quanto la nostra] dell’indiffereziazione iniziale delle funzioni sociali; si tratta di un rovesciamento dei rapporti gerarchici, il che è completamente diverso, e un tale rovesciamento costituisce, in modo generale, uno dei caratteri più evidenti del «satanismo». Bisogna vedervi dunque piuttosto qualcosa che si riferisce all’aspetto «sinistro» di Saturno, aspetto che non gli appartiene certo in quanto dio dell’»età dell’oro», ma al contrario in quanto egli attualmente è solo il dio decaduto di un’èra trascorsa [Che gli dèi antichi diventino in certo modo dei demòni, è un fatto abbastanza generalmente constatato, e di cui l'atteggiamento dei cristiani nei riguardi degli dèi del «paganesimo» è solo un caso particolare, ma che non sembra esser mai stato spiegato a dovere; non possiamo d’altronde insistere qui su tale punto, che ci condurrebbe fuori tema. Resta inteso che tutto questo va riferito unicamente a certe condizioni cicliche, e perciò non intacca né modifica in nulla il carattere essenziale di questi stessi dèi in quanto simboli non temporali di princìpi di ordine sopra umano, di modo che, accanto a tale aspetto malefico accidentale, l'aspetto benefico sussiste sempre, malgrado tutto, e anche quando è più completamente misconosciuto dalla «gente dell'esterno»; l'interpretazione astrologica di Saturno potrebbe fornire a questo riguardo un esempio chiarissimo].

Si vede da tali esempi che vi è sempre, nelle feste di questo genere, un elemento «sinistro» e anche «satanico», ed è da notare in modo del tutto particolare che proprio questo elemento piace al volgo ed eccita la sua allegria: è infatti qualcosa di molto adatto, anzi più adatto di ogni altra cosa, a dar soddisfazione alle tendenze dell’»uomo decaduto», in quanto queste tendenze lo spingono a sviluppare soprattutto le possibilità meno elevate del suo essere. Ora, proprio in ciò risiede la vera ragione delle feste in questione: si tratta insomma di «canalizzare» in qualche maniera tali tendenze e di renderle il più possibile inoffensive, dandogli l’occasione di manifestarsi, ma solo per periodi brevissimi e in circostanze ben determinate, e assegnando così a questa manifestazione degli stretti limiti che non le è permesso oltrepassare [Ciò è in rapporto con la questione dell’»inquadramento» simbolico, sulla quale ci proponiamo di tornare]. Se infatti queste tendenze non potessero ricevere quel minimo di soddisfazione richiesto dall’attuale stato dell’umanità, rischierebbero, per così dire, di esplodere [Alla fine del Medioevo, quando le feste grottesche di cui abbiamo parlato furono soppresse o caddero in disuso, si produsse un'espansione della stregoneria senza alcuna proporzione con quel che s'era visto nei secoli precedenti; fra questi due fatti esiste un rapporto abbastanza diretto, per quanto in genere inavvertito, il che d'altronde è tanto più sorprendente in quanto vi sono alcune somiglianze abbastanza singolari fra tali feste e il sabba degli stregoni, ove pure tutto si faceva «alla rovescia»], e di estendere i loro effetti all’intera esistenza, sia dell’individuo sia della collettività, provocando un disordine ben altrimenti grave di quello che si produce soltanto per qualche giorno riservato particolarmente a questo scopo.

Tale disordine è d’altra parte tanto meno temibile in quanto viene quasi «regolarizzato», poiché, da un lato, questi giorni sono come avulsi dal corso normale delle cose, in modo da non esercitare su di esso alcuna influenza apprezzabile, e comunque, dall’altro lato, il fatto che non vi sia niente di imprevisto «normalizza» in qualche modo il disordine stesso e lo integra nell’ordine totale.

René Guenon, SUL SIGNIFICATO DELLE FESTE «CARNEVALESCHE” (da “Simboli della scienza sacra”, cap. 21)

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venerdì 5 febbraio 2016

La Chiesa Templare di Tempio di Ormelle

di Valentina Marelli

In occasione della conferenza del Clan Sinclair Italia dal titolo Il Medioevo delle Eresie che si è tenuta a Valvasone in provincia di Pordenone, il nostro socio Daniele Franceschi ci ha organizzato una visita alla chiesa Templare di Ormelle.
All'inizio credevo che la località si chiamasse Ormelle e che la denominazione “Tempio di Ormelle” fosse riferita alla chiesa della città, in realtà la località si chiama Tempio ed è una frazione del paese più grande che è Ormelle; questo già a segnalarci che l'antico territorio era un possedimento dei Cavalieri del Tempio già in epoca delle Crociate.


