giovedì 18 giugno 2015

Il Flauto Magico ovvero il testamento filosofico di Mozart

di Diana Bacchiaz



L'iniziato rifiuta di vedere  i fatti e le cose per il loro aspetto materiale ed esteriore, avendo l'iniziato una visione interiore dell'Universo, e sapendo che l'essenziale è invisibile. Quest'ottica, va sempre tenuta presente   ed è in questo  spirito che si deve muovere colui che si avventura a comprendere un personaggio così segreto  quale Mozart e  la sua opera  più esoterica: «Il Flauto Magico».

Quest'opera, o meglio il suo libretto, fu considerato dai musicologi, sino ad un'epoca recente, e persino attualmente come una storia di fate senza logica nel suo sviluppo drammatico, in cui coabitavano il bene e il male  e con riferimenti  al simbolismo  massonico. La musica di Mozart verrebbe a salvare fortunatamente con la sua grazia  questo testo mediocre.

È evidente che questo  giudizio è fondato sulla non conoscenza totale dell'opera. Mozart in effetti non cercò affatto di trasfigurare in qualcosa il  libretto, dato che ne era il responsabile per una gran parte, ma al contrario questo testo esprimeva pienamente, per la prima volta, le sue convinzioni profonde ed il suo ideale largamente
umanitario, e  espresse  in quest'opera in larga misura la sua genialità.

Cerchiamo quindi di interpretare almeno parzialmente il significato esoterico di quest'opera.

Se poi consideriamo il Flauto Magico come il testamento filosofico di Mozart, dobbiamo subito chiederci chi  è l'autore del libretto menzionato. Sulla partitura troviamo: poema di Giesecke e Shikaneder. Si sa che verso il 1780, Christian Martin Wieland pubblicò una raccolta di racconti fantastici tra cui si trova  «Lulu o  il Flauto magico». Qualche anno dopo, il direttore di un teatro viennese, Emmanuel Shikaneder, decide di estrarre da questo testo un libretto per un’ opera dalle grandi macchinazioni e di gusto popolare. Ma proprio in quel periodo un'opera dal titolo e dal contenuto simile, Kaspar il contrabbassista o la chitarra magica,  erano rappresentate nella stessa città in un teatro concorrente, per cui  Charles Louis Giesecke decide di rimaneggiare  il progetto  e decide di occuparsi di introdurre nel testo molteplici allusioni ad antiche iniziazioni egiziane,  ed ai riti massonici.    Poi  assieme a Mozart stesso  numerosi ritocchi vennero apportati al testo dell'opera.

Si incomincia a capire questi rimaneggiamenti quando si scopre che  Wieland, Schikaneder, Giesecke e Mozart erano tutti massoni affiliati alla Loggia "Speranza Coronata", non solo ma Mozart e  Giesecke erano discepoli personali del Gran Maestro dell'Ordine in Austria, Ignace von Born. Costui aveva pubblicato  nel 1784, nel  Giornale Massonico,  un articolo sui rapporti tra  Massoneria e Misteri Isiaci, articolo che aveva avuto grande ripercussioni nelle logge e che aveva colpito in particolare  proprio Charles Louis Giesecke.  Costui  a sua volta aveva una personalità vivace, essendo poeta, chimico, filosofo;  aveva avuto una vita piuttosto nomade, titolare  di una Cattedra di Mineralogia all'Università di Dublino, e pare anche un Adepto della Grande Arte.

Ci sono quindi quattro personaggi possibili autori del testo, e forse un quinto  se includiamo Ignace Von Born,  quindi tutto ci porta  a credere che il Flauto Magico sia un lavoro collettivo, frutto di una fraterna collaborazione.  L'opera forma un tutto coerente per cui l'alterazione o la soppressione di un solo episodio  altererebbe il reale significato d'insieme. Quindi quella che nelle fiabe è la fata buona, diviene la Regina  delle Potenze Tenebrose  e  l'incantatore malvagio diventa qui il saggio e sublime Sarastro.

