lunedì 23 novembre 2020

Massoneria e Cabala. Mac Benac

di Luca Delli Santi 




Il grado di Maestro Massone è quello in cui viene acquisita la consapevolezza piena dell’essenza del nostro percorso, un percorso in cui gli archetipi universali ci vengono trasmessi nella rappresentazione della tradizione Occidentale, attraverso la condivisione di simboli ermetici e cabalistici che danno forma ai nostri templi insieme a quelli della scienza muratoria, l’esecuzione dei rituali li vivifica nelle nostre coscienze.
Vi è nel terzo grado l’indicazione anche operativa della natura della via  che abbiamo intrapreso, una ricerca dell’Armonia, dell’equilibrio fra gli opposti attraverso l’utilizzo degli strumenti dell’intelletto, è un percorso governato dalla sephira Binà, il cuore che attraverso la Comprensione giunge alla Conoscenza.
La parola del terzo grado è stata tramandata come  מק בן Mac Benac, in realtà sarebbe più corretto pronunciare Benà, indica così come è scritta il significato di figlio della putrefazione. È evidente il riferimento al rituale in cui il massone rinasce a nuova vita dopo essere passato dalla prova infera della morte a causa del tradimento dei cattivi compagni, ambizione, fanatismo, ignoranza.
 Si tratta di un riferimento ermetico di come si giunga a realizzare l’opera solo passando attraverso la fase della nigredo, liberandosi della feccia. Si vive, inscenandolo con un dramma,  ciò che si era visto nel gabinetto di riflessione quando si incontro’ la scritta VITRIOL.
Interpretazioni leggitime ed assolutamente coerenti con la prospettiva che ci offre il rituale hiramico, ma può essere interessante prenderne in considerazione un’altra. 
È assai probabile che la forma giunta fino a noi di Mac Benac sia in realtà un errore di traduzione, è risaputo tradurre e tradire hanno la medisima etimologia, della formula originaria מאק בינאה il cui significato è abbattere ed edificare, si tratta di una sfumatura, entrambe i concetti fanno riferimento alla necessità di superare una stato precedente in modo radicale per conseguirne uno completamento nuovo, in questo caso il tradimento del tradurre non è sostanziale, ma è più evidente il nesso con l’arte muratoria e con la sephira Binà che la cui parola ha la medisima radice della parola costruito.

«Ecco io pongo una pietra in Sion, una pietra scelta, angolare, preziosa, saldamente fondata: chi crede non vacillerà.  Io porrò il dritto come misura e la giustizia come una livella».
 
Questi versi di Isaia ( 28:16/17), che ritroviamo quasi identici in Pietro 2, 4:8, si riferiscono ad Emanuel uno dei nomi con cui viene indicato il Messia, elemento cardine della cultura giudaico-cristiana pure nella differente visione della figura, ci indica come la simbologia muratoria  trovi radici profonde nella antiche Scritture, il Messia è un costruttore, conosce l’arte la userà per edificare un mondo nuovo, l’arte del costruire è l’arte della Comprensione delle cose del mondo, o meglio della molteplicità dei mondi attraverso essa  si riconnette il logos umano con il Logos cosmico da cui promana.
La ghematria di מאק בינאה vale 209 come hadar, bello, era il nome dell’ottavo re di Edom che non condivise la sorte dei suoi predecessori in quanto aveva moglie, era in equilibrio fra le polarità opposte.
È anche la ghematria di Bnei chayai umezonai, figli vita e sostentamento. Non credo sia necessario aggiungere altro, divenendo  Hiram non si risorge figli della putrefazione, tutt’altro figli della vita pronti a sostenersi e ad offrire sostentamento ai fratelli iniziati ed all’umana famiglia tutta.