giovedì 7 agosto 2008

Il saluto di apertura al 2° "Fratelli in Convivio".


Grazie al Fr.llo e Comp. Enrico C. che ha inviato due contributi relativi alla iniziativa svoltasi lo scorso 8 giugno a Roppolo il 2° "Fratelli in Convivio" (l’iniziativa era stata illustrata nel “post” del 30 luglio 2008) possiamo oggi darvi una sintesi della giornata attraverso il contributo apportato in quella occasione dal FR.llo e Comp. Tommaso C. sia nel suo saluto di apertura che nella sua Tavola preparata per l'occasione. (A.Duranti)


Quanto detto a voce dal Compagno Tommaso C., Gran Sacerdote del Capitolo Iside n. 53 all’Oriente di Rivoli, il nostro Capitolo, l’8 di giugno (Enrico C.)

Carissimi Fratelli e carissimi Compagni, nell’accogliervi in questa che è l’oasi di Roppolo non mi rimane che augurarvi di trascorrere una piacevole giornata di fraterna convivialità che vi lasci nel tempo un sereno e gioioso ricordo.

Il tema odierno è quello della mitezza.

Non è tuttavia mia intenzione leggervi ora quanto ho scritto, che troverete nella cartellina che vi è stata consegnata; lo leggerete con calma a casa, se vorrete, invogliati spero dal ricordo della piacevolezza della giornata che trascorreremo insieme.

È mia intenzione attualizzare invece il tema odierno.

Beato l’uomo che è lento all’ira, trarrà sicuramente gioia e serenità e lieto sarà il suo avvenire! Ma come parlare di mitezza all’uomo d’oggi? In una società in cui per i più il malessere esistenziale cresce in modo esponenziale giorno dopo giorno, in una società che per definizione punta al consumo ed in cui la felicità tende ad identificarsi con la sola possibilità di incrementare i consumi, di possedere quindi sempre di più, in una condizione di importante crisi economica che costringe a ridurre i consumi e di conseguenza a percepire come aumentati i bisogni, veri o presunti qui non si discute, e pertanto in una società in cui la più parte vive insoddisfatta ed in cui è immediata a tutti noi la percezione certa di un’ incrementata aggressività sociale, agita e subita.

“Nel mondo d’oggi il progresso materiale è molto avanzato anche grazie alla scienza.

Nonostante questo, anche a causa dell’uomo, si manifestano sempre numerose crisi e difficoltà.

Lo sviluppo al quale assistiamo sembra produrre la proliferazione di un sistema di emozioni negative come l’angoscia, l’odio, la gelosia, la rabbia, l’intolleranza.

Elementi che non possono essere ridotti con interventi chirurgici o con l’applicazione di qualche terapia.

Sono le attitudini interiori come la compassione, la fratellanza e l’amore il vero rimedio a queste emozioni negative e le varie tradizioni religiose enfatizzano lo sviluppo delle migliori potenzialità umane” (Kundun).

Separatività quindi, ira aggressività: tutto il contrario dunque della mitezza e della serenità che ne deriva.

Mi sovviene il nostro rituale, laddove recita: “…lontano dalle passioni…” Ma come parlare di questo all’uomo d’oggi, come parlare di questi ideali di fratellanza, di non separatività, e riuscire a lavorare così “per il bene dell’Ordine ed il progresso dell’Umanità”? Ritorniamo al sociale.

Oggi nel mondo vi sono più di 20 milioni di soldati in arme, in servizio permanente effettivo, e si combattono più di 20 guerre e spesso proprio laddove miseria, ignoranza e malattie maggiormente sussistono.

Ma è così alto il prezzo che come esseri umani dobbiamo pagare alla nostra innata aggressività, che se cieca e mal indirizzata, non ci aiuta a sopravvivere come dovrebbe, ma ci conduce e condanna all’infelicità reciproca e ad un’opprimente percezione di una desolata solitudine e separatività? Come poter contrastare dunque con la mitezza questa situazione? Nella mia esperienza lavorativa, come medico, ho svolto la mia attività per oltre 15 anni sistematicamente e precedentemente saltuariamente curando le sofferenze di pazienti in stato di detenzione.

Ebbene, la mitezza, stato d’animo che anche per me è difficile da ricreare fuori da un rapporto terapeutico, si traduce nella capacità di contenere l’aggressività, nell’arte di gestire i conflitti, nella forza di reprimere l’ira, nella capacità di “accogliere” l’altro.

Bene fratelli e Compagni, se riusciremo, o perlomeno ci sforzeremo quotidianamente, nei nostri rapporti interumani, per certo più agevoli rispetto a quelli che vi ho appena descritti, di gestire la nostra aggressività sviluppando la nostra capacità di accoglienza e di dominio delle nostre passioni, riusciremo sicuramente a sviluppare quegli ideali di mitezza, che non son certo accondiscendenza al mal agire altrui, ma ideali per vivere i quali oggi ci siamo qui riuniti.

Buona giornata a tutti. Fr.: e Compagni (Tommaso C.)