mercoledì 4 marzo 2015

Il Marchio e il Nome Nuovo

Tiziano Busca illustra il Marchio in italiano e in ebraico

Il fine teoretico e conoscitivo non è un’arbitraria ricostruzione di “sovrastrutture filosofiche”, come qualche illuminatissimo fratello ha sottolineato in passate occasioni, ma è esplicitamente citato dal rituale stesso. È questo che rappresenta la chiave di volta (Salmo 118). Con il Nome Nuovo. Efficace sembra la citazione dell’Apocalisse (2.17). A colui che vincerà, cioè a colui che realizzerà la Grande Opera, “io darò da mangiare della manna nascosta” (che rende immortali ed eterni), io darò una pietra bianca e su questa pietra sarà scritto un Nome Nuovo”. La portata simbolica è notevolissima, sebbene perda in suggestione quando le lettere della “promessa” del compimento, della realizzazione del diamante che ciascuno di noi ha in sé, si scopre che sono in inglese. In realtà non sembra esserci nessuna considerazione esoterica in questa scelta, semplicemente una consuetudine d'uso. In un  rituale del Marchio francese il Nome Nuovo lo troviamo scritto in ebraico. Non sarà filologicamente esattissimo, magari dovrebbe essere in Fenicio, ma aumenta il fascino, e soprattutto si presta ad interessanti considerazioni. 'Hiram ben almanah shelach le-Shlomoh melech Israel' (beninteso l'acrostico si legge da destra a sinistra). 'Hiram figlio della Vedova inviato a Salomone Re d'Israele'. Interessanti per chi si diletta di ghematria un paio di osservazioni. Intanto la riduzione di tutto il Nome Nuovo dà 688, pari a 'Porachat=fiorisce'. Le cifre delle lettere indicate dal triangolo danno 605, cioè il valore ghematrico di 'Adam=uomo". Nell'esoterismo ebraico c'è questo di interessante: il segno grafico che identifica una lettera, identifica anche un numero. Per esempio la lettera א, aleph, indica il numero 1. Va da sé che ogni parola è un numero e ha un valore numerico (ottenuto semplicemente sommando le cifre che la compongono) e il cuore dell'esegesi, a volerla semplificare, è proprio qui: che due parole dall'identico valore numerico rinviano ad un identico universo di senso, ad un comune campo semantico. La riduzione, per ottenere un valore numerico, è ottenuta semplicemente sommando i vari numeri. L'esempio classico è la parola ahavà, che vuol dire amore e che ha valore numerico 13.  Ma anche la parola echad, che vuol dire 'uno', vale 13. Quindi? Quindi il 13 esprime un senso comune. L'uno è amore, l'amore è unità; il 13 esprime una unità più perfetta. Sappiamo che la numerologia è qualcosa che va poi dai contesti ebraici. Il 13 ha lo stesso significato in altre culture. Tredici è per esempio il numero che si ottiene sommando Gesù ai suoi dodici apostoli. Il tredicesimo anche qui è un'unità superiore in nome dell'amore. Ma 13 è la metà di 26 e 26 è il valore ghematrico del tetragramma, il nome di Dio di quattro lettere יהוה, iod,, vav, . Quasi a suggerirci che ci sono due amori richiesti per una perfetta comunione col Padre, l'amore di chi parte e l'amore di chi accoglie. Lo diciamo anche comunemente che l'uomo non vive dove abita ma vive dove ama. Qui è l'Amore per l'Uno in entrambi i movimenti. L'exitus e il reditus della tradizione tomistica. L'Opera del Carro e l'Opera della Creazione nella Mistica ebraica.



