mercoledì 14 ottobre 2015

«Nessuna rivelazione particolare è possibile se l'esistenza non è essa stessa strumento di rivelazione»

Salvador Dalì. L'uovo: la potenza della vita nuova

Ci troviamo in quel periodo dell’anno in cui percepiamo distintamente l’accorciarsi delle giornate; memori del sole estivo, che sembrava non volerci salutare mai, ci stupiamo ripetutamente di come il crepuscolo appaia guadagnare terreno, anticipando ogni volta l’appuntamento che lui stesso ci aveva dato il giorno prima. Accade ogni anno, eppure ogni anno ci stupiamo come se fosse la prima volta. Si tratta, a ben guardare, di un dono prezioso: il Cosmo, la Natura stessa, nel darci l’opportunità di provare stupore per qualcosa che comunque accade ogni volta, sembrano volerci ricordare che ciascuno di noi, dentro di sé, possiede un grande strumento, forse proprio la forza motrice della nostra Ricerca.

E le parole di William Temple indirizzano la nostra riflessione proprio su questo strumento: la Vista interiore, il nostro modo di guardare e perciò vivere l’esistenza intera. Ciò che andiamo cercando, ciò che sospinge i nostri passi nel Viaggio dell’evoluzione, è senz’altro la ricerca di una rivelazione, di un qualcosa che ci conduca un po’ più avanti di dove siamo. Ma la rivelazione come strumento di crescita non è qualcosa posto al di fuori di noi: la nostra stessa esistenza è la rivelazione che stiamo cercando, e ogni passo, ogni esperienza, ogni insegnamento non è altro che l’invito a guardare in noi stessi con occhi nuovi e con lo spirito aperto allo stupore. Ogni cosa nella nostra esistenza è fonte di rivelazione, se solo gli prestiamo attenzione. Proprio come il crepuscolo, che siamo abituati a vedere ogni giorno ma di cui sembriamo accorgerci solo in particolari momenti, così ciò che andiamo cercando già si trova davanti a ciascuno di noi, dentro ciascuno di noi.

Ciò che distingue il Viaggiatore del Profondo dal semplice Turista, non sono i luoghi che visita, né i mezzi che utilizza per arrivarci, ma la particolare disposizione d’animo, volta a ritrovare se stesso in ciò che è diverso e il diverso in se stesso. La capacità di osservare ogni cosa spogliandosi di strutture e preconcetti, uscendo dalle gabbie socialmente omologate, la volontà di percepire quell’unicità che, al di sotto delle diverse manifestazioni, esprime la nostra appartenenza, la nostra identità con il Tutto.

Vi salutiamo con l’augurio che ciascuno di voi, in ogni momento di ogni ogni giorno, colga la rivelazione racchiusa in quell’istante, e ne goda con lo stupore infantile del puer aeternus che in una foglia o in una goccia d’acqua è ogni volta nuovamente in grado di ritrovare se stesso e l’intero Universo, ridendo e danzando con esso.

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«La geometria sacra rappresenta una serie di forme – e di conseguenza di numeri rappresentativi – che descrivono archetipicamente l’Universo virtuale. Si tratterebbe, quindi, di quell’insieme di costanti derivanti da simbolismi di natura archetipica, e dunque primordiale, che ognuno di noi avrebbe inconsciamente dentro di sé. Nel corso della storia del pianeta, infatti, tali conoscenze inconsce hanno prodotto una serie di opere d’arte caratterizzate sempre dagli stessi contenuti ideico-simbolici: le stesse misure, le stesse forme, gli stessi movimenti e gli stessi fonemi si ritroverebbero ovunque, e con lo stesso significato archetipico, in tutte le culture del pianeta».

Corrado Malanga, La geometria sacra in Evideon
Ed. Spazio Interiore 2015