mercoledì 11 marzo 2020

Pensare a ritroso. Riflessioni da «L'uomo eterno» di Gilbert K. Chesterton



Gilbert K. Chesterton propose un rovesciamento hegeliano a proposito del rapporto tra uomo e animali. Ce ne parla Slavoj Zizek, nel suo recente Meno di niente: invece di chiederci cosa sono gli animali per gli uomini, dovremmo chiederci cosa è l'uomo per gli animali. Nel suo L'uomo eterno, Chesterton effettua un esperimento mentale, immaginando il mostro che l'uomo primitivo potrebbe essere sembrato, a prima vista, agli animali puramente naturali che lo circondavano:

«La più semplice verità sull'uomo, è che egli è un essere veramente strano; strano, quasi, nel senso che è straniero a questa terra. In breve, egli ha più l'aspetto esterno d'uno che venga con altre abitudini da un altro mondo che di uno cresciuto su questo. Ha vantaggi e svantaggi sproporzionati. Non può dormire nella sua pelle; non può affidarsi ai propri istinti. È, insieme, un creatore miracoloso che muove mani e dita, e una specie di mutilato. È avvolto in bende artificiali che si chiamano vestiti; si appoggia a sostegni artificiali che si chiamano mobili. Il suo spirito ha le stesse malcerte libertà e le stesse bizzarre limitazioni. Solo, fra tutti gli animali, è scosso dalla benefica follia del riso; quasi egli avesse afferrato qualche segreto di una più vera forma dell'universo e lo volesse celare all'universo stesso. Solo tra gli animali sente il bisogno di staccare i suoi pensieri dalle profonde realtà del suo essere corporeo; di nasconderli talora come in presenza di più alte possibilità che gli creano il mistero del pudore. Sia che esaltiamo queste cose come naturali all'uomo, sia che le disprezziamo come artificiali e contro natura, esse rimangono nondimeno uniche».

«Chesterton», scrive Zizek, «definisce questo modo di procedere "pensare a ritroso": dobbiamo riportarci al passato, prima che fossero prese le decisioni fatali o prima che gli accidenti accaduti generassero lo stato di cose che ora ci sembra normale, e il modo migliore per farlo, per rendere palpabile questo momento aperto di decisione, è immaginare come, a quel punto, la storia avrebbe potuto prendere una direzione diversa. Riguardo alla Cristianità, invece di perdere tempo a indagare le sue relazioni con il giudaismo - come essa abbia frainteso il Vecchio Testamento ravvisando in esso l'annuncio dell'arrivo di Cristo cercando poi di ricostruire come erano gli ebrei prima della Cristianità, non toccati dalla prospettiva retroattiva cristiana, si dovrebbe piuttosto capovolgere la visuale ed 'estraniare' la stessa Cristianità, trattarla come Cristianità in di-venire, focalizzando l'attenzione su quale strana bestia, quale scandalosa mostruosità, Cristo deve essere apparso agli occhi dell'establishment ideologico-ebraico.