lunedì 25 giugno 2018

I liberi muratori che vogliono costruire il "partito dello Stato". Su Il Giornale l'intervista ad Aldo Alessandro Mola



Nessuno prende a calci un cane morto, secondo la celebre massima del filosofo Dale Carnegie: dunque la massoneria italiana ha di che consolarsi. Perché di botte ne riceve parecchie e non si può negare che sia viva; quanto al futuro, nel segno dell'alleanza fra Lega e Movimento 5 Stelle, ne parla Aldo Mola, studioso principe della materia (la sua Storia della Massoneria italiana dal 1717 al 2018. Tre secoli di un Ordine iniziatico esce ora da Bompiani, pagg. 832, euro 23).

La tesi principale è che la libera muratoria aspirò, ma non riuscì mai, a essere il «partito dello Stato»: fece politica, tradendo lo spirito iniziale che proibiva persino di parlarne nelle logge, senza in realtà conoscerne la grammatica. E lo stesso vale per la religione: l'ispirazione cristiana non confessionale, aperta al pensiero classico e illuminista, sensibile a suggestioni spiritualistiche e mistiche di varia provenienza, degenerò troppo spesso in anticlericalismo feroce (tipo quello del Messico al tempo dei Cristeros) o in banale occultismo più o meno magico (prestando il fianco alle accuse di settarismo, spiritismo, promiscuità sessuale e altre fantasie). E il «partito dello Stato», cioè il cuore della tolleranza laica, risorgimentale e fedele alla Costituzione, di cui avrebbe dovuto essere custode? Il guaio - secondo Mola - è che oggi non esiste: «Così, siamo come siamo... i massoni nei pasticci, e uno Stato che non se la passa benissimo».

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