lunedì 17 febbraio 2020

Giordano Bruno. Massimo Agostini: «Una libertà che abbiamo il dovere di ricordare»



Tutti gli anni lo vediamo condiviso nelle bacheche di Facebook, come fosse un meme qualsiasi. Si sa di lui che fu un filosofo, e tra i più grandi, e che c’è una statua a lui dedicata a Campo de’ Fiori. Le nuove generazioni, fuori dai Licei, magari non sanno che sono tante le ragioni, oggi, per ricordare la morte di Giordano Bruno. A cominciare, e spesso va in secondo piano, dalla grandezza del pensiero. Bruno ha costruito un sistema monumentale di opere, è riuscito a edificare una comprensione delle cose che non avesse bisogno delle credenze. Non c’è fede in Bruno, c’è Conoscenza. Una conoscenza audace che è quella degli iniziati, una conquista interiore da difendere che si cristallizza in ideale, quello cavalleresco. Perché la Cavalleria, senza Conoscenza e senza Valori, senza mente e senza cuore, è un qualcosa senza scopo, è un vendere mantelli, una gratificazione dell’ego. L’umiltà del Cavaliere è quella di Bruno, del pellegrino di senso che vuole connettere e legare le cose tra loro, che non sopporta la vuota indifferenza degli enti di natura, ma tutti concorrono a un’unica forma penetrata da un unico intelletto. Non ci sono ordini gerarchici in Bruno, le ipostasi aristoteliche sono “vanissima fantasia”. E c’è una eternità senza inizio e fine che perennemente muta.
Ma Bruno, dicevamo, non è solo un grandissimo filosofo. È anche il martire di un pensiero libero, che si oppone al potere dominante della chiesa cattolica, il pensiero rigido, dogmatico, il Potere. È questa libertà che ci piace ricordare. Il rogo, la mordacchia non sono solo episodi della storia, sono tentazioni continui di quella dannazione dello spirito dell’uomo che si chiama sopraffazione, tirannia. E non ne siamo affatto usciti fuori.

Massimo Agostini, Gran Commendatore Cavalieri Templari d'Italia
Rito di York