lunedì 18 settembre 2017

I cavalieri teutonici

di Jacopo Mordenti

I cavalieri teutonici

Sviluppatisi nel basso medioevo sulla scia di Templari e Ospedalieri, furono fra i massimi protagonisti dello scacchiere dell’Europa nordorientale.

È il 15 luglio 1410. Nei pressi del villaggio di Tannenberg, nell'odierna Polonia, si profila una battaglia in grado di ridisegnare la geopolitica dell'Europa nordorientale. Da un lato le milizie del re di Polonia Ladislao II e quelle del granduca di Lituania Vitoldo che, congiuntesi sulla Vistola due settimane prima, hanno marciato verso nord fino a penetrare in Prussia e colpire Lautenburg e Gilgenburg. Dall'altro lato, a sbarrare la strada verso ulteriori incursioni contro le roccaforti prussiane, l'esercito di uno fra i più noti ordini monastico-militari: l'ordine dei cavalieri teutonici.


Dalla Terrasanta al Baltico

Nato ad Acri sullo scorcio del XII secolo, l’Ordine dei Fratelli della Casa Ospedaliera di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme era stato approvato da papa Celestino III quale ordine assistenziale, nel 1191; si era andato trasformando in ordine militare solo qualche anno più tardi, incassando nel 1199 la conferma di papa Innocenzo III. Equiparati a templari e ospedalieri da papa Onorio III nel 1221, i teutonici si distinguevano da essi per un’esplicita – ma a ben vedere non vincolante - connotazione nazionalistica, che faceva sì che la maggior parte di essi fosse di origine tedesca: da qui il supporto – in termini di uomini e mezzi – accordato loro perlopiù nell'alveo del Sacro Romano Impero; da qui, inoltre, il particolare favore loro concesso da alcuni imperatori, come ad esempio da quel Federico II che proprio nel quarto gran maestro teutonico, Ermanno von Salza, ebbe uno dei più fidati consiglieri.
Pure impegnati nella difesa dell’Oriente latino, i teutonici avevano trovato impiego anche in Europa già nel 1211, quando il re di Ungheria Andrea II aveva ottenuto il loro intervento in Transilvania contro i nomadi pagani Cumani: nel 1225 i loro brillanti risultati in termini di ripopolamento e presidio del territorio erano stati tuttavia frustrati dalla loro espulsione dal regno. Le cose andarono decisamente meglio in Prussia – a partire dall'area di Chelmno – dove fin dal 1226 il duca di Masovia aveva auspicato l'intervento dei teutonici per rintuzzare la minaccia delle tribù pagane: ottenute ampie concessioni sui territori di conquista – e opportune garanzie ducali, papali e imperiali su come tali concessioni non sarebbero state ritrattate – a partire dagli anni Trenta l'ordine si prestò a fungere da forza di occupazione nell'economia di un più ampio fronte crociato che, campagna dopo campagna, avanzò rapidamente verso est e verso nord a colpi di occupazioni e conversioni forzate. Dalla fine degli anni Cinquanta, tuttavia, complici l'assottigliamento delle milizie crociate e la resistenza di alcune popolazioni – come i Sudoviani, sovente spalleggiati dai più distanti Lituani – la guerra condotta dai teutonici iniziò ad assomigliare a una guerriglia fatta di razzie e sortite – le reisen – quando inflitte, quando subite: l'ordine ne uscì vincitore solo nel 1283.
Nel corso degli stessi decenni, peraltro, i teutonici si erano adoperati anche in un secondo fronte baltico: quello della Livonia. Nel 1237 avevano assorbito quanto restava dei cavalieri Portaspada, un ordine militare nato qualche anno prima nell'orbita dell'arcivescovato di Riga che, fra contrasti politici e scarsi mezzi a disposizione, non era riuscito a consolidarsi. L'ordine teutonico prese parte al fronte crociato intento a misurarsi via via con Samogizi e Lituani, nonché con le milizie della ortodossa Novgorod: fu nell'economia degli scontri con queste ultime che, nel 1242, si consumò la battaglia del lago Peipus che vide i teutonici e gli altri crociati – pure meglio equipaggiati – cedere alla superiorità numerica dell'esercito del principe Alexander Nevsky. Tale sconfitta, se pure interruppe sul momento lo slancio cattolico verso est, ebbe una portata modesta, e non impedì ai crociati del nord – beninteso al netto dei contrasti fra loro: si pensi ad esempio ai turbolenti rapporti fra i teutonici, l'arcivescovo e i cittadini di Riga – di conseguire nei decenni successivi risultati quando più effimeri, quando più duraturi, nei confronti dei pagani


