venerdì 26 giugno 2015

Il Principe e il velo di Cristo. Una ipotesi sulla Sindone

di Valentina Marelli



Sulla Cappella di San Severo si potrebbe scrivere un’intera enciclopedia. Potremmo tranquillamente dire senza essere tacciati di superbia che si tratta della Rosslyn Chapel italiana, anzi, e lo dico con maggior orgoglio, Napoletana.

C’è talmente tanto materiale su questa cappella e sul suo proprietario, il Conte Raimondo di Sangro Principe di San Severo, che risulterebbe noioso e banale riproporlo in questa sede in cui tracceremo solo dei piccoli e schematici riferimenti giusto per incorniciare quello che è il particolare argomento su cui vogliamo soffermarci.

Particolare argomento che è frutto di una riflessione di qualche anno fa,  e che forse ora è matura e può essere esternata, messa su carta e condivisa, chissà se qualcuno leggendola possa accorgersi di avere gli strumenti e le nozioni per poterla poi dimostrare come è accaduto per il Teorema di Fermat.

Del Principe sappiamo che fu un Alchimista e Gran Maestro della Massoneria Napoletana e che si impegnò nella ristrutturazione della Cappella di famiglia che è diventata quella che oggi noi conosciamo come la Cappella di San Severo; il suo casato vanta antichissime origini, il primo Conte di Sangro fu Odorisio della Casa di Borgogna, confermato dallo stemma dei di Sangro in cui sono presenti bande trasversali su campo oro di cui potevano fregiarsi solo i discendenti dei Duchi di Borgogna. Vantò anche la presenza di ben quattro Papi imparentanti in qualche modo con i di Sangro, ma l’aspetto forse ancora più interessante è quello che secondo Sansoni Vagni lega la famiglia di Sangro con l’abate San Bernardo di Clairvaux, questo comune legame di sangue è molto importante in quanto sono entrambi rami di un unico albero innestato spiritualmente sul poderoso e più antico ceppo Benedettino.

È Mario Buonoconto ad affermare che proprio attraverso San Bernardo la Casa si legò all’Ordine del Tempio. Forse, entrando un po’ nel vivo del discorso templare, tutto si innesta in un discorso che parte da una affermazione di Umberto Eco che recita che de Molay, ultimo Gran Maestro del Tempio,  prima di morire costituì Quattro logge segrete dell’Ordine: Parigi, Scozia, Stoccolma e Napoli in cui fu diviso il Segreto ed il Tesoro.
Fatto sta che la gigantesca ombra dei cavalieri templari tornerà più volte ad aleggiare sulle analisi dei simboli nelle opere commissionate dal Principe.

A dire il vero tutte queste ipotesi hanno in me trovato un fondamento di plausibilità, quando sono ritornata a visitare la Cappella dopo molti anni di assenza da essa e da Napoli, anni in cui ho approfondito tematiche inerenti ai Templari ed alla Massoneria, anni in cui è stato fondato il Clan Sinclair in Italia, anni che hanno maturato le mie conoscenze e con esse la visione che avevo di questo luogo.

La mia attenzione si fermò sulla statua più famosa presente nella cappella: il Cristo Velato, e mi ritrovai a chiedermi che cosa il Principe abbia voluto realmente rappresentare in quella statua che lascia a bocca aperta milioni di visitatori ogni anno.

Al di la delle leggende che la vedono protagonista di esperimenti alchemici di marmorizzazione postuma del velo essa rappresenta un tale capolavoro scultoreo che basti dire che il grande Antonio Canova confesserà che “avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore del Cristo Velato” dieci anni per la statua di quel Cristo adagiato su di un materasso con il capo reclinato su due cuscini.

Ma perché Raimondo di Sangro decise di raffigurare il Cristo deposto dalla croce su un giaciglio morbido come un materasso con il capo sorretto da cuscini? Non è un’immagine un po’ insolita? E se il principe avesse voluto tramandarci un messaggio inerente ad una diversa storia?

Su questa ultima e fondamentale domanda si innesta lo studio di due grandi personaggi che sono Christopher Knight e Robert Lomas che anni fa scrissero un libro molto interessate sulla Sindone dal titolo: “Il secondo Messia”, in cui tra le altre cose affermarono che l’uomo della Sindone era ancora vivo dopo il martirio.

L’aspetto interessante del libro è che dalla descrizione di tutti i passaggi nei quali spiegano in che modo fossero riusciti a riprodurre la Sindone risulta come, inconsapevolmente, stessero ricostruendo una immagine quasi identica al Cristo Velato.  E i collegamenti tra questa scultura e la Sacra Sindone sono abbastanza intuitivi.  Non mi spingo oltre nella descrizione fatta da Knight e Lomas perché non voglio rovinarvi la lettura del libro ma mi chiedo a questo punto: sarà veramente il Cristo quello fatto scolpire da Raimondo di Sangro?

Una precisazione è assolutamente d’obbligo ho usato il termine inconsapevolmente non a caso; qualche anno fa quando incontrai Knight gli feci vedere una foto del Cristo Velato e rimase molto impressionato dalla scultura riuscimmo a scambiare due parole sul suo libro e gli accennai quella che era la mia intuizione cercando in lui delle risposte, ma lui da buon Maestro mi spinse studiare ed a interrogare la pietra più che gli uomini; gliene sono ancora molto grata.



Si sa le domande in genere generano sempre altre domande, e benché una parte di quelle che avevo all’epoca dell’incontro con Knight hanno trovato una risposta, altre invece sono affiorate nella mia mente: se sono veri i rapporti tra il Casato dei di Sangro e i Cavalieri del Tempio potrebbe , la statua del Cristo Velato, nascondere un’ipotesi eretica secondo cui Cristo non morì sulla croce ma fu deposto ancora vivo?

Potrebbe la leggenda della marmorizzazione e relativa applicazione successiva del velo rappresentare una metafora che simboleggi l’occultamento di un’altra storia che doveva per necessità essere mantenuta segreta e tramandata  attraverso un codice che poteva essere decifrato solo da chi possedeva le chiavi per farlo?


In questa ultima domanda si racchiude la chiave di un mistero che attraversa i secoli e collega luoghi e uomini, storie e leggende e reliquie che tra di loro sembrano tasselli di un unico puzzle di cui è andata perduta la scatola e con essa l’immagine da ricostruire.

Le risposte, come insegnano i Maestri, vanno cercate nella pietra.