martedì 1 dicembre 2020

I gradi dell'anima


di Luca Delli Santi



La cabala classica identifica quattro livelli dell’anima umana, si tratta di termini che compaiono nelle Scritture con cui questa viene definita: Nephesh, Ruach, Neshama e Neshamà L’neshamà.
La Nephesh è il soffio vitale che anima il corpo fisico ed i sensi, si tratta della parte spirituale che alimenta i nostri bisogni primari, ne sono dotati anche gli animali è la potenza primordiale della vita.
Ruach è lo spirito che si esprime attraverso il mondo dell’emotività e delle emozioni, ciò che ci consente di provare sensazioni uniche quali la gioia, il dolore profondo, la commozione di fronte alla bellezza ecc. La Neshamà è la fonte da cui sgorga l’intelletto, il logos umano, è la sede in cui risiede la triade superna  dell’Uomo, Comprensione, Sapienza, Conoscenza.
Non sfuggiranno le similitudini con il mito dell’Auriga: auriga, cavallo bianco, cavallo nero usato da Platone per rappresentare la sua struttura ripartita: anima concupiscibile, anima irascibile, anima razionale. In effetti questa tripartizione della “sostanza semplice ed incomposta”, della stessa natura delle idee presenta molte analogie con i concetti base sull’anima umana della mistica ebraica.
I cabalisti sono però abituati a ragionare nel quadro di una rappresentazione quaternaria, così già nei testi della cabala classica troviamo la Neshamà l’Nehamà, il “nocciolo”, l’essenza dell’essere umano, la forza vitale che ci anima e da cui derivano gli altri livelli, è un sottile filamento che unisce ogni singolo individuo all’Uno.
Isacc ben Solomon Luria, l’Arizal il maestro che nel XVI secolo sviluppò una scuola di mistica da cui derivano la maggioranza di quelle moderne e contemporanee, propose una nuova lettura dei livelli dell’anima identificando il quarto con la Chaya, anima vivente, “essenza della vita”. Non si limitò però solo a rielaborare ed arricchire il concetto del quarto gradino, egli intuì che tutti questi livelli altro non sono altro che estensioni di un’unica essenza Yechidà. 
Nella concezione lurianica fra il Creatore e le creature vi sono alcuni livelli intermedi, stati dell’essere. Questa molteplicità di livelli compone i “mondi” ed i gradini dell’anima, lo scopo dell’Opera del Carro, la Massià Mekavà, è comporre questa distanza e riconoscere che ogni cosa nel creato è una minuscola scintilla del Creatore, così i diversi livelli dell’anima umana affondano le radici profonde nella Yechidà, l’anima cosmica universale.
In altri termini l’animo umano è della medesima sostanza del Creatore, si tratta di una scintilla di divinità di cui siamo dotati, nella concezione cabalistica ogni individuo è il punto di arrivo di un viaggio che inizia nell’Ain Sof e si conclude vestendo gli abiti umani, una volta incarnata nel corpo l’anima è la Tzelem Elokim. Si tratta del termine con cui nella cabala lurianica, ed in molte delle scuole contemporanee in cui si articola, si definisce quella parte della Nephesh che possiedono solo gli esseri umani, differente dal soffio vitale primario di cui sono dotate anche le chaioth, le forze vitali che animano gli animali. Si tratta del tessuto connettivo fra anima e corpo fisco.
Il viaggio compiuto dall’animo umano ed il legame sempre presente fra gli olamoth dall’Ain Sof alla dimensione della creazione si articola nei diversi mondi della cabala, la scala per percorrerli è l’Albero della Vita.
Lo scopo della studio esoterico è acquisire la consapevolezza di questa distanza e che essa può essere colmata, la pratica esoterica consiste nell’intraprendere il cammino per riconquistare le nostre radici.
Nei nostri templi ci viene data l’opportunità di essere pienamente consapevoli, il rito massonico possiede la chiave del risveglio dal torpore in cui la nostra dimensione spirituale è caduta.


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