giovedì 7 maggio 2015

Martin Heidegger e le chiacchiere



«La totale infondatezza della chiacchiera non è un impedimento per la sua diffusione pubblica ma un fattore determinante. La chiacchiera è la possibilità di comprendere tutto senza alcuna appropriazione preliminare della cosa da comprendere. La chiacchiera garantisce già in partenza dal pericolo di fallire in questa appropriazione. La chiacchiera, che è alla portata di tutti, non solo esime da una comprensione autentica, ma diffonde una comprensione indifferente, per la quale non esiste più nulla di incerto. Il discorso, che rientra nella costituzione essenziale dell’essere dell’Esserci e di cui con-costituisce l’apertura, ha in sé la possibilità di mutarsi in chiacchiera e, come tale, di non tener più aperto l’essere-nel-mondo in una comprensione articolata, anzi di chiuderlo e di coprire così l’ente intramondano. La chiacchiera non è il risultato di un inganno voluto. Essa non ha il modo di essere della ‘presentazione consapevole’ di qualcosa per qualcos’altro. Basta dire e ridire perché si determini il capovolgimento dell’apertura in chiusura. Infatti ciò che è detto viene senz’altro assunto come 'dicente qualcosa', cioè scoprente. La chiacchiera, ‘rifiutandosi’ di risalire al fondamento di ciò che è detto, è sempre e recisamente un procedimento di chiusura. Questa chiusura è ulteriormente aggravata dal fatto che la chiacchiera, con la sua persuasione di possedere sin dall’inizio la comprensione di ciò di cui parla, impedisce ogni riesame e ogni nuova discussione, svalutandoli o ritardandoli in modo caratteristico».

Martin Heidegger (1889-1976)