martedì 27 gennaio 2009

LA PERSECUZIONE MASSONICA


L'antimassoneria di stampo fascista in Italia fu il risultato della convergenza di due posizioni diverse: l'antimassonismo mussoliniano, già presente nella corrente massimalista del Partito Socialista, e l'antimassonismo nazionalista. Il Partito nazionalista fin dalle sue origini pose alla base della sua azione politica la lotta alla Massoneria. Nel primo congresso del Partito la proposta d'incompatibilità tra Massoneria e Nazionalismo venne approvata per acclamazione. Attraverso la rivista "L'Idea Nazionale", nel 1912 venne condotta una sistematica campagna di diffamazione contro le obbedienze massoniche allora esistenti in Italia.

Partendo da questi presupposti, non stupisce che Mussolini, nel 1923, facesse dichiarare dal Gran Consiglio l'incompatibilità tra Partito nazionale fascista e Massoneria. Da quel momento si scatenò la violenza contro i massoni e i loro templi. Il giornale "Cremona Nuova", organo di stampa di Farinacci, sollecitò lo Stato a entrare in possesso dei nomi dei massoni per "fucilarli in massa, come traditori della patria" 1 e a Firenze il Direttorio del Fascio pubblicò un manifesto in cui si proclamava: "Da oggi in poi, né i massoni né la Massoneria devono rimanere anche un solo attimo liberi dalla persecuzione. La distruzione delle Logge è diventata una farsa. Si devono annientare, senza misericordia, i massoni, i loro beni, i loro interessi. Essi devono venir cacciati via dai pubblici impieghi... Nessuno deve restare escluso. Bravi cittadini devono schivare ogni massone. Sotto il peso della nostra forza, essi devono venir isolati, come lebbrosi; noi dichiariamo guerra a questa associazione di codardi e vogliamo fare il nostro dovere, liberare finalmente l'Italia da questi acerrimi nemici". Clikka quì per leggere tutto l'articolo