Esaminiamo adesso  in particolare il ruolo  del tutto preponderante di Wolfang Amadeus Mozart rispetto a questo gruppo di uomini animati tutti dallo stesso spirito. Mozart compose la parte musicale dal Maggio a Settembre 1791, considerando  che egli lasciò questo piano il 5 Dicembre dello stesso anno; è dunque una delle sue ultime composizioni seguite solo dal Requiem che non ultimò, e da una cantata massonica "elogio dell'amicizia". La direzione di questa cantata il 16 Novembre alla sua Loggia fu l'ultima manifestazione della sua carriera musicale, e il grande successo in mezzo ai suoi fratelli gli dà lo slancio per vivere ancora un po'  e per tentare di finire il  Requiem, ma è soltanto un breve respiro, perché riprende la sofferenza, la malattia  e arriva la morte. Mozart dimostrò tutta la sua formazione iniziatica, una forza serena in questi ultimi passaggi della sua esistenza. Quattro anni prima Mozart scriveva a suo padre, anche lui massone,  «La morte, è lo scopo ultimo e vero della nostra esistenza per cui da un po’ di anni sto familiarizzando con con questa vera e migliore amica dell'uomo, al punto che la sua immagine non ha più niente di spaventoso per me,  ma al contrario  è molto tranquillizzante e consolatoria ed io ringrazio Dio di aver avuto la fortuna  e procurato l'occasione di conoscerla come la  chiave  della vera felicità».

All'inizio dell'anno Mozart era già molto indebolito. La miseria in cui si dibatteva costantemente, gli impose numerose privazioni, che minarono le  sue forze fisiche. Si trovò costretto a chiedere continui prestiti  al suo amico e fratello di Loggia Putschberg,  e malgrado la generosità di quest'ultimo, Mozart si sentiva molto umiliato. La sua musica era considerata all'epoca inacessibile ad un semplice amatore, per cui gli ordini erano rari e fatti per occasioni particolari da qualche taverniere.

La moglie che aspettava un altro figlio e che necessitava di cure, si allontanò da casa ed i due sposi si trovarono separati.  Alle tenere lettere del marito, Costanza, leggera e frivola,  rispondeva qualche frase amabile, ma fredda, non realizzando e comprendendo il valore e  la genialità  del marito, se non dopo il secondo matrimonio, contribuendo il nuovo sposo a mettere in evidenza  tutta l'opera di Mozart quindici anni dopo  la sua morte. Per cui bisogna immaginare la vita del musicista, priva di un reale affetto coniugale, ammalato,  obbligato a dare qualche lezione per poter sopravvivere, e nel contempo  assediato da debiti. Proprio in questo periodo gli viene offerta la possibilità di scrivere un'opera in cui può finalmente esprimere tutta la sua nobiltà d'animo, la sua generosità; si innamora subito di questo progetto e fa nascere il Flauto Magico, opera piena di Luce e di Speranza.

Normalmente Mozart parlava a lungo con la moglie Costanza dell'opera alla quale lavorava, ma non per il Flauto Magico, per il quale si impose la regola del silenzio per concentrarsi  tutto sull'energia  che  nasce dal centro del suo essere, e considerando che il suo corpo già così fragile non avrebbe potuto sostenere a lungo un'anima così ardente, per cui Mozart desiderò  lasciare al mondo una testimonianza della sua fede nell'umanità, dimostrandosi desideroso di Luce, e incitando a trovare questa Luce ai suoi fratelli attraverso la via iniziatica. Più che in tutte le altre opere, nel Flauto Magico la musica e le parole si sposano intimamente, dando forza alle parole, dando loro vita. Fino al suo ultimo respiro Mozart si risentì del fatto che il Flauto Magico a teatro non avesse avuto una grande accoglienza, e non per vanità personale, ma perché  egli provava una gioia intensa nel sapere che in una sala del Teatro  del Faubourg di Vienna degli ‘uomini di buona volontà’ rispondevano all'invito di costruire un Tempio alla Saggezza alla Forza  e alla Bellezza.  Per questo motivo anche mentre era in agonia e sapendo che quella sera  il Flauro Magico era rappresentato, guardando l'orologio lo si sentiva mormorare: "Ecco adesso Papageno entra in scena", e mentre lui soffriva  moribondo, contemporaneamente gioiva all'idea che Uomini di Desiderio ascoltassero e capissero la sua opera ben amata.

L'Opera inizia con le grida di aiuto di Tamino, costui inseguito da un enorme serpente, spossato, sviene. In quel momento appaiono tre dame vestite di nero, e con le loro spade dalle punte d'argento  atterrano il dragone (drago + pitone). Di ciò loro vanno a riferire alla Regina Della Notte, loro padrona. Vestito di piume, nelle sembianze dell'uomo uccello, Papageno entra in scena ed in cambio del bere e del mangiare, egli dona degli uccelli alla Regina della Notte. Tamino si risveglia vede il serpente morto ai suoi piedi e pensa che sia Tamino il suo salvatore, costui ben se ne guarda dal contraddirlo ed al contrario si avvantaggia dell'equivoco.

