lunedì 16 marzo 2015

Lettura della Parashà e dell'Haftarah. Di nuovo sul peccato del vitello d'oro e il culto di Baal

di Giuseppe Russo



Gli Ebrei osservanti secondo la loro millenaria Tradizione ogni settimana leggono all’interno della Sinagoga una parte della Torah (Pentateuco) chiamata Parashà (plurare: Parashot) e proseguono nella lettura settimanale con l’ordine conseguente alla successione ordinata delle Parashot, di settimana in settimana, fino a completare l’intera lettura della Torah per poi cominciare di nuovo da Bereshit (Genesi). Le festività ebraiche, che pure caratterizzano il tempo secondo precise regole, cadono sempre a cavallo di determinate Parashot, e di ciò si possono dare molteplici letture, secondo accezioni derivate da uno studio comparativo più approfondito, che fa sempre riferimento all’infinita produzione letteraria della Tradizione. È doveroso sottolineare e soffermare la nostra attenzione su  come il tempo sia una variabile fondamentale per la vita dell’Ebreo osservante, e su come esistano precise regole stabilite secondo un ordine codificato, per il quale sia le attività liturgiche che della vita quotidiana, non sono casuali ed avvengono, come per esempio accade nel caso dell’accensione delle candele del venerdì sera, ad un’ora stabilita, in funzione del tramonto e dell’uscita delle “tre stelle”, e quindi in un tempo mutevole di settimana in settimana, e comunque determinato con precisione al minuto.

Dopo aver letto la Torah, all’interno di un preciso e codificato cerimoniale, i rotoli sono  “rivestiti” e riposti col rispetto dovuto e secondo un definito rituale all’interno dell’Aron (Armadio Sacro che contiene una o più rotoli della Torah); una volta chiuso l’Aron, si procede alla lettura dell’Haftarah, che è un brano tratto dai Nevyim (Profeti).

Elemento caratterizzante degno di nota è sul quale si deve porre la dovuta attenzione, è quello costituito dal fatto che tra la Parashà (brano tratto dal Pentateuco)  e l’Haftarah  (brano tratto dai Profeti) esiste sempre una specifica relazione.

Per esempio la scorsa settimana per la Parasha di Ki Thissà (Esodo 30,11 – 34,35), l’Haftarà corrispondente è stata “I Re 18,1-39”, la quale narra della vicenda del Profeta Elia allorquando convocò i quattrocentocinquanta profeti del culto di Baal e gli Israeliti presso il monte Carmel, sfidando gli adoratori di Baal con un sacrificio  e dimostrando ai Figli di Israel la Forza sovrannaturale del D-o che li aveva tratti fuori dalla casa degli schiavi in Egitto. In effetti la Parashà si conclude: “Tutto il popolo vedendo questo si prostrò con la faccia a terra, e tutti dissero: Il Signore è Iddio, il Signore è Iddio”. La ragione per la quale si legge questo brano è legata al fatto che nella Parashà Ki Tissà, tra gli altri avvenimenti, è narrato anche quello che si riferisce al “peccato del vitello d’oro”.  È evidente un richiamo del trionfo degli adoratori del D-o Uno sugli adoratori del culto idolatrico di Baal dei cananei, del quale darò qualche breve precisazione nel seguito, unitamente ad alcuni spunti che possono essere utili per ulteriori ricerche ed approfondimenti sull’argomento.

Baal in ebraico significa letteralmente  “stare sopra” e quindi può significare signore, padrone, ma anche marito.  I profeti allorquando si verificava che alcuni Ebrei trasgredivano il culto del  D-o dei Patriarchi Avrahm, Itzak e Jacov, probabilmente affascinati dai culti idolatrici dei cananei, usavano sovente un’espressione simbolica che li rappresentava come una meretrice che tradiva il proprio marito; quanto narrato finora, ci suggerisce un’ulteriore ed altrettanto suggestiva immagine allegorica, per la quale il tradimento del Culto del D-o dei Patriarchi, corrisponde al matrimonio con un altro uomo, per appunto Baal, la cui accezione principale in ebraico è come abbiamo già detto quella di marito.

Nella metà del ‘700 furono riportate alla luce in Libano antichissime rovine: la città di Baalbek, dove pare anticamente fosse il luogo d’origine nel quale si praticava il culto di Baal. Dagli scavi emersero tra i molteplici importanti ritrovamenti costituiti da templi di età ellenica e romana,  pietre di dimensioni gigantesche molto più antiche, perfettamente squadrate e dal peso di anche e più mille tonnellate. Sull’origine di questi enormi ed antichissimi monoliti, e sul come sia stato possibile realizzarli e trasportarli ci sono diverse teorie, ma comunque sulla cosa, aleggia tuttora irrisolto, un velo di mistero.