venerdì 22 dicembre 2017

Il solstizio alchemico

di Andrea Angelelli




I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce. È una bella frase di un Padre della Chiesa, che riduce all’essenziale un insegnamento più complesso e suggerisce all’uomo di conservare sempre, nei processi conoscitivi, l’atteggiamento sorpreso del bambino, che per imparare si pone davanti alle cose, taccandole, con immediatezza, aggrappandovisi, buttandole giù per terra per conoscerle,per esplorare il loro rapporto con lo spazio circostante.
Con questo atteggiamento tratterò il tema prescelto per celebrare il Solstizio d’Inverno, ossia la cerimonia che, come abbiamo detto tante volte, è per Noi Massoni la Festa dell’Attesa, della Stazione del Sole, il preludio alla Speranza di Nuova Luce, il Varco nelle Viscere della Terra presidiato da Giano Bifronte e dal suo terzo viso.
Vi parlerò di una celebrazione che si connota come istante pieno di interrogativi, attimo di stasi, di regresso, soluzione di continuità che si risolve, sempre in maniera energica, con l’incessante ripresa del cammino ascensionale del Sole.
Vi parlerò, qundi, del Solstizio di Inverno, momento di profonda riflessione, di morte apparente, repentinamente interrotto dalla rinascita, ricollegando la festa solstiziale a concetti dell’Alchimia, o meglio ad alcuni concetti del mare immenso di conoscenze che è chamato Arte Regia o Magia Trasmutatoria.
E quindi affronterò il tema difficile, incerto, misterioso, ma allo stesso tempo incantevole dell’Alchimia, trattandolo, con l’animo curioso ed ingenuo del bambino, assecondando solo le mie intuizioni, le mie inclinazioni - come ritengo che, ciascuno di Noi, debba fare al cospetto di un tema così vasto ed impegnativo – senza indugiare in intenti didascalici, soddisfacendo, quindi, solo il mio bisogno di Conoscenza.
Vi parlerò, con ingenuo stupore, di un universo di conoscenza che, come è stato detto più volte, impegna ogni Iniziato in una sorta di comunicazione solitaria con i smboli, con gli archetipi, secondo molteplici vie possibili che si allacciano sia alle diverse forme dell’Alchimia sia alla disponibilità emotiva e inconscia di ognuno di Voi.
È stato detto che l’alchimista, specie se principiante, è sottoposto incessantemnete ad una sorta di feedback, diventando un uomo che comunica con sé stesso, facendo in modo che tutte le sue opere ed azioni, “tutto ciò che è a lui esterno ma che lo comprende faccia o debba far parte anche del suo interno”.
Il primo aiuto che è offerto da un sistema immediato, infantile di rappresentazione è la semplificazione; la semplificazione comunicativa mi consentirà di non trattare la parte materiale dell’Alchimia, quella più complessa e misteriosa, di non elencare le infinite declinazioni dell’Arte Regale, le diverse forme della stessa a secondo delle aree geografiche in cui essa è nata ed ha avuto particolari evoluzioni ed elaborazioni; in questa maniera, mi sarà  consentito parlare dell’Alchimia come disciplina spirituale unitaria, le cui applicazioni mirano, soprattutto, ad illustrare il perfezionamento interiore di ogni iniziato.
Ma aldilà di questa facilitazione comunicativa, di cui mi stasera servirò per celebrare il Solstizio, ritengo invece che sia essenziale ed estremamente formativo leggere e studiare i testi di Alchimia, avendo per la Massoneria tale manifestazione della Conoscenza la stessa valenza esoterica ad esempio della Kabala. È indubbio, infatti, che ognuno di Noi avvicinandosi all’Alchimia materiale, riuscendo a distinguere le essenziali definizioni di via umida, via secca, via intermedia, apprendendo le diversità tra conformazione binaria, ternaria, quaternaria, riuscendo a distinguere i processi di distillazione di un corpo sino alla “perfetta quintessenza”, potrà acquisire immense conoscenze esoteriche, perché riuscirà a provare su sé stesso gli stati d’animo che l’Alchimista vive nei frangenti di trasformazione della materia, ossia gli stati di animo coincidenti nell’Alchimia spirituale con i processi (che Jung definiva) di individuazione del Sé.
Ossia con i processi che preludono, per coloro che riusciranno a praticare l’Arte Regia, la Magia Trasmutatoria, al Compimento dell’Opera (l’agognato rinvenimento della Pietra Filosofale, la produzione dell’Elisir di lunga vita), vale a dire di ciò che, nel campo dell’Alchimia spirituale, è costituito dal conseguimento di una visione globale della realtà, del mondo dell'esperienza, della vita, della storia.
Al contempo, l’assimilazione dell’Alchimia operativa consentirà di verificare come il progresso in ogni cammino di conoscenza sia facilitato in maniera proporzionale, non solo dall’esperienza, ma anche, soprattutto, dalla capacità di fare esperienza, dalle qualità, dai talenti che ogni singolo Viandante possiede.
È infatti, passaggio indispensabile del processo di conoscenza alchemica la capacità di raccoglimento, ad esempio attraverso la preghiera solipsistica o le tecniche di meditazione, tanto che l’antro dell’Alchimista è costituito da due ambienti: il primo dei quali è rappresentato dall’Oratorium, all’interno del quale l’Alchimista studia, approfondisce e poi, da solo, prega.
