In questi giorni la TV ci ha proposto una fiction, nata per onorare il trentesimo anniversario della morte di papa Paolo VI. Così Raiuno ha voluto rendere omaggio ad un uomo chiamato a guidare la chiesa nella modernità, “il papa nella tempesta”. Questo il titolo del film trasmesso in prima serata, interpretato da Fabrizio Gifuni, emerso ne “La meglio gioventù” e “De Gasperi, l'uomo della speranza”. Nel film la figura di questo papa viene umanizzata, forse per restituire al pubblico televisivo un papa molto contestato per le sue debolezze. Il Film ha anche ricevuto i complimenti dall’attuale papa Benedetto XVI.
Nel film il papa Paolo VI, sostenitore del rinnovamento della Santa Romana Chiesa, appare come una persona dotta, riflessiva, mistica e curiosa e, indubbiamente, nella realtà Paolo VI è stato il pontefice che ha traghettato la Chiesa nella modernità. Fu il primo papa a viaggiare in aereo toccando tutti i continenti. Il primo Papa a tornare nella terra di Gesù. Il primo a riabbracciare il patriarca ortodosso. Il primo papa a parlare alle Nazioni Unite. Un uomo del dialogo insomma e del confronto, tanto che non esito mettersi in gioco per liberare Aldo Moro, a cui era legato da vincoli di amicizia e stima, in quanto era stato un suo studente.
Ma al di là dell’immagine presentata nel film, nella realtà spirituale come era veramente questo papa? E’ di questo che voglio parlare a chi avrà la pazienza di leggermi fino in fondo. Ricordo che non è mai apparso loquace, saccente, che non instaurò mai coi fedeli quel contatto diretto e caldo di cui era stato capace Giovanni XXIII, ma fu di carattere profondamente diverso, maggiormente riflessivo e riservato. Credo che ciò non fu solo dovuto alla sua indole caratteriale, ma anche alla sua intrinseca tendenza all'equidistanza, che inevitabilmente lo portò ad essere poco accetto alle diverse tendenze sociali e culturali.
Montini aveva un'inclinazione, se non un'attitudine, alla mediazione, spesso si ebbe la chiara percezione che egli era un valente temporeggiatore. La sua figura apparve alle opposte fazioni politiche comunque viziata da una sorta di timore della conflittualità e racchiusa in un'altera rarefazione di contatto che impediva lo scontro frontale.
Le testimonianze di coloro che lo conobbero più da vicino, descrivono Paolo VI come un uomo insospettabilmente brillante, profondamente spirituale, umile, riservato e cortese, ma qual’era la misura della sua fede? Quando si parla di lui viene ricordato come uomo di fede e di libertà, perché portò a complimento il Concilio voluto dal suo predecessore, perché offrì al mondo il messaggio della “Populorum Progressio”, “Humanae Vitae” e di altre importanti encicliche: questa è storia e come tale innegabile. Ma sono storia anche tutte le atrocità e nefandezze commesse dai papi in Nome di Dio. Io però mi riferisco a quella “fede che sposta le montagne”, quella che lo avrebbe portato ad essere uomo e servo di Dio. Quale rapporto aveva con Gesù Cristo di cui si dice fosse il Vicario, come del resto lo sarebbero tutti i papi?
Nessuna obiezione all’uomo politico, capo di stato e leader spirituale di una chiesa che da secoli però ha perso la forza della fede, della comunione col suo capo spirituale o, per dirla con un appellativo del linguaggio sindacale, col suo “datore di lavoro?
Nel film mi ha colpito molto un’affermazione fatta dal papa durante un estemporaneo incontro con un infermo, durante la sua visita in Terra Santa. Il papa del film rispondendo alle esclamazioni di gioia di questo uomo malato, convertitosi dall’ebraismo al cattolicesimo, affermava: “Se Gesù fosse qui ti guarirebbe”. Non so se questo incontro è stato vero o presunto, ma Gesù non disse ai suoi discepoli, quando guariva gli infermi, che anche loro avrebbero fatto azioni potenti e che anzi ne avrebbero fatto di maggiori? Infatti vediamo un Pietro che dice ad un paralitico: “dell’argento e dell’oro non ne ho; ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù, in Nazareno, cammina!”. Il paralitico in quel caso guarì all’instante.
Guardiaamo ora all’altra faccia della medaglia di questo papa e chiediamoci: come si può spiegare che un papa (Paolo VI) si sia fatto scolpire la propria immagine su quella porta di bronzo , nella quale sul dorso della sua mano è stato incisa la stella a cinque punte o “pentalfa”, da sempre simbolo massonico?
In una rivista massonica si legge: il Gran Maestro Gamberini, il giorno stesso dell’annuncio a Pontefice di Montini, disse: “Questo è l’uomo che fa per noi!”
Poi nel suo “necrologio” lo stesso Gran Maestro di Palazzo Giustiniani, scrive:”Per noi è la morte di chi ha fatto cadere la condanno di Clemente XII e dei suoi successori. Ossia, è la prima volta che, nella storia della Massoneria moderna, muore il Capo della più grande religione occidentale non istato di ostilità coi massoni». E conclude: “per la prima volta, nella storia, i Massoni possono rendere omaggio al tumulo di un papa, senza ambiguità né contraddizione”.
Un altro massone francese in una lettera scrisse: “Con Pio X e Pio XII, noi framassoni potemmo ben poco, ma, “avec Paul VI, nous avons vencu!” Certo abbiamo vinto! Perché non sono state certo coincidenze i suoi programmi con i piani massonici dell’ONU e dell’UNESCO. Nella “Populorum progressio” Paolo VI parla di una banca mondiale, dietro la quale c’è un Governo mondiale, che regnerebbe grazie a una religione sintetica e universale.
Don Luigi Villa testimonia di come dopo averlo fatto notare ai porporati, il simbolo massonico venne prima raschiato dalla amano del papa e poi sostituito l’intero pannello. Difficilmemente si può pensare che lo scultore Minguzzi avesse eseguita quell’opera senza il volere del papa e senza la sua approvazione, perché fu proprio lui a benedirla nel giorno del suo compleanno, evento in cui venne anche pubblicato, un inserto speciale dell’Osservatorio Romano. E questo è il servo di Dio, l’ambasciatore di Cristo?
Se papa Montini o qualsiasi altro papa fossero veramente vicari di Cristo, non dovrebbero fare le stesse azioni di chi rappresentano? Non mi risultano avvengano queste cose, se non attribuire dei miracoli a papi deceduti per poi canonizzarli ed elevarli agli onori degli altari. Esaltare figure come padre Pio, che vengono surrogate al vero Dio, che invece passa in secondo piano. Questa mi sembra più mercificazione, un costringere il popolo ad avere gli occhi chiusi ed andare dietro a tradizioni e pratiche pagane a scapito della Verità e della potenza di Dio.
Dio e Amore, non è un cerimoniale, non è neanche qualcosa che può essere usato a nostro uso e consumo egli e Dio e come tale merita rispetto e amore dai suoi figli, se tali vogliono essere. Quindi credo che lo sforzo di uno che si vuole dichiarare figlio di Dio, quindi suo rappresentante, sia quello di presentare Lui, non di essere un uomo politico, di mantenere gli equilibri con gli stati, di scendere a compromessi con i potenti, oltre che con la propria coscienza, o di privilegiare questo o quell’interesse.
Cristo diceva: “Cercate prima il regno di Dio e la Sua giustizia e tutto il resto vi sarà sopraggiunto” In questo caso, contrariamente alla regola matematica invertendo l’ordine dei fattori il prodotto cambia e come se cambia