‘Il tradimento del templare', il segreto di Squinn per la gloria dell'aquila
La vera storia è sangue e dubbio, ricerca di Luce e Alchimia.
C'è un segreto da scoprire sotto l'aquila bianconera dei Templari, che mostra sempre due insegne: una per scrutare il futuro, l'altra il passato.
Un Cavaliere avanza verso il suo destino: è Esquieu de Floyran, conosciuto come Squinn, spergiuro e maledetto. Ha rinnegato i voti fatti all'Ordine del Tempio e "ci vuole coraggio anche per tradire, cosa diversa dai rinnegati".
A raccontarne l'inquieta storia è Il tradimento del templare, il romanzo postumo dello scrittore Franco Cuomo, scomparso nell'estate del 2007, edito da Baldini Castoldi Dalai (pp. 352, euro 17).
Un viaggio affascinante sulle tracce di un uomo che sente nelle narici il fumo infame di quel rogo che nel tardo pomeriggio del 18 marzo 1314, con una manovra politica che ha mira solo l'oro dei templari, pensa di porre fine all'Ordine.
Il vento che soffia in Europa è così diverso dallo scirocco della Terrasanta: l'antica austerità degli uomini del Tempio e' solo un ricordo rispetto alle agiatezze del presente; lo spirito della banca ha sostituito quello della crociata e il sigillo dei due cavalieri che viaggiano sul medesimo cavallo è consegnato alla memoria.
Reduci di una battaglia perduta, l'inverosimile destino dei cavalieri senza sonno si era compiuto in una notte di tradimento.
"Sopraffati da un'incomprensione che escludeva ogni pietà, andarono al rogo gli ultimi templari sull'isola della Senna".
Con il sole alle spalle, guardando l'Oriente.
E l'Oriente non è un luogo, rimarca in più passaggi del testo Franco Cuomo: è una condizione dello spirito, un cammino su cui non tramonta il sole.
Arrostiti a fuoco lento, i fratelli templari vedono palate di fango gettate sulla loro possente storia, barattata negli ultimi tempi con il metallo dei mercanti.
Avevano lasciato l'onore della gesta a Gerusalemme e costruito strade di pietra in tutta Europa per i traffici di moneta che assicuravano potere all'Ordine.
E' in questa quinta a tinte scure che Jacques de Molay lancia la sua maledizione di morte a Filippo IV il Bello, re di Francia e Papa Clemente, esecutori e mandanti della soppressione del Tempio.
Ma l'Ordine è ‘kadosh', è santo, il male colpirà chi l'ha causato.
Il ‘giudizio' ha la sua strada, è paziente come la vendetta e sa trovare il modo di colpire un re che insegue cervi nella foresta di Fontainebleau.
Da buon conoscitore di orologi, Filippo sa che la morte può venire con la mano di un fromboliere o di un ragazzo gitano che fara' giustizia della cupidigia di un sovrano che ha fatto della torre del Tempio la propria residenza.
Pensare che pochi mesi prima i templari lo avevano accolto tra le loro mura possenti per salvarlo da una sommossa popolare.
È su questa storia che si innesta la vicenda di Squinn, di cui si hanno tracce in antichi rituali tramandati dalla massoneria, in particolare dal 30esimo grado (Kadosh) del Rito Scozzese Antico e Accettato (che fa parte del Grande Oriente d'Italia).
Il templare in fama di traditore si muove sulla scena in compagnia della zingara Corinna e a tanti altri personaggi, da Petit Rat, il Topino, il ragazzo senza storia, al gran maestro Theobald. Squinn, come Giuda, si è fatto strumento del tradimento che mina le colonne del Tempio.
Quel cavaliere disincantato che nessuno uccide "perché questa era la loro vendetta: una morte pigra con la quale convivere a tempo indeterminato", ha i capelli rossastri, un'origine diabolica.
Non parla mai ed è pure mancino.
Depositario, come i suoi fratelli, di antichi segreti, quell'uomo perduto si nasconde tra le feccia di Parigi, cerca rifugio alla Corte dei Miracoli, dove il gobbo e lo zoppo si liberavano dalla propria infelicita' sul far della notte per poi riprendersela al mattino.
