Tiziano Busca illustra il Marchio in italiano e in ebraico
Il
fine teoretico e conoscitivo non è un’arbitraria ricostruzione di
“sovrastrutture filosofiche”, come qualche illuminatissimo fratello ha
sottolineato in passate occasioni, ma è esplicitamente citato dal rituale
stesso. È questo che rappresenta la chiave di volta (Salmo 118). Con il Nome
Nuovo. Efficace sembra la citazione dell’Apocalisse
(2.17). A colui che vincerà, cioè a colui che realizzerà la Grande Opera,
“io darò da mangiare della manna nascosta” (che rende immortali ed eterni), io
darò una pietra bianca e su questa pietra sarà scritto un Nome Nuovo”. La
portata simbolica è notevolissima, sebbene perda in suggestione quando le lettere
della “promessa” del compimento, della realizzazione del diamante che ciascuno
di noi ha in sé, si scopre che sono in inglese. In realtà non sembra esserci
nessuna considerazione esoterica in questa scelta, semplicemente una
consuetudine d'uso. In un rituale del Marchio
francese il Nome Nuovo lo troviamo scritto in ebraico. Non sarà filologicamente
esattissimo, magari dovrebbe essere in Fenicio, ma aumenta il fascino, e
soprattutto si presta ad interessanti considerazioni. 'Hiram ben almanah shelach le-Shlomoh melech Israel' (beninteso
l'acrostico si legge da destra a sinistra). 'Hiram figlio della Vedova inviato
a Salomone Re d'Israele'. Interessanti per chi si diletta di ghematria un paio
di osservazioni. Intanto la riduzione di tutto il Nome Nuovo dà 688, pari a 'Porachat=fiorisce'. Le cifre delle
lettere indicate dal triangolo danno 605, cioè il valore ghematrico di 'Adam=uomo". Nell'esoterismo ebraico
c'è questo di interessante: il segno grafico che identifica una lettera,
identifica anche un numero. Per esempio la lettera א, aleph, indica il numero 1. Va da sé che ogni parola è un numero e ha
un valore numerico (ottenuto semplicemente sommando le cifre che la compongono)
e il cuore dell'esegesi, a volerla semplificare, è proprio qui: che due parole
dall'identico valore numerico rinviano ad un identico universo di senso, ad un
comune campo semantico. La riduzione, per ottenere un valore numerico, è
ottenuta semplicemente sommando i vari numeri. L'esempio classico è la parola ahavà, che vuol dire amore e che ha
valore numerico 13. Ma anche la parola echad, che vuol dire 'uno', vale 13.
Quindi? Quindi il 13 esprime un senso comune. L'uno è amore, l'amore è unità;
il 13 esprime una unità più perfetta. Sappiamo che la numerologia è qualcosa
che va poi dai contesti ebraici. Il 13 ha lo stesso significato in altre
culture. Tredici è per esempio il numero che si ottiene sommando Gesù ai suoi
dodici apostoli. Il tredicesimo anche qui è un'unità superiore in nome
dell'amore. Ma 13 è la metà di 26 e 26 è il valore ghematrico del tetragramma,
il nome di Dio di quattro lettere יהוה, iod, hé, vav,
hé. Quasi a suggerirci che ci sono
due amori richiesti per una perfetta comunione col Padre, l'amore di chi parte
e l'amore di chi accoglie. Lo diciamo anche comunemente che l'uomo non vive
dove abita ma vive dove ama. Qui è l'Amore per l'Uno in entrambi i movimenti.
L'exitus e il reditus della tradizione tomistica. L'Opera del Carro e l'Opera
della Creazione nella Mistica ebraica.
La ghematria è affascinante perché sono i numeri a parlarci. E tornando al Marchio, e al valore numerico espresso dal Nome scritto in ebraico, i numeri (605 e 688) ci dicono questo, in definitiva: 'Fiorisce l'uomo (nuovo)'. E questo ci pare perfettamente in linea con quel percorso di palingenesi spirituale che abbiamo evidenziato. Palingenesi vuol dire proprio questo, dal greco palin, 'di nuovo', e γένεσις, génesis, 'creazione'. Se il Nome Nuovo in ebraico dovesse infastidire, per una sua oggettiva difficoltà dal momento che non tutti i candidati avanzati al Grado conoscono le lettere ebraiche, si potrebbe optare per una traduzione in italiano. Un ripiego sicuramente più intelligibile. Ma un ripiego.
