domenica 27 ottobre 2013

E così ci ha lasciati anche Luigi Magni, cantore cinematografico del Risorgimento italiano.


E così ci ha lasciati anche Luigi Magni, cantore cinematografico del Risorgimento italiano.
L'unico a raccontarci, con profonda ironia e leggerezza, il periodo storico meno ricordato nella nostra Penisola, attraverso bellissimi affreschi quali “Nell'anno del Signore”, “In nome del Papa Re”, “In nome del popolo sovrano”, "Il generale", “La notte di Pasquino”, “O' Re”, “La Tosca” ed altri. L'unico a mettere assieme cast d'eccezione ove il capostipite era pressoché sempre l'intramontabile Nino Manfredi, a volte nei panni del cardinale illuminato, altre volte nei panni del Ciceruacchio rivoluzionario.  Con Luigi Magni se ne va lo sceneggiatore ed il regista che meglio di altri riuscì a raccontare la Storia non tanto dei Grandi del Risorgimento (Mazzini e Garibaldi in primis), quanto piuttosto la storia dei tanti patrioti, spesso dimenticati.  Dei tanti mazziniani, garibaldini, carbonari e massoni morti per gli ideali di Fratellanza, Uguaglianza, Libertà, Emancipazione dal giogo papalino, austriaco, borbonico e napoleonico.  La storia degli Angelo Targhini e dei Leonida Montanari, dei Ciceruacchio e di suo figlio Lorenzo Brunetti, dei Righetto (il più giovane martire del Risorgimento), degli Andrea Aguyar, del bersagliere Luciano Manara, del condottiero Giovanni Livraghi, del sacerdote mazziniano Ugo Bassi, dei patrioti Monti e Tognetti.
Storie di persone semplici, giovanissimi cittadini romani ed italiani, giovanissimi patrioti amanti della libertà di cui attualmente nessuno o quasi rammenta i nomi e di cui, invece, Luigi Magni solo recò memoria e restituì loro nuova vita in un'Italia ove oggi va tanto di moda quel revisionismo leghista e neoborbonico ove si dice – a torto – che la Storia la scrivono i vincitori, senza però ricordare che quei patrioti, carbonari, massoni, mazziniani e garibaldini, furono sconfitti dalla Storia e relegati nell'oblìo di un'Italia fondata sull'imbroglio dei Cavour, dei Crispi, dei Savoia già imparentati con i Borbone e dei Mussolini di ieri...e non solo di ieri. Luigi Magni, con i suoi affreschi cinematografici, era lì a ricordarci come fosse arretrata e schiavista la Roma del Papa Re e così il Regno delle due Sicilie dei Borbone.  E ci rammentava i principi della Costituzione della Repubblica Romana del 1849, unica Costituzione che potremmo definire davvero “la più bella del mondo”, altro che quella della Repubblica italiana del 1948, fondata sul compromesso cattocomunista e clericofascista dei partiti a maggioranza traditori dei principi del Risorgimento (democristiani e comunisti, che, sino a qualche anno prima, militavano nelle file del Partito Nazionale Fascista o nella Repubblica di Salò, o comunque non vi si erano opposti, se non tardivamente). Questa l'opera di educazione civile laica di Luigi Magni, già membro d'onore del Comitato del “Premio Righetto”, dedicato al dodicenne popolano trasteverino, garzone in una bottega di fornaio, il quale si assunse il compito di spegnere le micce delle bombe papaline prima che scoppiassero e che divenne martire del Risorgimento e della Repubblica Romana allorquando una bomba gli scoppiò fra le mani. A Magni va l'onore di averci fatto scoprire i tanti Righetto e Ciceruacchio, ovvero i tanti popolani che contribuirono all'Unità d'Italia ed alla Repubblica, quella vera, fondata sul e con il cuore e non sul potere o sui partiti. E sarà attraverso le sue opere che potremo raccontare alle generazioni presenti e future come il Risorgimento fu una lotta di popolo e per il popolo. Un popolo sovrano che, ancora oggi, fa fatica a prendere coscienza di sé e che è immemore della sua stessa Storia.

Contributo di Luca Bagatin
Foto: Luigi Magni