Tale primo ambiente, destinato allo studio, alla meditazione, alla preghiera, è posto in collegamento, attraverso una porta invisibile, (che solo l’Alchimista può, deve oltrepassare) con l’altro spazio: il Laboratorium, ambiente, questo, deputato alla creazione, dove l’Alchimista è chiamato a completare l’azione interrotta della Natura, compiendo una sorta di missione escatologia, orientata verso il riscatto della Natura, il dominio del Tempo e, quindi, il perfezionamento dell’Opera di Dio.
Uscendo dall’antro, l’Alchimista dovrà portare all’esterno ciò che ha creato nel Laboratorium; è questo, ovviamente, il momento più difficile…
Questa ricostruzione, basata su necessarie semplificazioni e su ingenue intuizioni, serve a restituire la perfetta ripetibilità del metodo alchemico nel percorso del Massone, dimostrando come i due percorsi si intersecano tra loro non solo quando l’acrostico V.I.T.R.I.O.L., presente all’interno del gabinetto di riflessione, si pone con veemenza davanti all’attonito, ma coraggioso sguardo del recipiendiario.
Ed è proprio questo che, in maniera fugace (sperando che tali temi vengano approfonditi in altri lavori) rappresenta il punto di partenza e l’approdo per la celebrazione di questi giorni.
Sappiamo bene, come l’ammonimento VITRIOL, che campeggia  all’interno del Gabinetto di Riflessione sia l’inquietante alternarsi tra la responsabilità che ognuno di noi assume nell’intraprendere il cammino iniziatico, rendendosi pietra da scolpire, indagando senza remore, con lealtà all’interno di Sé stesso e l’anelito alla riconquista della primigenia divinità, il ricongiungimento con l’altra metà di Noi stessi.
Nessuna rassicurante aiuola su questo difficile crocevia ci pone in posizione di sicurezza, esentandoci dall’impegnarlo, di renderci testimoni diretti negli indispensabili, dolorosi e ciclici passaggi della Morte (artificiale, simbolica, mai intesa solo come negazione di vita), della Putrefazione, della Resurrezione. Questa infinita teoria, questo incessante cammino può esssere scandito nella sua infinita reiterazione della fase iniziale da una pratica alchemica, alla quale il Massone è chiamato ad obbedire,  quella compendiata nell’imperativo del SOLVE ET COAGULA.
Il primo processo di trasformazione alchemica si basa su questa regola: DISSOLVI E RIUNISCI, che impone la distruzione come prima tappa del cambiamento, alla quale fa seguito il disfacimento della forma della materia (vale dire del Sale), per liberarla da tutte le impurità, fino a ridurla alla materia prima che l’aveva generata, ed essere poi ricostruita in altra e più pregiata (distillata) forma.
Questa prima fase dell’Opera prende il nome di NIGREDO, o di Opera al Nero, ed è, appunto, la fase della distruzione, della disgregazione.
Si tratta dei frangenti in cui, l’Alchinista pone la materia grezza in un crogiuolo per farla cuocere, lentamente, nel forno alchemico chiamato Athanor.
Questa fase di lenta trasformazione si riflette nello stesso agente e corrisponde al primo passaggio del processo di individuazione; il Solve opera incessantemnete anche a livello interiore, negli spazi più reconditi dell’animo, laddove la liberazione dalle impurità rappresenta il primo passaggio del processo di individuazione, preordinato alla indispensabile distruzione dell’EGO.
Non è forse il crogiolo quella preghiera solitaria, cui ho accennato sopra? non è questa raffigurazione materiale la rappresentazione della fase della meditazione che deve essere praticata per favorire l’individuazione, la cosidetta disgregazione dell’EGO? Mentre il fuoco nell’Athanor non è forse la scelta di cambiare e l’Amore profuso per andare alla ricerca del nostro vero Sé, non è forse l’anelito, l’imprinting che ci apre l’unica strada da percorrere, quella che ci porta a ricongiungerci con la metà di noi stessi, con la nostra Deità.
L’Alchimista compie la propria opera in silenzio, in perfetto equilibrio, nella pace delle sue preghiere e delle sue meditazioni, senza mai vaneggiare di poter dominare la Natura facendo leva sulle conoscenze acquisite, impegnandosi sempre ed ogni volta a distruggere, a dissolvere a  riprodurre infinte volte ogni singola fase dell’Opera, nell’intima e profonda convinzione che non è risultato che lo gratificherà (egli non vuole l’Oro per sé) , ma solo prendendosi cura della dedizione e dell’impegno profusi, che lo renderanno un artefice perfetto, un Uomo migliore.
Tutto questo trova perfetta simmetria nella celebrazione solstiziale di inverno; che, in termini esoterici, è il momento della pausa, della riflessione, della meditazione, della discesa consapevole, coraggiosa nelle viscere della terra prima che all’iniziato, destinato a raggiungere le alte vette, qual è la vetta del Capricorno, che è il segno in cui il Sole entra nell’attuale fase solstiziale, di elevarsi e di riprendere, con consapevolezza, il viaggio nel labirinto della sua interiorità.
Tutto questo avviene (ed avverrà sempre) incessantemente, con cadenza ciclica, senza che nessuno di Noi possa dubitare sulla proficua reiterazione della Nigredo, sulla sua ineludibilità, in quanto prima indispensabile operazione dell’incessante cammino di perfezionamento.
Tutto ciò sino a quando la putrefazione non sara l’inizio del massimo stadio di purificazione, avendo il Fuoco Sacro distillato la materia da tutte le sue impurità; solo allora la Nigredo non sarà più utilmente praticabile; …allora il Nostro Cammino ci avrà portato al cospetto dell’Ultimo velo.