E' il regno di Pere Bac e dei boccali di vino che tengono a freno la lingua. Per lenire le cicatrici basta la taverna dell'Oca d'Oro o i sotterranei di Saint-Denis.
A suo modo, come lo zelota che trad' il sangue innocente del Nazareno, Squinn e' quello che ha creduto più degli altri nel messaggio del Tempio.
Ora il rimorso gli scava l'anima, e piu' di tutto gli fa male la nostalgia di un sogno perduto.
Quel rimpianto non potra' essere lenito dalla pomata Esmeralda né dalle erbe della bella Corinna dagli occhi verdi e dalla pelle di rame che un giorno morirà maledicendolo.
Non gli restera' nel cuore neanche la notte trascorsa in una stalla con Costanza, l'albigese viandante del Libero Spirito.
‘'Molay non era Cristo e io non sono Giuda.
E il mio prezzo non è trenta denari'', si difende a viso fermo il templare che desidera solo la morte per porre fine alla sua pena.
Non ha preso neanche un ducato da re Jaime d'Aragona quando gli ha portato le notizie che, in mano ad altri, avrebbero fatto tremare il Tempio.
Poi la via stretta del tradimento lo ha portato a Filippo, che a cose fatte gli ha promesso qualche migliaio di tornesi.
Di quei soldi, pero', lui non ha visto il becco di un quattrino.
‘'Quello che dovevo fare l'ho fatto.
E mi è bastato'', spiega Squinn de Floyran. E altrove, a Corinna che lo ha amato, confessa seccamente: ‘'Io credo a tutto e al contrario di tutto''.
Eppure al fondo della disperazione c'è sempre un moro che ripete: ‘'Se lo sei stato, lo sei ancora.
Kadosh è per sempre.
Tutto è giusto e perfetto...''.
Franco Cuomo lo dipinge con la tempesta nel cuore Squinn, l'ex priore di Montfaucon.
Un saggio marabutto damasceno gli aveva insegnato che basta guardare negli occhi il serpente che ti ha morso per non morire.
Per lui era sempre il tempo di fuggire ‘'un'anima bisognosa di assoluzioni che pero' neanche cercava''.
Si definiva ‘'un pellegrino del nulla'', convinto che ‘'il nostro Tempio è il mondo, è dentro di noi''.
Aveva venerato il demone Baphomet, ma davanti alle nefandezze di Narcisse o dei veri traditori, come aveva fatto un tempo sulle mura di Acri, grida: ‘'Sono un templare'.
Non conviene a nessuno metterlo alla prova.
Ha conosciuto il Vecchio della Montagna, è figlio della notte e si fa riconoscere solo quando vuole, nello stile dei fratelli silenziosi che guardano lontano.
Altra storia rispetto agli arroganti ospitalieri e agli avidi gerosolimitani.
Di quella genia di uomini unici, che lottavano e morivano sotto l'aquila templare, la radice santa era Bernardo.
‘'Non per la mia gloria, Signore, ma per la tua..'', era il segno che lo affratellava agli altri Cavalieri del Tempio.
Gnostici e giovanniti, esegeti estremi del piu' ermetico e teologico dei vangeli, ‘'i templari -dice un passaggio di questo romanzo da leggere tutto d'un fiato- erano giunti alla convinzione che la conoscenza vera della regola affrancasse dall'obbligo di osservarla''.
Forse Squinn voleva abbattere le colonne del Tempio, quelle fisiche, per riedificarne un altro senza tempo, su cui non si fermi la notte.
Un Tempio vero di ideali, che porti verso la Luce di nuova liberta'.
Dov'era il bene, dov'era il male? Non c'era forse un disegno dietro questi dubbi che passavano la corazza e dilaniavano il petto di quello stemplarizzato riemerso da chissa' quali ombre della notte? ‘'Urlo' piu' volte, invocando i nomi di Giuda e Gesu'.
Come chiedendo aiuto ad entrambi''.
Templare d'osteria, Squinn cerca se stesso o quel che ne è rimasto.