Come ci ha raccontato la guida la denominazione di Tempio riferito al luogo risale al 1178 in quanto viene citato in un documento ufficiale conservato negli archivi del tribunale di Ormelle, come testimone un tale Giovanni de Templo, questo a prova del fatto che questa frazione era già conosciuta con il nome di Tempio, ma esistono altri documenti risalenti al 1312 quando viene stilato un elenco dei beni del Priorato, c'è l'intervento dell'inquisizione e a seguito di una lite tra il Priorato del Tempio e la famiglia dei Dacameno, liti che di solito avevano come motivo i confini delle proprietà, viene imprigionato un tale Giovanni di Castel Arquato.
Queste due date, assolutamente certe perché esistono tutt'oggi i documenti citati, sono molto importanti perché ci danno il lasso di tempo nel quale comincia la storia di questa chiesa e il suo legame certo con l'Ordine del Tempio, in quanto ci troviamo con la prima vicini alla sua  fondazione, con la seconda appena dopo la sua fine.

La Chiesa dei Templari fu quindi edificata intorno al XII secolo proprio dall'Ordine Monastico-Guerriero dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme; con successivi ampliamenti e nuove costruzioni tra il XIV e XVIII secolo, quando ai Templari subentrarono i cavalieri del Sovrano Ordine Militare di Malta.
La chiesa era anticamente inserita in una unità architettonica ed amministrativa ben delineata chiamata Masòn, termine derivante dal francese Maison, che sta ad indicare un insediamento isolato, originariamente connesso a stazioni di sosta lungo strade principali. La chiesa quindi risulta essere l'unica costruzione sopravvissuta del periodo templare mentre gli altri edifici oggi superstiti appartengono al periodo Giovannita.
I Templari si insediarono in questo luogo dove si snodava uno degli antichi percorsi romani, la Via Opitergium-Tridentum vicinissima alla Via Postumia che collegava Genova ad Aquileia.

Dell'impianto originario di epoca templare abbiamo la prima parte della chiesa costruita in perfetto stile romanico, nel pavimento possiamo vedere i segni di dove un tempo la chiesa finiva e sorgeva l'abside


 

ed il portico con i suoi affreschi, che purtroppo essendo molto rovinati sono quasi illeggibili per la maggior parte. Di uno, quello maggiormente visibile si raccontano molte storie e mille ipotesi sul suo significato. Due ci sono sembrate particolarmente interessanti.

La prima ce l'ha raccontata la nostra guida e pare che l’affresco sia la rappresentazione di una dormizio Virginis cioè la morte della Madonna pensata come nei luoghi d’origine della Madonna e nella sua epoca, non certamente come qui da noi adesso che quando pensiamo alla morte della vergine qui pensiamo subito all’Assunta, precedentemente era rappresentata con il catafalco con la vergine addormentata ed il figlio che ne raccoglie l’anima qui rappresentato da quella specie di bambolotto che si distingue nell’affresco.

La seconda interpreta l'affresco come Maria Maddalena che, seduta su di una sedia gestatoria, porge quello che sembra un bambino fasciato, quindi un neonato al suo sposo. Secondo i sostenitori di questa ipotesi questo affresco sarebbe la testimonianza della Genia di Gesù e di Maria Maddalena e che quindi la chiesa fosse uno dei luoghi in cui i Templari avevano scelto di custodire il Santo Graal, quindi le prove della discendenza Reale.


Indipendentemente da quale storia si sceglie di credere visitare la chiesa di Tempio ad Ormelle è una esperienza che è meglio non farsi scappare.

giovedì 4 febbraio 2016

La moda in filosofia




Kant ha interpretato la moda come una forma di imitazione, fondata sulla vanità, in quanto "nessuno vuole apparire da meno degli altri anche in ciò che non ha alcuna utilità". Da questo punto di vista "stare alla moda è questione di gusto; chi è fuori di moda e aderisce ad un uso passato, si dice antiquato; chi non dà nessun valore all'esser fuori di moda è un eccentrico".
Kant dice che "è meglio esser matto secondo la moda che fuori di essa" e che la moda è veramente pazza solo quando sacrifica alla vanità l'utile o addirittura il dovere.
In realtà questa analisi di Kant non è oggi più sufficiente perché è noto che la moda investe tutti i fenomeni culturali e anche quelli filosofici. Moda sono state nell'età moderna il cartesianesimo, l'illuminismo, il newtonismo, il darwinismo, il positivismo, l'idealismo, il neoidealismo, il pragmatismo ecc...: tutte dottrine che hanno avuto una importanza decisiva nella storia della cultura. D'altronde sono state moda anche i movimenti culturali che poca o nessuna traccia hanno lasciato.

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mercoledì 3 febbraio 2016

Hegel e la pazzia


«Quando resta irretita in una determinatezza particolare, la coscienza non assegna a tale contenuto il posto intellettivo e la subordinazione che gli spetta nel sistema individuale del mondo – in quel sistema, cioè, che costituisce un soggetto. Il soggetto si trova allora nella contraddizione tra la sua totalità, sistematizzata nella sua coscienza, e la determinatezza particolare che, in questa totalità, non ha fluidità, e non è né ordinata né subordinata.  Questa contraddizione è la pazzia».

