Le prime tre Sephiroth del Celebre Albero della Qabalah
Su quello che per molti è un indissolubile intreccio si sono confrontati nel recente passato tanti autori: Sergio Magaldi (autore tra l’altro di un interessante intervento nel convegno «Un’Arca vivente di simboli», i cui atti furono raccolti e pubblicati da Atanòr), Giuseppe Abramo (autore di un classico, pubblicato da Bastogi, firmato con Nadav Crivelli) e Federico Pignatelli (curatore del
Fuoco Purificatore e della prima edizione della
Teodicea della Qabalah di Francis Warrain). Lo stesso Mauro Cascio ha sempre inteso Massoneria e Qabalah come due ‘rappresentazioni’ del Concetto unico, e che è dunque importante conoscere una per capire l’altra, considerato che una è la Tradizione e tanti sono i modi ‘culturali’ di raccontarla. I prestiti del simbolismo qabalistico erano già stati attentamente studiati in Italia da Ivan Mosca, sulla scorta di una lunga lista di studiosi, da Oswald Wirth a Jules Boucher (il cui saggio sulla simbologia massonica è oggi un classico, pubblicato in Italia su interessamento proprio di Mosca), da Robert Ambelain a Robert Amadou. Né si possono ignorare i contributi, sul rapporto tra esoterismo ebraico e tradizione occidentale in generale, di Zolla o di Evola.
Sui rapporti tra Qabalah e, nello specifico, il simbolismo del Rito di York si è soffermato anche il lavoro del Capitolo di Studi De Lantaarn, che ha raccolto il materiale in due volumi pubblicati da Tipheret e dedicati specificamente a questo:
La Massoneria. Una simbologia in movimento e
Un Dio che riposa tra i fenomeni del mondo.
Il dibattito si arricchisce oggi di un nuovo intervento, segnalato da Marco Rocchi nel suo blog.
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