Un tempo aveva lustrato d'olio santo anima e spada; ora, anche in sogno ‘'rideva e annaspava, come un peccato in un'acquasantiera.
Negli archivi del suo cuore c'erano piu' gole tagliate che baci''.
Lo cercano tutti, Squinn.
Perchè solo lui conosce il segreto di una ‘teca terribile' scampata all'orribile massacro dell'Ordine.
Ha un destino e lo dice sorridendo amaro: ‘'Il diavolo è dalla parte dei templari, lo sanno tutti''.
O forse è vero cio' che sostiene Noffo Deo ridacchiando: ‘'Nulla è mai per caso.
Sapere piu' di quanto avremmo dovuto è stato sempre il nostro debole''.
Squinn gli replichera': ‘'Gente come noi non si è mai persa.
E' gia' perduta di suo''.
E non rispondera' neanche quando il vecchio Larmenius, guardandolo negli occhi, gli chiedera': ‘'Cosa ti hanno fatto, Squinn?''.
Il grande maestro Larmenius ha ragione: ‘'Il vero Tempio non è di cemento nè pietra, ma di pensiero e sangue.
Naturale armonia su cui si fonda l'architettura del mondo.
In che modo? Vi sara' detto...''.
A queste condizioni, ‘'il Tempio è al coperto'': non sara' piu' in nessun luogo, ma ovunque.
Fra le colonne rinasce anche il giuramento, ‘'perchè ci sono momenti nei quali la parola è perduta, e bisogna ritrovarla''.
I guerrieri volgono il cuore al vangelo di Giovanni e al candelabro a nove braci: ‘'Noi siamo al tempo stesso Cristo e Giuda, si disse: le labbra che tradiscono, il cuore che è tradito.
Ma quanto amore in questo scambio!''.
Non per soldi lo ha fatto, ma perchè glielo ha chiesto il maestro.
I templari sono cosi'.
Non li hanno fermati i ‘sandali della verita', ovvero le calzature di ferro arroventato utilizzate per gli eretici nè il ‘bacio del silenzio', un autentico bacio prolungato non a una donna ma a una lama incandescente.
Il vescovo Marigny, che pure conoscera' presto la corda del boia, allarga le braccia davanti al sovrano: ‘'Ne abbiamo interrogato a migliaia, ma pochissimi hanno ceduto.
E' come se avessero una stregoneria dentro che li rende indifferenti al dolore, come se un demone intervenisse a eccitarli quando il fuoco li tormenta, suscitando un'energia del tutto sovrannaturale''.
Questa forza la gente comune non lo ha perdonato ai templari.
Ma non basta la calcinazione dei piedi nel fuoco per impedire loro di agire, nè altre torture quali la ‘veglia spagnola' o ‘culla di Giuda', che premia l'attesa del carnefice.
Di fronte a ogni ferro avversario, vale l'invocazione che squarcia il cielo: ‘Huzai', che nel gergo ermetico dei templari sta per: ‘coraggio'.
Non a caso quegli uomini avvolti in mantelli per meta' bianchi e per meta' neri spronavano i loro cavalli sotto l'insegna detta ‘Baussant' o ‘Vaucent', che nell'antica lingua franca vuol dire: ‘Valgo per cento'.
Continua il viaggio, e le pagine di questo romanzo sono una scoperta continua in una tradizione rovente.
Cambia anche il paesaggio: puo' essere la radura di croci celtiche di pietra, il Bardone, Santa Maria del Tempio o un antico cimitero merovingio, ma anche la mano destra aperta a raggio sul cuore, il significato profondo, che pochi conoscono, di ‘Luce' e di ‘Fuoco' quando si alzano i calici nell'agape.
‘'L'Oriente non è un luogo, ma una condizione dello spirito'', ribadira' Hasan. L'alchimia interiore alla fine vince sempre.
Eppure lui, il traditore, è l'uomo che ha tenuto in custodia per ultimo la teca terribile del segreto su cui tutti vogliono mettere le mani.
Sui passi di quel legno che custodisce un mistero inquietante lo guidera' Ali-Jeri, che altri non è se non Dante Alighieri o piu' semplicemente Dante, gran maestro dei fedeli d'amore.