Il Trecento

Fu nel Trecento che, nel complesso, l'ordine teutonico raggiunse l'apogeo della sua potenza: titolare di quello che era via via diventato un ampio stato sovrano, continuò a propugnare con i propri metodi l'assoggettamento e la cristianizzazione dei pagani prossimi alla propria orbita, come in primo luogo i Samogizi. Peraltro, i teutonici poterono contare sul supporto di un numero di crociati da occidente superiore rispetto a qualche decennio prima, numero che si sarebbe contratto solo sullo scorcio del secolo con la percezione del pericolo turco nei Balcani.
Fu al contempo nello stesso Trecento che si delinearono le due principali potenze avverse all'ordine teutonico: il Granducato di Lituania e il Regno di Polonia. Il primo, convintamente pagano almeno fino agli anni Ottanta del secolo, già nel Duecento aveva ripetutamente fatto da sponda alle popolazioni baltiche in affanno contro i teutonici. Nel corso del Trecento aveva più volte dato luogo ad azioni di disturbo in Prussia e in Livonia, muovendo peraltro da una posizione di forza accresciuta dal sostegno dato ai russi di Kiev contro i tartari. Negli anni Ottanta aveva visto imporsi quale granduca Jogaila, che nel 1386 aveva accettato il battesimo in funzione del matrimonio con l'erede polacca Edvige d'Angiò: assunto il nome di Ladislao II, egli era dunque divenuto anche re di Polonia.
E appunto con la Polonia gli attriti dell'ordine teutonico risalivano quanto meno al 1308, quando i confratelli erano intervenuti a favore del principe Ladislao a Danzica e in Pomerelia, dove avevano sconfitto le truppe di occupazione del Brandeburgo: stante il mancato raggiungimento di un accordo su un'indennità a proprio favore, l'ordine aveva tenuto per sé la regione e la città. Negli anni, a questa andarono a sommarsi altre contese territoriali, alimentando un climabattaglia d di ostilità – costellato di inconcludenti inchieste pontificie e di più concrete battaglie, come quella di Plowce del 1331 che vide l'ordine sconfitto – che di fatto sottrasse a sudovest risorse altrimenti spendibili a nordest.
Già occasionalmente in collaborazione fra loro nel corso del Trecento, nei primi anni del Quattrocento polacchi e lituani unirono le proprie forze per colpire congiuntamente l'ordine teutonico nel cuore dei suoi domini. Non si trattò di un'alleanza scontata: la Polonia, esposta nei confronti dell'Ungheria, non poteva che mobilitarsi con cautela; la Lituania, a sua volta, riemergeva dopo anni di conflitti intestini – conflitti nei quali avevano tentato di incunearsi gli stessi teutonici – e si era potuta dire pacificata solo una volta che Ladislao, dalla Polonia, aveva di fatto ceduto il potere al suo riottoso cugino Vitoldo. Il casus belli fu rappresentato nel 1409 da una rivolta anti-teutonica in Samogizia, che l’ordine si erano illuso di avere definitivamente piegato appena pochi anni prima: dietro tale recrudescenza del conflitto venne intravisto un attacco indiretto di Polonia e Lituania. La contingenza internazionale impedì di disinnescare il clima prima che esso degenerasse, e nella prima estate del 1410 Ladislao e Vitoldo passarono all'azione con i rispettivi eserciti, dispiegandoli in marcia contro Marienburg.

