giovedì 1 gennaio 2009

RIFLESSIONI SULLA TRADIZIONE

RIFLESSIONI SULLA TRADIZIONE 
di Fabio Bidussi

Elémire Zolla (Che cos’è la tradizione?) definisce il concetto di Tradizione come un insieme di conoscenze di simboli presenti in ogni popolo, nel sonno e nella veglia dell’uomo, che consentono di vincere i limiti dello spazio e del tempo e di poter giudicare i fenomeni. La storia non sarebbe altro che un affiorare e un celarsi della“Tradizione”, che agisce come fattore di criticità nei confronti del progresso e di ogni tentativo totalitario, inteso tale termine, come un atteggiamento sistematicamente dogmatico. In alcuni elementi introduttivi già esposti nel corso delle riunioni precedenti, la Tradizione è stata intesa come una trasmissione (trans-dare), n porgere, un consegnare qualche cosa con il proposito di ottenere, ome risultato, uno sviluppo delle proprie facoltà, con il massimo di esse consentito, psichico, spirituale, intuitivo. a, se nihil novi sub soli (est), come ammonisce il testo biblico (ma nche Giordano Bruno), e se ammettiamo, come fa Guenon, l’esistenza universale di una conoscenza primordiale, alla quale dobbiamo ricongiungerci, ecco che sono necessarie due situazioni :

- essere padroni della propria mente (solo a questi ppartiene la libertà, asserisce E. Zolla)

-  in secondo luogo, raggiungere quello stato di rigenerazione interiore e di trasformazione capace di sviluppare una conoscenza comune, condivisa perché universale, in grado di ricevere e di assumere la memoria comune del trascendente (trasmissione verticale)

Dobbiamo quindi porre l’accento sul tipo di comunicazione che si mette in atto.

L’esistenza di un deposito tradizionale che riaffiora nel tempo, mette in discussione la necessità cronologica di una ininterrotta catena iniziatica, raffigurando la Tradizione come un deposito appunto di conoscenze, metodi, postulati, che, come un fiume carsico, si ripropone in epoche e luoghi diversi, in forme analogicamente simili. Jung va ancora più oltre quando postula l’esistenza dell’archetipo come puro atteggiamento dello spirito, insito nell’inconscio.

LE RADICI DEL PENSIERO MASSONICO

Un esempio, strettamente connesso con la ricerca delle radici del pensiero massonico è fornito dal riproporsi, in periodi e contesti socioculturali diversi e successivi, della “tradizione pitagorica”, dopo l’estinzione della schola di Crotone. Tanto che risulta indifferente sapere se l’insegnamento pitagorico si ripropone in virtù di ipotetiche comunità che ne hanno determinato la continuità, magari in modo sommerso.

“Presente già in epoca romana (N. Figulo, Porfirio, Giambico, Apollonio di Tiana), sgorga letteralmente nel Rinascimento, frutto della riscoperta delle fonti latine e greche, per confluire nelle tradizioni di mestiere dei cantieri delle corporazioni muratorie, dove è ben presente un “ricupero filologico sapienziale volto alla continua ricerca delle proporzioni armoniche, in analogia con l’armonia dell’universo. Fino ad arrivare all’innesto del ramo d’oro pitagorico sulla sapienza ebraica” (Pico della Mirandola e specialmente l’allievo Reuchlin)”.

(Maurizio Nicosia, Tradizione Pitagorica e Masoneria in “L’arca vivente dei simboli)

Anche la Libera Muratoria, come un fiume verso la foce, è stata alimentata nel corso di secoli, da correnti di pensiero, tradizioni esoteriche, circoli iniziatici, che affondavano le loro radici in epoche più lontane. Ciò si spiega con la specificità del tipo di comunicazione con cui un “filo comune” di pensiero e di visione del mondo si è tramandato nel tempo. Tutto ciò è spiegabile se si pensa ai mezzi, o, se si preferisce, ai veicoli utilizzati nell’intensità del lavoro rituale.

- Suoni, simboli, colori, gesti, che predispongono alla trasmissione e alla ricettività energetica grazie alla sequenza mentale nella quale si sono posti tutti gliofficianti il rito.

L’ENERGIA DELLA PAROLA

Nella pratica della “catena di unione, per esempio, l’energia è veicolata dalla parola. Allo stesso modo Il “mantra” (sanscritto, man = pensiero) è un insieme di lettere e suoni e agisce grazie a ciò che rappresenta. La sua costruzione risiede sulla conoscenza tradizionale dei suoni e dei significati in loro insiti e delle lettere che li rappresentano.

- Il valore sacro delle lettere esiste in relazione al suono di ciascuna di esse.

- Questo ci avvicina al Logos, alla parola creatrice, espressione di potenzialità energetica.

LA FORZA DEL SIMBOLO

L’utilizzo del simbolo, in tutte le sue espressioni, dallo scritto, al suono, al disegno al gesto, favorisce una costruzione pratica e mentale, realizzando quella sintesi spirituale che devriflettersi in vari stati coscienziali. Le sue corrispondenze (anche nella corretta forma gestuale) presuppongono o meglio predispongono allo sviluppo delle energie eggregoriche

Un riferimento preciso di ciò lo si trova nella marcia di ingresso al tempio e la squadratura del cerchio nella ritualità massonica. Nel modo cioè con il quale la Loggia, da ambiente chiuso e delimitato, si apre alla volta stellata e alla sacralità di uno spazio senza spazio in un tempo senza tempo. 

Da questo momento si attua una re-ligo (stessa origine etimologica di religione), termine che inizialmente esprime un legame spirituale che lega l’uomo all’uomo nel processo di conoscenza del Sé individuale e quindi universale, prima di assumere il significato storicamente

successivo di carattere settario. Ci si trova,a questo punto, in una condizione comunitaria di ricettività e le risonanze prodotte dagli attrezzi e strumenti dea pratica muratoria sono in grado di veicolare esotericamente la spiritualità dei singoli verso una più compiuta conoscenza del Sé. Ritengo, a questo proposito, la definizione di simbolo, data da Ockham (Summa logicae, I 1), la più concisa nella sua completezza:

- “il simbolo rappresenta tutto ciò che, una volta appreso, fa venire a conoscenza di qualche altra cosa”. La Ricerca e la Costruzione del SE STESSO

Ma cosa dobbiamo cercare? Fichte (Filosofia della massoneria) ci offre una risposta quando sostiene che:

- “la catena iniziatica, se deriva da una iniziazione legata alla matrice corporativa, si dovrebbe estinguersi con la fine dell’operatività. Ciò non avviene perché si è formato un nuovo mestiere. Il mestiere dell’uomo è l’uomo stesso, intero e perfetto, garante di una cultura super partes costituente un circuito integrativo e integratore di un molteplice culturale nella casa ideale della massoneria.” 

Mi sia consentito aggiungere che cercare il “vero mestiere di uomo” non può prescindere da un aspetto troppe volte trascurato: ogni esperienza misterica prospetta una unità androginica, per cui l’iniziato ai misteri integra in sé il maschile e il femminile, in una superiore sintesi unitaria.

Sicuramente con diversi percorsi ma con risultato comune.

Mozart, nel suo Flauto Magico, raffigura, in sintonia con le tradizioni esoteriche, il viaggio iniziatico compiuto da una coppia uomo/donna, Tamino e Pamina. Un buon motivo per riflettere.