di Luca Delli Santi
La vibrazione della Tzadek è connessa con la capacità trasmutatoria, è quella forza che nell’Atanor dell’alchimista consente di separare lo spesso dal sottile, di liberare lo spirito prigioniero nella materia, è il simbolo dello stato che precede la sublimazione. La trasformazione governata da questa lettera sul piano umano può avvenire in modi diversi: può essere il superamento della vita passando attraverso la morte con la conseguente elevazione ad un superiore livello spirituale, o, preferibilmente, in questa vita consiste in una concatenazione di atti ed intenzioni che permettono il raggiungimento di una consapevolezza che si espande al di là della dimensione individuale. La forza sprigionata da Tzadek coinvolge gruppi di persone, è una luce che diventa punto di riferimento, stella polare per coloro che abbiano la capacità di coglierla.
Il sefer ha Bahir, il libro dell’illuminazione, insegna che la Tzadek è la lettera dello Tzadiq, il giusto. L’archetipo biblico che più si attaglia a questa figura è il patriarca Giuseppe, venduto come schiavo dai fratelli seppe, grazie alla sua sapienza esoterica (era capace di interpretare i sogni), conquistare la fiducia del Faraone divenendo suo consigliere per la gestione delle derrate alimentari, una sorta di superministro dell’economia. Giuseppe, oltre ad essere un profondo conoscitore sia dell’arte esoterica che del sapere essoterico del suo tempo, aveva un perfetto controllo della propria energia sessuale, come dimostra la vicenda della “tentazione” della moglie del faraone. L’episodio non va letto in alcun modo in una chiave moralistica, il declinare l’offerta della donna è funzionale alla conservazione dell’energia sessuale, prezioso potere, veicolo che permette di raggiungere superiori stati dell’essere che non va sprecato in fugace piacere momentaneo. In proverbi del resto è scritto: “ Tzadiq yesod olam”, il giusto è il fondamento del mondo, yesod è la sephira del fondamento connessa con l’energia sessuale e con la prerogativa di trasmettere l’iniziazione.
Questa lettera è simbolo di rettitudine ed umiltà, è la forza che sorregge chi è animato da buoni propositi, l’energia che alimenta l’iniziato nella propria ricerca del frammento di verità che gli appartiene, in una dimensione collettiva è la giustizia di Dio verso il suo popolo, quella addolcita dalla Chesed, dalla grazia, che porta con se il dono della Conoscenza. È connessa con il divino femminile, il divino celato nell’immanenza della creazione.
La forma della lettera è delineata da una Nun ricurva, che si ricollega alla qualità dell’umiltà, sovrastata da una Yod, simbolo della consapevolezza che discende dai mondi superiori; un’altra interpretazione cabalistica propone nella Nun un’allusione all’Arca dell’Alleanza e nella Yod un’allusione a Giuseppe il giusto che è degno di connettersi con i segreti che essa custodisce. La Tzadek è il simbolo del Massone dell’Arco Reale, che ha completato il suo cammino nel deserto, ha incontrato la potenza vivificante del cosmo espressa dalla Shin ed è pronto ad apprendere i più sublimi insegnamenti che l’Arte Reale possa offrire ed a trasmetterli, con umiltà, ai suoi fratelli della Corporazione.
La ghematria di questa lettera è 90 come domen, silenzioso, la condizione indispensabile per ogni lavoro iniziatico, la creazione di quello spazio sacro interiore che consente di raccogliere tutte le proprie forze, eliminando ciò che è superfluo, orientandosi verso lo Spirto nella sua forma più pura, quel centro da cui provengono le nostre emozioni più nobili e le nostre facoltà intellettuali più elevate.
Novanta è anche la ghematria della parola maim, acqua elemento dai molteplici significati, nella dimensione più bassa è il turbine degli istinti meno nobili che spingono alla soddisfazione dei bisogni primari, il caos informe delle pulsioni che si addensano nell’inconscio, ma a livello elevato è la potenza creatrice divina, la sapienza della Torah è acqua, superna coscienza divina che pervade il creato. L’acqua è l’elemento della purificazione e della trasformazione, il mabùl, il diluvio è scomposizione e riaggregazione, la potenza del solve et coagula, la forza vitale del cosmo da cui siamo partiti. La Tzadek è disgregazione e ricomposizione, ma soprattutto unità fra alto e basso.
Novanta è anche il re, il melek il perfetto iniziato che domina le sue passioni inferiori sublimandole in energia che alimenta il suo veicolo, il corpo sottile che si proietta verso i mondi superiori, o meglio verso i mondi interiori. In una dimensione collettiva la prerogativa regale è la coesione nella pluralità, la capacità di una comunità di essere protesa verso i più nobili fini dell’essere umano, non a caso 90 è anche il valore della colonna del tempio di Salomone Jakin, che letteralmente significa stabilità ed i cui valori, che fanno riferimento alla solidarietà universale, ben si incardinano nell’Istituzione della Libera Muratoria.