Ritornano le tre dame che puniscono  il mentitore e gli chiudono la bocca con un lucchetto. Esse portano da parte della loro padrona a Tamino il ritratto di Pamina, sua figlia, ritenuta prigioniera dell'Incantatore Sarastro.  Tamino che è rimasto colpito e commosso dal ritratto, giura di liberare la fanciulla.

Preceduta da tre coppie di  fulmini, arriva la Regina della Notte, che promette a Tamino la mano di sua figlia, se egli riuscirà a liberarla.  Le tre dame gli donano allora un Flauto Magico, talismano che dovrà  sostenerlo durante le prove, e tolgono il catenaccio a Papageno, dicendogli che dovrà  accompagnare Tamino nella sua spedizione, e a loro vien detto inoltre che tre giovani, belli, gradevoli, e saggi mostreranno loro il cammino.

La scena dopo siamo presso Sarastro  dove Pamina, respinge le attenzioni lubriche del Moro Monostatos. Tentando di fuggire, Pamina sviene. Interviene Papageno che, avendo fatto fuggire Monostatos, rivela a Pamina che tra breve Tamino verrà a prenderla. E nell'attesa essi si allontano tutti e due nei giardini.

La scena si svolge di fronte a tre Templi, e su ognuno si può leggere: Tempio della Natura, Tempio della Ragione, Tempio della Saggezza. Tamino arriva e dopo aver bussato invano ai primi due Templi, si apre improvvisamente la porta del Tempio della Saggezza. Ne esce un vecchio prete il quale chiede a Tamino cosa sta cercando, e lui risponde: "L'amore e la virtù". Impossibile, risponde il vecchio prete, perché la vendetta brucia in te, ribadisce ancora e chiede: «Perchè odi Sarastro?» «Perchè ha rapito Pamina a sua madre» risponde Tamino. «Ciò è vero, risponde il vecchio prete, ma per delle ragioni che tu ignori. Quando la mano dell'amicizia  t'introdurrà qui, tu capirai la verità». Rimasto solo Tamino suona il suo flauto per Pamina.

Costei appare, seguita da Papageno, poichè Monostatos li sta inseguendo. Infine, su un carro tirato da sei leoni, appare Sarastro.Tamino e Pamina sono subito nelle braccia l'uno dell'altra, mentre Monostatos viene punito a bastonate. Pamina non sarà ancora libera, ma Tamino e Papageno, col volto velato vengono sottoposti a varie prove, al fine di essere purificati. 

Al secondo atto vediamo sfilare il collegio dei diciotto sacerdoti che vanno a sedersi davanti a una piramide, al centro di un boschetto di acacie. Sarastro  dichiara che Tamino si presenta con un cuore generoso per ricercare ciò a cui hanno votato la loro vita. Sarastro invia l'Oratore ad istrure il postulante e termina invocando Iside ed Osiride. Nel vestibolo del Tempio, Tamino  interrogato da due Sacerdoti, dichiara di aspirare  alla conoscenza ed alla saggezza, Papageno, desidera invece una piccola donna gentile. Ad entrambi viene loro imposto di mantenere il silenzio e poi sono lasciati soli. Arrivano le tre dame che riescono a far parlare Papageno, ma non Tamino, ligio al giuramento. Esse spariscono  allorquando i sacerdoti vengono a ricercare i due compagni per sottoporli ad altre prove.

La  Regina della Notte che si è introdotta furtivamente, dà a Pamina un pugnale, per uccidere Sarastro. Lei stessa è impotente  in quei luoghi, perché il suo sposo morendo le lasciò i tesori temporali, ma diede a Sarastro il Settuplice Cerchio Solare.

La Regina della notte sparisce e Pamina va a supplicare Sarastro di risparmiare sua madre, ma quest'ultimo non conosce la vendetta.  Ritroviamo ora Papageno e Tamino che continuano a mantenere il silenzio, dovendo essere sottoposti ad altre prove.  Papageno respinge le avances di una orribile vecchia che  pretende avere 18 anni, mentre invece Tamino attira Pamina col suono del suo flauto, la  quale non comprende il motivo del silenzio del suo innamorato, e si allontana disperata. Solamente Tamino  che ha superato le prime prove con fermezza, sarà ammesso a continuare, e ciò viene annunciato da due sacerdoti.  Papageno nel frattempo  promette tenerezza e fedeltà alla vecchia che si trasforma  all'istante in una attraente Papagena. In un'altra scena vediamo tre giovani impedire a Pamina di uccidersi con lo stesso pugnale di sua  madre, e poi interviene un sacerdote che la tranquillizza e la rassicura  della fedeltà di Tamino.