Il poeta fiorentino, fuggiasco per vocazione e per scelta, ha messo gli occhi nello scrigno dove ‘'c'è l'immortalita' e la morte''.
Il segreto è a Bologna, ‘'nelle fondamenta di una torre che non c'è -dice Dante- e bisognera' stanarlo.
Tra le due torri degli Asinelli e Garisenda chi non ne vede una terza, non è mio fratello''.
Va cercato quella piccola cassetta con l'iscrizione di una Sura coranica, che solo puo' rimettere in piedi ‘'noi, gli sbandati del Tempio, i cavalieri del nulla, reduci di una crociata senza piu' fede nè speranza''.
Non a caso Squinn dira': ‘'Non è senza tormento che abbiamo calpestato la croce quando ci venne richiesto''.
La teca è dietro il muro sgretolato di un'antica crepa, tra cio' che resta delle riserve di vino dei templari.
"Dobbiamo arrivare fino in fondo, fratello'', rimarca Squinn all'Alighieri.
‘'Lo so, siamo soli Squinn'', gli risponde l'autore de ‘la Comedia'.
In quel legno c'è il segreto senza tempo che puo' far cadere le fondamenta della Chiesa.
C'è una realta' non conciliabile con la narrazione dei Vangeli pasquali connessi all'Ascensione di un uomo Crocifisso sul Golgota il venerdì santo.
E' un mistero custodito per secoli, ‘'una mano che ci permetterebbe di fermare ogni arbitrio dei papi e della chiesa.
Una garanzia di liberta'''.
Il destino dei templari si cuce con la verita' di quella ‘reliquia'.
Dira' il gran maestro Theobald: ‘'In quella teca è racchiuso il segreto della nostra vendetta o della nostra definitiva rovina''.
Franco Cuomo non è solo uno straordinario narratore di storie e di letteratura: è un pittore d'interni.
Descrive con uno stile unico e profondo, quasi rituale, la mano passata sul cuore con tre artigli,‘'fino al tempo dei sette brindisi''.
Il tempo viene anche per chi ha smarrito la strada.
Lo spieghera' Eugenio er Roscio, lo scudiero assoldato da Squinn e suo ‘'diavolo custode'': nella via della storia ‘'o si scappa o si insegue, Nessuno corre per il piacere di correre''.
Non è finita.
Squinn deve aiutare ancora il suo maestro, l'Alessandrino Theobald, a difendendersi dalle cospirazioni di Jan Kasper, che cerca di prendere il suo posto allo scranno piu' alto del Tempio.
Il luogo che fara' verita' è Chinon, il destino ha convocato i templari alla Casa del Tiglio.
Li', ‘'al terzo giorno'', insieme alla lancia di Rothegard, il cacciatore di leoni, si decidera' ‘'se abbiamo seguito solo un desiderio o davvero coltivato un progetto''.
Dannazione e liberta' insieme.
La Chiesa ha paura di quel mistero, barattera' finanche la carne gia' venduta degli eretici pur di far scendere il silenzio su quella piccola scatola che il templare portera' al sicuro sotto il mantello.
Fino alla prossima richiesta di liberta' dei Cavalieri del Tempio.
Nell'Epilogo del libro, ambientato a Piazza del Gesu', si spiega che con il segreto della teca non fu possibile salvare Giordano Bruno dal rogo di Campo dei Fiori, ma pochi anni dopo la minaccia di rivelare il suo contenuto indusse l'altra parte del Tevere a mettere in salvo l'ormai cieco Galilelo Galilei.
Anche in seguito il ‘segreto della Mano' sottrasse molti liberi pensatori dal patibolo issato dai funzionari di Dio.
Squinn spronera' il suo cavallo verso la Senna e mastichera' un sorriso che non aveva mai assaporato.
Per lui e per tutti gli spiriti inquieti, in fondo al viaggio c'è un'aquila che chiama ancora alla Luce.
Gerardo Piccardo.
Fonte:http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=6088&Itemid=58 martedì 23 settembre 2008.
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