― G.W.F. Hegel, “Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”, § 408.

martedì 2 febbraio 2016

Due menu massonici. L'appetito vien sgrossando

di Marco Rocchi

Rigatoni alla grigia con carciofi

In questo link due menu di banchetti massonici del Rito Scozzese Antico ed Accettato. A sinistra un banchetto nell'Indiana (1914) e a destra uno in Ohio (1906).

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Il ruolo della Massoneria nei movimenti indipendentisti cubani


La sommità del sede della Gran Loggia di Cuba


In questo saggio di Antonio Rafael de la Cova (in inglese), apparso sul Journal of the Early Republic nel 1997, viene analizzato il ruolo della Massoneria nel movimento indipendentista cubano della seconda metà del XIX secolo.

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Grammatica dell'ascolto: la Massoneria spiega il dialogo


“L’ascolto prima del dialogo” è il titolo del convegno organizzato dal Servizio Biblioteca che si terrà l’11 febbraio a partire dalle ore 18 presso l’Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia (Via Pietro Cossa, 42 – Roma), interverranno il giornalista e scrittore Giampiero Comolli, autore del volume “Grammatica dell’ascolto Per accogliere un racconto di fede” (Edizioni Messaggero Padova) che verrà presentato; il giornalista e scrittore Ignazio Ingrao, la storica Anna Foa e il professor Paolo Ricca, che è stato il punto di riferimento per uno dei programmi televisivi di maggior successo degli ultimi mesi e degli ultimi anni: “I dieci comandamenti” di Roberto Benigni. L’attore toscano, come da lui stesso sottolineato ad inizio trasmissione, si è basato sul volume di Ricca “Le Dieci Parole. Le tavole della libertà e dell’amore” pubblicato dalla Morcelliana. E sarà proprio Ricca a introdurre l’incontro alla Facoltà Valdese e a spiegare quanto sia importante il dialogo, un dialogo che se vuole  essere alto e costruttivo deve avere come presupposto la disponibilità ad entrare in una dimensione di silenzio. All’evento saranno presenti il moderatore della Tavola Valdese Eugenio Bernardini e il Gran Maestro Stefano Bisi.

Fonte: GOI

L'Ordine degli Eletti Cohen in un libro



Per la prima volta il misterioso Ordine degli Eletti Cohen presentato in italiano, nel suo lato storico e, soprattutto, nei suoi aspetti dottrinali e operativi, ossia in quelle azioni teurgiche che tanto hanno influenzato tutta la magia cerimoniale dal Settecento ai giorni nostri. Il sistema di Martinez de Pasqually infatti è una dettagliata descrizione della cosmogonia per ripercorrere a ritroso le tappe della creazione, le ipostasi del Dio unico, per ritornare a quel luogo mitico, l’Eden, che precede ogni tempo, ogni spazio, e ogni creazione. La scala dei gradi degli Eletti Cohen, descritta nel dettaglio dagli autori, è  stata ricostruita, come la rituaria personale, anche in seguito alla recente Restaurazione ed è quanto di meglio ci sia per “l’uomo di desiderio” contemporaneo per lavorare su di sé e riposare, infine, all’”ombra della Riconciliazione”. Un volume in grande formato pubblicato dalla Rebis di Viareggio che segue la pubblicazione dei classici del pensiero di Martinez, di Willermoz, di Saint-Martin e le tavole di Prunelle de Lière pubblicati in questi ultimi mesi da Tipheret.

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lunedì 1 febbraio 2016

Gli uomini, le idee e i massoni della Rivoluzione Francese

di Marco Rocchi



Ci si domanda spesso cosa ha avuto a che fare la Massoneria con la Rivoluzione Francese; una prima risposta viene da questo documento (in francese) che riporta l'elenco di molti Massoni del periodo rivoluzionario:

https://app.box.com/s/38vw3keyi4qstpod6vkyeimcd9atcqev

Continua la mostra di Francesco Milesi



Continua la mostra di Francesco Milesi, al Castello di Valvasone fino al prossimo 7 febbraio. «Epistolarium Hermeticum» ha debuttato questa estate a Fano, con la presentazione di Mauro Cascio e Davide Riboli ed ora continua a far parlare di sé. L'idea è quella di messaggi e lettere giunte da lontano, un messaggio per la contemporaneità da un'epoca piena di desiderio di conoscenza, di sapienzialità che forse nessun periodo storico è riuscito ad uguagliare con la stessa potenza espressiva e con la stessa perentorietà.

«Medioevo delle eresie»: solo posti in piedi



Grande successo a Valvasone per l'iniziativa del Clan Sinclair a cura di Daniele Franceschi. Solo posti in piedi per il convegno sul «Medioevo delle eresie» a cui hanno preso parte Nino Orlandi, Massimo Agostini e Tiziano Busca a cui sono state affidate le conclusioni. La prova, l'ennesima, della grande fame che c'è nel nostro Paese per gli eventi culturali di qualità, in un panorama sempre più deprimente.