In un'altra scena due sacerdoti sorvegliano l'entrata dei sotterranei del Tempio. Chiunque avanzi su questo cammino e non temerà la morte, verrà purificato dalla Terra, dall'Acqua, dall'Aria e dal Fuoco e risorgerà allora dalla terra verso il cielo. Tamino si presenta allora con  una forte risoluzione, raggiunto dall'amata Tamina, che decide di accompagnarlo nelle ultime prove. Lei gli racconta allora l'origine del Flauto Magico, eredità di suo padre, antico Maestro di una Fraternità Solare, che intagliò il flauto dalla radice di una quercia antica, in un'ora incantata, fra tuoni, fulmini e tempesta. Tamino suona allora il flauto ed in quel momento si scatenano le forze dell'astrale, fiamme, ombre, bagliori si sprigionano, ma Tamino e Pamina, protetti in una invisibile piramide di energia, rimangono imperturbabili.


Per l'ultima volta vediamo Monostato che si è alleato con la Regina della Notte, la quale  con tre persone del seguito  tenta un ultimo attacco  contro il tempio. Ma in quel momento sorgono in piena gloria Sarastro, Tamino, Pamina, nella sacralità del santuario. I complici ritornano nel loro tenebroso reame, sovrastati da un terribile fracasso, e da tre potenti tuoni. È il trionfo delle tre colonne massoniche esaltate dal cuore degli Iniziati: Forza, Saggezza, Bellezza. Sorge il sole e Tamino e Pamina in veste sacerdotale entrano in scena formando un triangolo.

In tutta l'opera c'è il trionfo dell'armonia delle corrispondenze tra  tono, simbolo, colore, idee. La tonalità più importante nel Flauto Magico  è il mi bemolle maggiore, ed il suo biografo, Jean Massin contemporaneo di Mozart,  spiega che questa è la tonalità massonica per eccellenza; ma anche se questa affermazione è verificabile e discutibile, tutti i musicisti sanno che il mi bemolle maggiore è un suono solare e luminoso, e nel Flauto Magico è proprio associato all'idea della Luce. L'opera inizia con questa tonalità e con questa finisce, e sempre in questa tonalità  che Tamino, ammutolito d'amore dopo aver visto il ritratto di Pamina, si sente ardere dal desiderio, condizione essenziale per ogni progresso sul sentiero iniziatico, e da quel momento tutte le sue forze sono dirette verso la Luce, sempre sulla tonalità del mi bemolle maggiore ed è sempre su questa tonalità che Pamina invoca l'amore, principale forza evolutiva dell'uomo,  e ancora su questa tonalità che i tre servitori di Sarastro celebrano la vittoria dell'Aurora sulla notte.

Ancora nella tonalità del  mi bemolle maggiore si esegue la grande scena finale  dove gli Iniziati accolgono Pamina e Tamino nel Tempio del Sole cantando "per voi risplende un nuovo giorno, senza più ombra ne velo, poiché qui dove il cielo è sempre lieto, vi si riserva Bellezza, Saggezza, Amore... per l'eternità".

Quando entra in scena la Regina della Notte, per la prima volta entra in scena  presentandosi come una madre  disperata, che promette generosamente  la mano della propria figlia a chi saprà  strapparla dalle grinfie di Sarastro; per un attimo  la Regina della Notte  assume una personalità  benefica ed in quel momento Mozart usa la tonalità del si bemolle maggiore, la tonalità più vicina al mi bemolle  che è quella della vera luce,  e si accentua l'aspetto artificiale di questo personaggio con  una musica piena di vocalizzi, il famoso picchettato, in uno stile piuttosto italiano e ben lontano dallo stile germanico del resto dell'opera, cioè scevro da fioriture vocali e melodiche.

La Regina della Notte compare poi la seconda volta, questa volta  in tutto il suo ruolo di polo negativo del dualismo espresso dall'antagonismo Sarastro - Regina della Notte, e anche la musica  riprende questi toni minori  che si ascolteranno anche nelle successive apparizioni della Regina della Notte, quando verrà inghiottita nelle viscere della terra assieme alle sue seguaci, accompagnata da un un chiassoso do minore.

