venerdì 9 ottobre 2015

L'abbazia di Rambona

di Valentina Marelli



E se vi dicessi che esiste una Abbazia di epoca tardocarolingia quasi perfettamente conservata sperduta nelle campagne Marchigiane?  Allora recatevi lungo la valle del fiume Potenza a pochi chilometri dalla città di Pollenza, guardate verso Ovest e troverete un'antica Abbazia, l'Abbazia di Rambona.

Certo da una parte resterete delusi se vi aspettate che abbia conservato, oltre alla sua struttura anche gli antichi fasti; si perché nel Medioevo Rambona era una potentissima roccaforte Benedettina, il cui dominio si estendeva dalle pendici dei monti Sibillini sino a Pollenza; adesso certo i suoi fasti e la sua potenza sono scomparti, ma quello che ha per fortuna resistito al tempo sono i simboli ed i segni che tramandano un'antica conoscenza.

Allora godetevi nella visita per prima cosa il suo esterno giusto per entrare in contatto con il luogo sacro che è tutt'ora ma sopratutto con quello che fu in passato, osservate i boschi e le montagne tutto intorno, e cercate di tornare indietro nel tempo a quando antichi culti vi venivano praticati, già il nome ce ne dovrebbe dare un indizio.

L'abbazia infatti fu costruita dai Benedettini sull'area che era considerata da antico tempo un luogo sacro, nelle fondamenta dell'abbazia di Rambona si trovano le macerie di quello che fu un santuario pagano e di un'ara dedicata alla Dea Bona, da cui il toponimo di Rambona, corruzione del latino Ara Dea Bona.
Il culto di questa dea della fertilità e della salute, diffuso sopratutto negli ambienti rurali, è avvalorato dalla presenza, nelle immediate vicinanze dell'abbazia, del Rio Acqua Salata e di una fonte di acqua sorgiva le cui acque ritenute benefiche, furono incanalate attraverso un rudimentale impianto di captazione e convogliate in un ambiente ipogeo a pianta quadrata, che ancora oggi esiste sotto la cripta, in una parte che purtroppo non è visibile perché di proprietà privata che dal 1886 è Villa Antonelli-Incalzi.

Sulle sue origini veniamo informati da un dittico d'avorio conservato ai Musei Vaticani, la cui copia è conservata all'interno dell'abbazia; vi si legge che fu costruita per volere della regina longobarda Ageltrude, sull'area di un precedente insediamento.

A questo punto entrate e, se non volete ricevere una ferita al cuore, evitate di vedere la zona superiore perché è stata completamente distrutta al suo interno, entrate direttamente nella cripta, ma entrateci piano per godervi fino in fondo questo gioiellino rimasto immutato dal IX secolo!

Suggestivi sono i capitelli delle colonne presenti nella cripta. Sono tutti diversi l'uno dall'altro ricchi di simboli che richiamano ad insegnamenti del primo cristianesimo, quelli che venivano trasmessi attraverso i simboli del bestiario medioevali e che ci raccontano insegnamenti e valori antichi e mai tramontati. Troviamo il Pellicano, che è un animale che ritroviamo anche nella simbologia massonica, e che rappresenta l'abnegazione,  il Leone che simboleggia la resurrezione del Cristo, simboli di una antica conoscenza che, in passato era quella che aveva il compito di elevare lo spirito dell'uomo.
Visitare Rambona con la conoscenza della sua simbologia è un viaggio dello spirito che ci riporta indietro nel tempo, incredibilmente la sua sacralità non è mutata nel tempo, ed una sosta nella cripta può veramente trasformarsi in quella esperienza che ci avvicina, anche solo per un momento, alla divinità che ognuno di noi possiede dentro di se.