La ghematria è affascinante perché sono i numeri a parlarci. E tornando al Marchio, e al valore numerico espresso dal Nome scritto in ebraico, i numeri (605 e 688) ci dicono questo, in definitiva: 'Fiorisce l'uomo (nuovo)'. E questo ci pare perfettamente in linea con quel percorso di palingenesi spirituale che abbiamo evidenziato. Palingenesi vuol dire proprio questo, dal greco palin, 'di nuovo', e γένεσις, génesis, 'creazione'. Se il Nome Nuovo in ebraico dovesse infastidire, per una sua oggettiva difficoltà dal momento che non tutti i candidati avanzati al Grado conoscono le lettere ebraiche, si potrebbe optare per una traduzione in italiano. Un ripiego sicuramente più intelligibile. Ma un ripiego.


L'Arco Reale è il piatto forte. Senza Arco Reale non c'è Massoneria, perché ne segna il Compimento e il Completamento. Senza la sua simbologia i rituali dei primi tre gradi sono orfani. Del resto il compimento è suggerito anche da valutazioni qabalistico-ghematriche-tarotiche come molto opportunamente annota l'autore di un testo di prossima pubblicazione per i tipi della Atanòr (che qualcuno attribuisce, probabilmente a torto, a Ivan Mosca, l'anima della Massoneria italiana del Novecento). Seguiamo il suo ragionamento, per dimostrare che l'Arco Reale è intimamente necessario nei rapporti giusti e perfetti della Massoneria Azzurra.

La parola sacra del primo grado ha valore ghematrico 79 (בעז = 2 + 70 + 7 = 79), quella del secondo grado ha valore 91 (יאכינ = 10 + 1 + 20 + 10 + 50 = 91). La loro unione produce il valore di 79 + 91 = 170, con radice 8 (170 = 1 + 7 + 0). La parola di primo grado produce il valore jeroglifico di 16 (7 + 9), che in chiave di Arcano tarotico rappresenta La Torre, l'Antenna che attira la folgore. La parola sacra del secondo grado invece produce il numero jeroglifico 10 (9+1) che in che in chiave di Arcano tarotico rappresenta La Ruota, cioè la Sfinge degli equilibri.  Due arcani che oltretutto danno anche bene l'idea dei due rispettivi gradi: la forza, la stabilità, la solidità e la bellezza, la compostezza, l'equilibrio armonioso. L'unione delle due chiavi jeroglifiche ci dà il contenuto dell'Arco Reale, produce infatti il valore di (16 + 10) = 26 che è il numero ghematrico del Tetragrammaton (יהוה = 6 + 6 + 5 + 10 =26). Se la Parola sacra di primo grado corrisponde alla Colonna B e quella di secondo alla colonna J, il Tetragrammaton è inteso come Chiave di Volta del Tempio. La sua riduzione concorda con le due parole sacre, perché 2 + 6 = 8. Ma 8 è anche il valore dell'ulteriore riduzione teosofica dei due numeri jeroglifici di Jakin e Boaz (16 + 10 = 1 + 6 + 1 + 0 = 8).
La parola sacra Mak Benac ha valore 197 (בנה מק = 40 + 100 + 2 + 50 + 5) e attraverso la riduzione aritmosofica produce 1 + 9 + 7 = 17 (Cioè l'Arcano XVIII, La Stella). Quale Arcano migliore per rinviare a quanto sta sopra le colonne? La sua ulteriore riduzione aritmosofica produce 1 + 7 = 8. Il grado di Apprendista e quello di Compagno trovano la loro armonica sintesi nel grado di Maestro così come i valori delle Colonne trovano la loro Armonica sintesi nell'Arco Reale. I valori a cui abbiamo fatto cenno hanno la loro radice comune nel valore del Sacro numero 8, che abbiamo detto essere: radice dell'unione dei valori ghematrici di Boaz e Jakin, radice dei numeri jeroglifici e tarotici di Boaz e Jakin, radice della Parola di Maestro e della Volta Stellata. La chiave ottonaria rappresenta la totale cubatura dell'Architettura di Loggia, riflessa nell'età simbolica del Maestro (7 anni e più) in cui Egli rappresenta la prima unità di un'ottava superiore che è sviluppo verticale (nel nostro caso i lavori del 'Capitolo').

Tratto da Mauro Cascio, Un Dio che riposa tra i fenomeni del mondo, Tipheret, Catania 2014