Carissimi Fratelli, questa festività che è molto legata ad aspetti religiosi ma che oggi ha assunto anche per molti laici un significato di pace sia veramente tale per tutti soprattutto per noi che dovremmo essere campioni di pace, serenità e tolleranza. Amerei che fossimo capaci, io per primo, di applicare questi valori e concetti ricaricati di quanto proclamiamo nei Templi della Massoneria nel mondo profano ma prima di tutto tra di noi. Vi lascio augurandovi tutto il bene possibile alla riflessione della poesia di un nostro antico Fratello che molti conosciamo ma che ritengo si debba ogni tanto rileggere.
(Enrico Consonni Maestro Loggia Ankus n. 1003all’Oriente di Caselle Torinese)
C’erano Ruhdle, il capo stazione, Beasely, delle “strade e lavori”.
Ackam della intendenza,Donckin addetto alle carceri e Blacke il sergente istruttore che fu per due volte il nostro venerabile.
C’era anche il vecchio Franjee Edujee che aveva il magazzino “alle derrate
europee”.
Fuori, noi dicevamo: “Sergente, signore, salute, salam” ma dentro soltanto “Fratello” ed era così bello dire così!
Ci incontravamo sulla livella e ci lasciavamo sulla squadra, ed io ero il secondo Diacono nella mia Loggia madre, Laggiù!
C’era ancora Bola Nath il contabile, Saul, l’israelita di Aden, Din Mohamed dell’Ufficio Catasto, il signor Chuckerbutty, Amir Singh, il Sick, e Castro delle “Officine di riparazione” che era cattolico romano.
Le nostre insegne non erano ricche, l nostro Tempio era vecchio e nudo, ma noi conoscevamo gli antichi Landmarcks e li osservavamo scrupolosamente.
Quando getto uno sguardo indietro, mi vien spesso alla mente questo pensiero: “in fondo, non vi sono degli increduli, Infatti tutti i mesi, dopo la tenuta, ci riunivamo per fumare (non osavamo dare banchetti per tema d’infranger le regole di taluni Fratelli) e parlavano a cuore aperto di Religioni e d’altre cose riportandosi, ciascuno di noi, al Dio che conosceva meglio.
L’uno dopo l’altro i Fratelli prendevano la parola: nessuno si agitava.
Ci separavamo all’aurora, quando si svegliavano i pappagalli e mentre noi, dopo tante parole, ce ne tornavamo a cavallo, Maometto, Dio e Shiva giocavano stranamente a nascondino nelle nostre teste.
Spesso, dopo quel tempo, i miei passi erranti al servizio del Governo hanno portato il saluto fraterno dall’Oriente all’Occidente, come ci fu raccomandato, da Kohel a Singapore.
Ma come vorrei rivederli tutti quelli della mia Loggia madre, laggiù!
Come vorrei rivederli i miei Fratelli neri o Bruni e sentire il profumo dei sigari indigeni mentre circola chi li accende.
E mentre il vecchio distributore di limonate russa sul piantino dell’“office” Oh! ritrovarmi perfetto Massone ancora una volta nella mia Loggia dei tempi passati!
Di fuori si diceva: “sergente, signore, salute, salam “.
Ma, dentro, soltanto “Fratello” ed era così bello così!
Ci incontravamo sulla livella e ci lasciavamo sulla squadra, ed io ero secondo Diacono nella mia Loggia Madre.
Rudyard Kipling