Tannemberg

Da Tannenberg alla secolarizzazione

La battaglia di Tannenberg si direbbe aver preso le mosse all'insegna della sicurezza di sé dei cavalieri teutonici. L'esercito polacco-lituano in marcia – corroborato fra gli altri da contingenti boemi, russi e tartari fino a sfiorare, a detta dei contemporanei, le 40 mila unità – si era acquartierato nella notte fra il 14 e il 15 luglio senza rendersi conto della prossimità dell'esercito nemico: il mattino seguente, ripresa la marcia, si era dunque trovato impreparato all'imminente battaglia. Il gran maestro dell'ordine teutonico Ulrico von Jungingen, al comando di un'armata che fra confratelli, milizie cittadine e mercenari contava oltre 20 mila uomini già schierati sul campo, decise tuttavia di non mettere a frutto tale vantaggio, dando esplicitamente modo a polacchi e lituani di schierarsi a loro volta per la battaglia.
Stabilire quanto la dinamica dello scontro abbia risposto a una lucida tattica delle parti è arduo: è plausibile che il fallimento dell’assalto della cavalleria leggera lituana, e la sua conseguente rotta, abbia indotto l’ordine a contrattaccare fino a spingersi in profondità fra le linee nemiche. La manovra, che sulle prime dovette sembrare vincente, provocò però l’allentamento dei ranghi dei teutonici, che non furono più in grado di compattarsi efficacemente allorquando alla resistenza dei polacchi si andò a combinare, come in una morsa, la pressione dei lituani nel frattempo rientrati nel campo di battaglia. Sotto i colpi dei nemici – su tutti, quelli della cavalleria pesante polacca – l’esercito dell’ordine non poté che ripiegare alla meglio, per poi vedersi costretto a fronteggiare anche l’insubordinazione dei propri ausiliari assegnati alle salmerie. Impossibilitati ad allestire un cerchio di carri dietro cui trincerarsi, i teutonici rimasero esposti all’attacco del nemico: la battaglia si risolse così in una strage, il cui bilanciò annoverò la morte del gran maestro e l’azzeramento del comando prussiano dell’ordine.
A un passo dall'annientamento, i teutonici riuscirono a scongiurare la caduta del loro quartier generale a Marienburg grazie all'intervento del futuro gran maestro Enrico von Plauen, che – rientrato tempestivamente dalla Samogizia alla testa di 2 o 3 mila unità – ne rafforzò le difese quel tanto che bastò a polacchi e lituani per giudicare opportuno, dopo meno di due mesi di assedio, tornare a marciare verso sud. Pure scampato al peggio, con il trattato di Torun del 1411 l'ordine teutonico dovette rinunciare alla Samogizia e farsi carico di un'ingente indennità di guerra; nei decenni successivi non riuscì ad avere ragione delle ripetuti pressioni militari e politiche esercitate dalla Polonia – significativo, in questo senso, lo scontro intellettuale che si ebbe nel corso del Concilio di Costanza fra il 1414 e il 1418 – e anzi finì per incontrare non poche difficoltà anche all’interno dei propri domini prussiani. Sconfitti nella Guerra dei tredici anni (1454 – 1466) da una confederazione di alcune città prussiane  (fra cui Danzica, Chelmno, Torun, ecc. ecc.) supportate dal regno di Polonia, con il secondo trattato di Torun i teutonici videro ridursi di molto i propri domini; la loro indipendenza venne inoltre subordinata al giuramento di fedeltà del gran maestro al re polacco.
Nel 1525 il trentasettesimo gran maestro Alberto di Brandeburgo si convertì al luteranesimo e secolarizzò i domini prussiani dei teutonici in un ducato personale. In Livonia, dove peraltro già sullo scorcio del XV secolo era apparsa evidente l'insostenibilità della pressione esercitata dai russi, la secolarizzazione ebbe luogo nel 1562 ad opera di Gottardo Kettler, che creò il ducato di Curlandia e Semgallia e lo legò quale vassallo al granducato di Lituania. L'ordine teutonico sopravvisse nella sola Germania, finendo per legarsi agli Asburgo.