Per quanto riguarda Papageno, quest'essere agreste, mezzo animale e mezzo uomo, canta invariabilmente in  sol maggiore, tonalità che i musicisti hanno sempre riconosciuto come  primitivo ed agreste. Anche la scenografia  è su questo tono quando c'è Papageno che anima l'azione. L'eccezione avviene quando Papageno si eleva al livello di un amore umano e spera di incontrare  una donna semplice e gentile, per amarla ed essere felice con lei rallegrato da numerosi figli, in quel momento  c'è un fa maggiore, che non è la vibrazione trasmessa dalla Luce dell'Iniziazione, ma ma è la vibrazione nelle quali si sono svolte tutte le scene massoniche rituali. Si arriva sino al  do maggiore ,  che Mozart utilizza proprio quando il Flauto fa udire il suo suono Magico, che diventa un vero e proprio talismano che gli permette di superare  tutte le prove. Nella prima scena, Tamino alle prese col Guardiano della Soglia, rappresentato dal serpente, non avendo ancora forze sufficienti per vincere le prove, sviene. Questa scena si sviluppa in do minore, tono della negatività e della passività.  Le tre dame che accompagnano la Regina della Notte, uccidono il Dragone. La loro azione in quel momento assume una connotazione positiva sottolineata da un mi bemolle.

Esaminiamo adesso il momento in cui Tamino assieme a Pamina  passano le prove della Terra, dell'Acqua, dell'Aria,  del Fuoco, sono qui accompagnati da un  do  Minore, ed è il momento in cui attraversano gli inferi, attraversano gli aspetti negativi dei quattro   principi dell'Universo, Tamino mentre attraversa queste zone oscure imbocca il suo Flauto Magico e l'opprimente  do minore si trasforma in un calmo e radioso do maggiore attraverso la vibrazione simbolo della sua elevazione spirituale.

Ed è in questa vibrazione che Tamino e Pamina avanzano cantando, il do maggiore simbolo dell’emanazione di colui che dopo aver purificato se stessi col lavoro, l'amore e le prove, si avvia sul cammino della Reintegrazione.

Abbiamo trovato nell'opera tre principali personaggi maschili: Sarastro, Tamino e Papageno, e ne constatiamo tre tipologie diverse nell'ottica di un'ascesi spirituale; Papageno l'uomo  che vive nell'istinto della sua natura; Tamino, l'uomo di desiderio ed infine Sarastro, l'uomo spirito. Ciascuno col proprio grado di evoluzione. Per Papageno la massima evoluzione sarà l'unione col suo complementare femminile e la perpetuazione della sua razza. Per Tamino sarà l'ammissione nel Sacro Santuario Solare tramite l'iniziazione, e per Sarastro, l'atto di trasmettere la Luce Spirituale all'uomo di desiderio, e ciò tramite il suo potere di Iniziatore. Papageno invano cercherà di accompagnare Tamino nel suo cammino iniziatico ma la sua ignoranza gli impedirà il "Sapere", la sua incostanza di "Volere", la sua ignavia gli impedirà di "Osare" ed il chiaccherare gli impedirà il "Tacere" e malgrado tutta la sua  gentilezza e bonarietà, mancando di questi quattro importanti requisiti, non potrà varcare la soglia del Tempio.

Esaminiamo adesso la figura di Pamina, figlia dell'antico Maestro del Settuplice Cerchio Solare e della Regina della Notte, per cui troviamo l'angoscia della sua divisione in due mondi, il mondo oscuro della materialità, ed il luminoso mondo spirituale e divino; troviamo quindi nell' animo un profondo conflitto, che contrappone il regno di Sarastro e quello della Regina della Notte, conflitto che esiste in noi ed al di fuori di noi e che ha una fondamentale portata simbolica di tutto il Flauto Magico.

Esaminiamo adesso il nome Tamino che rispecchia il suo complementare Pamina, la contrapposizione dei due poli maschile-femminile, come esiste la contrapposizione cuore-spirito.

Tutto è dualismo, e termino questo piccolo  scritto ricordando ancora il dualismo del Regno della Notte e quello della fraternità del Cerchio Solare. Il Regno della Notte  sono le resistenze che ci impediscono di accedere immediatamente alle sfere spirituali più alte. Senza questi conflitti continui e continue opposizioni, noi non acquistiamo la Forza per ascendere, e trionfiamo solo combattendo ciò che si oppone alla nostra ascesi ed alla nostra evoluzione spirituale.