L'Arco Reale è il
piatto forte. Senza Arco Reale non c'è Massoneria, perché ne segna il
Compimento e il Completamento. Senza la sua simbologia i rituali dei primi tre
gradi sono orfani. Del resto il compimento è suggerito anche da valutazioni
qabalistico-ghematriche-tarotiche come molto opportunamente annota l'autore di
un testo di prossima pubblicazione per i tipi della Atanòr (che qualcuno
attribuisce, probabilmente a torto, a Ivan Mosca, l'anima della Massoneria
italiana del Novecento). Seguiamo il suo ragionamento, per dimostrare che
l'Arco Reale è intimamente necessario nei rapporti giusti e perfetti della
Massoneria Azzurra.
La parola sacra del
primo grado ha valore ghematrico 79 (בעז = 2 + 70 + 7 = 79), quella del secondo
grado ha valore 91 (יאכינ = 10 + 1 + 20 + 10 + 50 = 91). La loro unione
produce il valore di 79 + 91 = 170, con radice 8 (170 = 1 + 7 + 0). La parola
di primo grado produce il valore jeroglifico di 16 (7 + 9), che in chiave di
Arcano tarotico rappresenta La Torre,
l'Antenna che attira la folgore. La parola sacra del secondo grado invece
produce il numero jeroglifico 10 (9+1) che in che in chiave di Arcano tarotico
rappresenta La Ruota, cioè la
Sfinge degli equilibri. Due arcani che
oltretutto danno anche bene l'idea dei due rispettivi gradi: la forza, la stabilità,
la solidità e la bellezza, la compostezza, l'equilibrio armonioso. L'unione
delle due chiavi jeroglifiche ci dà il contenuto dell'Arco Reale, produce
infatti il valore di (16 + 10) = 26 che è il numero ghematrico del
Tetragrammaton (יהוה = 6 + 6 + 5 + 10 =26). Se la Parola sacra di primo grado corrisponde
alla Colonna B e quella di secondo alla colonna J, il Tetragrammaton è inteso
come Chiave di Volta del Tempio. La sua riduzione concorda con le due parole
sacre, perché 2 + 6 = 8. Ma 8 è anche il valore dell'ulteriore riduzione
teosofica dei due numeri jeroglifici di Jakin e Boaz (16 + 10 = 1 + 6 + 1 + 0 =
8).
La parola sacra Mak
Benac ha valore 197 (בנה מק =
40 + 100 + 2 + 50 + 5) e attraverso la riduzione aritmosofica produce 1 + 9 + 7 = 17
(Cioè l'Arcano XVIII, La Stella). Quale
Arcano migliore per rinviare a quanto sta sopra le colonne? La sua ulteriore
riduzione aritmosofica produce 1 + 7 = 8. Il grado di Apprendista e quello di
Compagno trovano la loro armonica sintesi nel grado di Maestro così come i
valori delle Colonne trovano la loro Armonica sintesi nell'Arco Reale. I valori
a cui abbiamo fatto cenno hanno la loro radice comune nel valore del Sacro
numero 8, che abbiamo detto essere: radice dell'unione dei valori ghematrici di
Boaz e Jakin, radice dei numeri jeroglifici e tarotici di Boaz e Jakin, radice
della Parola di Maestro e della Volta Stellata. La chiave ottonaria rappresenta
la totale cubatura dell'Architettura di Loggia, riflessa nell'età simbolica del
Maestro (7 anni e più) in cui Egli rappresenta la prima unità di un'ottava
superiore che è sviluppo verticale (nel nostro caso i lavori del 'Capitolo').
Tratto da Mauro Cascio, Un Dio che riposa tra i fenomeni del mondo, Tipheret, Catania 2014