I teutonici in Terrasanta

Ancora per larga parte del XIII secolo fu l’Oriente latino, non l’area baltica, il teatro d’azione preferenziale dei cavalieri teutonici: il loro quartier generale era il castello di Montfort, al confine fra gli odierni Israele e Libano, acquistato nel 1220 e perduto nel 1271. Dopo la perdita di Acri nel 1291 il centro decisionale venne spostato a Venezia, e da lì – nel 1309 – a Marienburg, in Prussia.


Il funzionamento dell’ordine

La regola teutonica traeva spunto dalle norme e dalle esperienze dei templari e degli ospedalieri, e nel suo pragmatismo scandì l’esistenza di un ordine noto per disciplina militare e efficienza amministrativa. Al pari del Tempio e dell’Ospedale, l’ordine teutonico distingueva i suoi membri in cavalieri, sergenti e semplici inservienti, perlopiù in base alla rispettiva estrazione sociale.

Una scena del film di Eisenstein


Immaginario e propaganda

Filtrati nell'immaginario politico dei paesi entrati nella loro orbita, i teutonici sono occasionalmente diventati oggetto di distorsioni: ad esempio nel film Alexander Nevsky, diretto nel 1938 dal celebre regista Sergei Eisenstein, la narrazione dello scontro tra l'ordine e le milizie di Novgorod risponde smaccatamente alla propaganda sovietica contro la Germania nazista.


Cronologia

1199: l'ordine teutonico, il cui nome completo rimandava a una presunta struttura ospedaliera sorta a Gerusalemme un secolo prima, costituita da e per tedeschi, da assistenziale diviene militare.
1230: con il trattato di Kruschwitz il duca di Masovia dona ai teutonici Chelmno e gli altri territori prussiani che essi riusciranno a conquistare. L'ordine mette radici nell'Europa nordorientale.
1291: l'Oriente Latino è perduto. I teutonici spostano il proprio quartier generale prima a Venezia, poi a Marienburg, per concentrarsi su Prussia e Livonia. Il Trecento sarà il loro secolo d'oro.
1410: i teutonici vengono sconfitti da polacchi e lituani a Tannenberg. Incapaci di far fronte ai nemici esterni e interni, nel 1466 vedranno ridursi drasticamente i propri domini prussiani.
1525: il trentasettesimo gran maestro secolarizza i domini prussiani dell'ordine in un ducato personale. Nel 1562 il suo esempio sarà seguito dal maestro livone.

Il castello a Malbork

Marienburg

Il castello di Marienburg (intorno al quale sorse nel tempo quella che oggi è la città di  Malbork, nell’odierna Polonia) divenne il quartier generale dell’ordine teutonico nel 1309.
La fortezza – il cui nome rimanda al culto teutonico della Vergine - può essere ritenuta paradigmatica della tecnica di incastellamento dell’ordine, giacché – complici gli ampliamenti di cui fu oggetto a partire dal 1320 – declinò su ampia scala alcuni punti ricorrenti della politica insediativa dei teutonici in Prussia e in Livonia. Si affaccia su un corso d’acqua (il fiume Nogat, un effluente della Vistola), così da facilitare il transito di uomini e merci da e per essa: una caratteristica tutt’altro che secondaria, se messa in relazione con l’impenetrabilità tipica di ampi territori baltici. La struttura – che ospitava fra gli altri il gran maestro, il gran commendatore e il tesoriere dell'ordine – svolse contemporaneamente le funzioni di monastero, roccaforte militare e centro amministrativo: una polivalenza mutuata da quelle severe fortificazioni di forma quadrata –costruite inizialmente in pietra, poi ove possibile in mattoni – che rappresentarono a lungo il nerbo del presidio teutonico dei propri domini. Al contempo, in fatto di decorazioni Marienburg assistette al suo interno allo sviluppo di un certo gusto per la raffinatezza: le pitture, le mattonelle e gli intarsi della capitale teutonica assursero a modello per le città e le istituzioni nell'orbita dell'ordine.
I teutonici dovettero rinunciare a Marienburg nel 1466, con il secondo trattato di Torun; il quartier generale dei loro domini superstiti divenne allora Königsberg (oggi Kaliningrad).

Questo articolo è tratto da Storica National Geographic n. 86 dell'aprile 2016, e appare qui per gentile concessione dell’editore e dell’autore